Dell' AQUILA

 Aquila: sostantivo, in greco e sanscrito, di genere maschile, di incerta origine etimologica, come peraltro molte parole di antichissimo conio.

La nobilissima fra gli uccelli, disdegna il basso e si compiace delle sconfinate solitudini; il suo nido è inaccessibile sulle eccelse vette.

É la compagna indivisibile di Giove:

 

                          "Non scese mai con si veloce moto

                          Foco di spessa nube

                         Come io vidi calar

                        l'uccel di Giove”.

 Purgatorio, XXXII.

 

Unico fra gli animali capace di sostenere i raggi del sole e, al  riguardo, sempre Dante:

     
  “Aquila si non  gli s'affisse unquanco"  
     

Custode della folgore, insegna temuta un tempo in tutto il mondo, nulla poteva contendere all'Aquila il primato sulle figure del blasone.

Anche tra le creature alate esistenti in natura vige un ordine gerarchico, stabilito secondo la legge del più forte.

Gli uccelli più piccoli e deboli non solo sono costretti a sottostare ai più forti, ma ne costituiscono la preda e vengono catturati di sorpresa, anche quando sono posati al suolo.

In questo caso non possono contare, per trovare scampo, che sulla velocità delle loro zampette.

Sia per le ragioni di natura biologica sia per le loro caratteristiche intrinseche, i grandi rapaci predatori (il falco pellegrino, predatore per eccellenza, fu definito accipiter) sono predestinati a rappresentare il mondo divino, in contrapposizione al mondo umano o terreno. Di conseguenza non stupisce affatto che l'aquila  ed altri rapaci siano ormai divenuti il simbolo per eccellenza del cielo e della divinità.  E ciò avvenne in tutte le civiltà.

A differenza dell'altro animale che ricorre con maggior frequenza nell'iconografia araldica - il leone - la cui immagine è legata agli schemi tradizionali, a volte anche parzialmente astratti, l'Aquila conserva le sue caratteristiche naturali anche quando viene stilizzata al massimo.

In base alle caratteristiche fisiche è perciò possibile riconoscere se si tratta di un Aquila o di un falco o, addirittura,  sottolineare volutamente alcuni tratti specifici, come hanno fatto,  qualche anno addietro, le Repubbliche Arabe, allorchè all'Aquila del Saladino hanno sostituito il falco del Generale Kalid ibn al Walid, discendente di Maometto.

La differenza fra l'Aquila, il Falco e l'Avvoltoio, intesi come simboli, ha tradizioni antichissime, le cui radici affondano nella preistoria.

Per gli Ittiti l'Aquila bicipite era il simbolo della sovranità, mentre gli Egizi, come dimostrano vari reperti trovati nelle tombe dei Faraoni, ornavano i loro Re con gioielli raffiguranti Aquile, Falchi ed Avvoltoi, di stile prettamente araldico.

Il monile rappresentante l'Aquila, più conosciuto di questa civiltà, è senza dubbio il pettorale del Faraone Tutankhamon (XVIII Dinastia, salito al trono nel 1357 A.C.) anche se non mancano esempi di gioielli analoghi nella civiltà babilonese.

Questi gioielli venivano appesi a mo' di ciondolo ad una catenella o inseriti nei pettorali.

Sia nell'uno che nell'altro caso i rapaci stringono fra gli artigli una pietra preziosa di forma rotondeggiante, oltre ai simboli indicanti i vari domini, che probabilmente simboleggia la terra o il mondo.

Questa almeno è l'interpretazione che se ne può dare, anche a giudicare il simbolo provvisorio che compare nella bandiera nazionale, dato nel 1953 dalla Repubblica d' Egitto.

L'Aquila figurò sugli stendardi di Ciro (il Grande figlio di Cambise, salito al trono nel 559 A.C., passato alla storia come il più potente monarca dell'antico Oriente e, per, curiosità, aver deviato il corso dell'Eufrate) dei Lacedemoni (Dante, Purgatorio, VI, 139.), degli Epiroti (in guerra con Roma dal 280 al 275 A.C.) e degli Egizi sotto i Tolomei (13 sovrani della Dinastia dei Lagidi).

Mentre gli Egizi amavano rappresentare i loro dei come esseri con corpo umano e testa di animale, fra cui proprio l'Aquila, i popoli insulari dei Balcani e dell'antica Grecia credevano all'esistenza di esseri mitici con corpo di animale e viso (o  parte del tronco) umano come, ad esempio i centauri e le arpie.

Dobbiamo peraltro sottolineare che quando le arpie comparvero nella iconografia araldica centroeuropea, venne data a queste un interpretazione umanistica ed un significato completamente diverso da quello originale.

L'arpia di Norimberga, o Jungfrauenadler, in origine era un Aquila imperiale tedesca con la testa di Re, poi, dal XV secolo, con sempre maggior rilievo, la testa prese aspetto femminile.

I Romani cominciarono ad usare l'Aquila come simbolo di potenza, quando fu loro donato dagli Etruschi, in segno di sottomissione, uno scettro sormontato da un aquila d'avorio. (Una sorta di riunione di due simboli in uno, per indicare l'imperio ottenuto su altro regno, analogamente a quanto avvenne nell'antico Egitto allorquando i Faraoni, conquistato ed unificato l' Egitto dai due regni precedenti, ne unirono, sul copricapo sovrano, i simboli).

Sappiamo che molta fu l'influenza artistica e culturale degli Etruschi sui Romani, ma secondo altri autori l'assunzione dell'Aquila come simbolo è addirittura legata alla mitologia della fondazione di Roma: si narra che Romolo, mentre gettava le fondamenta della sua città (secondo Varrone il 21 Aprile dell'anno  753 A.C.), essendo apparsa un' Aquila, i Romani la accolsero sulle proprie insegne.

L'aquila di Giove divenne poi l'insegna delle legioni e veniva alzata sopra  una picca, detta signum. Quest'asta, talvolta argentata, era  fornita di puntale così da potersi conficcare nel terreno e un uncino a metà lunghezza per poterla strappare.

L'asta terminava con una specie di capitello su cui poggiava la folgore e l'Aquila. Se la legione per meriti era stata insignita di una corona, questa era posta o sulle ali o sugli artigli; se era stata onorata di falere, queste erano fissate sull'asta che reggeva l'Aquila. Una volta conficcata questa in terra, d'intorno si disponeva la legione quando soggiornava. Se la stanza si prolungava per più giorni, veniva costruita intorno a questa una piccola cappella. In tempo di pace ed in epoca repubblicana, i simulacri delle aquile venivano conservati nel tempio dedicato a Saturno, dio della guerra, chiamato Aerarium.

L'Aquila era oggetto di culto nella legione tanto da essere onorata come numen e da celebrare un natalis Aquilae che coincideva con quello della legione. La rappresentazione grafica dell'Aquila ai tempi di Roma era sempre la stessa: un' Aquila ad ali spiegate che teneva fra gli artigli la folgore; l'Aquila d'argento e la folgore d'oro, in epoca tarda l'Aquila con la folgore sarà tutta d'oro.

Caio Mario, secondo le testimonianze di Plinio ma anche di Plutarco, di Eusebio e Dione Cassio, abolendo le precedenti simbologie del Minotauro, del Cavallo, del Cinghiale, del Lupo e dei Manipoli,  fece proprio il simbolo dell'aquila, assegnandolo a tutte le sue legioni. Però anche prima di Mario, soltanto l'Aquila era portata in battaglia, mentre le altre insegne erano lasciate nell'accampamento. L'Aquila era assegnata alla prima coorte della legione ed era sotto la protezione del primus pilus, cioè del primo centurione della legione. Durante la marcia il posto dell'Aquila era in testa alla legione, durante la battaglia era invece dietro, come risulta dai rilievi della Colonna Traiana.

I danari emessi da Antonio, attualmente reperibili a Roma al Museo delle Terme, con le insegne della XV e della XX legione, portavano a rilievo, al disopra del signum, un' Aquila.

Flavio Vegezio, autore tardo del V secolo, nel “Trattato dell'arte militare”, chiamó Aquiliferi i legionari portatori del glorioso simbolo.

Ulisse Aldovandi, -1522+1605- fondatore dell'orto botanico di Bologna, nella trattazione del suo studio sull'ornitologia, (“Storia Naturale” in 13 volumi), narra come ancora ai suoi tempi si potesse ammirare un trofeo di Caio Mario, in cui figurava scolpita l'aquila.

Il simbolo dell'Aquila passò  poi, da Roma, alla cavalleria  del medioevo.

L'arma di Casa Savoia portava nel 1217 l'Aquila di una sola testa, forse nera in campo d'oro. Consevata da Pietro II ed alternata alla nuova insegna da questi inaugurata (croce bianca in campo rosso) fu sostituita con l'Aquila imperiale bicipite da Filippo I -1268,1285-. La croce bianca, da allora divenuta emblematica e caratterizzante della Famiglia, ispirò i celebri versi ”Bianca croce dei Savoia ......” al Carducci.

Nel 1285 Amedeo V riassunse la croce bianca in campo rosso.

Aquila d'oro ed Aquila d'argento furono chiamate le monete emesse da Pietro d'Aragona, Re di Sicilia (1282-1285), perché portavano l'Aquila insegna di Sicilia e degli Svevi; più comunemente si conoscono col nome di Pierrale d'oro e Pierrale d'argento.

L'Aquila d'oro, nella sua interezza di fior di conio, pesava circa grammi 4.45, come i contemporanei Saluti d'oro degli Angioini; quella d'argento grammi 3.35 ed equivaleva al Carlino.

Un' Aquila nera è anche nell'arme del Sommo Pontefice Pio XI.

Su di una cotta d'arme - sorcotto - del XV secolo, conservata in Germania ed unico esempio rimastoci di tale periodo, figurava l'Aquila imperiale tedesca.

Per reperire altra cotta d'arme -certamente indossata dall'araldo dell'Imperatore- con il simbolo dell'Aquila, dobbiamo arrivare al tempo dell'incoronazione a Re di Boemia, avvenuta il 29.6.1617, dell'Imperatore Ferdinando II; nel 1790 lo scudetto, comparente sopra il tutto, venne adattato in occasione dell'incoronazione dell'Imperatore Leopoldo, in relazione ai domini che aveva al tempo l'Austria.

Nello stemmario dell'araldo Geire, le armi dei vassalli di un importante feudatario sono disposte l'una vicino all'altra accanto allo stemma del loro signore, tutte ornate di cimieri alquanto fantasiosi, generanti curiose  rifiniture  grafiche apicali  in volo (d'Aquila).

Questo tipo esiste soltanto nei Paesi Bassi ed è chiamato “volo bandesecioè ala a forma di bandiera.

In scene di battaglia tratte dall' Eneit vengono raffigurati due schieramenti di Principi fra loro in battaglia con prevalenza, dal chiaro valore simbolico, di quelli che portavano sullo scudo il leone, sugli altri che invece innalzavano l'Aquila.

Altri esempi, ma qui ci fermiamo perchè il nostro simbolo per frequenza di rappresentazione porterebbe a trattazione infinita,  li abbiamo sul sigillo di Helier von Wavrin, Siniscalco di Fiandra, con l'Aquila imperiale -circa 1185- e l'emblema dell'Emiro Toka Timur, governatore di Rahaba in Egitto, con l'Aquila crescente stilizzata con gusto prettamente arabeggiante del  1350.

La più recente apparizione del nobile simbolo la abbiamo nel 1921 in Italia quando fu ristabilita come insegna dei corpi di armata e dominava sui labari dei reggimenti alpini.

 

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Molti ordini cavallereschi traggono dal sovrano e fiero uccello, il nome.

A cominciare dall' ordine dell'Aquila Bianca, creato nel 1325 da Ladislao V re di Polonia, in occasione delle nozze del figlio Casimiro con la Principessa Anna di Lituania. Altri, con scarsi  elementi di sostegno, ne fanno risalire l'origine addirittura a Lech I gran principe di Polonia nel VI secolo. Questo ordine fu ristabilito da Augusto II  re di Polonia e grande elettore di Sassonia nel 1713, rimanendo vitale sino a quando finì per scomparire, sotto il regno dello Zar di Russia Nicolò I che il 29.11.1831 lo riunì, fondendolo, agli altri ordini russi ma ponendolo in grado immediatamente successivo a quello di S.Alessandro Newski.

Il motto: Pro fide, rege et lege. Da ricordare che l'autore del compendiosissimoConspectus Equestrium Ordinum per Europam Omnem Florentium” nell'edizione del 1742, ed altri, affermano che prima della fusione con gli altri ordini russi avesse la legenda “In te Unita, Virtus, Vicisti, Vince”.

Altri che portasse le lettere A.R. (Augusto Re) intrecciate fra loro,  con evidente riferimento al su menzionato Augusto II . L'insegna consisteva in una croce biforcata e pomata d'oro, smaltata di rosso, circondata di un cerchio d'argento e caricata da una parte  dell'Aquila bianca - arma di Polonia - avente sul petto un'altra croce consimile ornata dell'arma dell'elettorato di Sassonia, e dall'altro delle cifre, come detto, A.R.Il tutto sormontato da una piccola corona brillantata e pendente da un nastro celeste.

 

Altro ordine dell'Aquila Bianca comparve in Serbia, portante come motto: La Patria riconoscente a quelli che han ristabilito la monarchia, vergato in caratteri illirici.

 

Ordine dell'Aquila Rossa,  o Ordine dell'Aquila di Brandeburgo, riformato nel 1705 da Giorgio Guglielmo d'Anspak, Margravio di Brandeburgo, era stato fondato da Cristiano Ernesto Margravio di Brandeburgo - Bayreuth con il nome di Ordine della Concordia.. Il motto, secondo alcuni autori, fra cui il nobile Carlo Padiglione, che fanno risalire a Federico Guglielmo d'Anspak, e non a  Giorgio Guglielmo, l'istituzione dell'ordine, sarebbe  “Sincere et Constanter F.W.R.”(appunto Federico Guglielmo Re).

Nel 1791 Federico Guglielmo II di Prussia lo riunì agli altri ordine dei suoi stati e con diploma patente del 12.6.1792 lo rese di grado immediatamente seguente a quello dell'Aquila nera. L'autore del Conspectus Equestrium afferma che quando l'ordine chiamatasi della Sincerità avesse per motto:  "Toujour le Meme".

Dambreville si aggiunge agli altri affermando che quando l'ordine chiamavasi della Concordia portava per legenda "Concordant", e nel rovescio”D.15 Iun. 1660, anno della primigenia istituzione, e le lettere C.E.M.Z.B. (nomi dei fondatori). L'insegna consisteva in una croce patente caricata nel centro da un Aquila rossa o Aquila di Brandeburgo.

 

Ordine dell'Aquila Nera,  detto anche dell'Aquila di Prussia, creato il 18.1.1801 da Federico III di Prussia, Marchese di Brandeburgo ed elettore dell'impero, che assunse in occasione della sua incoronazione il nome di Federico I. Motto: F.R. (Federico Re), unicuique suum.

L 'Aquila Nera di Prussia araldicamente e storicamente è la discendente diretta di un insegna concessa da uno dei discendenti di Carlo Magno ai cavalieri dell'Ordine Teutonico, conquistatori del territorio, divenuto poi prussiano.

La stessa Aquila Nera di Prussia, diverrà poi nel tempo, sotto forma di copia  ingrandita,  l'Aquila dell'Impero Germanico.

L'ordine rappresentò la decorazione suprema di Prussia e veniva concesso solamente a sovrani, a principi di sangue reale o ad eminentissimi personaggi stranieri.

L'insegna consisteva in una croce patente biforcata d'azzurro; bordata d'oro,accantonata da quattro Aqile nere, imbeccate, membrate, legate a trifoglio e coronate d'oro -arma di Prussia-  con un cerchio d'oro caricato dalle cifra intrecciate F ed R ., nel mezzo della croce. Questa pendeva per un anello d'oro   da un nastro di color arancio, in onore della Principessa d' Orange, madre del fondatore, e si portava a tracolla da sinistra a destra.

Portavano i cavalieri insigniti dell' Ordine sul lato sinistro dell'abito una gran croce ricamata d'argento, caricata da un' Aquila nera su un fondo color arancio, tenente con un artiglio una corona d'alloro,  e con l'altro una folgore, per indicare il premio e la pena. I figli ed i fratelli del gran Maestro venivano investiti dell'Ordine dopo la prima comunione.

 

Ordine dell'Aquila d'Oro, o della Grande Caccia. L' Ordine fu istituito nel 1702 da Eberardo Luigi Duca di Wurtemberg per ricompensare i meriti più eminenti appunto con il nome  della Gran Caccia. Fu così chiamato perchè il suo fondatore era stato nominato in quell'anno gran cacciatore dell'Impero. Per la stessa ragione fu anche detto l' Ordine di S.Uberto, protettore dei cacciatori.

Nel 1806 fu riformato dal Re Federico I Re del Wuttemberg, che lo chiamò dell'Aquila d'oro, e  volle che l'Aquila ne costituisse la decorazione.

Il Re era gran Maestro e  i cavalieri, formanti una sola classe erano tutti personaggi dell'alta nobiltà e di merito segnalato. Fu soppresso il 23.9.1818 e  sostituito da  quello della corona di Wuttemberg.

 

Ordine dell'Aquila di San Michele,  istituito nel 1711 da Re Alfonso in Portogallo.

 

Ordine dell'Aquila Messicana. Motto: Equitad y la Justicia.

Fondato dall'imperatore Massimiliano I -fratello dell'imperatore Francesco Giuseppe d'Austria, fu Governatore Generale del Lombardo-Veneto dal 1856 al 1859-  il 1.1.1865 e riformato il 10.4 dello stesso anno.

La decorazione consisteva in un' Aquila tenente uno scettro alla destra, sormontata dalla corona imperiale del Messico, pendente da un nastro verde bordato di carminio.

L'ordine si estinse con la fucilazione dell'imperatore a Queretaro nel 1867. La tragica fine dell'imperatore ispirò al Carducci l'opera “Miramar”.

 

Ordine dell'Aquila d'Este. Motto:Proxima soli MDCCCLV. San Contardus Atestinus E.S.T.E". (Este). Istituito da Francesco V Duca di Modena il 27.9.1855 per compensare le virtù civili e militari nel suo stato. Cessò con l'annessione del ducato al Regno d' Italia.

Arma della famiglia Ducale d' Este: inquartato, nel I e nel IV dell'impero, o d'oro all'Aquila dell'impero; ne II e nel III d'azzurro, a tre gigli d'oro, con la bordura inchiavata d'oro e di rosso, per Ferrara antica; inquartatura divisa da un palo di rosso, caricato di due chiavi pontificie, una d'oro e l'altra d'argento, legate d'azzurro e poste in croce di S.Andrea, sormontata da una tiara  d'oro; sul tutto d'azzurro, all'Aquila spiegata d'argento, imbeccata, membrata e coronata d'oro, degli Este.

L' Aquila d'argento in campo azzurro degli Estensi, conservata attraverso varie trasformazioni sino all'annessione, pare  si debba far risalire al Marchese Rinaldo, ossia circa al 1168.

 

Ordine dell'Aquila d'Italia. Pare istituito il 15.2.941 dal Re d'Italia Ugo II di Provenza, incoronato a Pavia nel 926, al fine di perpetuare il ricordo del suo matrimonio con la principessa Elisabetta Gonzaga, figlia del Conte sovrano di Lombardia, Gualtiero Gonzaga, primo marchese di Mantova, vicerè d'Italia che, divenuto Gran Maestro dell'Ordine, ne rinnovò gli statuti nel 968.

Secondo la maggior parte degli autori, eccetto naturalmente colui che, Gourdon de Genouillac, ne dà notizia nel dizionario degli Ordini equestri, trattasi di un ordine frutto di pura fantasia, sopratutto perchè la storia ci tramanda con certezza aver sposato la romana Marozia.

 

Ordine Civile e Militare dellAquila Romana, ultima istituzione equestre fondata in Italia in periodo monarchico (1942), destinata a premiare benemerenze di cittadini stranieri in Italia. Fu definitivamente soppresso con Decreto Luogotenenziale il 5.10.1944.

 

L'Aquila dei Ghibellini fu segno di imperiale concessione; poi indicò il partito antipapale nella guerra delle Investiture, nella straziante guerra civile fra fazioni in Italia; fu simbolo dei sostenitori dell'impero sotto Carlo V.

 

L'Aquila dei Guelfi  col volo abbassato, la testa crescente di rosso ed afferrante un drago di verde, rappresentò l'emblema politico della fazione, sopratutto perchè ottenuta per concessione di Clemente IV .

 

L'Aquila normanna, scaccata, fu comunissima per tutti i discendenti di Rollone divenuto Duca di Normandia nel 911 per concessione di Carlo il Semplice.

 

l'Aquila sveva, sul declinare del secolo XIII, simboleggiava le gesta della nazione italiana, in opposizione ai gigli di Carlo d'Angiò che rappresentavano il partito straniero. L'Arma della Casa Reale di Svevia : d'argento, all'Aquila spiegata e coronata di nero.

 

L'Aquila dell'impero napoleonico: d'azzurro all' Aquila d'oro, crescente, al volo abbassato afferrante con gli artigli un fulmine dello stesso.

Certamente a questo emblema pensava il Manzoni allorquando, per celebrare la rapidità strategica di Napoleone, cosi scriveva: ".. di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno". L' Aquila come simbolo fu usata per la seconda volta dopo Napoleone I, da Napoleone III,  pressochè immutata e rappresenta tutt'oggi le armi della”Maison Napoleon".

La famiglia Bonaparte viene annoverata fra le famiglie toscane, con rinomanza risalente all' XI secolo. Dette parecchi podestà a Verona e a  Padova; un Bonaparte, notaio imperiale,  esiliato da Firenze nel 1260, si stabilì a Sarzana. Nel 1612 Fortunato fissò la sua dimora in Aiaccio, avendo sin dal XIII secolo questa famiglia possedimenti nella Corsica.

Proprio ad Aiaccio, il 15.8.1769 da Carlo Bonaparte, nasceva il futuro Imperatore dei francesi e Re d'Italia, Napoleone. Di origini italiane e nobili dunque, anche se sposò i principi sovversivi della Rivoluzione Francese, e non, come comunemente si crede o si vorrebbe pretendere per Napoleone Bonaparte, francesi e plebee.

 

La maggioranza delle famiglie italiane e tedesche portarono l'Aquila  per concessione od omaggio al Sacro Romano Impero, quelle spagnole perchè le ebbero dall'Impero Austriaco -da ricordare che l'Austria non assunse il simbolo dell'Aquila bicipite se  non dopo il XIV secolo come presunzione di retaggio dal Sacro Romano Impero-, le russe quale pretesa alla successione dell'Impero d'Oriente; nelle armi dei francesi non vi furono significati imperiali sino ai tempi di Napoleone.

 

Altra da ricordare è l' Aquila polacca del Re Ladislao che riunì la Grande e la Piccola Polonia rendendola indipendente dal Regno di Germania. L'arme: di rosso all'Aquila spiegata d'argento, imbeccata, membrata, armata e coronata d'oro, caricata sul petto di una banda dello stesso.

 

L'Aquila dell'Impero Germanico, che occupa il periodo storico che va dal 1871 al 1918, era caricata sul petto dallo scudo di Prussia. Se veniva rappresentata su di uno scudo dorato, la corona sul capo ed il collare dell' Ordine dell'Aquila nera, erano omessi. In questo caso lo scudo veniva contornato dal collare ed insignito della corona imperiale.

Nei piani a lunga scadenza degli imperatori tedeschi, figurava quello della riconquista di Gerusalemme, la città sede del Santo Sepolcro, in specie dopo l'incoronazione a imperatore di Federico II.

Konrad Grunenberg, cittadino di Costanza, nel suo ricco stemmario del 1483 tenne pronto lo stemma imperiale  futuro, raffigurando l'Aquila dell'impero con tre teste anzichè due, esempio felice di ambizioni sbagliate.

 “Dicesi Aquila imperiale l'Aquila bicipite spiegata  di nero, imbeccata, membrata ed armata d'oro, sormontata dalla corona imperiale in campo d'oro. Fu però più volte modificata, ed incontrasi coronata all'antica in ambo le teste, diademata, senza corona, linguata di rosso, membrata di rosso, coronata di nero, tenente scettro, spada e globo, col volo abbassato, ecc... ma queste alterazioni van soggette ad essere blasonate, mentre la prima  dicesi semplicemente Aquila dell'Impero”. Goffredo di Crollalanza, vedi bibliografia.

L' Aquila reale tedesca discende direttamente dall'Aquila romana.

Fu lo stesso Carlo Magno ad assicurarne la continuità quando venne incoronato imperatore il giorno di Natale dell'anno 800, alzando poi sul suo palazzo di Aquisgrana un Aquila imperiale.

I suoi successori la araldizzarono con persistente tenacia, tanto che, salvo qualche modifica  formale dettata dal gusto o dalle mode e qualche periodo di interruzione, essa è sopravvissuta sino ad oggi nello stemma della Germania, anche in regime repubblicano.

Fra i successori ricordiamo: Enrico IV la pose anch'egli sul suo palazzo come signum romanum; Ottone III, Enrico V e Federico I la adottarono nei loro sigilli e nelle loro monete . Anche i vessilli degli eserciti imperiali avevano l'Aquila come simbolo: simili a quelli delle legioni romane, portavano in cima ad un asta un Aquila d'oro con le ali spiegate. Quest' Aquila da simbolo di dominio e da vessillo d'esercito si trasformò al tempo di Arrigo VI nello stemma imperiale, il quale dalla prima metà del secolo XIII è costantemente d'oro all'Aquila di nero.

Uno dei periodi di interruzione cui  abbiamo più sopra accennato prese  avvio nel XIII secolo, ma fu solo nel 1401 che l'imperatore Sigismondo, ultimo della Casa di Lussemburgo,  stabiliì che l'Aquila dell'imperatore doveva essere bicipite, mentre il futuro imperatore, a cui sarebbe toccato  soltanto il titolo di re tedesco o anche quello di re romano, avrebbe dovuto accontentarsi di un Aquila con una sola testa. In ogni caso se ne accontentarono gli Hohenstaufen, pur cercando spesso di emulare e di imitare l' Impero Romano d' Oriente.

I re di Germania rivestiti di questo simbolo lo portarono successivamente tutti sulle loro bandiere ed armi. Ma allorchè essi, cercando un appoggio nei piccoli feudatari e proprietari di terre allodiali contro i grandi vassalli, cominciarono a tributar loro concessioni di titoli e di privilegi, l'Aquila passò dallo scudo imperiale agli scudi gentilizi, conservandosi però nera su campo oro.

“Fu dai Cesari concessa a molte famiglie che la inquartarono o la posero nel capo, o nel cuore, ovvero la accollarono, o ne posero, per concessione nell'arma., la sola metà uscente da una partitura, o finalmente la fecero figurare per cimiero”. Gofferedo di Crollalanza, vedi bibliografia.

Le ambizioni dei nobili e le vicende delle fazioni guelfa e ghibellina ampliarono l'uso di quella nobile figura, cambiandone gli smalti e la posizione a seconda del partito o delle proprie passioni, sicchè presto furono viste Aquile di ogni colore ed ogni foggia figurare nei tornei e nelle battaglie.

E peggio allorchè, avendo gli imperatori adottata l'Aquila bicipite, ed alcune illustri famiglie essendo riuscite ad ottenerne il privilegio, la prima si moltiplicò a dismisura, cessando però di essere considerata come concessione imperiale.

 

L'Aquila del Regno di Prussia si mostrava caricata sul petto delle iniziali F.R. che stavano per Friedericus Rex, con evidente riferimento al primo Re di Prussia.L'Aquila risultava parimenti caricata nelle ali con “kleestengel”,  fiori di trifoglio.

 

L'Aquila nelle armi di Brandeburgo, al tempo in cui rappresentava la provincia orientale prussiana, è caricata di uno scudo che rappresenta l'insegna di arciciambellano del Sacro Romano Impero. La  cuffia sulla testa dell' Aquila si riferisce alla dignità di “Kuefurst”,  Principe elettore del Margravio di Brandeburgo.

 

Da ricordare l'Aquila di Francoforte che compariva già dal XV secolo sulle armi della città  (di rosso, all'Aquila spiegata d'argento, coronata e con le ali legate a trifoglio d'oro) e l'Aquila di Slesia emblema del Duca BolKo II (1334), della Casa dei Piasti, in genere caricata del crescente.

 

La così detta Aquila Ardente, stemma del regno di Boemia sino alla metà del  XIII  secolo,   che   tutt'ora  è   possibile   ammirare sulla tomba  di Ottocaro I   (+ 1230)   nel Duomo di San Vito a Praga.

La città di Schongau si creò un proprio stemma unendo all' Aquila imperiale lo scudo fusato di Baviera.

 

Più recentemente sono da ricordare l'Aquila americana che compare nel sigillo degli Stati Uniti, risalente al 1782, rappresentata nei colori naturali, corpo marrone, testa bianca, e l'Aquila nel sigillo dello Stato del Messico che però, mostrando una marcata influenza dell'arte indigena -riferimento alla fondazione di Tenochtitian della mitologia atzeca- ha poco in comune con la simbologia araldica europea.

Il Condor, Per i paesi dell'America meridionale, per evidenti motivi di ornitologia locale, sostituisce l'Aquila quale uccello simbolo di sovranità. E' rappresentato quasi sempre al naturale e cima gli scudi delle repubbliche nord-occidentali, sia della Colombia e della Bolivia, sia dell'Equador e del Panama.

Da  evidenziare che la  simbologia araldica americana, si allontana dalla classica europea per la  iconografia grafica scevra da stilizzazioni e la rappresentazione nei colori al naturale.

 

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L' Aquila tiene la stessa preminente posizione fra gli uccelli come il leone fra gli altri animali.

La terminologia araldica usata per descrivere le pose dell'aquila è pure utilizzata per gli altri uccelli, meno alcune particolari espressioni comuni però anche al falcone.

Il falcone si differenzia, pressochè uguale nel corpo nella testa e negli artigli, perché mentre la testa di aquila ed il collo sono piumate, quelle del falcone sono implumi.

Per di più, se viene rappresentato con cappuccio e zampe inanellate, non può trattarsi che di un falco, visto che l'Aquila non veniva usata per la falconeria.

Nell'araldica italiana il rostro, la lingua e gli artigli sono dello stesso colore del corpo propriamente detto, qualora però diversi sono blasonati ed armati di particolare colore.

Simbolicamente l'Aquila rappresenta potenza, vittoria, prosperità, impero, non a caso è ritenuto re dei volatili.

Per nobiltà ed altezza d' ingegno, in riferimento ad Omero :

 

  che sovra gli altri com'Aquila vola”  
    Dante,inferno.  

Negli scudi sono raramente rappresentate le singole parti dell'Aquila, ma ciò che è più usato sono le due ali unite insieme alla base dette volo, o una sola che chiamasi semivolo, o solamente il collo e la testa, o una zampa.

Il volo può essere ad ali invertite o spiegate; qualora le ali siano accoppiate si definiscono recise al dorso. Altro modo comune di rappresentare simbolicamente l' Aquila, come detto,  è quello di raffigurarne il collo e la testa che, a seconda se alla base  il collo risulti disegnato con taglio netto o con le piume che ne  demarcano la linea irregolare della mutilazione, viene definita recisa, nel primo  caso, strappata, nel secondo.

Stretta analogia per la zampa che può essere recisa o strappata.

Rari casi di parti fra loro congiunte senza rispetto alcuno della anatomia come zampa congiunta ad ala.

L' Alerione è l'Aquila rappresentata senza becco e zampe, con esempio tipico nelle armi dei Lorena: d'oro ai tre alerioni argentati in banda rossa.

La più antica è l'Aquila di colore naturale; vennero  in seguito Aquile rosse, azzurre, d'argento e d'oro.

L'Aquila araldica è molto diversa dalla naturale. Viene quasi sempre rappresentata colle ali  spiegate, in atto di attacco, ossia come se salisse in linea verticale; colla testa voltata verso il fianco destro dello scudo (crescente), col rostro incurvato e la lingua sporgente; con le zampe e gli artigli aperti e con la coda increspata. Non mancano comunque rappresentazioni in cui compaia l'Aquila ad ali piegate (invertite o volo abbassato) o chiuse (legate) o con il capo rivolto sulla sinistra araldica dello scudo, destra per chi guarda.

L' Aquila dal volo abbassato, piegato o chiuso, indica spesso prudenza o rassegnazione; spiegante o sorante, slancio sublime, meditazione di grande impresa; nascente, desiderio di gloria; volante, chiarezza di fama .

Rispetto agli smalti può essere d'oro in campo rosso, ed allora servì a denotare un condottiero abile e valoroso; l'Aquila rossa in campo d'oro, generosità di pensiero rivolta ad amore per la  verità, al rispetto della virtù e versata al culto del valore.

D' Argento in campo azzurro, d'oro in campo azzurro, d'argento su fondo rosso oppure rossa in campo d'argento, rispettivamente indicava candido animo proclive alla clemenza, fama conseguita per virtù, indipendenza e da ultimo  prodezza e pietas.

Quando è d'oro in campo verde oppure verde in campo oro ricorda valori tratti dalla cristianità.

L' Aquila nera in campo argento, molto comune, e quella d'argento in campo nero usatissima nei tornei medioevali che stava ad indicare noncuranza dei pericoli d'armi per disillusione amorosa.

Le Aquile di metallo sopra metallo o colore sopra colore indicano un fatto memorando, quelle di porpora sopra porpora, rarissime, indicano prudenza.

Le Aquile d' ermellino, vajo o altre pezze, non avendo significato simbolico e quindi frutto di fantasia, sono un semplice distintivo di schiatta.

Riguardo alla posizione possiamo avere, come pocanzi accennato, l' Aquila spiegata, abbassata o piegata -dal volo spiegato, dal volo chiuso- affrontata, nascente, sorante, volante, uscente, col capo rivolto, con mezzo volo spiegato, mezzo volo abbassato .

Rispetto alle altre pezze che l'accompagnano nell'arme può essere: attraversante, attraversata, sostenuta, sormontata, fiancheggiata, addestrata, sinistrata, posata, accantonata, accompagnata, ecc.. .

Furono create Aquile accollate, burellate, caricate, con le ali legate a trifoglio, coronate, diademate, dismembrate, fasciate, decapitate, imbeccate, membrate, linguate, armate inquartate, losangate, mostruose, partite, spaccate, scaccate, trinciate, scettrate, afferranti, collarinate,  bicipiti,  diffamate,  illuminate, rigurdanti, ecc. .

 

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L'Aquila a due teste, di cui l' una guarda il fianco destro dello scudo e l'altra il fianco sinistro, viene detta bicipite. Rientra nella categoria delle figure chimeriche.

Il Cassano nel “Catalogus Gloriae Mundi” sostiene che che già Giulio Cesare l' avesse scelta come insegna dopo che un Aquila, posatasi sul suo elmo, uccise due corvi che da due  lati la molestavano.

Svetonio, nella Vita dei Dodici Cesari sembrerebbe confermare questa ipotesi, mentre, sempre lo stesso autore,  nella Vita Augusti, -parag. XCVI - afferma che l' episodio sarebbe avvenuto ad Ottaviano Augusto e che l'Aquila si sarebbe fermata sulla sua tenda e non già sul suo elmo.

Il Manin nel suo “Costume di tutte le nazioni" giustamente però si interroga sul perchè questo simbolo non sia stato adottato poi da tutti i cesari e consoli e non compaia su medaglie, monete o monumenti dei romani Augusti.

Pare che l'unico esempio di Aquila Bicipite compaia sullo scudo di un soldato della colonna traiana e,  partendo da questa osservazione, altri autori pretendono di interpretare il simbolo bicipite  come simbolo di due  legioni riunite.

Tacito negli “Annales” - libro I, parag. LXI - sostiene che il simbolo bicipite comparve per la prima  volta dopo la distruzione delle legioni di Quintilio Varo ad opera  dei Germani che, congiunti  insieme due vessilli sormontati dall' Aquila, sottratti in combattimento ai Romani, li unirono insieme a perpetua memoria del loro trionfo sulle legioni di Roma di cui le Aquile rappresentavano la forza militare, dando luogo al nuovo emblema.

Per altri si attribuisce a Costantino I (Caio Flavio, soprannominato poi il Grande, figlio di Costanzo Cloro e di  Sant' Elena) che  avrebbe assunto il simbolo bicipite allorchè nel 330 dell' era  volgare o cristiana, trasferì la sede dell'impero da Roma a Bisanzio, volendo, mediante quel simbolo, dimostrare che egli teneva sotto la stessa corona un impero che aveva due capitali.

Tale credenza è appoggiata dall'Ariosto che nell' Orlando Furioso così recita:

 

                              "E l'aquila dell'or con le due teste

                               porta dipinta nello scudo rosso".

 

Sempre l' Ariosto nella medesima opera, rapportando le insegne di Leone Cazaro figlio dell'imperatore Costantino IV Copronimo, (detto anche Pogonato o Barbuto, passato alla storia per aver difeso Costantinopoli, con successo, dagli attacchi arabi, succedutisi dal 673 al 677, incendiando loro le navi col “fuoco greco”) :

 

                               "E per parer Leon le sopraveste

                               Che dianzi ebbe Leon, s'ha messe in dosso

                               E l'Aquila dell'or con le due teste

                                Porta dipinta nello scudo rosso"

 

Le origini dell' Aquila bicipite che contraddistingue lo stemma del Sacro Romano Impero, secondo il Gritzner, vanno ricercate  nel concetto formatosi sul finire del secolo XIII in Inghilterra che convenisse distinguere lo stemma dell'imperatore romano della nazione tedesca da quello del Re dei Romani ; il quale concetto non differiva, nella sostanza, da quello che all'Imperatore, nella sua duplice dignità di Re scelto dai Principi Elettori tedeschi e di Imperatore coronato dal Pontefice, spettava due volte lo stemma con l'Aquila.

Precisare maggiormente forse non è possibile perchè lo stemma ufficiale del Sacro Romano Impero continuò ad avere l' Aquila con una testa sola, come appare dai sigilli, sino a Sigismondo di Lussemburgo, il quale per primo adottò ufficialmente e costantemente la doppia Aquila come Imperatore e l'Aquila semplice come Re.

Da allora lo stemma del Sacro Romano Impero non subì variazioni importanti, e continuò ad essere usato sino a che lo stesso Impero non fu soppresso nel 1806.

Ma le idee del Gritzner non si possono accettare integralmente, perchè nel codice di Matteo da Parigi, in una tavola che si ritiene datata 1244, si trova già delineata l' Aquila bicipite di nero in campo d'oro con la scritta : “scutum imperatoris romani. Scutum aureum, Aquila biceps nigra vel moniceps “.

Pur ammettendo che sotto Ludovico il Bavaro si sia adoperata di preferenza l'Aquila con una sola testa per indicar la dignità di Re dei romani e l'Aquila con due teste ad indicare quella dell'Imperatore, bisogna convenire che l'Aquila a due teste, sullo scudo dell'Imperatore è perlomeno della prima metà del secolo XIII.

 

L'impero d'Oriente è rappresentato dall'Aquila bicipite d'oro in campo rosso; l' Impero d'Occidente dall'Aquila nera in campo d'oro.

 

Altri ritengono che presso gli imperatori di Bisanzio era tradizione che venisse nominato un coimperatore, di solito un figlio dell'imperatore, e  per simboleggiare questa coreggenza, venisse adottata l'Aquila bicipite come simbolo.

Il Bellarmino - Gesuita toscano, nipote di Papa Marcello II, Legato di Sisto V in Francia, canonizzato fra i Beati nel 1930 - dice che  l'Aquila a due teste ebbe origine dalla divisione dell'impero fatta da Arcadio ed Onorio, figli di Teodosio.

Il Trissino -letterato e classicista, fu il primo ad usare in un poema il verso sciolto nel  “l'Italia liberata dai Goti”, poema in 27 libri, dissertò sulla “Lingua Italiana” con Bembo e Machiavelli- così recita:

 

                       l grande impero ch'era un corpo solo

                        avea due capi:un nell'antica Roma,

                        e l'altro nella nuova, che dal volgo

                        s'appella la città di Costantino;

                       onde l'Aquila d'or in campo rosso,

                       insegna imperial, poi si dipinse

                      e si dipinge con due teste ancora."   

"Italia Liberata",canto II.

 

Pare che, dopo Costantino, come già detto, il primo a servirsi di nuovo del simbolo bicipite, sia stato Carlo Magno per indicare il dominio reale su Roma e la pretesa al trono di Costantinopoli : nasceva così, nell'anno 800, anche per volontà di Leone III che aveva incoronato Carlo Magno, il Sacro Romano Impero.

Restaurato nel 962 da Ottone il Grande, ebbe fine con la rinuncia di Francesco II nel 1806. Lo stemma che Francesco II innalzò nel 1915 è durato solamente tre anni ed un mese ed è l'ultimo prodotto di una evoluzione che si protrasse  per un secolo.

Quando nel 1806 rinunciò alla corona di Imperatore romano- tedesco, e di conseguenza il Sacro Romano Impero della nazione tedesca fu dichiarato sciolto, Francesco II conservò tutte le formali apparenze della grandezza passata e le trasferì nel 1804, ad uno stato multinazionale il quale rappresentò solo una piccola parte di quello che era stato il Sacro Romano Impero.

Lo stemma di cui sopra, nelle ben venti partiture, vedeva comparire l'Aquila, anche se in diverse positure e colori, ben otto volte.

Lo smembramento politico del  Sacro Romano Impero medievale trova la propria espressione  araldica nell'Aquila  imperiale caricata su ogni penna  maestra  di quattro stemmi (i cosiddetti quaternioni) delle differenti classi dell'impero, per  esempio : quattro  conti, quattro langravi, quattro margravi, quattro burgravi e così via,  scendendo man mano fino ai contadini.

L' arme del Sacro Romano Impero: d'oro, all' Aquila bicipite, spiegata di nero, imbeccata, membrata,  armata e diademata d'oro, linguata di rosso, sormontata dalla corona imperiale d'oro.

Nel 1345 Ludovico il Bavaro - per curiosità storica, colui che, nel 1327, dopo aver fatto arrestare Galeazzo Visconti ed assediata Pisa con l'aiuto di Castruccio Castracani degli Antelminelli, scese in Italia per essere incoronato a Roma.

La non certo limpidissima figura, colpita dalla scomunica di Giovanni XXII, depose Sua Santità e nominò l' antipapa Nicolò V,  contestualmente facendosi riincoronare a Milano, da tre vescovi, a loro volta, scomunicati. In occasione del matrimonio con  Margherita d' Olanda, certamente adottò il simbolo bicipite per indicare, come in precedenza Costantino, l'unione di due sovranità.

Sarebbe stato dunque il primo imperatore tedesco ad aver adoperato il simbolo e non Federico II.

Come riferito da altri autori l' imperatore Venceslao di Brandeburgo certamente fece uso del simbolo dell'Aquila bicipite nel 1397 unitamente ai Margravi della sua casata.

Carlo IV, figlio di Giovanni di Lussemburgo, Re di Boemia, -per curiosità storica il concessore del titolo nobiliare di Conte Palatino al Petrarca- la portava sul sigillo e l' imperatore Roberto di Wittelsbach, detto il Piccolo, imperatore di Germania dal 1400 al 1410, la innalzo sulle sue armi accostata da due scudi di Baviera.

Altro autore pretende l'origine dell'Aquila a due teste nel favoloso Hanca della tradizione musulmana che dicevano rapisse l'elefante ed il bufalo, comparendo poi come simbolo nel XII secolo sulle monete coniate dalla schiatta turcomanna degli Ortocidi.

Altra traccia della presenza dell'Aquila bicipite presso le popolazioni musulmane la abbiamo sui reperti di monete bronzee di Malek el Salah Mahmud con stampigliata la data 615 dall'Egira, secondo la datazione musulmana, 1217 dell'Era Volgare o Cristiana.

L'opinione che riscuote più credito storico è che il primo realmente a fregiarsene fu Sigismondo -figlio di Carlo IV, creò la potenza dei  Hohenzollern, cedendo loro la Marca di Brandeburgo; elevò a dignità ducale nel 1416 Amedeo VIII di Savoia, il fondatore dell'Ordine Mauriziano; salito al trono imperiale nel1410, dopo aver ricevuto la corona di Boemia nel 1436 e di Ungheria nel 1387- dando, certo e primo luogo, all'arma ufficiale dell'Impero Germanico.

L' Aquila, quale stemma della famiglia Hohenzollern, venne simbolicamente raffigurata volare alta sul paesaggio in cui, molto marginalmente e solo per dare  luce all'Aquila, compare il sole: tale non oscura simbologia stava ad indicare la volontà della famiglia di non piegar si davanti al Re Sole.

L' Imperatore Giovanni VII Paleologo (1423 - 1448)  venuto a Firenze nel 1439 per il Concilio e riconoscente per gli onori ricevuti, nominò Conti Palatini coloro che nel tempo della sua permanenza sedevano fra i signori.

A memoria dell'evento volle che ciascuno sopra il proprio stemma portasse l'Aquila bicipite rossa in campo d'oro, distintivo di origine .

Coloro che ebbero tale concessione furono: Stagio Buonaguisi, Filippo Cambi, Filippo Carducci, Giovanni Cocchi, Giuliano Davanzati, Brancazio Fedini, Zanobi Marignolli, Luigi Marsili, Iacopo Morelli e Domenico Petrucci.

 

Caduto l'Impero d' Oriente per opera di Maometto II nel 1453, l'Aquila bicipite rimase  in esclusiva solo agli imperatori tedeschi, perlomeno sino a Pietro I il Grande -Granprincipe di Moscovia, figlio di Alessio Zar delle russie, aveva iniziato servendo nella milizia come semplice tamburino.

Passato alla storia, oltre che per le molte vittorie militari, come il fondatore, nel 1703, di Pietroburgo, fatta poi capitale dell'impero.- che nel 1721, divenuto imperatore, con pretese, più fittizie e pretestuose che reali, al trono di Costantinopoli,  innalzò l'arma con l'Aquila bizantina.

Leon Poliakov, nel “Mito ariano” pag. 128, così scrive:” Nel 1453 Bisanzio era stata presa  dai Turchi . Con la caduta di questa cessò di esistere l' Impero d' Oriente e terminò la dinastia dei Paleologi, che iniziata con Michele VIII nel 1261 vedeva l'ultimo imperatore in Costantino XII. Cosa ancora più grave agli occhi dei Russi, la Chiesa greca aveva precedentemente accettato, nella speranza di sfuggire in estremis alla dominazione musulmana, di unirsi alla  Chiesa Romana, di subordinarsi all'odiato papato  latino.

Mosca si dovette arrendere all'evidenza : sola al Mondo, era la detentrice della vera fede ortodossa... la metropoli santa si era trasferita da Costantinopoli a Mosca”.

Nel 1472 Ivan III sposò la principessa greca Zoe, della Dinastia dei Paleologi, stabilendo così un primo titolo, ancorchè piuttosto indiretto ed evanescente, alla successione di Bisanzio.

In seguito i simboli, le leggende ed i falsi si moltiplicarono per attestare la legittimità della  successione e per cancellare infine, per quanto possibile, le tracce del retaggio mongolo o asiatico: Rjurik, primo Zar era certamente di ceppo finnico e non tedesco  .

Per meglio legittimare quanto sopra, con Pietro I anzitutto viene adottata l'Aquila bicipite bizantina, come emblema nazionale, infine prende vita la leggenda dell'impero di Babilonia, in cui fa comparsa una genealogia imperiale che collega Mosca, attraverso Bisanzio, all'antica Babilonia.

Per continuare con le ricostruzioni genealogiche di spavalda fantasia: “All' imperatore romano Augusto erano stati assegnati sei fratelli, tra i quali, prima di morire, aveva spartito il mondo. A Pruss, fratello cadetto, andarono le terre intorno a Niemen, ovvero la Prussia ; Rjurik, a quaranta generazioni di distanza e per di più di ceppo finnico, pretendeva di essere considerato discendente in linea diretta  di Cesare Augusto".

 

Nell'arme dell' impero russo (1857-1917), l'Aquila bicipite fa da supporto allo stemma di Mosca (San Giorgio ed il drago), che è nel centro e circondato da un collare dell' Ordine di Sant' Andrea.

Le armi di Kazan, Polonia, Tauride e  Kiev con Novogorod e Vladimir, sono sull'ala destra.

Le armi di Astrakhan, Siberia, Georgia e Finlandia sono sull'ala sinistra.

L'unico stato che curò la pubblicazione a stampa del registro delle armi della propria nobiltà fu la Russia Zarista ; l'opera ebbe inizio nel 1797 e cessò nel 1840 con il X tomo.

Nell'arme del Conte Aleksandr Vasil' Evic Suvorov Rimnikskij, conferitagli l' 11.4.1791 dallo Zar, compare l'Aquila imperiale tedesca che gli era stata già concessa dall' Imperatore Giuseppe II.

Quando il Suvorov nel 1799 fu elevato a Principe dell' Impero Russo, la sua arma fu resa più consona al nuovo titolo : l'Aquila imperiale russa prese il posto di quella romano-tedesca.

 

Bicipite, naturalmente, è l'arma dell'impero austroungarico, del regno di Serbia (1918), del regno di Jugoslavia (1929) .

L' Aquila bicipite sopravvive tutt'ora negli stemmi delle città in cui Federico III aveva concesso di fregiarsi di tale simbolo, in segno di riconoscenza per l'aiuto ricevuto.

Dai tempi dell'imperatore Carlo V, l' Aquila imperiale figura negli stemmi delle città di Toledo e di Potosì in Bolivia e persino in quello di una repubblica comunista come l' Albania i cui abitanti, nella lingua nazionale, vengono chiamati tutt'oggi “figli dell'Aquila”  per ricordare il loro eroe popolare Giorgio Castriota Skandenberg che combattè sino alla morte (1468)  contro l' oppressione musulmana   innalzando  sul  suo   stemma  l'Aquila     bicipite dell' Impero Romano d'Oriente, proprio perchè lo stesso simbolo già abbattuto dai Turchi.

 

Romano Diogene, marito dell'imperatrice Eudosia, fatto prigioniero alla battaglia di Mauzicert nel 1071, fu riconosciuto dai Turchi per l'Aquila dell'impero d'Oriente che aveva sul petto.

 

Dato che Francesco II  era  imperatore  a  duplice  titolo, vale  a dire  “romano”  per  elevazione ed  “austriaco” per  diritto ereditario, sul  petto  dell' Aquila bicipite  romana venne posta  un Aquila  austriaca, ma, in considerazione della sua  natura squisitamente  terrena,  dalle due  teste  scomparve il  diadema, simbolo  di  divinità.

Il diadema  venne restituito all' Aquila quando, nel 1934, il cancelliere Dollfus  trasformò la  Repubblica Austriaca  in  stato federale,  quello  stato che,  nel 1938 venne  annesso al Terzo Reich.  Si trattava nuovamente  di un  Aquila  imperiale tedesca con  una  sola testa,  contaminata da elementi di  stile araldico-romano  antico.

Oltre a quella bicipite,  anche  l' Aquila imperiale con una  sola testa é sopravvissuta  fino  ai giorni  nostri e  precisamente negli emblemi delle  cosidette "città imperiali", cioé delle città  tedesche che erano riuscite  a  conservare  la loro indipendenza  o  a sottrarsi al  crescente potere territoriale dei  signori del  tempo: così gli stemmi  di Aquisgrana,  di Deventer, di  Dortmund, di Goslar e  di  Oppenheim sono  simili  a  quello  della  repubblica federale  di  Germania.

La  libertà che gli  Svizzeri avevano  acquistato nei  confronti dell'impero,  si trasformò, nel corso di lunghi anni durante i quali risuonò  spesso il  clamore  delle armi, in  una  vera  e propria autonomia.

Tuttavia l' Aquila bicipite costituì, per molto  tempo, il simbolo dell'indipendenza, anche  dopo  il 1648, quando  la  Svizzera si era  già  completamente  staccata dall' impero che la confederazione identificava  con  l'odiata  vicina Casa d'Austria.

 

Per curiosità è da ricordare che, fuori d'Europa, l'Aquila bicipite è comparsa sulle porte della città imperiale della civiltà Inca, terminata con la conquista di Francisco Pizzarro nel 1533.

 

Il dominio imperiale su gran parte d' Europa, ha reso in tutti i paesi l'uso iconografico araldico frequentissimo particolarmente dell' Aquila bicipite.

Nel capo, nei quarti, sugli scudetti, nei cimieri, dietro gli scudi dell'arme italiane l'Aquila nera in campo d'oro si trova con alta incidenza di rappresentazione,  tanto da comparire nella proporzione di 70 a 100.

Queste Aquile, in particolare quelle germaniche, si discostano molto dalle forme dell'animale naturale, così da presentarsi con corpo stilizzato, allungato, munite di piumaggio rado, coda arabescata, becco ed artigli molto più uncinati che in natura.

In Francia questi caratteri si addolciscono molto rappresentando un punto di passaggio fra l' Aquila tedesca, estremamente stilizzata, e l' Aquila napoleonica, fedele rappresentazione della realtà.

In Francia l'Aquila, come elemento araldico, non rappresenta una figura molto comune, meno che nelle regioni che erano state dominate dalla Germania.

La Spagna, considerato il dominio austriaco, ha molti esempi della Aquila imperiale. Altrettanto non può dirsi del Portogallo e dell'Inghilterra, che storicamente rimasero esclusi dai grandi imperi che avevano assunto l'Aquila bicipite  come arma.

Nei paesi scandinavi, sebbene da sempre retti con regime monarchico e ricchi di una propria araldica, il simbolo dell'Aquila imperiale bicipite, risulta di eccezionale incidenza.

Citeremo solo qualche esempio, degli innumerevoli che potrebbero essere prodotti, di famiglie italiane sulle cui armi compare l' Aquila:

 

Martinengo -Brescia-: d'oro, all'Aquila spiegata di rosso, coronata del campo.

 

Este, non come casa regnante: d'azzurro, all'Aquila spiegata d'argento, membrata,  imbeccata   e coronata d'oro.

 

Gonzaga -Mantova-:d'argento alla croce patente di rosso, accantonata da quattro Aquile affrontate di nero; sul tutto inquartato di Boemia e di Gonzaga.

 

Nomis -Piemonte-: d'argento alla palma di verde. Capo di azzurro caricato di un Aquila coronata, di oro. Cimiero: l'Aquila del campo. Sostegni: due tigri al naturale collarinate d'oro, controrampanti.

 

Valori -Firenze -: Di nero, all'Aquila dal volo abbassato d'oro, caricata da venti crescenti del campo e da una crocetta potenziata di rosso nel cuore. (famiglia estinta)

 

Baldini -Rimini-: troncato, nel primo d'oro all'aquila bicipite di nero coronata del campo; nel secondo d'argento a tre bande di verde ed al leone d'oro attraversante sul tutto.

 

Besozzi -Varese-: di rosso, all'Aquila d'oro col volo spiegato, coronata all'antica, d'oro . Cimiero: l'Aquila d'oro, coronata, uscente.

 

Agolanti -Firenze-: di rosso, all'Aquila dal volo piegato d'oro, caricata nel cuore  da uno scudetto rotondo d'argento sopraccaricato d'una croce piena di rosso. (famiglia estinta)

 

Brioschi -Lombardia-: d'argento a tre bande di rosso, col capo d'oro carico di un Aquila di nero coronata del campo.

 

Coccapani -Carpi-: d'argento alla fascia verde, al montone al naturale, ritto, movente dalla punta dello scudo ed attraversante ; col capo d'oro caricato dell'Aquila di nero, coronato del campo e sostenuto da una fascia d'oro.

 

Compagnoni Floriani -Macerata-: Partito, nel primo di azzurro alla banda d'oro caricata di tre palle di rosso ed accostata da due crescenti d'oro in palo, uno in capo ed uno in punta  (Compagnoni); nel secondo partito e troncato: 1a) d'oro all'Aquila bicipite coronata  di nero;  2a) d'azzurro alla stella d'oro di sei raggi; 2b) scaccato d'azzurro e d'oro (Floriani).

 

Compagnoni  Marefoschi - Potenza Picena - ramo collaterale del precedente: partito, nel primo come sopra (Compagnoni), nel secondo di azzurro alla banda di rosso accompagnata in capo da tre stelle d'oro poste in banda, ed in punta da un delfino d'oro natante sopra un mare ondato di azzurro (Marefoschi). (famiglia estinta).

 

 Facta -Sicilia-: d'azzurro all'Aquila d'argento, accompagnata in capo da tre stelle d'oro ordinate in fascia.

 

Mancinelli Scotti, già Squarti -Narni-: partito di Mancinelli, che è ripartito, a destra d'azzurro al leone d'oro tenente una rosa al naturale, con la fascia del secondo attraversante; a sinistra d'oro alla mezza Aquila bicipite di nero, coronata del campo, movente dalla partizione; e di Scotti, che è d'oro alla banda di verde accompagnata in capo da una cometa d'argento posta in palo, ed in punta da un moro al naturale, vestito di rosso, nascente dalla punta, rivoltato.

 

Alias: interzato in fascia; nel I d'azzurro, all'Aquila bicipite al naturale coronata d'oro; nel II di verde, al leone rampante d'oro tenente una rosa al naturale, attraversato da una trangla centrata d'oro; nel III di rosso, alla croce centrata d'argento. (Archivio municipale di Narni). 

Alias: inquartato, nel I d'azzurro all'Aquila spiegata di nero coronata da una corona antica d'oro ; nel II di (Squarti) Perla che è d'argento alla colonna al naturale, su un terrazzo di verde, sostenuta da due leoni controrampanti di rosso.  

Ovvero : di (Squarti) Perla e Risi che è d'argento, ai due leoni controrampanti di rosso, tenenti un serto di spighe di riso al naturale, su un terrazzo di verde;  nel III d'azzurro al leone d'oro sopra una terrazza di verde tenente una rosa di rosso, fogliata di verde; nel IV partito: a) d'azzurro all'albero sradicato al naturale,accompagnato da tre stelle di otto raggi d'oro, una in capo due ai fianchi; b)  inquartato in croce di S.Andrea d'azzurro e d'oro; il I caricato di un uccello d'argento posto sopra un monte d'oro; il IV caricato da due monti d'oro, alla croce di S. Andrea d'argento attraversante sull'inquartatura. (Palazzo Mancinelli Scotti e Chiesa di Nostra Signora di Lourdes, Narni).

 

 

                                                               Angelo Squarti Perla

 

 

Nonae Februariae, ab Urbe Condita MMDCCLIII

5 Febbraio 2000, Era Volgare.

 

 

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