web.tiscali.it/20040/carri.htm

Descrizione dei temi dei carri
» rioni San Martino Garibaldi | » rioni Cantone San Nazzaro | » rione Dante Camuzzago | » rione Bergano | » rione Castello


Tema 2O1O: APOSTOLI PER VOCAZIONE, dall'anno Paolino all'anno Sacerdotale:
il filo rosso della missione

Note sul carro di Santa Giustina:  Una novità caraterizzava il carro che rappresenta il martirio della giovane Santa Giustina, sino allo scorso anno veniva rappresentata la scena del martirio, l'ideatore del carro di questo ha rappresentato la giovane martire con una ballerina, per collocare nell'attualita la figura della stessa, che altri non era che una ragazzina con la voglia di vivere come lo hanno tutte le sue coetanee del giorno d'oggi.

 La Parrocchia e i Rioni hanno deciso di rappresentare alcune figure sacerdotali, in un provvidenziale cammino all'insegna della continuità e del necessario approfondimento di una delle "urgenze" del nostro tempo: la missione.
 La realizzazione dei Carri Fiorati Biblici vuole aiutare la nostra comunità a riscoprire la feconda presenza di molti sacerdoti all'interno della missione universale che giustamente coinvolge tutti i battezzati.
 L'Anno Sacerdotale che abbiamo celebrato, 150 anni dopo la morte del Santo Curato d'Ars, modello del ministero sacerdotale nel nostro mondo, volge al termine.
  Dal Curato d'Ars ci siamo lasciati guidare, per comprendere nuovamente la grandezza e la bellezza del ministero sacerdotale. Il sacerdote non è semplicemente il detentore di un ufficio, come quelli di cui ogni società ha bisogno affinchè in essa possano essere adempiute certe funzioni.
  Egli invece fa qualcosa che nessun essere umano può fare da sé: pronuncia in nome di Cristo la parola dell'assoluzione dai nostri peccati e cambia così, a partire da Dio, la situazione della nostra vita. Pronuncia sulle offerte del pane e del vino le parole di ringraziamento di Cristo che sono parole che rendono presente Lui stesso, il Risorto, il suo Corpo e suo Sangue, e trasformano così gli elementi del mondo: parole che spalancano il mondo a Dio e lo congiungono a Lui.
  Il sacerdozio è quindi non semplicemente "ufficio", ma sacramento: Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore.
  Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua - questa audacia di Dio è la cosa veramente grande che si nasconde nella parola "sacerdozio". (dall'Omelia del Santo Padre Benedetto XVI)

» ritorna al top

Rioni S.Martino - Garibaldi: Padre Charles De Foucauid (Gv 12, 24)
Se il chicco di grano muore porta frutto

 Charles de Foucauid dopo una giovinezza burrascosa e turbolenta ritrovò la fede grazie ad un viaggio d'esplorazione compiuto nel deserto del Marocco.
 La testimonianza di fede dei musulmani risvegliò in lui l'interrogativo di fondo sull'esistenza di Dio. Fu il deserto a riportarlo sulla via della fede, a fargli scoprire che l'inquietudine del cuore trova pace soltanto nelle ore di preghiera, ai piedi dell'Eucarestia.
  Il deserto segnò l'inizio nuova vita fondata su tre principi: imitazione della vita nascosta di Gesù a Nazareth; adorazione del Santissimo Sacramento esposto; residenza tra i popoli infedeli più trascurati da tutti.
 Egli divenne il "fratello universale" di cristiani, musulmani, ebrei, idolatri, facendosi umile servo di tutti perché, come era solito dire, amare non significa convertire, ma ascoltare chi si ha di fronte, qualunque sia la civiltà o la religione cui appartiene.
  Per Foucauid il sacerdote deve essere un ostensorio la cui funzione è di mostrare Gesù; deve scomparire per far vedere Gesù, deve essere una predicazione del Vangelo fatta con l'esempio. La vita di Charles de Foucauid è stata pura lode di Dio: egli si è rimesso totalmente nelle Sue mani fino a dissolversi come il chicco di grano che se non muore non porta frutto.
 Per questo motivo sul carro è stata riprodotta una duna: essa rimanda al deserto che ha accompagnato la conversione del grande mistico, ma soprattutto, la caratteristica delle dune di essere plasmate dal vento, rimanda alla grande umiltà di fratel Carlo di Gesù che si è lasciato completamente plasmare dall'Amore di Dio.
  Nella parte inferiore della duna è scavata una grotta, dove si trovano gli uomini del deserto. La grotta, quasi un grembo materno, simboleggia la protezione che Foucauid aveva assicurato alle popolazioni indigene: riscattava gli schiavi, distribuiva il cibo che riusciva a coltivare, offriva accoglienza e ascolto.
 Il fulcro del suo pensiero e della sua spiritualità è ben sintetizzato nel grande cuore rosso sormontato da una croce applicato al suo povero saio bianco, come riprodotto fedelmente sul carro, dove fratel Carlo di Gesù si trova sopra la duna, inginocchiato davanti ad una croce che si erge da uno spuntone roccioso. La roccia rappresenta la solidità della fede ritrovata e la Croce il simbolo della più alta manifestazione dell'amore di Dio.
Nota tecnica. Per l'illuminazione serale del carro è stata introdotta una novità, invece delle luci classiche sono stati utilizzati i led, che hanno permesso al progettista di dare diverse tonalità di luce, di rendere il carro piu' sicuro per le basse tensioni e correnti in gioco e di eliminare il generatore di corrente rumoroso e inquinante. Ciò è stato possibile grazie all'aiuto di una azienda locale (»info »web) i cui titolari sono di Bellusco.

» ritorna al top

Rioni Cantone - San Nazzaro: Monsignor Oscar Remero (Mt 5,6)
Beati quelli che hanno Fame e sete di giustìzia

 A San Salvador il 24 marzo 1980, durante la S. Messa e proprio nel momento dell'offertone, in cui il sacerdote eleva le braccia al cielo, Monsignor Oscar Arnulfo Romero veniva assassinato sull'altare da un esponente degli squadroni della morte che imperversavano in tutto il paese in quegli anni.
 "Se mi uccidono risusciterò nel popolo salvadoregno" aveva dichiarato l'arcivescovo di San Salvador poche settimane prima, quando le minacce di morte si erano fatte più insistenti.
  Il carro riassume nella frase pronunciata da Monsignor Romero il suo impegno per il popolo salvadoregno oppresso e umiliato da una giunta militare impegnata a soffocare nel sangue ogni tentativo di giustizia e di libertà, decisa a mantenere ben saldo uno stato di potere assoluto al soldo dell'economia nelle mani di pochi. La beatitudine che ispira il nostro carro è ben interpretata da questo Vescovo che via via che prende coscienza del dolore del suo popolo non esita a mettersi in primo piano come colui che ha fame e sete di giustizia.
 Le sue denunce contro la violenza, le torture e le sparizioni, il suo stare sempre dalla parte di chi ha bisogno, hanno fatto di lui un prete scomodo. Oggi per la Chiesa è un martire, per i campesinos sudamericani e per chi ama la sua figura è un santo non ufficiale.
  Per chi ha ordinato la sua morte la sua colpa è proprio questa: aver rotto il silenzio.
  La parte frontale del carro mostra un tetto di lamiera di una capanna di campesinos sfondato: è il simbolo della povertà del popolo e dei molti soprusi subiti.
 Il tetto è metaforicamente schiacciato da tre "generali di latta" che con la loro alta statura sono determinati a opprimere il popolo, rappresentato da alcune figure che giacciono sotto le macerie della baracca di legno e lamiera. I generali sono il simbolo di un potere imponente, visibile, minaccioso ma anche grottesco e, essendo di latta, vuoto, effimero e quasi ridicolo.
 Al centro un altare da cui scende, a coprirlo, un ampio drappo rosso che come liquefatto scivola anche sui bordi del carro: simboleggia il sangue del martirio di monsignor Romero e delle migliaia di persone assassinate in quegli anni di repressione. Sull'altare è posta la sua veste per ricordare il barbaro assassinio durante l'offertorio.
  Sul fondo del carro si innalza una serie di assi di legno che degradano dal rosso del martirio al bianco della resurrezione e che formano un'alta piattaforma: in cima, tutta bianca, si staglia la figura di Monsignor Romero mentre abbraccia un salvadoregno e guarda altri contadini che lo stanno raggiungendo scalando sui pezzi di legno.
  La piattaforma è bianca come la veste del vescovo e del cam-pesino a indicare lo stato di grazia della resurrezione raggiunto dopo una vita di impegno a onorare la beatitudine di Matteo: "Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia."


» ritorna al top

Rioni Dante - Camuzzago: San Giovanni Bosco (Mt 19,14)
lasciale che i bambini vengano a Me

  In un'epoca in cui le parole "Provvidenza" e "Santità" sono parte del vissuto quotidiano, in cui una vita in stato di grazia viene vissuta quasi come una sfida a Dio, in risposta alle tante umiliazioni e ai tanti fraintendimenti subiti dalla Chiesa e dal messaggio evangelico, Don Bosco è uomo del suo tempo.
  Ha fiducia cieca nella Provvidenza, che sarà la luce guida di ogni iniziativa e di ogni progetto in ogni istante della sua vita. Per i giovani spende tutto se stesso, ogni secondo della sua esistenza e ci lascia un importante metodo:"il sistema preventivo dell'educazione della gioventù". Un breve fascicolo in cui si delinea la figura di "educatore totale", sempre presente e disponibile, che insegni con l'esempio; che ami senza limiti quanto sta facendo, che ami i giovani che è chiamato ad educare; ma in modo che "essi stessi sappiano di essere amati".
  Secondo Don Bosco senza familiarità con Dio e senza "religione" non è possibile educare; la fatica dell'educazione diventa una chiave di lettura del famoso adagio benedettino.
  Abbiamo scelto di ricordare Don Bosco con un carro che parlasse del suo messaggio e dicesse del suo modo di essere. Sulle sponde laterali abbiamo raffigurato due sogni, tra i tanti di cui il santo scrive, che ci sono parsi significativi nella lettura della sua vita.
  Nel primo una visione gli rende evidente lo spirito missionario della sua opera destinata ad abbracciare il mondo intero, nel secondo, una passeggiata attraverso una pergolato di rose gli dirà quanto la strada della santità passi attraverso la mortificazione per condurre alla vita eterna, con cieca fiducia nella Provvidenza. L'opera educativa di Don Bosco viene invece evidenziata come una proposta di salvezza che passa attraverso l'erudizione e l'apprendimento di un mestiere per arrivare alla coscienza di sé e scoprire infine come tutto questo sia possibile (e anche più facile) se ci affidiamo a Dio e viviamo nella sua legge.
  Le prigioni, i banchi di scuola, i luoghi di lavoro sono le cornici entro cui Don Bosco ha dipinto il suo insegnamento così ben raccolto dai tanti giovani lo hanno seguito.
  Punto di partenza ma anche d'arrivo è l'oratorio quotidiano, il luogo dove viene insegnata la familiarità con Dio, dove si aprono delle porte che parlano all'anima, dove si prende coscienza di essere amati, dove "si vive d'affetto".
  Nel corteo sono riconoscibili i primi santi e beati che hanno abbracciato il progetto salesiano: San Domenico Savio, Santa Maria Mazzarello (co-fondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice) e i beati Don Luigi Orione e Don Michele Rua (successore di Don Bosco alla guida dei salesiani).  In un'epoca in cui le parole "Provvidenza" e "Santità" sono parte del vissuto quotidiano, in cui una vita in stato di grazia viene vissuta quasi come una sfida a Dio, in risposta alle tante umiliazioni e ai tanti fraintendimenti subiti dalla Chiesa e dal messaggio evangelico, Don Bosco è uomo del suo tempo.
  Ha fiducia cieca nella Provvidenza, che sarà la luce guida di ogni iniziativa e di ogni progetto in ogni istante della sua vita. Per i giovani spende tutto se stesso, ogni secondo della sua esistenza e ci lascia un importante metodo:"il sistema preventivo dell'educazione della gioventù". Un breve fascicolo in cui si delinea la figura di "educatore totale", sempre presente e disponibile, che insegni con l'esempio; che ami senza limiti quanto sta facendo, che ami i giovani che è chiamato ad educare; ma in modo che "essi stessi sappiano di essere amati".
  Secondo Don Bosco senza familiarità con Dio e senza "religione" non è possibile educare; la fatica dell'educazione diventa una chiave di lettura del famoso adagio benedettino.
  Abbiamo scelto di ricordare Don Bosco con un carro che parlasse del suo messaggio e dicesse del suo modo di essere. Sulle sponde laterali abbiamo raffigurato due sogni, tra i tanti di cui il santo scrive, che ci sono parsi significativi nella lettura della sua vita.
  Nel primo una visione gli rende evidente lo spirito missionario della sua opera destinata ad abbracciare il mondo intero, nel secondo, una passeggiata attraverso una pergolato di rose gli dirà quanto la strada della santità passi attraverso la mortificazione per condurre alla vita eterna, con cieca fiducia nella Provvidenza. L'opera educativa di Don Bosco viene invece evidenziata come una proposta di salvezza che passa attraverso l'erudizione e l'apprendimento di un mestiere per arrivare alla coscienza di sé e scoprire infine come tutto questo sia possibile (e anche più facile) se ci affidiamo a Dio e viviamo nella sua legge.
  Le prigioni, i banchi di scuola, i luoghi di lavoro sono le cornici entro cui Don Bosco ha dipinto il suo insegnamento così ben raccolto dai tanti giovani lo hanno seguito.
  Punto di partenza ma anche d'arrivo è l'oratorio quotidiano, il luogo dove viene insegnata la familiarità con Dio, dove si aprono delle porte che parlano all'anima, dove si prende coscienza di essere amati, dove "si vive d'affetto".
  Nel corteo sono riconoscibili i primi santi e beati che hanno abbracciato il progetto salesiano: San Domenico Savio, Santa Maria Mazzarello (co-fondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice) e i beati Don Luigi Orione e Don Michele Rua (successore di Don Bosco alla guida dei salesiani).Tra loro trovano anche posto la madre di Don Bosco, Margherita Occhiena, figura chiave per la realizzazione del progetto educativo salesiano e richiamo della Madre Celeste che così segnatamente ha guidato l'opera di San Giovanni Bosco.
  Tra loro trovano anche posto la madre di Don Bosco, Margherita Occhiena, figura chiave per la realizzazione del progetto educativo salesiano e richiamo della Madre Celeste che così segnatamente ha guidato l'opera di San Giovanni Bosco.
 

» ritorna al top

Rione Bergamo: San Francesco Saverio (Mt 16,15)
Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo

 San Francesco Saverio è dal 1927 il patrono delle missioni nel mondo insieme a Santa Teresa di Lisieux. Nato nel 1506 in Navarra, fece i suoi studi alla Sorbona di Parigi dove conobbe S. Ignazio di Lo/olà col quale fondò l'ordine dei Gesuiti.
  Ma, attratto dall'attività missionaria, prese ben presto la via del mare.
  È stato paragonato a San Paolo per l'infaticabile zelo che lo portò ad evangelizzare il Corno d'Africa, l'India, la Malesia, le Filippine e infine il Giappone.
  Questo prete santo ha espresso uno stile nuovo di missio-narietà: in ogni paese che raggiunge impara la lingua, fa sua la cultura del posto, adatta a quella cultura il catechismo, e in Giappone arriva a vestirsi come i giapponesi per farsi sentire uno di loro e arrivare più direttamente al loro cuore.
  Importanti furono gli anni del soggiorno in India, dove fa base a Goa, l'allora capitale civile e religiosa dell'impero portoghese d'Oriente.
  Sceglie di dormire in ospedale per assistere gli ammalati, trascorre le sue domeniche con i lebbrosi, visita i carcerati, assiste i poveri, fa costruire il collegio di Santa Fede per l'educazione e la formazione cristiana della gioventù.Altrettanto importante fu il soggiorno in Giappone che attraversò in lungo e largo conquistando la gente semplice, ma anche i principi, ! samurai e i potenti locali che permisero alla popolazione di convertirsi al Cristianesimo.
  Dal Giappone cercò di raggiungere la Cina essendosi convinto che questo sarebbe stato il paese capace di influenzare culturalmente e spiritualmente tutti gli altri dell'Estremo oriente, ma, a soli 46 anni, morì in prossimità di Canton lasciando ad un altro grande Gesuita, San Matteo Ricci, il compito di evangelizzare la Cina.
  Sul carro, Francesco Saverio è raffigurato in posizione centrale mentre passa attraverso i popoli del Giappone e dell'India e annuncia il Vangelo.
  Sullo sfondo del carro è il simbolo eucaristico, a significare il fine di ogni missione sacerdotale e la sorgente della forza spirituale dell'azione di ogni sacerdote. E vestito con abito talare, borraccia e conchiglia, segni del pellegrino, mentre in una mano stringe il crocifisso e nell'altra il campanello con cui, entrando in ogni villaggio, chiamava gli abitanti a raccolta per annunciare il Vangelo. Il corteo propone i frutti della missione di Francesco Saverio che puntava sulla conversione delle persone affinchè sviluppassero responsabilità sociale e politica perché a loro volta donassero ciò che avevano ricevuto: formazione ai giovani, assistenza agli ammalati, aiuto agli indigenti.Tratti carat-teristici della missionarietà di san Francesco che verranno ereditati da tutta la famiglia saveriana sia nei laici che nei consacrati.

» ritorna al top

Rione Castello: Don Lorenzo Milani (Mt5,l4)
Voi siete la luce del mondo

 Don Lorenzo Milani (1923-1967), per le sue scelte nette e coerenti, è una figura che riesce, ancora oggi, ad affascinare e provocare.
  Rampollo di una ricca famiglia di Firenze, dopo la conversione al cristianesimo contro il volere della famiglia, decise di servire Dio partendo dai "suoi" ultimi, cioè dagli emarginati del dopo guerra italiano: gli operai e i contadini delle colline fiorentine.
  Il suo motto, "I care", cioè "Mi importa, ho a cuore" fonda e riassume ciò che ha guidato le scelte di don Lorenzo. Egli aveva a cuore i suoi parrocchiani, e in particolare i bambini, semianalfabeti e destinati a vivere una vita di duro lavoro e soprusi.
  Dal momento che è facile manovrare chi non sa pensare, parlare o scrivere, don Lorenzo trasformò la minuscola parrocchia di Barbiana in una scuola: una scuola di vita, orientata alla presa di coscienza civile e sociale, con al centro due testi di riferimento, la Bibbia e la Costituzione Italiana; una scuola, concepita come una famiglia, dove i più grandi insegnavano ai più piccoli; una scuola per imparare a leggere la realtà e a ragionare con la propria testa. "Con la scuola non li potrò far cristiani, ma li potrò far uomini... E non vedremo sbocciare dei santi finché non ci saremo costruiti dei giovani che vibrino di dolore e di fede pensando all'ingiustizia sociale." "Conoscere i ragazzi dei poveri e amare la politica è tut-t'uno. Non si può amare creature segnate da leggi ingiuste e non volere leggi migliori."
  La struttura portante del carro (che si fonda, come la scuola di Barbiana, sulla scritta "I care" e sui testi della Bibbia e della Costituzione) vuole essere insieme chiesa, scuola e cortile: per don Lorenzo "essere maestro, essere sacerdote, essere cristiano, essere artista... sono in pratica la stessa cosa".
  Le frasi delle sponde sono tratte da "Lettera a una profes-soressa", il testo simbolo, scritto dai suoi alunni, in cui si riassume tutto l'impegno educativo di Barbiana.

» ritorna al top

2O1O GE.melli