amici o nemici ?!
(VILLAGE 1)
004, per gli amici Oliver, aveva perso la vita durante uno scontro con ignoti. Tutti i cyborg presenti stentarono a crederci, come poteva un cyborg perdere la vita? Non erano forse quasi immortali? Bisognava occuparsene subito, e magari mandare qualcuno sul posto, era la prima volta che succedeva una cosa del genere. Il dottor Kobayashi indette subito un’assemblea.
Nel tavolo rotondo al centro della sala i
cyborg erano presenti quasi tutti, all’appello
mancavano solo la spiritosissima Mel, rimasta
in Medio Oriente per sovrintendere le operazioni
di pace, 007 di cui si sapeva pochissimo,
Alex non lo aveva mai visto e nemmeno Ami,
lo stesso Kobayashi ne parlava di rado eludendo
la questione, e naturalmente 004 che non
avrebbe mai più partecipato ad un’assemblea
del genere.
Il dottor Kobayashi, più scompigliato del
solito, prese la parola;
- Signori, la questione è gravissima e senza
precedenti, potete non credermi ma per la
prima volta nella mia vita non so proprio
dove andare a parare. Un agente morto...
ci ha lasciato un grande vuoto dentro anche
perché era uno dei migliori. Chi ha avuto
l’onore di collaborare con lui sicuramente
lo può confermare, e adesso non c’è più,
scomparso, non abbiamo un corpo da seppellire
ed una tomba dove andare a piangere, Dio
solo sa come possa essere successo. Comunque
non mi do per vinto, voglio scoprire cosa
è accaduto e, soprattutto chi sia il colpevole;
le ultime indagini che ho fatto condurre
non hanno portato a nulla, ma me lo aspettavo,
in così poco tempo... Ne seguiranno altre,
e altre ancora, non voglio che su questo
evento cali il sipario della dimenticanza,
soprattutto perché temo che qualcosa di temibile
abbia preso corso, voglia il Cielo che mi
sbagli -
- Non credi che si possa trattare della Wisedom
Alliance, in fondo in Europa è molto presente?
- chiese 001
- Lo escludo - intervenne Ami - Con lo smacco che gli abbiamo inflitto
per un po’ non si farà più vedere -
- Io così a priori non escludo niente - la
interruppe sgarbato il ragazzo - Sappiamo
benissimo tutti e due che quelli sono degli
ossi duri, e che non è facile estirpare le
brutte abitudini della gente, o forse li
hai uccisi tutti, uno ad uno, tu e il tuo
amichetto? -
Ami non rispose - Stronzo! - pronunciò tra i denti.
001 montò in bestia - Ripeti quello che hai detto?! se hai il
coraggio?! -
Ami si alzò in piedi sfidandolo con lo sguardo
- Silenzio! - Urlò il dottor Kobayashi - litigare tra di noi non porta a nulla e
tantomeno in vita il nostro Oliver, Rudy
cerca di calmarti, sappiamo tutti come ti
sentivi legato a Oliver ma adesso, proprio
perché vuoi vendicarlo cerca di collaborare
-
- Certo, mi scusi professore, scusa anche
a te Ami, non volevo offenderti -
Ami rispose con una alzata di spalle.
- E se si tratta di Babaloo, è l’unico che
conosciamo potenzialmente in grado di abbattere
un cyborg - esordì 002
- No, ormai è dalla nostra parte - rispose Appleby - si è trasferito definitivamente con Karin
in Italia, vive sul lago di Como -
- Professore lei cosa ne pensa? - domandò nuovamente 002
- Non ho le idee chiare, le indagini devono
continuare ma, da parte mia, invierò comunque
due di voi in Germania -
Nella sala tutti gli occhi erano puntati
addosso al professore, nessuno fiatava, silenzio
tombale.
- Ho già scelto i nomi, saranno 0010, che
ha già operato in Europa e conosce bene quei
posti, e 009 -
Alex trasalì, era la prima volta che non
lavorava insieme ad Ami, perdipiù una ragazza
che non conosceva assolutamente, come se
la sarebbe cavata? Avrebbe ricreato l’intimità
che c’era con Ami, e poi, ormai Alex non
se lo nascondeva più, Ami era per lui molto
importante, il solo pensiero di averla lontano
gli dava fastidio, figuriamoci se si fosse
trattato di una ragazza alla quale non aveva
mai rivolto la parola. Che disdetta! Ma perché
al professore venivano queste strane idee,
lui voleva partire assieme ad Ami.
- Quando partiamo? - chiese 009
Alex la squadrò attentamente, il suo nome
di battesimo era Ellis, si ricordò che qualcuno
gli aveva detto che fosse nata in Islanda,
in effetti i tratti somatici erano quelli,
piuttosto alta e con un fisico da modella,
i seni apparivano forse più prosperi di quelli
di 005 mentre i capelli erano lisci e di
un nero corvino, li lasciava ricadere sulle
spalle, ed erano così lunghi che le arrivavano
appena sopra il sedere. Il naso era piccolissimo
e all’insù mentre gli occhi così celesti
che sembravano quasi trasparenti, naturalmente
la carnagione tipica di quei luoghi era chiarissima
e Ellis non faceva eccezione.
- Dovete darmi un po’ di tempo per raccogliere
qualche informazione in più, direi comunque
che al massimo per dopodomani sarete in viaggio
- rispose il dottore.
Alex non sapeva cosa dire, guardò Ami, a
sua volta la ragazza ricambiò lo sguardo,
si alzò e si allontanò senza salutarlo, Alex
stava per alzarsi e raggiungerla ma una mano
lo trattenne.
- Non farci caso non è arrabbiata, la conosco
bene, è solo che, come spiegare... in quel
periodo le ragazze vanno lasciate stare,
mi segui, no? - 006 gli strizzò l’occhio, il ragazzo sorrise.
Finita la riunione 002 venne incontro ad
Alex
- Ehm! Io voglio molto bene ad Ellis... e
ovviamente sono corrisposto... ma..., come
posso spiegare... certe volte si comporta
in modo strano; ti prego, mi affido alla
tua serietà, non fare cose strane! -
Sembrava che stesse piangendo, Alex lo guardò
allibito, erano cose da dire? Comunque non
sapeva che Jason stesse con Ellis, a dire
il vero erano molte le cose che non sapeva.
- Ma dai! Non ti preoccupare - lo rincuorò
- C’è già una ragazza nei miei pensieri -
sorrise e si congedò, raggiunse la sua cabina,
aveva bisogno di riposo, era da poco tornato
e già doveva ripartire.
- Non c’è proprio pace - pensò, tuttavia questa vita lo divertiva
e anche se avesse rischiato più di una volta
la vita non avrebbe mai cambiato lavoro,
si era integrato con i suoi compagni e si
trovava bene. Con in testa questi pensieri
cadde in un sonno profondo, quasi fanciullesco,
e non si destò solo che dopo parecchie ore.
I primi raggi dell’alba attraversarono timidamente
gli infissi della sua finestra, inondando
il locale di una luce soffusa e molto calda,
si preannunciava una ottima giornata.
Vestito e tirato a lucido Alex era deciso
a fare una visitina al professor Kobayashi,
ciò che aveva detto durante l’assemblea non
lo convinceva molto, voleva saperne di più.
Si diresse verso il luogo dove lavorava.
Il laboratorio di Kobayashi era esageratamente
grande, una sorta di incrocio tra una sala
chirurgica ed un laboratorio di fisica. Strumenti
di ogni tipo e dimensione erano disposti
intorno e al centro del locale, il soffitto
era un ricettacolo di cavi e fili che convergevano
tutti ad una imponente apparecchiatura, forse
si trattava di un elaboratore straordinariamente
potente; Alex non ne aveva mai visti di quelle
dimensioni. Tutto l’ambiente era molto illuminato.
- Cosa posso fare per te Alex? C’è qualche
problema? - chiese il professore alzando gli occhi dal
microscopio.
- No a dire il vero nessun problema - rispose il cyborg - semplicemente volevo sapere qualcosa di
più su ciò che è accaduto a 004 -
Kobayashi si alzò dal suo banco di lavoro
e si sedette accanto ad Alex;
- Siediti pure - esortò indicando una seggiola. - Ciò che ho detto ieri in assemblea è tutto
quello che sapevo sui fatti, cioè molto poco.
Per quanto riguarda le circostanze posso
aggiungere qualcosa di più visto che partirai,
Oliver non si trovava lì in missione, era
in vacanza, io stesso gli avevo concesso
un permesso di un paio di settimane - il ragazzo lo fissava immobile, si fermò
qualche secondo per riflettere, poi riprese - Era nella villa di famiglia, i suoi genitori
possiedono una grande proprietà nei pressi
di Hannover, tu ed Ellis sarete per qualche
tempo ospiti di questa famiglia, ho già pensato
ad avvertire il padre -
- Se posso esprimere un giudizio - lo interruppe
il ragazzo - Non mi pare una buona idea,
mi sembra una mancanza di tatto, non possiamo
alloggiare a Hannover? -
Il professore rise - Dici bene Alex! Ma è stato il padre stesso
a dare disposizioni, ci conoscevamo sin dall’infanzia
ed è un mio carissimo amico, il suo tremendo
dolore è in parte anche mio - 0010 non obiettò.
- Dove si trova esattamente il posto? -
- Dunque... se non mi sbaglio la località
è Mittenwalde, a circa una decina di chilometri
da Hannover, è un paesino carino, immerso
nel verde della campagna tedesca, vi troverete
bene tu e Ellis -
- Ehm! era proprio di questo che volevo parlarti,
io... ed Ellis, non che non voglia, tuttavia
io ho fatto da sempre coppia fissa con Ami,
ormai la conosco bene e siamo affiatati insieme,
perché mi avete assegnato un altro partner?
-
Il professore corrugò la fronte - A dire il vero non ci ho pensato, effettivamente
tu ed Ami lavorate bene insieme..., vabbhè
ormai il dado è tratto, ad ogni modo sono
sicuro che ti piacerà, Ellis è una ragazza
dolcissima; scusa ma adesso ti devo proprio
lasciare, i dettagli ve li fornirò più tardi,
va a riposarti ne avrai bisogno, bye-bye!
-
Alex uscì dal laboratorio pensieroso: il
professore non gliela raccontava giusta su
Ellis, non ci credeva che era stata involontaria
la scelta, lui non lascia mai niente al caso,
e poi il modo in cui si era giustificato
sembrava troppo evasivo, che nascondesse
qualcosa? Ad ogni modo non riusciva a trovare
una spiegazione valida, bhò! Urtò qualcuno,
immediatamente la sua linea di pensieri andò
in frantumi, alzò lo sguardo - Scusa! - pronunciò. Si trovò davanti un tipo che non
aveva mai visto, non molto alto, più o meno
della sua età, capelli lunghi e biondi, piuttosto
abbronzato. Indossava un pullover a maglia
larga ed ad Alex parve di intravedere la
divisa nera che portavano sotto agli abiti
tutti i cyborg.
- Non ti preoccupare è colpa mia! - si scusò mentre entrava nel laboratorio del
dottor Kobayashi.
Alex incuriosito prestò orecchio: - Chi si rivede! Ti stavo aspettando Zar,
come stai? - era la voce del professore.
- Bene e tu? Senti ti devo parlare... - rispose lo sconosciuto. Alex non riuscì più
a capire nient’altro, probabilmente avevano
chiuso la porta.
Chi era quel tipo? e come mai aveva così
tanta confidenza con il professore? Queste
domande lo assillavano e non riusciva a trovare
una risposta che sembrasse valida. Sdraiato
sopra il suo letto, stentava anche ad addormentarsi,
qualcosa non andava, era il suo sesto senso
a suggerirglielo. Si accese una Marlboro,
era tanto che non fumava, ma improvvisamente
era ricomparsa questa esigenza che sembrava
da tanto latente, alla fine nella sua condizione
che male poteva fargli il fumo? Il pastoso
e denso sapore del tabacco gli invase la
bocca dandogli una sensazione di nausea,
gettò la sigaretta neanche a metà e si alzò
a bere un sorso d’acqua, si sentiva stanco
ma il sonno tardava a farsi vedere. Finalmente
arrivò e lo colse in pieno, Alex cadde in
un sonno profondo, moltissime immagine vorticavano
nella sua mente, in un ordine strano ed incomprensibile,
immagini di Ellis, del ragazzo misterioso
che aveva visto entrare nel laboratorio di
Kobayashi il giorno prima, immagini di lui,
di Ami e dei molti nemici che avevano sgominato.
Fece anche un sogno assurdo, c’era suo padre
e sua madre, era la prima volta che sognava
la sua famiglia: era una mattina come tante,
si era alzato da poco e stava facendo colazione,
doveva sbrigarsi perché altrimenti sarebbe
arrivato tardi a scuola, accanto a lui sedeva
suo padre che leggeva un giornale e la madre
in piedi beveva il caffè, tutt’un tratto
si guardò in basso, era metallico, pesante,
tutto il corpo era diventato di ferro, non
riusciva più a muoversi, invocò aiuto chiedendo
soccorso alla madre, ma non capiva, continuava
ad andare avanti e indietro con la brocca
del caffè;
- Mamma ti prego aiutami, non riesco a muovermi
- gridò forte, d’un tratto la donna strillò
ma il padre non distoglieva lo sguardo dal
giornale.
- Ti prego mamma scusami, non è colpa mia,
non so cosa mi sta succedendo - Alex si vedeva piangere, piangeva tantissimo
ma non riusciva a muoversi.
Si alzò di scatto, madido di sudore e con
il respiro affannato, i raggi del sole entravano
dalla finestra semiaperta, a quanto pare
doveva essere giorno inoltrato.
- Che incubo terribile - pensò, prese in mano l’orologio, erano le
undici e venti minuti,
- Accidenti quant’ho dormito - disse a voce alta. In quell’istante bussò
alla porta ed entrò Ami.
- Il tuo aereo parte alle dodici e mezza,
sarà ora che ti prepari - fece per uscire;
- Aspetta un attimo Ami - la trattenne Alex - lascia che ti dica che avrei preferito,
e di molto, partire con te, ti voglio bene
- Ami si sedette sul letto accanto al ragazzo;
- Cretino - disse sorridendo e visibilmente imbarazzata - non dire certe cose -
- Ma è vero - replicò Alex. Ami si gettò nelle sue braccia
e i due caddero indietro sul materasso. Si
baciarono appassionatamente.
- Che ne dici se.... noi due adesso.... - sussurrò Alex nell’orecchio
- Sei scemo, pensi sempre alle stesse cose
tu, e poi non hai tempo ora - sorrise imbarazzatissima spingendo Alex sul
materasso.
- A proposito - continuò la ragazza - non farti venire strane idee con qualcuno,
hai capito playboy? -
- Hu, hu! mi hai letto nel pensiero -
- Cosa!?! -
- Scherzo, scherzo, ti amo bambina con la
faccia imbronciata - disse Alex lasciando la stanza.
Ami strinse contro il petto il cuscino, aveva
il profumo di Alex, arrossì.
Erano in volo già da venti minuti, sarebbero
atterrati in Germania tra nove ore circa,
doveva passare lassù ancora molto tempo.
Nonostante fossero seduti accanto non avevano
ancora proferito parola; Alex pensò a quando
era in volo per l’Italia, c’era Ami, che
atmosfera diversa, l’eccitazione che precedeva
la prima missione, non facevano altro che
parlare, provava nostalgia per quei momenti,
si sentiva innamorato e corrisposto.
- Disdetta! - pensò - ma perché non mi hanno mandato in missione
insieme ad Ami, lo sanno che facciamo coppia
fissa, mi sembra strano che il professore
si sia sbagliato, chissà cosa c’è sotto,
bhò; alla fine questa chi la conosce, non
saprei neanche di cosa parlare - Alex osservò Ellis, aveva le mani sotto il
mento e guardava il vuoto fuori dall’oblò.
- Però è carina - disse fra sé - chissà come fa a stare con 002, bellezza
sprecata, del resto sono l’unica coppia dichiarata
tra noi dieci, mha! -
- C’è qualcosa che non va? - chiese Ellis d’un tratto, Alex cadde dalle
nuvole - Mi stai fissando e mi chiedo se ci sia
qualcosa che non vada? - scherzò;
- No, no, è che... è che ero andato in fissa
- si salvò;
- Mmh! vorrei sbagliarmi ma mi sembra, che
ti dia fastidio stare con me ora - continuò la ragazza abbassando lo sguardo
e con aria abbattuta;
- Ma va’! non è assolutamente così, il fatto
è che volare mi annoia, cioè, non mi passa
più, non so se ho reso -
Ellis rise facendo intravedere una fila di denti piccoli
e bianchissimi - Ho capito, ho capito - parve sollevata.
- Bhè! parliamo - continuò;
- Come? -
- Parliamo, così non ti annoi e il tempo
passa più in fretta -
- E sentiamo, di cosa vorresti parlare? -
- Di quello che vuoi, a te l’onore di iniziare
prego - rise, sembrava una bambina a cui avevano
appena regalato un giocattolo nuovo, forse
Alex aveva sbagliato nel giudicarla, non
sarebbe stato poi tanto male passare un po’
di tempo in compagnia di questa ragazza.
- Bhè - riprese il ragazzo - una volta arrivata sul posto cosa intendi
fare? -
- Mmh! Non ho la minima idea -
- Come sarebbe non hai la minima idea! - la osservò sconcertato
- Sarebbe semplicemente che non so cosa fare,
vedremo al momento come si evolverà la situazione,
e di conseguenza sceglieremo il nostro modo
di agire, faccio sempre così e non mi sbaglio
mai -
- Ma sei sicura che funzionerà, voglio dire,
così allo sbaraglio, senza un piano, bhò!
-
- Non ti preoccupare, ma senti... tu sei
sincero e ti devo assolutamente dire una
cosa - si incupì, abbassò il capo.
Alex cercò il suo sguardo temendo qualcosa
di grave - Sì... - esortò
- Bhè... si tratta... si tratta - l’aereo subì uno scossone piuttosto violento,
qualcuno strillò anche, ma non successe assolutamente
niente di grave. Ellis si allacciò la cintura,
Alex continuava a fissarla imperterrito;
- Niente di importante - aggiunse girando la faccia dalla parte dell’oblò.
Passarono il resto del viaggio a parlare
del più e del meno.
- L’arrivo all’aeroporto di Berlino ovest
è previsto tra circa venti minuti - annunciò ad un certo punto l’hostess all’altoparlante - preghiamo i signori passeggeri di non fumare
e di allacciarsi le cinture di sicurezza,
il tempo a terra è buono e la temperatura
è di 21°C -
- Soliti messaggi convenzionali - pensò cinico Alex, spegnendo la sigaretta
da poco accesa.
- Gradirei che non fumassi - scherzò Ellis;
- E perché!? - rispose divertito;
- Ti fa male -
- Scherzi?!? -
- Sì, quand’è che hai cominciato? -
- Bhè tanto tempo fa, ho smesso e recentemente
ripreso, ma perché lo vuoi sapere? -
- Niente di particolare, ma quante te ne
fai al giorno? -
- Uffa! quante domande, poche, sei contenta?
-
- Vai al diavolo! - sorrise e riprese la tipica espressione da
bambina con il broncio che le donava moltissimo.
All’uscita dall’aereo una vecchia ma elegante
Mercedes li attendeva;
- Il signor 0010 e la signorina 009, immagino
- disse un tipo in piedi davanti alla macchina
- Alex ed Ellis se per voi è lo stesso - rispose la ragazza
- Sono Schract, Georg Schract, questi invece
sono il signor Sìmeon e il signor Shwanz,
siamo tutti alle dipendenze del signor Gottried,
il padre di Oliver, avrebbe voluto esserci
lui in persona ad accogliervi, ma purtroppo,
per ragioni di lavoro, gli era impossibile;
abbiamo il compito di accompagnarvi alla
tenuta, prego, salite pure in macchina -
Alex ed Ellis si guardarono in faccia e salirono.
Dopo circa un’ora di viaggio Alex cominciava
a dare segni di impazienza, detestava viaggiare
in macchina, da sempre, gli veniva la nausea,
e questa sua nuova situazione non aveva certo
migliorato le cose;
- Manca ancora molto per raggiungere i possedimenti
del padre di Oliver? - chiese di punto in bianco Alex;
- Volete scherzare!? - rispose Schract - qui è tutto suo, fin dove l’occhio può
arrivare; se intendete alla tenuta no, siamo
quasi arrivati -
- Deve essere molto ricco questo signor Gottried,
o sbaglio? - intervenne Ellis che finora non aveva parlato
- Uh! molto più di quello che immaginate
-
- Che tipo è? - volle sapere Alex
- Il principale? Bhè! É una persona veramente
particolare, ve ne renderete conto -
Il modo al quale gli avevano risposto non
piacque ad Alex, non riusciva a capire se
per negligenza o per cos’altro, guardò Ellis,
sembrava non averci fatto caso, continuava
a fissare fuori dal finestrino catturata
da quell’immensità, decise di non dirgli
niente.
Pochi minuti dopo si presentò alla vista
una villa che aveva un che di fiabesco, era
esageratamente grande, disposta su quattro
piani e con una struttura semicircolare,
i tetti erano molto spioventi com’è usanza
di quei luoghi mentre il resto era intonacato
di un giallo tenue. Tutto sembrava richiamare
la reggia di Versailles, tanto il giardino,
come ebbero modo di costatare in seguito,
era una specie di parco.
La macchina si fermò davanti al portone principale,
un inserviente li accompagnò ai loro alloggi,
questa volta, stranamente, separati.
L’interno della villa era pomposo come tutto
il resto, una miriade di dipinti e sculture
arredavano l’ambiente, conferendogli un gusto
classico, quasi estetizzante, ad Alex dava
l’impressione di una sfrenata ricerca del
bello, niente era disposto a caso e assolutamente
niente veniva trascurato; si allontanava
di molto dalla funzionalità e dal piacere
che un qualsiasi alloggio doveva trasmettere,
più che una casa era un museo.
La camera di Alex era al terzo piano, sopra
c’erano le mansarde, era molto ampia, con
una grossa finestra che immetteva sul balcone,
nella facciata principale. Il letto era a
baldacchino e molti tappeti e arazzi impreziosivano
il locale; Ellis alloggiava nella camera
accanto. Decise di farsi una doccia, dopo
un lungo viaggio era quello che ci voleva,
pensò, dopo sarebbe andato da Ellis per vedere
di fare qualcosa.
Sotto la doccia lo scrosciare dell’acqua
era piacevolissimo, appena tiepida ritemprava
i muscoli intorpiditi, lavava via la stanchezza,
era inebriante questa sensazione, ci mancava
la sauna e il quadretto sarebbe stato perfetto,
stava recuperando gradualmente le forze.
Bussarono;
- Cazzo! - disse fra sé - sono appena entrato -
- Sono Ellis - si sentì dall’altro lato della porta, - posso entrare? -
- Vieni pure, è aperto! - disse Alex, si buttò addosso un accappatoio
e la raggiunse nella camera da letto.
- Cacchio! ma sei tutto bagnato, non è che
stavi facendo la doccia e ti sono venuta
a disturbare? -
- Ma nooo! cosa dici!? - , - perspicace la ragazza - pensò
- Senti non trovi che sia fantastico qui?
- riprese lei - è un castello e siamo serviti e riveriti,
è come se fossimo in vacanza, a proposito
sai cavalcare? -
- Bhè! credo di sì, perché? -
- Benissimo, ho già fatto preparare i cavalli,
ti aspetto giù fra mezz’ora, cavalcheremo
in questo prato sconfinato, non è splendido?
-
- Sì ma dobbiamo anche lavorare? -
- Nhaaa! il lavoro dopo, se non hai voglia
dimmelo subito, lo so che non sono Ami, però,
cerca almeno di fare il simpatico, sono sicura
che se te l’avesse chiesto lei saresti andato
di sicuro - sorrise.
- Uffa! te l’ho già detto una volta Ami è
Ami e tu sei tu - disse spazientito;
- Ascoltami tu, questa volta... -
- Ok, ok, vengo, non t’arrabbiare per favore
- disse interrompendola - dammi solo cinque minuti per mettermi qualcosa
addosso e arrivo -
- Mh! così va meglio - rise Ellis - ti aspetto giù -