amici o nemici ?!

(VILLAGE 1)

 L’annuncio terribile ed inaspettato colse il gruppo in un momento di meritato riposo, una momentanea quiete dopo le fatiche in Europa e in Medio Oriente. Alex e company erano tornati dalla volta dell’Italia da ormai un paio di mesi, altrettanto avevano fatto gli altri agenti impegnati nelle guerre civili del sud-ovest asiatico.

004, per gli amici Oliver, aveva perso la vita durante uno scontro con ignoti. Tutti i cyborg presenti stentarono a crederci, come poteva un cyborg perdere la vita? Non erano forse quasi immortali? Bisognava occuparsene subito, e magari mandare qualcuno sul posto, era la prima volta che succedeva una cosa del genere. Il dottor Kobayashi indette subito un’assemblea.

Nel tavolo rotondo al centro della sala i cyborg erano presenti quasi tutti, all’appello mancavano solo la spiritosissima Mel, rimasta in Medio Oriente per sovrintendere le operazioni di pace, 007 di cui si sapeva pochissimo, Alex non lo aveva mai visto e nemmeno Ami, lo stesso Kobayashi ne parlava di rado eludendo la questione, e naturalmente 004 che non avrebbe mai più partecipato ad un’assemblea del genere.

Il dottor Kobayashi, più scompigliato del solito, prese la parola;

 - Signori, la questione è gravissima e senza precedenti, potete non credermi ma per la prima volta nella mia vita non so proprio dove andare a parare. Un agente morto... ci ha lasciato un grande vuoto dentro anche perché era uno dei migliori. Chi ha avuto l’onore di collaborare con lui sicuramente lo può confermare, e adesso non c’è più, scomparso, non abbiamo un corpo da seppellire ed una tomba dove andare a piangere, Dio solo sa come possa essere successo. Comunque non mi do per vinto, voglio scoprire cosa è accaduto e, soprattutto chi sia il colpevole; le ultime indagini che ho fatto condurre non hanno portato a nulla, ma me lo aspettavo, in così poco tempo... Ne seguiranno altre, e altre ancora, non voglio che su questo evento cali il sipario della dimenticanza, soprattutto perché temo che qualcosa di temibile abbia preso corso, voglia il Cielo che mi sbagli -

 - Non credi che si possa trattare della Wisedom Alliance, in fondo in Europa è molto presente? -  chiese 001

 - Lo escludo -  intervenne Ami  - Con lo smacco che gli abbiamo inflitto per un po’ non si farà più vedere -

 - Io così a priori non escludo niente - la interruppe sgarbato il ragazzo - Sappiamo benissimo tutti e due che quelli sono degli ossi duri, e che non è facile estirpare le brutte abitudini della gente, o forse li hai uccisi tutti, uno ad uno, tu e il tuo amichetto? -

Ami non rispose  - Stronzo! -  pronunciò tra i denti.

001 montò in bestia  - Ripeti quello che hai detto?! se hai il coraggio?! -

Ami si alzò in piedi sfidandolo con lo sguardo

 - Silenzio! -  Urlò il dottor Kobayashi  - litigare tra di noi non porta a nulla e tantomeno in vita il nostro Oliver, Rudy cerca di calmarti, sappiamo tutti come ti sentivi legato a Oliver ma adesso, proprio perché vuoi vendicarlo cerca di collaborare -

 - Certo, mi scusi professore, scusa anche a te Ami, non volevo offenderti - 

Ami rispose con una alzata di spalle.

 - E se si tratta di Babaloo, è l’unico che conosciamo potenzialmente in grado di abbattere un cyborg -  esordì 002

 - No, ormai è dalla nostra parte -  rispose Appleby  - si è trasferito definitivamente con Karin in Italia, vive sul lago di Como -

 - Professore lei cosa ne pensa? -  domandò nuovamente 002

 - Non ho le idee chiare, le indagini devono continuare ma, da parte mia, invierò comunque due di voi in Germania - 

Nella sala tutti gli occhi erano puntati addosso al professore, nessuno fiatava, silenzio tombale.

 - Ho già scelto i nomi, saranno 0010, che ha già operato in Europa e conosce bene quei posti, e 009 -

Alex trasalì, era la prima volta che non lavorava insieme ad Ami, perdipiù una ragazza che non conosceva assolutamente, come se la sarebbe cavata? Avrebbe ricreato l’intimità che c’era con Ami, e poi, ormai Alex non se lo nascondeva più, Ami era per lui molto importante, il solo pensiero di averla lontano gli dava fastidio, figuriamoci se si fosse trattato di una ragazza alla quale non aveva mai rivolto la parola. Che disdetta! Ma perché al professore venivano queste strane idee, lui voleva partire assieme ad Ami.

 - Quando partiamo? -  chiese 009

Alex la squadrò attentamente, il suo nome di battesimo era Ellis, si ricordò che qualcuno gli aveva detto che fosse nata in Islanda, in effetti i tratti somatici erano quelli, piuttosto alta e con un fisico da modella, i seni apparivano forse più prosperi di quelli di 005 mentre i capelli erano lisci e di un nero corvino, li lasciava ricadere sulle spalle, ed erano così lunghi che le arrivavano appena sopra il sedere. Il naso era piccolissimo e all’insù mentre gli occhi così celesti che sembravano quasi trasparenti, naturalmente la carnagione tipica di quei luoghi era chiarissima e Ellis non faceva eccezione.

 - Dovete darmi un po’ di tempo per raccogliere qualche informazione in più, direi comunque che al massimo per dopodomani sarete in viaggio -  rispose il dottore.

Alex non sapeva cosa dire, guardò Ami, a sua volta la ragazza ricambiò lo sguardo, si alzò e si allontanò senza salutarlo, Alex stava per alzarsi e raggiungerla ma una mano lo trattenne.

 - Non farci caso non è arrabbiata, la conosco bene, è solo che, come spiegare... in quel periodo le ragazze vanno lasciate stare, mi segui, no? -  006 gli strizzò l’occhio, il ragazzo sorrise.

Finita la riunione 002 venne incontro ad Alex

 - Ehm! Io voglio molto bene ad Ellis... e ovviamente sono corrisposto... ma..., come posso spiegare... certe volte si comporta in modo strano; ti prego, mi affido alla tua serietà, non fare cose strane! -

Sembrava che stesse piangendo, Alex lo guardò allibito, erano cose da dire? Comunque non sapeva che Jason stesse con Ellis, a dire il vero erano molte le cose che non sapeva.

 - Ma dai! Non ti preoccupare - lo rincuorò - C’è già una ragazza nei miei pensieri - sorrise e si congedò, raggiunse la sua cabina, aveva bisogno di riposo, era da poco tornato e già doveva ripartire.

 - Non c’è proprio pace -  pensò, tuttavia questa vita lo divertiva e anche se avesse rischiato più di una volta la vita non avrebbe mai cambiato lavoro, si era integrato con i suoi compagni e si trovava bene. Con in testa questi pensieri cadde in un sonno profondo, quasi fanciullesco, e non si destò solo che dopo parecchie ore.

I primi raggi dell’alba attraversarono timidamente gli infissi della sua finestra, inondando il locale di una luce soffusa e molto calda, si preannunciava una ottima giornata.

Vestito e tirato a lucido Alex era deciso a fare una visitina al professor Kobayashi, ciò che aveva detto durante l’assemblea non lo convinceva molto, voleva saperne di più. Si diresse verso il luogo dove lavorava.

Il laboratorio di Kobayashi era esageratamente grande, una sorta di incrocio tra una sala chirurgica ed un laboratorio di fisica. Strumenti di ogni tipo e dimensione erano disposti intorno e al centro del locale, il soffitto era un ricettacolo di cavi e fili che convergevano tutti ad una imponente apparecchiatura, forse si trattava di un elaboratore straordinariamente potente; Alex non ne aveva mai visti di quelle dimensioni. Tutto l’ambiente era molto illuminato.

 - Cosa posso fare per te Alex? C’è qualche problema? -  chiese il professore alzando gli occhi dal microscopio.

- No a dire il vero nessun problema -  rispose il cyborg  - semplicemente volevo sapere qualcosa di più su ciò che è accaduto a 004 -

Kobayashi si alzò dal suo banco di lavoro e si sedette accanto ad Alex;

 - Siediti pure -  esortò indicando una seggiola.  - Ciò che ho detto ieri in assemblea è tutto quello che sapevo sui fatti, cioè molto poco. Per quanto riguarda le circostanze posso aggiungere qualcosa di più visto che partirai, Oliver non si trovava lì in missione, era in vacanza, io stesso gli avevo concesso un permesso di un paio di settimane -  il ragazzo lo fissava immobile, si fermò qualche secondo per riflettere, poi riprese  - Era nella villa di famiglia, i suoi genitori possiedono una grande proprietà nei pressi di Hannover, tu ed Ellis sarete per qualche tempo ospiti di questa famiglia, ho già pensato ad avvertire il padre -

 - Se posso esprimere un giudizio - lo interruppe il ragazzo - Non mi pare una buona idea, mi sembra una mancanza di tatto, non possiamo alloggiare a Hannover? -

Il professore rise  - Dici bene Alex! Ma è stato il padre stesso a dare disposizioni, ci conoscevamo sin dall’infanzia ed è un mio carissimo amico, il suo tremendo dolore è in parte anche mio -  0010 non obiettò.

 - Dove si trova esattamente il posto? - 

 - Dunque... se non mi sbaglio la località è Mittenwalde, a circa una decina di chilometri da Hannover, è un paesino carino, immerso nel verde della campagna tedesca, vi troverete bene tu e Ellis -

 - Ehm! era proprio di questo che volevo parlarti, io... ed Ellis, non che non voglia, tuttavia io ho fatto da sempre coppia fissa con Ami, ormai la conosco bene e siamo affiatati insieme, perché mi avete assegnato un altro partner? -

Il professore corrugò la fronte  - A dire il vero non ci ho pensato, effettivamente tu ed Ami lavorate bene insieme..., vabbhè ormai il dado è tratto, ad ogni modo sono sicuro che ti piacerà, Ellis è una ragazza dolcissima; scusa ma adesso ti devo proprio lasciare, i dettagli ve li fornirò più tardi, va a riposarti ne avrai bisogno, bye-bye! -

Alex uscì dal laboratorio pensieroso: il professore non gliela raccontava giusta su Ellis, non ci credeva che era stata involontaria la scelta, lui non lascia mai niente al caso, e poi il modo in cui si era giustificato sembrava troppo evasivo, che nascondesse qualcosa? Ad ogni modo non riusciva a trovare una spiegazione valida, bhò! Urtò qualcuno, immediatamente la sua linea di pensieri andò in frantumi, alzò lo sguardo  - Scusa! -  pronunciò. Si trovò davanti un tipo che non aveva mai visto, non molto alto, più o meno della sua età, capelli lunghi e biondi, piuttosto abbronzato. Indossava un pullover a maglia larga ed ad Alex parve di intravedere la divisa nera che portavano sotto agli abiti tutti i cyborg.

 - Non ti preoccupare è colpa mia! -  si scusò mentre entrava nel laboratorio del dottor Kobayashi.

Alex incuriosito prestò orecchio:  - Chi si rivede! Ti stavo aspettando Zar, come stai?  -  era la voce del professore.

 - Bene e tu? Senti ti devo parlare... -  rispose lo sconosciuto. Alex non riuscì più a capire nient’altro, probabilmente avevano chiuso la porta.

Chi era quel tipo? e come mai aveva così tanta confidenza con il professore? Queste domande lo assillavano e non riusciva a trovare una risposta che sembrasse valida. Sdraiato sopra il suo letto, stentava anche ad addormentarsi, qualcosa non andava, era il suo sesto senso a suggerirglielo. Si accese una Marlboro, era tanto che non fumava, ma improvvisamente era ricomparsa questa esigenza che sembrava da tanto latente, alla fine nella sua condizione che male poteva fargli il fumo? Il pastoso e denso sapore del tabacco gli invase la bocca dandogli una sensazione di nausea, gettò la sigaretta neanche a metà e si alzò a bere un sorso d’acqua, si sentiva stanco ma il sonno tardava a farsi vedere. Finalmente arrivò e lo colse in pieno, Alex cadde in un sonno profondo, moltissime immagine vorticavano nella sua mente, in un ordine strano ed incomprensibile, immagini di Ellis, del ragazzo misterioso che aveva visto entrare nel laboratorio di Kobayashi il giorno prima, immagini di lui, di Ami e dei molti nemici che avevano sgominato. Fece anche un sogno assurdo, c’era suo padre e sua madre, era la prima volta che sognava la sua famiglia: era una mattina come tante, si era alzato da poco e stava facendo colazione, doveva sbrigarsi perché altrimenti sarebbe arrivato tardi a scuola, accanto a lui sedeva suo padre che leggeva un giornale e la madre in piedi beveva il caffè, tutt’un tratto si guardò in basso, era metallico, pesante, tutto il corpo era diventato di ferro, non riusciva più a muoversi, invocò aiuto chiedendo soccorso alla madre, ma non capiva, continuava ad andare avanti e indietro con la brocca del caffè;

 - Mamma ti prego aiutami, non riesco a muovermi -  gridò forte, d’un tratto la donna strillò ma il padre non distoglieva lo sguardo dal giornale.

 - Ti prego mamma scusami, non è colpa mia, non so cosa mi sta succedendo -  Alex si vedeva piangere, piangeva tantissimo ma non riusciva a muoversi.

Si alzò di scatto, madido di sudore e con il respiro affannato, i raggi del sole entravano dalla finestra semiaperta, a quanto pare doveva essere giorno inoltrato.

 - Che incubo terribile -  pensò, prese in mano l’orologio, erano le undici e venti minuti,

 - Accidenti quant’ho dormito -  disse a voce alta. In quell’istante bussò alla porta ed entrò Ami.

 - Il tuo aereo parte alle dodici e mezza, sarà ora che ti prepari -  fece per uscire;

 - Aspetta un attimo Ami -  la trattenne Alex  - lascia che ti dica che avrei preferito, e di molto, partire con te, ti voglio bene -  Ami si sedette sul letto accanto al ragazzo;

 - Cretino -  disse sorridendo e visibilmente imbarazzata  - non dire certe cose -

 - Ma è vero -  replicò Alex. Ami si gettò nelle sue braccia e i due caddero indietro sul materasso. Si baciarono appassionatamente.

 - Che ne dici se.... noi due adesso.... -  sussurrò Alex nell’orecchio

 - Sei scemo, pensi sempre alle stesse cose tu, e poi non hai tempo ora -  sorrise imbarazzatissima spingendo Alex sul materasso.

 - A proposito -  continuò la ragazza  - non farti venire strane idee con qualcuno, hai capito playboy? -

 - Hu, hu! mi hai letto nel pensiero -

 - Cosa!?! -

 - Scherzo, scherzo, ti amo bambina con la faccia imbronciata -  disse Alex lasciando la stanza.

Ami strinse contro il petto il cuscino, aveva il profumo di Alex, arrossì.

Erano in volo già da venti minuti, sarebbero atterrati in Germania tra nove ore circa, doveva passare lassù ancora molto tempo. Nonostante fossero seduti accanto non avevano ancora proferito parola; Alex pensò a quando era in volo per l’Italia, c’era Ami, che atmosfera diversa, l’eccitazione che precedeva la prima missione, non facevano altro che parlare, provava nostalgia per quei momenti, si sentiva innamorato e corrisposto.

 - Disdetta! -  pensò  - ma perché non mi hanno mandato in missione insieme ad Ami, lo sanno che facciamo coppia fissa, mi sembra strano che il professore si sia sbagliato, chissà cosa c’è sotto, bhò; alla fine questa chi la conosce, non saprei neanche di cosa parlare -  Alex osservò Ellis, aveva le mani sotto il mento e guardava il vuoto fuori dall’oblò.

 - Però è carina -  disse fra sé  - chissà come fa a stare con 002, bellezza sprecata, del resto sono l’unica coppia dichiarata tra noi dieci, mha! -

 - C’è qualcosa che non va? -  chiese Ellis d’un tratto, Alex cadde dalle nuvole  - Mi stai fissando e mi chiedo se ci sia qualcosa che non vada? -  scherzò;

 - No, no, è che... è che ero andato in fissa -  si salvò;

 - Mmh! vorrei sbagliarmi ma mi sembra, che ti dia fastidio stare con me ora -  continuò la ragazza abbassando lo sguardo e con aria abbattuta;

 - Ma va’! non è assolutamente così, il fatto è che volare mi annoia, cioè, non mi passa più, non so se ho reso -

Ellis rise  facendo intravedere una fila di denti piccoli e bianchissimi  - Ho capito, ho capito -  parve sollevata.

 - Bhè! parliamo -  continuò;

 - Come? -

 - Parliamo, così non ti annoi e il tempo passa più in fretta -

 - E sentiamo, di cosa vorresti parlare? -

 - Di quello che vuoi, a te l’onore di iniziare prego -  rise, sembrava una bambina a cui avevano appena regalato un giocattolo nuovo, forse Alex aveva sbagliato nel giudicarla, non sarebbe stato poi tanto male passare un po’ di tempo in compagnia di questa ragazza.

 - Bhè -  riprese il ragazzo  - una volta arrivata sul posto cosa intendi fare? -

 - Mmh! Non ho la minima idea -

 - Come sarebbe non hai la minima idea! -  la osservò sconcertato

 - Sarebbe semplicemente che non so cosa fare, vedremo al momento come si evolverà la situazione, e di conseguenza sceglieremo il nostro modo di agire, faccio sempre così e non mi sbaglio mai -

 - Ma sei sicura che funzionerà, voglio dire, così allo sbaraglio, senza un piano, bhò! -

 - Non ti preoccupare, ma senti... tu sei sincero e ti devo assolutamente dire una cosa -  si incupì, abbassò il capo.

Alex cercò il suo sguardo temendo qualcosa di grave  - Sì... -  esortò

 - Bhè... si tratta... si tratta -  l’aereo subì uno scossone piuttosto violento, qualcuno strillò anche, ma non successe assolutamente niente di grave. Ellis si allacciò la cintura, Alex continuava a fissarla imperterrito;

 - Niente di importante -  aggiunse girando la faccia dalla parte dell’oblò. Passarono il resto del viaggio a parlare del più e del meno.

 - L’arrivo all’aeroporto di Berlino ovest è previsto tra circa venti minuti -  annunciò ad un certo punto l’hostess all’altoparlante  - preghiamo i signori passeggeri di non fumare e di allacciarsi le cinture di sicurezza, il tempo a terra è buono e la temperatura è di 21°C -

 - Soliti messaggi convenzionali -  pensò cinico Alex, spegnendo la sigaretta da poco accesa.

 - Gradirei che non fumassi -  scherzò Ellis;

 - E perché!? -  rispose divertito;

 - Ti fa male -

 - Scherzi?!? -

 - Sì, quand’è che hai cominciato? -

 - Bhè tanto tempo fa, ho smesso e recentemente ripreso, ma perché lo vuoi sapere? -

 - Niente di particolare, ma quante te ne fai al giorno? -

 - Uffa! quante domande, poche, sei contenta? -

 - Vai al diavolo! -  sorrise e riprese la tipica espressione da bambina con il broncio che le donava moltissimo.

All’uscita dall’aereo una vecchia ma elegante Mercedes li attendeva;

- Il signor 0010 e la signorina 009, immagino -  disse un tipo in piedi davanti alla macchina

- Alex ed Ellis se per voi è lo stesso -  rispose la ragazza

- Sono Schract, Georg Schract, questi invece sono il signor Sìmeon e il signor Shwanz, siamo tutti alle dipendenze del signor Gottried, il padre di Oliver, avrebbe voluto esserci lui in persona ad accogliervi, ma purtroppo, per ragioni di lavoro, gli era impossibile; abbiamo il compito di accompagnarvi alla tenuta, prego, salite pure in macchina -

Alex ed Ellis si guardarono in faccia e salirono. Dopo circa un’ora di viaggio Alex cominciava a dare segni di impazienza, detestava viaggiare in macchina, da sempre, gli veniva la nausea, e questa sua nuova situazione non aveva certo migliorato le cose;

- Manca ancora molto per raggiungere i possedimenti del padre di Oliver? -  chiese di punto in bianco Alex;

- Volete scherzare!? -  rispose Schract  - qui è tutto suo, fin dove l’occhio può arrivare; se intendete alla tenuta no, siamo quasi arrivati -

- Deve essere molto ricco questo signor Gottried, o sbaglio? -  intervenne Ellis che finora non aveva parlato

- Uh! molto più di quello che immaginate - 

- Che tipo è? -  volle sapere Alex

- Il principale? Bhè! É una persona veramente particolare, ve ne renderete conto - 

Il modo al quale gli avevano risposto non piacque ad Alex, non riusciva a capire se per negligenza o per cos’altro, guardò Ellis, sembrava non averci fatto caso, continuava a fissare fuori dal finestrino catturata da quell’immensità, decise di non dirgli niente.

Pochi minuti dopo si presentò alla vista una villa che aveva un che di fiabesco, era esageratamente grande, disposta su quattro piani e con una struttura semicircolare, i tetti erano molto spioventi com’è usanza di quei luoghi mentre il resto era intonacato di un giallo tenue. Tutto sembrava richiamare la reggia di Versailles, tanto il giardino, come ebbero modo di costatare in seguito, era una specie di parco.

La macchina si fermò davanti al portone principale, un inserviente li accompagnò ai loro alloggi, questa volta, stranamente, separati.

L’interno della villa era pomposo come tutto il resto, una miriade di dipinti e sculture arredavano l’ambiente, conferendogli un gusto classico, quasi estetizzante, ad Alex dava l’impressione di una sfrenata ricerca del bello, niente era disposto a caso e assolutamente niente veniva trascurato; si allontanava di molto dalla funzionalità e dal piacere che un qualsiasi alloggio doveva trasmettere, più che una casa era un museo.

La camera di Alex era al terzo piano, sopra c’erano le mansarde, era molto ampia, con una grossa finestra che immetteva sul balcone, nella facciata principale. Il letto era a baldacchino e molti tappeti e arazzi impreziosivano il locale; Ellis alloggiava nella camera accanto. Decise di farsi una doccia, dopo un lungo viaggio era quello che ci voleva, pensò, dopo sarebbe andato da Ellis per vedere di fare qualcosa.

Sotto la doccia lo scrosciare dell’acqua era piacevolissimo, appena tiepida ritemprava i muscoli intorpiditi, lavava via la stanchezza, era inebriante questa sensazione, ci mancava la sauna e il quadretto sarebbe stato perfetto, stava recuperando gradualmente le forze. Bussarono;

- Cazzo! -  disse fra sé  - sono appena entrato -

- Sono Ellis -  si sentì dall’altro lato della porta,  - posso entrare? -

- Vieni pure, è aperto! -  disse Alex, si buttò addosso un accappatoio e la raggiunse nella camera da letto.

- Cacchio! ma sei tutto bagnato, non è che stavi facendo la doccia e ti sono venuta a disturbare? - 

- Ma nooo! cosa dici!? - ,  - perspicace la ragazza -  pensò

- Senti non trovi che sia fantastico qui? -  riprese lei  - è un castello e siamo serviti e riveriti, è come se fossimo in vacanza, a proposito sai cavalcare? -

- Bhè! credo di sì, perché? -

- Benissimo, ho già fatto preparare i cavalli, ti aspetto giù fra mezz’ora, cavalcheremo in questo prato sconfinato, non è splendido? -

- Sì ma dobbiamo anche lavorare? -

- Nhaaa! il lavoro dopo, se non hai voglia dimmelo subito, lo so che non sono Ami, però, cerca almeno di fare il simpatico, sono sicura che se te l’avesse chiesto lei saresti andato di sicuro -  sorrise.

- Uffa! te l’ho già detto una volta Ami è Ami e tu sei tu -  disse spazientito;

- Ascoltami tu, questa volta... -

- Ok, ok, vengo, non t’arrabbiare per favore -  disse interrompendola  - dammi solo cinque minuti per mettermi qualcosa addosso e arrivo -

- Mh! così va meglio -  rise Ellis  - ti aspetto giù -




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