Matera 1952

Per me, sia che io ci vada, sia che ci ritorni con il ricordo, o che qualche immagine me la rammenti, essa mi pare, più di ogni altra, un luogo vero, uno dei luoghi più veri del mondo, tanto vi è l'evidenza delle parole, dei gesti, delle condizioni umane, la rivelatrice espressività della vita. Qui ritrovo la misura delle cose, la concretezza dei pensieri e delle immagini e, in quella brulla prigione di pietra, il senso della sempre nascente libertà.

Forse Matera vuol dire materna, anche se si tratta di una madre antichissima naturale e feroce come la Madonna Nera, la Bruna, che vi si adora? La povertà contadina, la difficoltà di esprimersi, dà verità alle cose. Le lotte e i contrasti di cui è segno evidente nelle due Matere sovrapposte, sono le lotte vere, lotte per la vita, non astratte velleità; ed il pane che manca è un vero pane, la casa che manca è una vera casa, il dolore che nessuno intende, un vero dolore. Qui i Signori scrivono articoli per vantare, come cosa propria, Pitagora, Ocello, o Parmenide mentre dal carcere i contadini, imprigionati per l'occupazione delle terre, firmano le loro lettere: "detenuto per sciopero di pane e lavoro", e Giappone vi scrive le sue poesie. Sotto il carcere, in una stradetta ripida, giocano tre bambini: posseggono in tre un solo paio di scarpe, e se lo passano alternativamente. I due scalzi trascinano per le braccia, correndo, il calzato, che scivola sulle pietre. La tensione interna di questo mondo è la ragione della verità: in esso storia e mitologia, attualità ed eternità sono coincidenti.

( Carlo Levi )