Building with Sky Stripe


CYBORG X

L’atmosfera del laboratorio era elettrica e il professor Kobayashi, illustre scienziato giapponese, era impaziente di godere il risultato del lavoro dei suoi ultimi anni. Quello che aveva davanti agli occhi era il suo orgoglio, l’ultima delle sue creazioni e la più perfetta. Si chiamava 0010, il suo nome vero era Alex ma non sapeva niente di più di quella che forse era la creatura più potente del mondo, quale storia avesse alle spalle, che tipo di personalità la caratterizzava o cose analoghe, lui era solo uno scienziato, non era il suo scopo a lui non doveva interessare.

II grande orologio sulla parete avvisò che erano le quattro di mattina l'operazione era riuscita con successo e adesso 0010 poteva unirsi ai sui nove compagni.

Alex si sentiva strano, confuso, avere addosso gli occhi di tutta quella gente lo metteva a disagio; comunque si era accorto che il suo corpo aveva qualcosa di diverso, non sapeva ancora bene di cosa si trattasse, era come una impressione remota, latente, ma tuttavia molto percepibile, nell’insieme si sentiva straordinariamente energico, aveva la sensazione che dentro i suoi muscoli scorresse una forza incredibile, ed allo stesso tempo era calmissimo, una quiete quasi innaturale. Ma cosa era diventato ora? cos'era esattamente? un uomo? una macchina? non lo sapeva e forse non voleva saperlo, ad ogni modo dei rumori sommessi lo destarono dai suoi pensieri, anzi non erano rumori ma delle voci, un vociferare insistente sopra di lui. Cercò di aprire gli occhi e focalizzare l’immagine, vide cinque ragazzi e quattro ragazze davanti a lui, tutti giovanissimi, più o meno della sua età; erano vestiti in modo identico: indossavano una sorta di strana divisa, completamente nera: la giacca nera, i pantaloni neri; assomigliava vagamente a un kimono di judò ma non era aperta sul petto anzi c'erano quattro grossi bottoni gialli, simili a un doppio petto, e una sciarpa anch'essa gialla avvolta al collo di ognuno di loro. Alex si accorse di avere gli occhi pesanti e una stanchezza incontenibile gli entrò fino al midollo, questo fu l'ultimo pensiero che gli attraversò la mente, si abbandono inesorabile in un sonno profondo senza sogni, e dormì per parecchie ore.

Quando si svegliò Alex era in piena forma, il sonno lo aveva completamente ristabilito e allontanato da lui ogni fatica. Si alzò in pedi e si accorse di essere vestito con la stessa uniforme che aveva visto indossare a quei ragazzi di prima; subito gli tornarono in mente le ore precedenti e quegli strani ragazzi tutti vestiti uguale, ora era anche lui uno di loro, almeno così sperava. Comunque quell'uniforme era straordinariamente comoda e lo avvolgeva in modo perfetto, forse era un po' ruvida ma neanche tanto, ad ogni modo si osservò allo specchio il nero gli aveva sempre donato, il colore del vestito si adattava perfettamente a quello dei suoi capelli e a quello dei suoi occhi, entrambi scurissimi, il corpo alto e slanciato faceva da perfetto contorno alla cupa immagine che dava di sè.

- Non sei proprio niente male -  Alex si girò di scatto, ad aver parlato era una ragazza, vestita anche lei con quella stana divisa, la riconobbe immediatamente, era con gli altri in laboratorio in quell'attimo in cui lui era stato cosciente, prima di cadere addormentato; se ne stava appoggiata contro un lato della porta, aveva le mani conserte sul petto e un sorriso malizioso.

 - Piacere sono 005, ma il mio vero nome è Ami -  aggiunse;

- Oh io mi chiamo…, mi chiamo...  -  trasalì, non si ricordava il suo nome, ma certo, era solo un attimo di smarrimento il suo nome se lo ricordava eccome era Alex, come poteva dimenticarsi il suo nome  - Mi chiamo Alex -  continuò dopo un secondo di esitazione;

Ami aveva uno sguardo interrogativo, i suoi capelli chiari come il sole, lunghi e leggermente mossi le davano un aspetto luminoso, gli occhi erano di un blu penetrante mentre il naso era piccolo e rivolto al l’insù, non era altissima ma perfettamente nella media, nell'insieme era veramente carina. Alex se ne compiacque;

- Vieni -  disse Ami  - Ti presento agli altri -

Uscirono dalla stanza; il corridoio era molto largo e illuminato, non c'erano finestre che permettessero al ragazzo di scoprire in quale parte del mondo si trovasse, ma si trattenne dal domandarlo.

Probabilmente quello era il corridoio principale, infatti la sua guida lo fece svoltare a destra in un altro, più stretto, e passarono attraverso una porta automatica; è vero! non ci aveva fatto caso prima, in quell'edificio tutte le porte erano automatiche.

Alla fine giunsero in una stanza, anche quella senza finestre ma molto illuminata al centro c'era un tavolo ovale e sedevano disordinatamente tre ragazzi e un'altra ragazza. In quel mentre, entrò nella stanza il professor Kobayashi .

- Benvenuto tra noi 0010, sono lieto che hai già fatto conoscenza con 005, qui ci sono altri quattro compagni, purtroppo non possiamo farti una accoglienza al completo perché, come vedi, gli altri Cyborg non sono alla base, ma spero che ti accontenterai lo stesso - . Ie parole del professor Kobayashi lo fecero raggelare, aveva detto Cyborg, allora anche lui era un Cyborg, ecco perché si trovava lì, ecco che ora capiva tutto, era diventato una macchina, un rottame; ora si spiegava perché aveva questa forza disumana nei muscoli, non era più un umano, era solo una macchina. Si fermò un secondo a riflettere, eppure era sicuro di aver preso la decisione giusta e questa sicurezza lo tranquillizzò molto.

- Alex va tutto bene? -  una mano gli sfiorò la spalla, il ragazzo ebbe un sussulto, era da tanto che nessuno lo chiamava per nome, col suo vero nome; era Ami, la sua linea di pensieri andò in frantumi, e con essa anche tutti i suoi dubbi. Il professor Kobayashi lo guardò con sguardo interrogativo; gli altri si avvicinarono e cominciarono le presentazioni.

S’era fatta sera, Alex era sdraiato sul suo letto ma non riusciva a prendere sonno; stava ripensando a quello che era successo nelle ultime ore, gli sembrava tutto così strano, molto distante da sè, eppure accadeva a lui, per la prima volta nella sua vita lui era il protagonista. Pensò a tutti quei ragazzi che gli dimostravano amicizia, aveva il presentimento, tutt’altro che infondato, che con quei ragazzi lui dovesse passarci molto ma molto tempo, condividere gioie e amarezze, successi e disfatte, viverci insomma.

Gli tornò in mente il sorriso di Ami, sè stesso riflesso nello specchio, il volto giocoso e bonario del professor Kobayashi, di nuovo il sorriso di quella ragazza; pian piano, senza che se ne accorse, tutte queste immagini cominciarono a confondersi nella sua mente, se ne aggiungevano altre e altre ancora, si mescolavano tra di loro come in un vortice, si adddormentò senza neanche farci caso.

Al risveglio per poco non gli prese un colpo, vide difronte al suo letto un grande oblò che occupava tutta la parete, era pronto a scommettere che la sera prima non c’era, probabilmente pensò a un congegno che si attivasse con la luce del sole, infondo in quella base tutto era estremamente moderno e tecnologico. Ad ogni modo la giornata era stupenda e da quella finestra entrava una luce intensa, era mattina e il sole era alto nel cielo; lo spettacolo che si presentava fuori dalla finestra era a dir poco stupendo, Attraveso il vetro si scorgeva l’interno di una baia quasi completamente ricoperta da una fittissima vegetazione, il mare era di un azzurro così limpido che si poteva quasi vedere i pesci attraverso l’acqua. Dove si trovasse lo ignorava completamente, ad una prima occhiata sembrava una di quelle isole tropicali, data la vegetazione; ad ogni modo vide una jeep parcheggiata su quella sottile striscia di spiaggia che formava la costa, cercò di osservare per quanto si poteva la targa e notò che al posto dei numeri c’erano ideogrammi orientali, forse si trovava nella patria del professore, o comunque in un paese asiatico. Si alzò dal letto per osservare meglio e si accorse di essere bagnato, no, non era acqua era sudore, aveva sudato durante la notte, anche il materasso era umido, come poteva essere successo? Non era un Cyborg, una macchina? Le macchine non sudano; come poteva ancora avere questi risvolti prettamente metabolici? Non credeva che anche le macchine avessero un metabolismo, pensò con sarcasmo.

In quel momento la porta si aprì ed entrò una ragazza senza neanche bussare, ma Alex non si arrabbiò affatto primo perchè personalmente odiava qualsiasi forma di privacy, anche la più convenzionale, e poi perchè si trattava di una ragazza mooolto carina che non aveva ancora avuto il piacere di conoscere, e non gli dispiaceva affatto che lei lo degnasse della sua compagnia; il suo nome era Mel, gli sembrava di ricordare, insolito per una ragazza aveva pensato ed era per questo che gli era rimasto impresso, infatti non aveva avuto modo di parlarci molto;

- Tra venti minuti siamo tutti convocati in riunione nella sala di controllo, vestiti, e magari lavati perché puzzi un po' -  disse bruscamente e con un pizzico di freddezza;

- Ma. . . -  Alex non fece neppure in tempo a blaterare ualcosa che subito Mel gli si avvicinò, sapeva esattamente quello che stava passando per la testa di quel ragazzo, infondo erano domande normali per i primi giorni, se le fanno tutti rima di abituarsi a questa nuova condizione fisica. Comunque sembrava aver cambiato completamente atteggiamento, si sedette accanto a lui sulla sponda del letto, si spostò un ciuffo di capelli che le accarezzava il volto, e con sguardo seduttore avvicinò il suo viso a quello del ragazzo, tanto che Alex ne poteva sentire il respiro, lo avvicinò ancora e ancora, sembrava non fermarsi mai, Alex cominciava a sudare freddo, era paralizzato, quasi ammaliato dal fascino di quella bellissima ragazza, ora bastava un soffio che le due labbra si sarebbero toccate, Mel sul più bello lo spinse con forza sul materasso dove lui cadde goffamente, non la smetteva più di ridere, Alex per un attimo rimase disorientato e confuso, poi si rese conto di quale espressione idiota doveva avere sul volto e rise a sua volta;

- Anche se sei un Cyborg il tuo metabolismo non cambia, siamo molto più umani che macchine, quindi lavati -  ancora divertita si allontanò della stanza;

- E' proprio senza speranza -  a parlare era stato un altro ragazzo che affacciato all'entrata della stanza aveva assistito a tutta la scena, Alex non si ricordava il suo nome anche se si era presentato insieme a tutti gli altri il giorno precedente, aveva una voce simpatica, non doveva essere male;

- Scusa comunque – disse solennemente – non ti stavo spiando, passavo qui per caso -  se ne andò fischiettando, incapace di trattenere ogni tanto qualche risata. In quel posto erano tutti scanzonati, ma tutto sommato ci si divertiva.

Lavato e tirato a lucido, si avviò verso la sala riunioni, erano già arrivati tutti i suoi compagni, mancava solo il professor Kobayashi. Si sedette accanto ad Ami, che infondo era chi conosceva meglio e, approfittando del ritardo del professore, comincio a parlare con lei del più e del meno;

- Ho saputo del caloroso benvenuto che ti ha fatto Mel stamattina -  disse Ami con un pizzico di malignità e un sorrisino tra i denti;

- Molto spiritosa Ami, ma non e colpa mia e poi... fa cosi con tutti? -

- Solo con chi gli va a genio, non e una cattiva ragazza, anzi, se la conosci bene scopri che in fondo ha un animo gentile e anche se vuol fare la dura nel suo intimo e molto timida e riservata -

- Sarà – disse nienteaffatto convinto. Ami lasciò cadere l’argomento.

In quel momento arrivò il professor Kobayashi, entrò senza quasi salutare, aveva un aspetto trasandato e un aria preoccupata, era immerso nei suoi pensieri e borbottava qualcosa tra se e se. Quando raggiunse il suo posto si calmò visibilmente, appoggiç sul tavolo i fascicoli che portava sottobraccio, si sistemò frettolosamente il camice e si diede un po' più di contegno, sedette. Ci fu una lunga pausa, Tutti i suoi compagni e lui compreso erano ammaliati dal professore, che aveva indubbiamente una grande dose di carisma e un indubbio ascendente su di loro, era lui che organizzava le missioni, provvedeva al mantenimento della base e teneva i rapporti con i governi di tutto il mondo. I Cyborg lo rispettavano e non agivano mai senza il suo consenso. Al di là di questo Kobayashi era un uomo ancora molto giovane, piuttosto alto e magro con un fisico asciutto ma muscoloso, aveva un viso tipicamente orientale con gli occhi sottili e di un verde brillante, mentre i capelli, abbastanza corti e con una sfumatura alta, erano di un nero corvino, portava un paio di occhiali così piccoli che quasi non si notavano. Nell’insieme non era affatto un brutto uomo, anzi; tuttavia non aveva mai pensato a trovarsi una compagna, mettere su famiglia e sistemarsi per sempre, no, assolutamente, nella sua vita non c'era spazio per l'amore, la sua intelligenza a dir poco geniale e la sua ambizione lo avevano portato a raggiungere mete ben differenti. Da sempre considerato un alunno modello, si era laureato a ventitré anni in ingegneria biocibernetica e subito dopo aveva cominciato a lavorare come responsabile della sezione ricerche di una non molto nota industria giapponese, la Biosynthetics. Acquistata la dovuta esperienza si staccò da questa società e, mettendosi in proprio, cercò di realizzare quello che era sempre stato il suo sogno: unire l'uomo alla macchina, creare un organismo cibernetico in simbiosi con uno biologico. Naturalmente visto lo scopo del suo lavoro incontrò enormi difficoltà sia dal punto di vista della realizzazione sia da quello etico, furono molte le persone che cercarono di ostacolarlo, chi per un motivo, chi per un altro; ma il professor Kobayashi non gettò mai la spugna e sempre con maggior insistenza si concentrava sui suoi esperimenti. Ad ogni modo, da una parte per l'audacia dei suoi studi, dall'altra per la sua straordinaria intelligenza, la sua fama crebbe e nel suo ambito diventò famoso in tutto il mondo.

Circa quattro anni dopo la data in cui aveva dato inizio ai suoi esperimenti, cominciarono a vedersi i primi frutti, si chiamava 001, era un Cyborg, il primo che fosse mai stato creato, non aveva nessun precedente. A vederlo sembrava un ragazzo qualsiasi, giovanissimo, ma nel suo corpo sebbene avesse ancora un cuore e un cervello umano, ad alcuni tessuti umani erano subentrati quelli cibernetici, la carne si era fusa con il metallo, aveva sentimenti,   provava   emozioni,   dolore,   aveva   ancora   quasi   tutte le esigenze metaboliche di una persona normale, ma allo stesso tempo era dotato di una forza impressionante, gli erano state sviluppate artificialmente a livello celebrale alcune capacità che si acquistano solo con anni di esperienza, come ad esempio la conoscenza delle arti marziali, di tecniche di guerra e di commando, brevetti di volo e di immersione, nozioni di pronto soccorso, lingue straniere e cosi via. L'unica cosa di cui il professor Kobayashi non poteva essere certo era se i sentimenti e le emozioni, diciamo la parte umana del suo essere, fosse completamente reale, ignorava se quel Cyborg sarebbe stato capace di amare come un essere totalmente umano, soffrire come tale, essere triste, felice, gioire, rattristarsi.., per il professor Kobayashi questo era fondamentale, per lui non aveva importanza creare una marionetta meccanica priva di umanità, se il suo Cyborg fosse risultato così, sarebbe stato un completo insuccesso, non avrebbe avuto alcuna utilità, e il frutto di anni di studi non sarebbe valso più di un qualsiasi rottame. Fortunatamente, e come ben presto il professore poté constatare, 001 provava sentimenti e non era in niente diverso da un suo qualunque coetaneo; dato l'enorme successo dei suoi esperimenti in seguito furono prodotti nove altri compagni, tutti Cyborg e tutti sempre più perfezionati, comunque, ognuno di essi aveva una propria caratteristica che lo rendeva unico e diverso dagli altri, solo con Alex il professor Kobayashi aveva voluto riassumere in un unico individuo una potenza inimmaginabile, una potenza che lo stesso Cyborg, per ora, non immaginava neanche lontanamente di possedere.

- Ho esaminato attentamente i dati che Rudy e Jason hanno rilevato -  disse dopo qualche minuto di pausa, se Alex si ricordava bene si doveva trattare dei Cyborg 001 e 002;

- La situazione mi sembra preoccupante – continuò il professore - se quella tregua dovesse saltare, ne risulterebbe un incidente diplomatico, e allora la pace tra i due paesi sarebbe definitivamente compromessa, Rudy e Jason sono rimasti sul posto ma é necessario che qualcuno di voi vada in loro aiuto, ho pensato a Mel ed Ellis, vi imbarcherete sul primo volo e raggiungerete al più presto i vostri compagni, mi raccomando siate prudenti e tenete gli occhi aperti per il resto siete liberi di agire come più ritenete opportuno -

 Alex non sapeva di cosa si stesse parlando e chiese spiegazioni ad Ami;

- Si tratta di un compromesso di tregua che dovrebbe portare a una pace tra due paesi del medio oriente - disse la ragazza  - Solamente che non tutti sono favorevoli a questa politica, persone molto influenti per ovvie ragioni economiche preferirebbero di gran lunga la guerra, alcuni di noi stanno cercando di identificare queste persone e di eliminarle -

- Eliminarle!?! -  domandò incuriosito Alex;

- Certo, ma non dimenticare che sono persone che per perseguire i propri scopi non hanno esitato ad usare qualsiasi mezzo, le loro anime grondano di sangue, persone che non hanno diritto alla vita -

Nel frattempo la seduta si era conclusa, tutti stavano tornando ai propri doveri, Mel ed Ellis si apprestavano a partire, e il professor Kobayashi venne incontro a Alex ed Ami

- Come ti trovi? -  domandò al nuovo arrivato;

- Molto a mio agio grazie,  anzi se posso essere utile anch'io ne sarei felice -

- Sì in effetti ci sarebbe qualcosa che puoi fare, stavo appunto per proportelo, comunque non si tratta di un gioco e per questo devi stare con gli occhi aperti, Ami ti aiuterà -

- Di che si tratta? -  domandò la ragazza;

- Ehm, dunque -  continuò Kobayashi  - Vi piacerebbe un soggiorno in Italia? -

Alex trasalì - L'ltalia, la mia patria, e tanto tempo che non ci vado, potrò rivedere i miei amici, visitare luoghi che ricordano il mio passato, cavolo se mi piacerebbe tornarci -  pensò tra se il ragazzo;

- Fantastico! L'ltalia una terra calda e romantica, sì mi piace! -  esultò 005  - Dove esattamente? -  chiese;

- Eh! Eh! Ero sicuro che vi sarebbe piaciuto -  ammise il professore con fare bonario  - Ho un carissimo amico al consolato di Roma, solo che adesso si trova un po' nei guai perché si e scontrato contro un organizzazione criminale, niente di preoccupante intendiamoci, però mi ha confessato che teme per l’incolumità di sua figlia che studia in un liceo di Milano, così se magari voi potreste sorvegliarla starei più tranquillo, ad ogni modo dovete farlo dando nell'occhio il meno possibile, lei non ne è al corrente e deve continuare a non esserlo, quindi voi vi simulerete suoi compagni di classe, ho già pensato io ad iscrivervi, avrete così la possibilità di tenerla sotto controllo -

- Già pensato ad iscriverci! -  ripetè Alex visibilmente stupito;

-  Sl perché? Non ti va l'idea di tornare a scuola? -  scherzò;

-  No non e per questo, ma... -

- Non ti preoccupare -  ribattè Kobayashi come avendo intuito cosa il ragazzo volesse dire

- Studiare non ha alcuna importanza, I'unica cosa che dovete fare e tenere d'occhio quella benedetta ragazza, se le succedesse qualcosa ne soffrirei molto anch'io -

- Quando dobbiamo partire? -  chiese Ami;

- Dovete presentarvi in classe entro dopodomani mattina, considerato le ore di volo prima lo fate e meglio è, ah! A proposito non dimenticate le armi, ma adesso andate a riposare, vi farà bene -

Nel buio della stanza Alex non riusciva a prendere sonno, era la sua prima missione, non doveva assolutamente fallire, non vedeva l'ora di partire, rivedere la sua patria dopo tanto, anche se aveva capito benissimo che non si trattava di un viaggio di piacere difendere quella ragazzina. Stando alle descrizioni del professore doveva avere più o meno l’età sua e di Ami, frequentava la terza classe di un liceo scientifico a Milano. Per un attimo rimase perplesso, ma sarebbe stato in grado di proteggerla? Sperava vivamente di sì, infondo poteva contare anche sull'aiuto della sua compagna. E poi tutto sommato la missione a cui erano andati incontro gli altri Cyborgin Medio Oriente doveva essere ben più complessa, ovviamente per lui si trattava della prima volta che entrava in azione, quindi andava più che bene. C’era un’altra cosa che lo lasciava perplesso: l’armarsi, non ricordava mai nella sua vita precedente di aver mai preso in mano un'arma, ma adesso aveva il presentimento, anzi la certezza di conoscerle tutte, probabilmente si trattava di una sorta di programma, o qualcosa del genere, che il professor Kobayashi gli aveva messo in testa. Le armi adottate non erano molte, diciamo che si riassumevano tutte in una pistola che ogni Cyborg portava sempre con sè, o meglio, definirla pistola era molto limitativo, si trattava di un modello a mirino laser autoguidato a doppio caricatore, sparava pallottole esplosive di calibro 70, poteva colpire un oggetto con la massima precisione fino a 350 metri e i suoi colpi dilaniavano una parete di acciaio spessa duecento centimetri, più che una comune arma era una mini centrale atomica, ma nessuno ne faceva mai largo uso, anche se erano tenuti ad averla sempre con loro preferivano usare le proprie potenzialità che erano molto più pericolose ma allo stesso tempo più controllabili  e intuitive di quell'arma.

La mattina seguente di buon ora, Ami entrò nella camera del suo compagno, anche lei senza bussare, ormai era diventata un'abitudine, ma lo trovò già pronto per la partenza, si era vestito, lavato e sbarbato. Quando era ancora un ragazzo normale, Alex aveva problemi alla vista e indossava le lenti a contatto ma ora non ne aveva bisogno, ci vedeva benissimo e senza nulla sugli occhi, sicuramente ci doveva essere la mano del professor Kobayahi;

- Già pronto? -  esclamo Ami stupita  - E io che immaginavo di trovarti ancora in pigiama! -

- E' il richiamo della patria -  rispose con aria canzonatoria  - Ho messo le mie cose in valigia e la pistola nella fondina sottoascellare, non ho portato molte cose perchè non avevo voglia di trascinarmi dietro un bagaglio enorme, se mi dovesse mancare qualcosa o se ci fermiamo più del previsto comprerò ciò che mi serve direttamente là. Ah! va bene come mi sono vestito, Ami? -

Alex indossava un paio di pantaloni chiari, bassi in vita e con le tasche sui fianchi, una t-shirt a righe blu con il colletto ed una felpa sempre blu, ma più scura legata in vita, ai piedi portava delle scarpe da tennis piuttosto voluminose. La ragazza sorrise;

- Sei proprio carino – disse – Ma ce l'hai sotto la divisa in caso di emergenza? - Ogni Cyborg la doveva indossare direttamente a contatto con la pelle, faceva parte dell’attrezzamento perché in caso di necessità era più versatile e resistnte di qualsiasi altro abitoù;

- A che ora c’è il volo? -  chiese il ragazzo;

- Fra tre ore, raggiungeremo in Jeep la strada principale e poi aspetteremo l'autobus che ci porterà all'aeroporto -

-  Ma arriveremo in tempo? -

- Certamente sì, anzi, magari anche in anticipo -

Un'ora e mezza dopo raggiunsero l'aeroporto, dovevano ancora aspetare mezz’ora prima di imbarcarsi, e Alex ne approfittò per fare quattro passi nei paraggi, da quando ara diventato un Cyborg non aveva ancora avuto modo di uscire dalla base e di guardarsi intorno, Ami fu ben felice di accompagnarlo.

Era una bellissima giornata di primavera, il sole splendeva alto nel cielo ma Alex non aveva né caldo nè freddo, era perfettamente a suo agio, I'aeroporto era un'immensa costruzione, e quel sole accecante faceva brillare tutti le innumerevoli vetrate. I due se lo lasciarono ben presto alle spalle per seguire un sentiero che portava ad un boschetto appena fuori le recinzioni che delimitavano le piste di atterraggio e decollo degli aerei. In quel bosco la primavera era ormai inoltrata e aveva fatto sbocciare le gemme, per tutto l'ambiente c'era un delizioso profumo di fiori e aroma di pini, Alex si sdraiò sull'erba e si mise in bocca uno stelo mentre osservava il cielo, gli tornò alla memoria che quando si sentiva solo o triste per qualche motivo lo faceva spesso; anche Ami si sdraiò al suo fianco, solo che lei teneva il viso rivolto verso terra, aveva il petto appoggiato agli avambracci e giocherellava con i fili d'erba; 

- Senti Alex -  disse  - Tu....ti trovi bene con noi? Ecco....ti piace stare insieme a me? -  La sua voce aveva un suono inconsueto, parlava come se farlo gli costasse uno sforzo immenso e il suo volto si era un po’ arrossito  - Cioè....ecco....volevo dire che se fosse possibile mi piacerebbe fare altre missioni con te, tutto qui -  Alex la guardò più stupefatto che incuriosito, era la prima volta che una ragazza gli diceva cose tanto carine, per la prima volta si sentì un po' importante, finalmente qualcuno che gli dimostrasse affetto, era una situazione meravigliosa. Il ragazzo le strinse la mano;

- Piacerebbe anche a me -  disse. Si avviarono verso l’aeroporto.

Dopo circa mezzora erano tutt’e due in volo, l’orologio segnava quasi le sette di sera e il sole era ormai calato, dall’oblò del veivolo Alex poteva vedere la città dall’alto, gli altissimi palazzi della grande metropoli sembravano modellini in scala e vista nell’insieme la città assomigliava ad un formicaio in piena attività. Era la prima volta che viaggiava in aereo, ora che ci pensava erano molte le cose che non aveva mai fatto, era sempre stato timido e chiuso in sè stesso, non aveva nè amici nè una ragazza, e di rado usciva da casa:  “non saprei dove andare”  si giustificava con chi gliel’avesse eventualmente chiesto. Alla fine tutto questo lo aveva stancato, si era sempre più reso conto di condurre una vita piatta, ora voleva vedere un po’ il mondo e conoscere quanta più gente possibile, stare con gli altri e così facendo cononoscere sempre di più anche se stesso.

Forse era questo che lo aveva spinto a diventare un Cyborg, ad ogni modo la sua attuale situazione non gli dispiaceva affatto, aveva attorno persone che dimostravano di volergli bene, ma non perchè mirassero a qualcosa di suo o perchè avessero secondi fini, semplicemente gli volevano bene e basta, gli erano amici. Poi c’era Ami che gli dava l’idea di provare per lui un qualcosa al di sopra dell’amicizia, era amore? Affetto? O cos’altro? Alex non lo sapeva, ma poteva un ragazzo nella sua condizione amare, anzi diciamolo: poteva un Cyborg amare? Sottolineò mentalmente questa parola: Cyborg, come se trovasse un attrazione particolare pronuciandola. Turbandosi un po’ nel formularsi questa domanda si rifiutò di indagare oltre;

- Parlami un po’ di te - chiese, un po’ con l’intenzione di scansare i pensieri di poco prima, ad Ami che gli era seduta di fianco

La ragazza sobbalzò come richiamata da un luogo remotissimo  - E cosa dovrei dirti? -  chiese con sguardo interrogatorio;

- Mah! Quello che vuoi, cosa ti piace fare, che libri leggi, che musica ascolti, magari anche un po’ della tua vita privata -  disse Alex ponendo un malizioso accento sull’ultima affermazione;

- Allora mi chiamo Ami Tudor, ho diciassette anni, sono di famiglia benestante, amo vestirmi bene i fumetti e gli animali quando sono cuccioli, non mi piacciono invece gli insetti, la carne bollita e gli estremismi politici, ti ho soddisfatto? -  scherzò;

- Molto -  rispose il ragazzo stando al gioco - Allora mi sembra giusto parlare anche di me: mi chiamo Alex Serra, ho diaciassette anni anch’io e provengo da una famiglia assolutamente normale, mi piace la letteratura classica, i cartoni animati e vestire elegante, detesto invece gli odori forti, i comics americani e la moda degli anni settanta - 

- Mi stai prendendo in giro? -  domandò la ragazza inarcando deliziosamente le sopraciglia;

- Sia mai -  ribadì Alex, Ami sorrise. Continuarono a parlare del più e del meno per parecchie ore, si erano fatte ormai le undici di sera quando Ami chiuse gli occhi;

- Non ce la faccio proprio più, sono troppo stanca, mi ero ripromessa che sarei stata il più possibile a parlare con te, ti prego scusami, ma proprio non riesco a stare sveglia -

- No non ti preoccupare, dormi pure, anch’io ora sono un po' stanco -  rispose il suo compagno;

- Bene allora dormiamo -  disse accompagnandosi da un grande sbadiglio e con un’aria molto assonnata. Abbassò il suo sedile al massimo e si tirò sul petto la coperta fornita dalla compagnia  appoggiando lentamente la testa sulla spalla di Alex 

- Sono contenta di essere tra le braccia dell'uomo più forte del mondo -  fece in tempo ad aggiungere prima di cadere in un sonno profondo. Alex abbastanza sorpreso da quanto era accaduto, accarezzò con dolcezza il suo viso addormentato che gli respirava sul petto e scostò i capelli che le cadevano sul volto, era molto carina, chiuse gli occhi e si addormentò anche lui, fu un sonno profondo e senza sogni.



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