La Nefrolitotrissia percutanea




Blocco Operatorio Urologico
Policlinico S. Orsola - Malpighi - Bologna
A. MAZZINI - V. BRINI - S. GAVINA - F. NEGRO - G. SCUDERI




Cenni storici

In letteratura la prima segnalazione di tecnica endourologica risale al 1948 con l'ideazione e l'applicazione intraoperatoria di un nefroscopio rigido ad opera di Trattner.
Nel 1950 Leadbetter perfezionò lo strumento modificando l'inclinazione dell'ottica ad angolo retto. Ciò permetteva, sempre intraoperatoriamente, una maggiore manualità alle esplorazioni delle cavità pielo-caliciali.
Dobbiamo comunque a Goodwin nel 1955, il primo significativo passo avanti nell'introduzione al moderno concetto di endourologia.
Egli infatti pensò di poter drenare un rene idronefrotico attraverso una via percutanea transerenale. Come spesso avviene, questa metodica non ebbe una adeguata risonanza e per un quindicennio sono stati segnalati in letteratura solo alcuni casi di applicazione pratica.
Negli anni '70 Storz e Wolf realizzavano un nefroscopio rigido a fibre ottiche, ad angolo retto, con canali idonei a praticare biopsie, folgorazioni ed asportazioni di piccoli calcoli durante l'intervento chirurgico.
La terapia percutanea della calcolosi urinaria fu descritta per la prima volta nel 1977 da due radiologi svedesi (Fernstrom I. e Johansson B.), essi , attraverso una puntura del rene e una dilatazione successiva con cateteri rigidi, eseguirono l'asportazione di un calcolo ampollare.
Nel 1981 Alken in Germania, Wickham in Gran Bretagna, Clayman e Smith negli U.S.A., e Marberger in Austria, tutti in collaborazione con i rispettivi radiologi, riportarono le prime casistiche con le indicazioni, le percentuali di successo e le complicanze della nefrolitotrissia percutanea.
All'inizio del 1982 questa tecnica era già praticata in molti ospedali d'Europa e d'America con una casistica che si aggirava intorno ai 700 casi.
Le percentuali furono presentate nell'aprile del 1993 a Londra, in occasione del primo Congresso di Chirurgia Percutanea del rene.
La padronanza e l'esperienza acquisita con la pratica, unitamente al perfezionamento degli strumenti esistenti, hanno indotto i più esperti ad ampliare le indicazioni terapeutiche di queste nuove metodiche operative.
Questa tecnica comunque non è di semplice esecuzione, in quanto richiede una complessa organizzazione ed un tempo di esecuzione relativamente lungo.
Infatti è necessaria una sala operatoria che, oltre ai necessari requisiti di sterilità, sia dotata di apparecchiature endoscopiche, radiologiche e anestesiologiche specifiche.
Per la nostra esperienza, l'equipe ideale è composta da 7 persone, tra cui sono compresi due urologi, un anestesista, un tecnico di radiologia, due infermieri di sala ed uno strumentista.
Grazie all'avvento di tali metodiche chirurgiche, l'accesso al rene sta perciò cambiando in modo significativo. Infatti interventi per litiasi renale, forme displasiche del giunto pielouretrale, trattamento di cisti benigne renali ed il trattamento dei tumori delle vie di escrezione, che un tempo richedevano notevoli traumatismi al paziente, hanno ridotto di gran lunga la loro indaginosità grazie alla tecnica percutanea.
Il minor traumatismo chirurgico del parenchima renale, e soprattutto la riduzione della degenza postoperatoria, hanno fatto si che questa tecnica si stia espandendo sempre più.
Alcune controindicazioni quali disordini emocoagulativi, ipertensione grave, TBC renale, malformazioni renali (es. rene sottodiaframmatico), possono rendere non indicata la tecnica percutanea.
Non essendo un intervento privo di complicanze quali sanguinamenti o impossibile accesso al calice renale, la percutanea va eseguita in una sala operatoria in grado di offrire al chirurgo la possibiltà di utilizzare lo strumentario endoscopico ed in caso di necessità quello chirurgico.
Nella nostra sala sono presenti tre infermieri: lo strumentista, un I.P. che collabora con l'anestesista ed un altro che collabora con lo strumentista.
L'infermiere addetto all'anestesia prepara il materiale per l'induzione e l'intubazione del paziente, in particolare si preparerà un tubo endotracheale armato che garantisca la pervietà delle vie aeree data la posizione prona che si farà assumere al paziente.

MATERIALE NECESSARIO ALL'INTERVENTO


Importante è la preparazione di tutta l'apparecchiatura necessaria per la frantumazione del calcolo:


Lo strumentista prepara con l'aiuto dell'altro infermiere, i tre carrelli sterili.

Primo carrello servitore per cistoscopia




Secondo carrello (per la nefrolitotrissia percutanea) con "kit standardizzato" composto da:


a questo materiale viene aggiunto:




TERZO CARRELLO LAPARATOMICO:



Ultimata la preparazione di tutto il materiale si introduce il paziente in sala, si monitorizzano i parametri vitali, si incannula una vena periferica e si procede alla narcosi. Al termine delle prime manovre anestesiologiche si procede con la cistoscopia: il paziente viene messo in posizione ginecologica e si incannula l'uretere dal lato da trattare con un catetere open-end attraverso il quale si inietterà, all'occorrenza, soluzione fisiologica e mezzo di contrasto utili per dilatare e contrastare le cavità renali, facilitando così la successiva puntura renale percutanea.
Il paziente viene poi riportato in posizione supina e messo prono con le braccia portate in avanti rispetto al corpo.
Il letto verrà poi angolato in corrispondenza dell'ultima costa per mettere in evidenza la sede lombare.
A questo punto si procede alla disinfezione del campo e si posiziona la teleria "disposable" dotata di sacca raccogli liquidi. Il tecnico di radiologia posiziona l'amplificatore di brillanza che lo strumentista riveste con copertura sterile. Eseguita la preparazione del campo si procede al primo tempo della percutanea cioè alla puntura transcutanea del rene.
Per accedere alla via escretrice la direzione prescelta è quella del calice inferiore o medio e si utilizzano:




Si procede alla frantumazione del calcolo e all'estrazione di eventuali frammenti con la pinza da calcolo o con aspirazione mediante sonda ad ultrasuoni. Il drenaggio si posiziona prima della rimozione della camicia del nefroscopio e se ne controlla radiologicamente la posizione iniettando il mezzo di contrasto. Si disinfetta e si medica a piatto.
Il paziente viene riportato in posizione supina e risvegliato.
Ad intervento ultimato si procede ad un controllo radiologico per evidenziare la presenza o meno di calcoli residui che vengono eventualmente trattati con E.S.W.L. Nel decorso post-operatorio, decisamente meno traumatico rispetto all'intervento a cielo aperto, si procede ad un controllo radiologico dopo 24-48 ore e si rimuove l'open-end.
In mancanza di complicanze, in quarta giornata il paziente viene dimesso.





Bibliografia

-  Progressi nella calcolosi renale (F. Di Silverio - M. Gallucci)
-  Chirurgia Endoscopica Urologica (E. Matouschek)





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