Articolo n°1

 

Tratto dal "Sole 24 Ore"


Si della Privacy agli investigatori

Roma. Mentre gli investigatori privati si preparano ad assumere sempre più peso nelle indagini penali-giovedi prossimo entra in vigore la legge 397/2000, che consente agli avvocati di trasformarsi in detective e di ricorrere all'aiuto dei "poliziotti" privati- il Garante della privacy è intervenuto per sottolineare che quando pedinamenti e appostamenti sono eseguiti dietro uno specifico mandato e le informazioni raccolte servono come prova da far valere in sede giudiziaria, non ci sono problemi di riservatezza. A rivolgersi all'Autority è stato un lavoratore, licenziato dopo che la società aveva appurato che la patologia dichiarata non era reale e che, pertanto, le giornate di malattia accordate non avevano fondamento. La "scoperta è stata possibile grazie al lavoro di un investigatore privato, regolarmente incaricato da un legale della società. L'investigatore ha spiato il dipendente e attraverso fotografie e pedinamenti ha potuto accertare che la malattia era inesistente. Questo, ha spiegato il garante, è regolare, perché l'attività investigativa appare agli atti orientata sulla persona del lavoratore interessato. Il dipendente ha inoltre lamentato che nella documentazione raccolta

 

dall'investigatore comparivano terze persone. Per esempio, alcuni familiari. Neanche su questo fronte il Garante ha, però, ravvisato una violazione della privacy. L'Autority ha chiarito che la possibilità di desumere dalle fotografie riprese a distanza o dalle annotazioni alcuni occasionali riferimenti a familiari compresenti durante gli spostamenti o ad altri particolari comportamenti (ripresa di un prelievo bancomat o del luogo dove il lavoratore si recava durante le uscite; autovetture guidate) non possono ritenersi eccedenti rispetto alle finalità della società di dimostrare che la particolare patologia addotta consentiva sia una normale vita di relazione sia la ripresa del lavoro. Vale, però, la pena ricordare che agli 007 privati hanno anche, come prevede l'autorizzazione generale n°6 del 20 dicembre 2000, valida fino al 31 dicembre 2001, il diritto di raccogliere e utilizzare dati sensibili, per esempio sulla salute o sulla vita sessuale delle persone "sotto controllo". A condizione, però, che esista un mandato e che i dati sensibili siano gestiti nel pieno rispetto dei criteri fissati dall'autorizzazione generale.


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