La fortuna è
stata quella di trovare qualcuno che voleva disfarsi di quell’ammasso di
ruggine che gli ingombrava il box.
Accidenti quanto
pesano i go-kart! E’ stato faticoso liberarlo dagli impicci che lo
soffocavano in quell’ultimo angolino del box. Ancora più faticoso caricarlo
sul portabagagli della Croma. Una follia portarlo al 5° piano nella soffitta
di mio fratello!!! Un’utopia pensare che quel sacchetto di ossido potesse un
giorno tornare a camminare.
Solamente ora,
nella sicura intimità dell’angusta soffitta, quasi di nascosto del
condominio, in silenzio tutti e due, sorpresi da una complicità mista al più
improbabile ottimismo, ammiravamo, quasi imbarazzati, quel telaio e quel
motore il cui aspetto lasciavano immaginare chissà quale glorioso passato.
Ma l’energia
l’avevamo lasciata lungo i 90 gradini che avevamo dovuto salire in silenzio.
E’ risaputo che non è consentito e soprattutto logico tenere un motore a
scoppio dentro ad un palazzo.
Senza neanche la
forza di parlare andammo a mangiare. Era domenica ed eravamo riuniti con
tutta la famiglia in casa di mio fratello.
Inutile
sottolineare l’impazienza di tornare in soffitta dove, come due bambini,
immaginavamo di aver nascosto chissà quale alieno. Come due vere birbe non
avevamo dimenticato di munirci di un litro di miscela. Non si sa mai.
Era ottobre, ma
tirava un vento freddissimo. Prendemmo il kart e lo portammo sulla terrazza e
l’istinto fu quello di fare la cosa più illogica: versare la miscela nel
serbatoio (o quello che sembrava un serbatoio) e cercare di avviare il
motore.
L’avviamento era
di quelli a strappo, il motore un Comer K98. Ci alternammo, io e mio
fratello, e tentammo, ritentammo fino a sputare i polmoni.
Non avevamo
neanche la chiave della candela per verificare se arrivava corrente.
Maledizione!!
Avevamo il giocattolone e non potevamo divertirci con lui.
Ad un certo
punto sentimmo dei passi per le scale. Pensammo: ecco il portiere! E se è la
polizia? BAMBINI CON LE MANI NELLA MARMELLATA!!!!
Era mio padre
che incuriosito dal rumore (o forse dal troppo poco rumore) che sentiva dal
piano di sotto, decise di dare un’occhiata agli imbecilloni.
Ci trovò sudati
e delusi e ci chiese: “Ma la corrente arriva?” Con goffi gesti rispondemmo
che non lo sapevamo, che ...”non abbiamo la chiave della candela!”
“Prendete la
pinza a becco e smontatela” disse lui. Ci sentimmo come la pinza: due
becchi!!
Seguimmo il suo
consiglio e con non poca fatica riuscimmo a smontare la candela. Uno strappo
e ... un mare di scintille. Soddisfazione all’ennesima potenza.
“Provate, ora, a
versare un goccetto di miscela direttamente nel cilindro quindi riavvitate la
candela e poi riprovate” Ci disse lui. Noi eseguimmo e la fatica, la paura
dei vicini, la goffaggine, l’inutile ottimismo e la progressiva delusione
furono cancellati e ripagati dal più bel ruggito mai ascoltato. Il motore andò
in moto ed il telaio, che avevamo leggermente alzato posteriormente, lasciò
girare velocemente le ruote così come la nostra immaginazione.
“Quando andate
in pista voglio venire anch’io” disse mio padre.
Penso, anzi ne
sono convinto, che se quel motore non fosse partito, in pista non ci saremmo
mai andati.
Penso anche che
se non avessimo smontato la candela e versato quel goccetto oggi non avremmo
la passione per il kart.
Tutto questo è
stupendo!! Un solo grande rimpianto, enorme e pesante come la riconoscenza ed
il rispetto per quei pochi millilitri di miscela nel cilindro e per colui che
ce lo consigliò: lui non ha fatto in tempo a venire in pista con noi.
Dal miglior
posto della tribuna più alta ci guarda e forse ride per la nostra reiterata
goffaggine ....... o forse è soddisfatto dei nostri innegabili progressi.
GRAZIE PAP!!
CLAUDIO DEL BIANCO
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