Fra le varie onorificenze concesse dai Sovrani Pontefici
nei secoli, due - la "Rosa d'Oro della Cristianità" ed
il "Cappello e Stocco" - meritano particolare menzione non solo perchè
appannaggio generalmente esclusivo
di Sovrani regnanti, ma sopratutto perchè
risalenti agli albori del secondo millennio. Se a questo aggiungiamo
che il Papa, fonte onorifica esclusiva di queste onorificenze, non ha mai
rappresentato un sovrano inteso nella comune accezione racchiudendo nella
sua unica persona un potere spirituale di vastissimo
ed esteso consenso in tutto il mondo cattolico ed un potere temporale assoluto
di antichissima origine e di non poca consistenza, solo allora ci potremo
rendere conto della singolarità di questa figura di monarca a carica elettiva, solo allora si potrà
comprendere quanto questi segni di benevolenza papale fossero ambiti e considerati prestigiosi,
quale peso mondano e quale carica simbolica, mistica e religiosa potesse rivestire
l' onorificenza. Sovrano assoluto a tutti gli effetti se si considerano
i poteri accentrati sulla sua persona - e ribaditi
a tutt'oggi da un breve di Giovanni Paolo II - e gli istituti tipici di un
monarca - non ultima la cerimonia dell'intronazione
o la possibilità di abdicare che costò, ad esempio, a Sisto V il carcere a
vita inflitto dal successore - di cui gode, ed initerrottamente ha goduto,
la carica.
A meglio qualificare la potenza
rivestita dal sovrano personaggio e dalla carica pontificale basti ricordare
che ancora nel XV secolo erano vassalli del Papa non solo il Re di Napoli,
ma anche i Duchi di Piemonte, di Mantova, di Milano, di Modena, di Reggio, di Parma, di
Siena, di Ferrara, di Urbino ed il Re di Sicilia (tutti, meno quest'ultimo
poichè collegato alla corona d'Aragona, lo erano anche del Sacro Romano Impero).
Una ghinea veniva
inviata come tributo simbolico annuale al Santo Padre come segno di riconferma
del vassallaggio a Roma dai Re delle due Sicilie. Tale tributo fu soppresso
da Ferdinando IV e ripristinato, per un brevissimo periodo, da Ferdinando d'Aragona,
su sollecitazione di Innocenzo III, nella
seconda metà del XV secolo.
Nonostante l'abolizione del segno di omaggio, devozione e sottomissione
però i papi non cessarono, facendo leva sulla
religione cattolica profondamente sentita e professata dai reali di
Napoli - basti ricordare la " Congiura dei Baroni del 1480 -, di ingerirsi
nei fatti interni del reame o, come peraltro sempre avvenuto, di ogni altro
ducato o principato, sino all'unità
d'Italia. Da ricordare, come altro esempio
di tributo doveroso e pubblica professione di omaggio, il falcone addestrato
che annualmente il Gran Maestro dell'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme
donava al Re di Napoli ed al Re di Francia. Uno di questi falconi, fuggito durante una partita di caccia in Francia, riuscì a tornare a Malta
ove era stato addestrato, coprendo la distanza
in meno di 24 ore. Su questo episodio, del tutto vero, essendosi trovata documentazione
di conferma, il famoso etologo Conrad Lorenz,
L'obbligo di omaggio derivante
da diritti feudali si ritrova con monotona ricorrenza nella storia e nei rapporti
che legavano il Principe ai suoi pari e ai vassalli soggetti, che legavano
vassalli maggiori e minori, esistenti fra vassallo e vassallo, nella complicata,
ma gerarchicamente ordinata, legislazione che regolava diritti e doveri del
mondo medioevale.
"Quando vi era l'obbligo di censo annuale, il vassallo nobile era tenuto
offrire una testa di cignale o un paio di sproni dorati, o ferri di lancia,
o una coppia di cani da caccia, o uno
Fatte queste doverose premesse
risulterà singolare l'oblio che, a pochi anni dall'ultima concessione, ha
incomprensibilmente avvolto queste due straordinarie onorificenze.
Il primo è " la Rosa d'Oro della Cristianità "
onorificenza di grandissimo valore simbolico e mistico le cui prime concessioni risalgono alla fine del XIV
secolo. La benedizione della onorificenza avveniva di norma, in grande
pompa e solennità, durante la messa della terza domenica di Quaresima. L'onorificenza
consisteva in una rosa, completa di stelo e foglie, cesellata in oro ed argento,
di dimensioni di poco più grandi del naturale. Si tramanda, ma della notizia
non si ha riscontro certo, che Clemente VII (vedi poi) ne commissionò il calco
a Benvenuto Cellini.
Non sempre, come vedremo, i
soggetti investiti dell'onorificenza, vuoi per abiezione morale, vuoi per
poligamia o uxoricidio, vuoi per essere stati gli autori o gli ispiratori
di orrende carneficine, ne sarebbero stati degni . Ma tant'è, questi sono
i " Campioni della Cristianità " che la storia ci ha tramandato.
Fra i Sovrani che hanno ricevuto
tale segno di ambito favore pontificio,
citiamo :
La Regina Giovanna di Napoli - Giovanna I
d'Angiò (1326 + 1382) succeduta, secondo
il diritto siculo, all'avo Roberto nel 1343 . Sospettata di complicità nell'assassinio
del marito Andrea d'Ungheria tenne con fermezza il potere sconvolto da sommosse
interne e guerre esterne per tutto il tempo del suo regno. Cedette Avignone
a Clemente VI. Fu fatta prigioniera
e quindi uccisa da Carlo di Durazzo che ella aveva designato, in un primo
tempo, a suo successore, contrapponendogli poi Luigi d'Angiò - a
cui fu concessa, nel 1360, da Innocenzo
VI - 1352 -1362)
Etienne Aubert, primo Papa a cui furono sottoposte da giurare prima dell'incoronazione,
le Capitolazioni, una sorta di decalogo che imponeva una stretta etica comportamentale
limitante anche i poteri nell'ambito dell'esercizio delle funzioni sovrane.
Naturalmente le Capitolazioni non furono
mai rispettate nonostante gli sforzi dei cardinali che, nel tempo, a mezzo
di ampliamenti ed estensioni, si sforzavano di renderle sempre più vincolanti.
Il cavillo, più scappatoia furbastra che reale frutto di oggettività giuridica,
che di fatto, non certo moralmente, permise ai Papi di evadere a queste pastoie
preventive, si fondò sul principio
che all'atto del giuramento l'interessato era soltanto cardinale per cui,
divenuto Papa, avendo mutato stato
e condizione, non era più vincolato al giuramento fatto.
Durante il suo pontificato si verificarono
i noti fatti che condussero Cola di Rienzo (Nicola di Rienzo Gabrini) alla
costituzione di uno stato repubblicano e popolare con accenti fortemente ostili
alla nobiltà. La sollevazione finì,
come dovrebbe qualunque bubbone popolare ispirantesi a questi principi plebei, dopo alterne vicende, con l'assassinio del tiranno in Campidoglio da parte della stessa teppaglia che gli aveva dato
man forte, nell'ottobre del 1354.
Tentativi di cospirazione o insurrezione
al fine di sostituire la Sovrana Santità con una repubblica, in circa due
millenni di monarchia assoluta, furono innumerevoli. Sempre, o quasi, le Loro
Sovrane Santità non scesero a patti ma repressero nel sangue, (durezza necessaria
volta ad evitare che il contagio dell'innaturale principio avesse a propagarsi
), la divulgazione dell'idea repubblicana ed ogni conato di sommossa; oltre
ai carbonari risorgimentali, di cui
sarà fatto cenno più innanzi, ad esempio, si riporta il celebre Arnaldo da
Brescia che, sotto il pontificato di Adriano IV (Nicholas Breakspear 1154-1159) vide le sue ceneri disperse nel Tevere dopo
essere stato arso vivo, naturalmente
con l'accusa di eresia .
Altro tentativo celebre, ma poco credibile visto che l'autore era un aristocratico
di antichissimo sangue che per di più agiva per governare in prima persona, di
instaurare una repubblica, fu operato da Giovanni Crescenzio
signore di Nomento, che con l'apostolica benedizione di Gregorio
V (Brunone di Carinzia) fu pubblicamente decapitato ai piedi di Monte Mario nel 998.
Innocenzo VI fu l'ultimo Pontefice,
unica eccezione successiva verrà rappresentata da Giulio II, a fregiarsi di barba, elemento estetico decorativo
del volto di fatto obbligato per tutti i predecessori saliti al Soglio di
Pietro.-
Enrico VI - della dinastia dei Lancaster
(1422 + 1471) e figlio di Enrico V, salì al trono
gestito in reggenza, in tenera età dato che il padre era morto nello stesso anno della sua
nascita. Con il suo regno, l'Inghilterra perdette
tutti i vantaggi acquisiti con le precedenti vittorie sui Francesi
(con la vittoria sui Francesi di Azincourt e la
pace di Troyes il padre aveva assunto la reggenza
del trono francese proclamandosi addirittura erede della corona di
Francia) e tutti i feudi posseduti in Francia prima della guerra dei Cento
Anni. Non lasciando eredi atti a governare alla sua morte scoppiò la guerra
civile detta delle Due Rose.- nel
1446 da Eugenio IV - (1431-
1447) Gabriele Condulmer, successe a Martino V , Papa della famiglia Colonna
con la quale sostenne in Roma una lunga lotta. Grande merito del Condulmer
fu quello di aver ottenuto la riunione con la chiesa greca. Per volere di
Re Sigismondo fu iniziata contro di lui una guerra intestina che culminò con
l'elezione dell' antipapa Amedeo VIII di Savoia, col nome di Felice V.
Lo scisma che ne seguì durò circa un decennio. Eugenio IV nel 1434 fuggì
da Roma in rivolta travestito da frate e lungo il Tevere raggiunse Ostia.
Di Antipapi se ne contano circa 30,
più frequenti nel XI e XII secolo, dei quali il primo fu Ippolito (217- 235),
l'ultimo proprio Amedeo di Savoia. Il
momento di maggiore confusione si ebbe nel 1400 quando si contarono tre papi
contemporaneamente e tutt'ora si fatica a comprendere chi fosse il
legittimo e chi gli antipapi: Gregorio XII (Angelo Correr, 1406 + 1415),
Benedetto XIII (Pedro de Luana) ed Alessandro V (Pietro Filargis), quest'ultimo
subito sostituito dopo la sua morte da altro antipapa dal nome di Giovanni
XXIII (Giovanni Cossa).
Cronologicamente si riportano i nomi di coloro che normalmente - come
sempre la storia è scritta dal vincitore,
per cui l'elenco seguente non rappresenta che l' enumerazione dei perdenti
nella corsa per il Soglio di Pietro. Non si esclude pertanto che
si possano trovare elenchi diversi redatti, non senza elementi
di altrettanto giusto criterio, da storiografi revisionisti - sono
considerati Antipapi:
Ippolito 217-235.
Novaziano 251-258.
Felice II 355-358/365.
Ursino 366-367.
Eulalio 418-419.
Lorenzo 498-505.
Teodoro 687.
Pasquale 687.
Costantino II 767-768.
Filippo 768.
Giovanni 844.
Anastasio 858.
Cristoforo 903-904.
Giovanni XVI 996-998.
Gregorio 1012.
Onorio II 1061-1072.
Clemente III 1084-1100.
Teodorico 1100-1102.
Alberto 1102.
Silvestro IV 1105-1111.
Gregorio VIII 1118-1121.
Celestino II 1124.
Anacleto II 1130-1138.
Vittore IV 1138.
Vittore IV 1159-1164.
Pasquale III 1164-1168.
Callisto III 1168-1178.
Innocenzo III 1178-1180.
Niccolò V 1328-1330.
Clemente VII 1378-1394.
Benedetto XIII 1394-1423.
Alessandro V 1409-1410.
Giovanni XXIII 1410-1415.
Clemente VIII 1423-1429.
Benedetto XIV 1423-?.
Felice V 1439-1449.
Da San Pietro a Carol Wojtiya si contano 266 Papi di cui 19 francesi,
18 greci, 8 siriaci, 5 tedeschi, 6
spagnoli, 2 africani, 1 inglese, 1 candiota, 1 polacco, tutti gli altri italiani.
I santificati sono 82, quelli che regnarono più a lungo sono San Pietro,
25 anni; Pio IX, 31 anni; Leone XIII, 25 anni; Giovanni
Paolo II è sulla buona strada con i suoi attuali 23 anni.
Molti soggetti, saliti al sacro
soglio, cambiarono il nome originario perchè manifesto di origini vergognose : ad esempio Sergio IV (1009 + 1012)
aveva per nome secolare quello di Pietro Boccadiporco; Onorio II ( 1124 +
1130 ) si chiamava Lamberto Scannabecchi; Anastasio IV (1153 + 1154) Corrado
della suburra; Giovanni XVII (1003)
Siccone; Damaso II (1048) Poppone; Sergio II (844) Osporco; ecc. - .
Enrico VIII Tudor - (1509 +
1547), era figlio di Enrico VII che instaurò la nuova dinastia Tudor perchè,
discendente dai Lancaster (rosa rossa), e marito di Elisabetta di York (rosa bianca), potè fondere
in una sola famiglia i diritti dei
rivali. Fu definito, durante i primi anni del suo regno, il Difensore della
Fede, per la sua devozione alla Chiesa
Romana e la risoluta avversione al nascente protestantesimo. In seguito
però, dopo il rifiuto di Papa Clemente
VII di annullamento del matrimonio contratto con Caterina
d'Aragona, diede inizio allo scisma anglicano dichiarando la chiesa inglese indipendente da Roma ed attuando
una dura persecuzione di cattolici e protestanti calvinisti e luterani. Condannò
a morte per adulterio Anna Bolena succeduta nel talamo reale a Caterina, sposò
successivamente Giovanna Seymour, Anna
di Cleves, Caterina Howard e Caterina Parr - che la ottenne ben tre volte da: Giulio II, - Giuliano della Rovere (1503
- 1513), grande uomo di stato e splendido mecenate, diede l'avvio ad un pontificato
più di ogni altro all'insegna della grande
politica e delle imprese militari. Strappò Bologna ai Bentivoglio, Perugia
ai Baglioni, sconfisse la Repubblica di Venezia ad Agnadello.
Al suo servigio lavorarono Bramante e Michelangelo. Salito al soglio di Pietro
non senza il sospetto di simonia, condusse
un pontificato sul quale, nell'ottica prettamente eclesiastica, il giudizio
non può essere altrettanto lusinghiero.-
da Leone X, - Giovanni de Medici (1513 + 1521) figlio di Lorenzo il Magnifico, a soli
7 anni già portava la tonsura, a 13 era cardinale.
Procurò posizioni di sfacciato prestigio a tutti i suoi familiari ; conquistò
il ducato di Spoleto, con una guerra costosissima che portò al completo dissesto
le finanze pontificie, per donarlo al nipote; condusse una vita di corte sfarzosa;
sebbene ricco di famiglia "più del triumviro Crasso" fu animato
da insaziabile esosità tanto che favorì l'indegno mercato delle indulgenze
e istituzionalizzò le nomine a cardinale dietro pagamento:
esiste prova che al cardinale Ponzetti fu estorta la cospicua somma
di 30.000 ducati. -, e da
Paolo III - Alessandro Farnese (1534
+ 1549) di rara saggezza anche se adottò una politica fortemente nepotista. Ebbe 2 figli illegittimi, Pier Luigi
e Costanza, che unitamente ai nipoti
Alessandro ed Ottavio, intralciarono non poco il pontificato. Donò il ducato
di Parma e Piacenza a Pier Luigi ;
vescovati, abbazie, priorati ad Alessandro; ad Ottavio il ducato di Camerino.
I primi due cardinali nominati dal pontefice furono i nipoti Alessandro Farnese e Guido Ascanio
Sforza. Concesse ai Protestanti il matrimonio per gli eclesiatici, egli che
aveva avuto discendenza ma continuava a negare
il matrimonio e ad imporre castità ai
preti cattolici, perlomeno a quelli che non
avessero sufficiente moneta sonante per acquistarsi una "Sovrana deroga
alla castità"; ebbe alle sue dipendenze
Vasari e Michelangelo. - .
Maria Regina d'Inghilterra - (1516 + 1558) Maria I Tudor figlia di Enrico VIII, succedette al fratello Edoardo VI nel 1533,
ristabilendo il cattolicesimo e perseguitando, a volte con ferocia sanguinaria,
i protestanti -.
Federico il Saggio, Re di Sassonia - (1486 +1525) Federico III
di Sassonia, passato alla storia per la protezione offerta a Lutero e per
aver rifiutato nel 1519 la corona imperiale. Nipote di Federico I il Bellicoso che aveva iniziato la potenza del
suo casato con il riunire alla Turingia e alla Misnia il protettorato di Sassonia
che conferiva dignità elettorale.
Tale qualifica era derimente fra
pricipi, divisi in Elettori e non Elettori, perchè essenziale per prender parte
all'elezione dell' imperatore nell'antico Impero Germanico.
Carlo IX, Re di Francia - (1550
+ 1574) figlio di Enrico II (Re di Francia e Duca di Borgogna, sconfitto nella memorabile battaglia
di San Quintino dalle truppe di Filippo II Re di Spagna, impareggiabilmente
condotte da Emanuele Filiberto di Savoia) e di Caterina dei Medici insieme
alla quale preparò ed ordinò la "strage degli Ugonotti "(24-25 agosto
del 1572, notte di S. Bartolomeo),
dando egli stesso il segnale dell'inizio dell'eccidio - da Gregorio VIII .
Gonsalvo di Cordova - (1443 + 1515) generale spagnolo
soprannominato il "Gran Capitano", che tolse ai Francesi il
reame di Napoli . Per sette mesi sostenne l'assedio francese di Barletta
(1503).
Durante l'assedio in seguito ad una disputa in cui il capitano francese
La Motte insultò gli italiani, avvenne il 16 febbraio la famosa sfida fra
i 13 cavalieri francesi capitanati dal La Motte e i 13 cavalieri italiani capitanati da Ettore Fieramosca, ricordata dal d'Azeglio
nel romanzo omonimo. I superbi cavalieri italiani riusciti vincitori rispondevano
ai nomi di: Ettore Fieramosca, Giovanni Capoccio, Giovanni Bracalone, Ettore
Giovenale, Marco Carellario, Mariano
da Sarni, Romanello da Forlì, Lodovico
Aminale, Francesco Salomone, Guglielmo
Albimonte, Miale da Troia, Riccio da
Parma, Fanfulla da Lodi -.
Ena Principessa di Battemberg fu insignita
della "Rosa d'Oro" cogliendo l' occasione del suo matrimonio con
Alfonso XIII. Sua Santità Pio
X benedisse la Rosa d'Oro con
estrema solennità durante la
messa della quarta Domenica di quaresima del 1906.
Maria Adelaide di Savoia, Regina di Sardegna prima e,
poi, d'Italia - (1822 + 1855) figlia dell'Arciduca Ranieri d'Austria, vice
Re del Lombardo Veneto e della Principessa Elisabetta di Carignano. Sposò
Vittorio Emanuele II di Savoia e fu
madre di Umberto I Re d'Italia. Passò alla storia per la mitezza del suo carattere,
perchè pietosa e caritatevole. - a cui la Rosa
d' Oro fu consegnata, curiosità storica, da Monsignor Giovanbattista Santucci
delegato apostolico ad Ascoli Piceno (+ 1884), fratello del Conte Luigi, nobile
di Velletri e di Ascoli Piceno.
Elena di Savoia, regina d'Italia che nel 1939, al termine di una cerimonia sontuosa
e particolarmente solenne, la ricevette
dalle mani di Pio XI (Achille Ratti, 1922 + 1939). Da sottolineare
che solo le regine di Casa Savoia erano ammesse alla presenza del Sommo Pontefice
indossando abito e velo bianco: qualunque altra, signora o regina che fosse,
infatti non poteva venir meno al cerimoniale che prevedeva, e tutt'oggi ancora
prevede, inderogabilmente solo abito nero. Alla morte di Vittorio Emanuele
III, rimasta vedova, Elena di Savoia volle che l'onorificenza tornasse alla
Chiesa per cui curò che entrasse a far parte del tesoro della
basilica di San Giovanni in Laterano, ove ancora è
possibile ammirarla. Alla cerimonia di riconsegna del prezioso dono
sovrintese Sua Eminenza il cardinal Poletti, cardinale vicario di Roma.
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Il " Cappello e lo stocco"
materialmente consistevano, il primo, in un pomposo copricapo a
forma di berretta in prezioso velluto color cremisi adornato di un
trapunto in seta raffigurante una bianca colomba simbolo dello Spirito Santo.
Il secondo una spada che per la sua forma definivasi stocco, da cui in gergo
fiorettistico "stoccata", con la variante di un pomo in oro sull'elsa.
La ricorrenza destinata alla
benedizione, impartita direttamente da Sua Santità, di questa onorificenza
era la notte di Natale, durante la Santa Messa.
Per dare un idea storica della
magnificenza della cerimonia alla consegna del dono, che in genere avveniva alla presenza di alti principi e delle personalità
più insigni nei vari campi delle scienze
e delle arti, riportiamo integralmente le parole, - naturalmente espresse
nella lingua latina che, reso il gran contribuito
di ufficializzare e confermare l’ universalità della chiesa cattolica,
fu usata per circa due millenni sino
a Giovanni XXIII che indisse il deleterio
ed esecrando concilio in cui fu abolito
il "latine loqui" come espressione ufficiale - in genere
usate per tale cerimonia.
Dopo l'apposizione del copricapo
il Pontefice diceva:
"Accipe dilectissime
fili noster pileum hunc aureis Spiritus Sancti radiis micantem, ubi candentes
uniones non rapacis aquilae crudelitatem, sed pacificae columbae innocentiam
effingunt. Cogitare enim debes bella tunc iusta esse, cum non usurpandi imperii,
aut opera rapiendarum cupiditate gerere, sed suspicere Spiritus Sancti adjumento ad propaganda fidem et ad
stabiliendam pacem, quae relicta Principibus Terrae fuit haereditas
Christi in coelum redeuntis, qui vivit et
regnat in saecula saeculorum".
All'abbraccio dell'insignito
seguito dalla consegna dello stocco :
"Accipe, dilectissime
fili noster, mucronem Domini et gladium
salutis ut fiat in dextera tua innocentium
tutela et empiorum flagellum, et ad gloriam Onnipotentis Dei et Sanctae
Matris Ecclesiae illucescant actiones tuae orbi terrae".
Alla riposizione nel fodero
dello stocco:
"Accingat te gladio suo super
femur tuum Potentissimus qui superbis
resistit, humilibus autem dat gratiam . Tu autem crebris victoriis cole Dei
potentissimum exercituum, et ultiones time Domini in nomine Patris, et Filii,
et Spiritus Sancti. Amen.".
La prima onorificenza di "Cappello
e Stocco" di cui si ha memoria risale al Pontefice Urbano VI - Bartolomeo Prignano (1378 + 1389) certamente alienato mentale, a cui
i Cardinali, impugnando l'elezione, opposero il Cardinale Roberto di Ginevra
che fu eletto. Prese il nome di Clemente VII e fissò dimora ad Avignone. La
Chiesa, sin oggi, non ha posto in discussione la legittimità di Urbano VI,
ma anche in base a studi recenti, oggi come allora, non si è in grado di stabilire
chi fosse il legittimo. Stà di fatto che iniziò così il Grande Scisma di Occidente
con scomuniche reciproche, con la scomunica del Re Carlo di Napoli, con l'
uccisione in carcere di 6 Cardinali, carneficina direttamente commissionata
da parte di Urbano, con prese di posizione
autorevoli anche di santi come Santa Caterina da Siena, che parteggiò per
Urbano VI, e San Vincenzo Ferrer, per
Clemente VII.
Nel Frangente l'Impero e l'Inghilterra
sostennero Urbano; Francia, Spagna,
Scozia, Savoia e Napoli, Clemente VII. - che ne fece dono a Fortiguerri
Fortiguerra, famoso ed invitto generale della repubblica di Lucca nel
1386.
Tale prestigiosa onorificenza
iniziò quindi nel XIV secolo per terminare nella prima metà, e per tanto sembrerebbe incredibile che ne sia
stata perduta quasi ogni memoria, del
XIX secolo, come da seguito elencato.
Martino V - Oddone Colonna (1417 +1431) eletto
dal concilio di Costanza, pose fine
allo scisma d'Occidente. Curiosità storica: i Santi Padri riuniti a Costanza
per il Concilio, mandarono al rogo Jan Hus propugnatore di tesi considerate
eretiche, sebbene questi si fosse
spontaneamente presentato loro, e
per di più con un salvacondotto dell' Imperatore Sigismondo,
per discutere le sue tesi.
I Concili si dividono in Ecumenici o Universali e Particolari. Quello
di Costanza era un Concilio Universale
e l'episodio di cui sopra era avvenuto nel 1414 durante il Pontificato del veneziano Angelo Correr salito al trono col nome di Gregorio
XII.
I Concili tenuti sin oggi sono: Nicea nel 325, Costantinopoli nel 381,
Efeso nel 431, Calcedonia nel 451, Costantinopoli nel 453 e 680, Nicea
nel 787, Costantinopoli 869, Laterano
1125, 1139, 1179, 1215, 1512 e 1517, Lione
nel 1245 e 1274, Vienne (Delfinato)
nel 1311, Costanza nel 1414-1418, Firenze
in continuazione di quello di Basilea nel 1439-1443, Trento nel 1545-
1563, Roma nel 1869-1870 nel quale venne proclamata l'infallibilità del Papa
quando esterna ex cathedra in materia di fede e
di costumi. Quest'ultimo fu
sospeso, non chiuso, per la guerra franco-prussiana e l'entrata degli Italiani
in Roma. Roma, !962 - 1965, detto Vaticano
II, continuazione del precedente. - a Carlo VI - secondo
Delfino di Francia, detto il folle per essere impazzito nel 1392; durante
la sua malattia il regno fu preda delle fazioni delle quali approfittarono
gli inglesi per impadronirsi della Francia - nel 1419.
Eugenio IV - Gabriele Condulmer (1431+ 1447),
vedi sopra - alla Signoria di Firenze nel 1434.
Nicolò V - Niccolò Parentucelli (1447 +
1455) fu eletto di ripiego solo perchè
le tradizionali divergenze fra i Colonna e gli Orsini avevano impedito l'
elezione di Don Prospero Colonna. Molte famiglie influenti, quasi sempre nobili,
nel tempo si contesero il diritto di imporre la candidatura di propri familiari
o protetti per pura bramosia di potere, naturalmente in barba
ai principi di merito evangelico che invece avrebbero dovuto informare i conclavi. Abbandonato a se stesso il papato, nei primi
decenni del X secolo, si trovò sempre più in balia di famiglie romane dedite
sopratutto alla macchinazione di intrighi politici.
Ricordiamo le estenuanti contese fra i Colonna e gli Orsini (il cardinale
Napoleone Orsini riuscì con grande diplomazia a far eleggere Bertrand de Got
- Clemente V 1305 + 1314 - ma questa elezione, voluta più che altro per impedire
l'ascesa al pontificato di un Colonna, si dimostrò fra le più gravide di conseguenze
di tutta la storia del papato, perchè diede inizio al periodo avignonese dei
pontefici che terminerà solo nel 1377 con Gregorio XI - Pierre Roger de Beaufort,
1370 + 1378 -); fra i Crescenzi
signori di Nomento e i conti di Tuscolo (che
ebbero Giovanni IX, Benedetto IX e Benedetto X), fra i Pierleoni ed
i Frangipani (questi ultimi in
Roma arrivarono, non approvando la sua elezione, ad aggredire il papa - Gelasio II 1118 + 1119 - mentre
diceva messa in Santa Prassede), fra i
Caetani e i Colonna (Benedetto Caetani, salito al soglio di Pietro con il
nome di Bonifacio VIII, è considerato il peggior
soggetto politico avuto sino a quel
momento per le smisurate ambizioni che condussero a conseguenze economiche
disastrose; depose, per motivazioni di interesse privato dalla dignità cardinalizia,
Giacomo e Pietro Colonna dopo aver fatto radere al suolo la loro roccaforte
di Palestrina. Dante, nel XIX dell' inferno, a papa ancora vivente, collocò
Bonifacio fra i simoniaci), ecc.. Nicolò V incoronò, e questa rappresentò l' ultima
incoronazione romana, Imperatore Federico III in San Pietro. Sventò la congiura
tendente a sostituire l' autorità papale
con un governo repubblicano retto da un triunvirato ordita da Stefano Porcari che fu, a nostro avviso, più che giustamente, - rappresentando i così
detti "ideali repubblicani"
l' unica, vera e più dissennata eresia religiosa e politica mai concepita
- condannato a morte a mezzo di decapitazione.
Sotto il suo pontificato si ebbe la caduta di Costantinopoli per mano
turca (1453) e l'evento equivalse ad una disastrosa calamità per la cristianità
intera.
L'invasione araba era iniziata nel 622 ed era quasi compiuta nel 711.
"Va detto, per avere un idea del potere islamico all'epoca, che il
dominio dell'impero arabo si estendeva da Lisbona fino all'India e a
tutta la Russia meridionale, e poi dall'Africa settentrionale
fino all'intera Asia Minore ed oltre, lungo una fascia che comprendeva Marocco, Senegal, Siria,
Persia, Afghanistan e Pakistan. Ne facevano parte vasti territori cristiani, oltre alla Spagna
e al Portogallo, quali la Sicilia,
l'Armenia ed un largo tratto dei Balcani. Capitale dell'Impero era Damasco, Bagdad il suo centro intellettuale.
L'Occidente cristiano, stretto in questa morsa, era ben misera cosa. L'Impero Bizantino era ormai polverizzato,
l'Europa divisa tra paganesimo e cristianesimo,
per buona parte prostrata in una condizione di primitiva barbarie. Ecco, questo va sottolineato per rispondere a quanti
considerano tutt'ora le Crociate come guerre di aggressione finalizzate ad
un piano d' invasione cristiano dei
territori musulmani. In realtà, furono guerre
di difesa, volte a spezzare
una tenaglia che altrimenti si sarebbe
stretta sull' Europa intera, islamizzandola."Franco Cuomo, Gli Ordini Cavallereschi, Newton e Comproton editori, 2000.
La dinastia regnante a Costantinopoli quando l'impero d'Oriente cessò di esistere era quella
dei Paleologi. I paleologi hanno una
lunga storia che parte dall' Italia ed in particolare da Orte.
Il cognome originario della famiglia dei Paleologi era Ralli.
"Le più antiche memorie di questa famiglia risalgono ad un Cipriano
Ralli il quale possedeva un feudo nel territorio di Orte.
Michele di lui figlio fu capitano valoroso e sposò verso la metà del XIII
secolo una certa Costanza di famiglia
nobile viterbese, la quale, rimasta
erede delle ricchezze del padre portò queste
nella casa di suo marito, il quale si stabilì in Viterbo con la propria famiglia
per accudirvi i suoi interessi. Giovanni,
figlio dei precedenti fu anch'egli prode ed eccellente capitano e militò sotto
le insegne della Repubblica Fiorentina, allora
in guerra con quella di Lucca, e vi si segnalò per modo che, divulgatasi
per ogni dove la fama della sua militare perizia,
fu chiamato da Filippo conte di Fiandra al suo servizio e creato
capitano generale di tutto l'esercito
che egli accrebbe e disciplinò mirabilmente. Accesasi guerra tra lo stesso
Filippo ed il re di Francia, Giovanni affrontò coraggiosamente l'oste
nemica, la sgominò, la battè e costrinse il comandante francese a domandar
la pace che ottenne a durissimi patti e tutta a vantaggio del conte di Fiandra.
L'imperatore di Costantinopoli che in quel tempo trovavasi in guerra coi Persiani,
chiamò al suo servizio Giovanni Ralli e lo creò capitano generale dell'esercito.
Giovanni anche in questa congiuntura si diportò da accorto e valoroso
capitano e riportò sui Persiani una strepitosa
vittoria. Fermatosi in Bisanzio, quivi si accasò ed ebbe un figlio che fu chiamato Michele Paleologo
e che fu fatto imperatore di Costantinopoli.
Questi salito al trono di Bisanzio mandò a Roma il proprio figlio Andronico
Paleologo, per fare omaggio al Pontefice e lo incaricò di portarsi alla città
di Orte per farvi ricerca dei suoi consanguinei e trovatili li condusse seco
a Costantinopoli.
Di fatto Andronico, riconosciuti
i suoi parenti, tre ne condusse seco
in Oriente: Cipriano vescovo di Nepi, Giovanni che dall'imperatore fu creato
principe di Acaja e Roberto. Giovanni tolse in moglie una di casa Lascari
dalle quale ebbe per figlio Alessandro da
cui nacque un Giovanni che nel 1327
fu chiamato da Giovanni XXI per liberare l'Italia dalle Scorrerie dell'Imperatore
Ludovico il Bavaro.
Roberto fu creato capitano di Atene
e Patrasso. Appartiene a questa famiglia
monsigor Placido Ralli prelato domestico di Sua Santità morto nel 188...
. Arma : un leone tenente con la branca anteriore destra una spada.
Da la: Nobiltà nello Stato Pontificio di Bertini Frassoni,
pag. 355.
Un ramo dei Paleologi, iniziato da Teodoro I secondogenito dell'imperatore
Andronico II e di Iolanda degli Aleramici,
figlia di Giovanni marchese di Monferrato, tenne questo marchesato dal 1305
al 1533, con dodici principi. Gli Aleramidi prendevano questo nome da Aleramo
I che fu fatto marchese di Monferrato da Ottone il Grande nel 967.
I paleologi tennero, dopo gli Aleramidi il marchesato; a questi successero nel XVI secolo i Gonzaga
di Mantova, che lo fecero erigere a ducato, ed
infine nel secolo XVIII i Savoia. La famiglia Squarti Perla vanta consanguineità con i marchesi Ralli patrizi
di Orte e quindi con le L.L. A.A. Imperiali
i Paleologi di Bisanzio, oltre che affinità con gli Aleramidi Principi del
Monferrato, per il matrimonio contratto da Marcantonio che
sposa Eufrasia Ralli . Cfr.: stato libero 06.02.1700. Atti eclesiastici dal 1697 al 1700, foglio 778 e
seguenti + 780 a tergo. Prot. 97, 160 R, 209 R, 215 del 4.7.1806, notaio Domenico
Buoncristiani, Archivio di Stato di Viterbo; Spreti, pagina 396, anno 1935.
Nicolò V nel 1455 a Ludovico Bentivoglio
- I Bentivoglio dominarono Bologna fra
il 1401 ed il 1512 . Fra gli esponenti più
noti Cornelio, Cardinale ed esimio letterato; Ercole figlio di Annibale
II, ultimo signore di Bologna, ricordato come commediografo ed autore di piccanti satire; Guido, Cardinale e Nunzio Apostolico
in Francia.
Dal XIV al XV secolo avvenne il
passaggio dai comuni, alle signorie e, con il riconoscimento da parte
del papa o dell'imperatore, ai principati,
a carattere dinastico, finalmente ormai completamente slegati da ogni base popolare. Oltre a Bologna già citata, ricordiamo: il Piemonte in cui i Savoia prevalsero
sui marchesi di Monferrato e di Saluzzo; Milano in cui gli Sforza ebbero la meglio sui
Visconti e sulle plebi che nel 1447 avevano proclamato la Repubblica
Ambrosiana; Verona dominata in un primo tempo dai da Romano,
fu in seguito saldamente tenuta dagli Scaligeri e poi dai Visconti;
Firenze in cui, dopo l'alternarsi delle signorie di
Carlo duca di Calabria e di Gualtieri
di Brienne detto duca di Atene, a seguito
del tumulto dei Ciompi (1378 ) si instaurò
prima un governo popolare e poi oligarchico borghese, perlomeno sino alla
signoria dei Medici che scontratisi con la famiglia de Pazzi, per lungo tempo
tenne il potere. Venezia e Genova grazie ad un potere oligarchico su basi aristocratiche a lungo godettero di stabilità e floridità economica; Sicilia
e Napoli che in questo periodo furono dominate dai d'Angiò e dagli Aragonesi;
Ad Urbino i Montefeltro, a Rimini i Malatesta,
a Camerino i da Varano, a Ferrara gli Estensi, a Ravenna i da Polenta.
Caratteristico di questo periodo fu l'affermarsi delle compagnie di ventura:
famose quelle dell'inglese Giovanni Acuto, del francese Frà Moriale, del tedesco Gualtieri di Urslingen.
Fra i capitani italiani: Alberico
da Barbiano; Francesco Bussone, conte di Carmagnola; Bartolomeo Colleoni;
Braccio da Montone; Muzio Attendolo ed il figlio Francesco Sforza; nella
loro modestia, per le scarse tracce storiche lasciate, ma non per questo
per minor valore o coraggio, Matteo e Squarta Squarti.
Tale triste periodo, definito autunno del medioevo, fu caratterizzato
da carestie gravissime ; da epidemie di colera, carbonchio, lebbra, vaiolo
e pestilenze; da guerre, dalla diminuzione del prezzo dei cereali, dalla scarsità di manodopera nelle campagne,
dalla caduta dei redditi signorili,
con il conseguente inasprimento dei rapporti di lavoro, da rivolte contadine.
Fra queste la maggior parte si autoesaurivano per fame o per mancanza
di contenuti ideologici tanto che erano
stranamente più temibili ad esempio le rivolte di religione che quelle per
il miglioramento salariale o la diminuzione della pressione fiscale. Ben comprendendo
questo concetto, i padri della rivoluzione francese, (che abbinarono l' Egalitarismo
e la Ragione, tutto sommato concettini
più da bettola che da seria dissertazione
filosofica o politica , alle disagiate
condizioni della popolazione cittadina) e l' ebreo degenerato Carl Marx (che
corroborò la fame proletaria con delle pseudo dottrine politiche), ottenenero
miscela esplosiva dagli effetti sociali devastanti che, purtroppo, ben conosciamo. Fra le più significative vale
la pena ricordare la Jaquerie francese del 1358, la rivolta dei contadini
inglesi del 1381 e la rivolta dei Ciompi
a Firenze del 1378. -.
Callisto III - Alfonso Borgia (1455 + 1458)
scelto dai cardinali solo perchè molto anziano per cui, sperando in un breve
pontificato, restava immutata la speranza di rientrare presto in azione per
la conquista del soglio di Pietro, oggetto di inalterate contese fra Orsini
e Colonna. Incapace di comprendere i valori dell' Umanesimo, svendette gran
parte dei preziosissimi volumi greci
conservati nella bibiolteche vaticane.
Fu disposto anche a a svendere
gran parte delle opere d'arte conservate in Vaticano per allestire una crociata,
che liberasse Costantinopoli dai turchi ma che mai si concretizzò.
Si macchiò di troppo evidente nepotismo nominando cardinali due suoi nipoti,
fra cui l'amorale Rodrigo, futuro Alessandro
VI, e conferendo ad un terzo nipote,
Pedro, il principato di Spoleto. - nel
1457 ad Enrico IV di Castiglia - il
liberale (1454 - 1474) che per sposare Giovanna di Portogallo, ripudiò, molto
cristianamente, Bianca di Navarra -
.
Pio II
- Enea Silvio Piccolomini (1458 + 1464)
umanista dottissimo, in gioventù aveva condotto una vita frivola, dai riflessi
boccacceschi.
Di suo pugno scrisse, vantandosene, la novella autobiografica "de duobus amantibus historia". Ottenuti
gli ordini maggiori, condusse però una vita ineccepibile.
Il suo pontificato fu improntato alla guerra contro i turchi. A Mantova
nel 1459 bandì una crociata che rimase però lettera morta.
Nel 1461 scrisse al Sultano Maometto II una lettera che ha più del goliardico
che di razionale gestione politica: in cambio della conversione del
Sultano alla religione cattolica, prometteva a questi la corona dell'Impero
d'Oriente.
Nel 1464 bandì una seconda crociata e si dichiarò disponibile a guidarla
in prima persona sperando che i principi cristiani si sarebbero vergognati
di rimanersene a casa vedendo partire il rappresentante di Cristo ammalato
e cadente.
Recatosi ad Ancona, luogo destinato all' imbarco dei prodi crociati, non
trovò nessun principe ma solo qualche decina di straccioni, più simili a marmaglia
squattrinata di picari, che ad un esercito regolare. Ivi morì.- nel 1460 ad Alberto Marchese del Brandeburgo - figlio di Federico, capostipite della famiglia e creato primo marchese
del Brandeburgo dall'imperatore Sigismondo nel 1417 - .
Pio II nel 1461 a Luigi XI - Re di Francia
(1461 + 1483) succede al padre Carlo
VII.
Vinse la coalizione dei Signori e, dopo la morte di Carlo il Temerario,
aggiunse ai suoi stati la Piccardia e la Borgogna. Paolo II gli conferì il
titolo di Re Cristianissimo da trasmettersi anche ai successori. -
Pio II nel 1462 a Filippo il Buono duca di Borgogna - Filippo
III il Buono, Duca di Borgogna e del Brabante (1396 + 1467). Represse l'insurrezione
dei Fiamminghi e mori lasciando il Ducato al figlio Carlo il Temerario.
Istituì il prestigioso Ordine del Toson d'Oro. - .
Pio II nel 1463 a Cristoforo Moro.-
Doge di Venezia dal 1462 al 1471; l'onorificenza
gli fu concessa per le azioni militari, intraprese però più per motivi commerciali che per ideali religiosi, contro i Turchi di
Maometto II. - .
Paolo II - Pietro Barbo (1464 + 1471) nasce a Venezia nel 1417. Nipote di Eugenio
IV, sebbene portato più ai commerci che alla chiesa, fu nominato cardinale
a soli 23 anni.
Passò alla storia come barbaro ed incolto per essersi attirato
le ire degli umanisti adirati per la chiusura
dell'Accademia Romana che però, in
realtà, non era altro che una fucina di ideologia atea e di onanismo mentale
repubblicano .
Fu il maggior sostenitore economico del
Principe Skanderberg contro i Turchi.- nel 1468 a Federico
III di Asburgo - (1416 + 1493) Imperatore d' Alemagna
e del Sacro Romano Impero, regnò per ben 53 anni senza una direttiva
politica personale e concreta. Fu
incoronato Imperatore nel 1452 da Papa Nicolò V, e fu questa l'ultima incoronazione
imperiale conferita in Roma.
Riunì per primo in un solo stato e sotto la sua corona gli sparsi domini
ereditari degli Asburgo in Austria, assicurò
al figlio Massimiliano le Fiandre ed il voto degli elettori per la successione
imperiale -.
Paolo II nel 1471, a Mattia d'Ungheria - il Corvino, figlio di Giovanni
Huniady, divenne Re di Ungheria nel
1458. Eccellente condottiero riuscì a sconfiggere non solo i Turchi, ma anche il Re di Boemia e l'Imperatore Federico
III. - .
Paolo II nel 1474 a Filiberto I, Duca di Savoia - (1465 + 1482) il Cacciatore,
figlio di Amedeo IX, morì prima di uscire di minorità - .
Sisto IV - Francesco della Rovere (1471
+ 1484) Padre Generale dell'Ordine Francescano, non seguì minimamente le tracce
del santo predecessore e maestro : con Sisto IV iniziò in maniera molto più
arrogante, sfrontata e dissenata che
in passato la fortuna dei numerosi parenti che, a parte Giuliano della Rovere,
futuro Giulio II, non apportarono che disonore indiretto al Soglio di Pietro.
Pietro Riario, dopo una vita dissipata e lussuriosa, morì, sfiancato
da ogni genere di abusi, a solo 28 anni. Girolamo Riario,
investito della Signoria di Imola, rappresentò
"l'anima maligna" del Pontefice per ogni genere di turpe consiglio
in funzione di una politica gestita familiarmente
e senza ombra di scrupoli. Infatti per favorire questo nipote, benchè
come Sommo Pontefice dovesse essere contrario ad ogni forma di spargimento
di sangue, diede il suo benestare alla famosa congiura dei Pazzi in Firenze ove, il 26 aprile del
1478, per mano assassina dei congiurati, e proprio durante la santa messa in Duomo, furono eliminati Giuliano de Medici
e il Salviati Arcivescovo di Firenze. Non pago di tanta carneficina
Sisto IV lanciò la scomunica a Lorenzo, unico fratello della famiglia
Medici sopravvissuto, e l'interdetto alla città di Firenze.
L'interdetto rappresentava una sorta di
pena spirituale che vietava ai fedeli di una città o di uno stato i divini
uffici, l'uso di determinati sacramenti ed
anche la sepoltura eclesiastica.
Nel 1482 Sisto IV lanciò l'interdetto anche su Basilea perchè ivi, in
ottemperanza al decreto di Costanza, si era
indetto un concilio.- ad Alfonso
Duca di Calabria nel 1477.
Innocenzo VIII - Giovanni Battista Cybo, vescovo di Molfetta, (1484 + 1492) fatto eleggere da Giuliano della Rovere, che
era stato posto nella condizione di
ineleggibilità, solo perchè, a questi,
totalmente succube. Con la famigerata bolla
"summis desiderantes" iniziò
i processi e la persecuzione delle streghe. La caccia ebbe la sua apoteosi
e teorizzazione nel prontuario pubblicato
a Colonia nel 1487 chiamato "Malleus maleficarum", libro fra
i più orripilanti della storia
umana. In germania i roghi di innocenti arsero per due secoli e mezzo.
Il dissesto economico sotto il suo pontificato
toccò tali livelli che il Papa fu costretto
ad impegnare parte del tesoro pontificio e la stessa tiara.
In un clima di corruzione morale totale della curia, ebbe due figli illegittimi ai quali dedico
la miglior parte del suo tempo. Il
figlio legittimo Franceschetto fu dato
in sposo a Maddalena, figlia di Lorenzo de Medici.
Contestualmente nominò Giovanni de Medici (fratello di Maddalena e futuro
Leone X) cardinale a soli 13 anni.
Sua Santità Innocenzo VIII, comportandosi, con evangelica ispirazione,
da prezzolato aguzzino, in Vaticano tenne in catene, dietro lauto compenso
annuo pagato dal fratello sultano Bayazid, sino alla morte, il pricipe moro
Gem, risultato sconfitto nella lotta di successione - nel 1484
a Ferdinando d' Aragona - detto
Ferrante I (1458 + 1494), figlio di Alfonso il Magnanimo, in perpetua lotta contro
i baroni del suo regno - .
Alessandro VI - Rodrigo Borgia, in origine de
Borja, (1492 + 1503) con questo pontefice, che ricchissimo letteramente comprò
la sua elezione al soglio, si istituzionalizzò l'orrenda pratica di pattuire in anticipo con i cardinali
le somme di danaro necessarie per averne
in cambio dei voti. Da donne sconosciute ebbe Pedro, Geronima ed Isabella.
Da Vannozza Cattanei, donna di immonde origini plebee, ebbe Cesare, Giovanni
e Goffredo che riconobbe ufficialmente. Lucrezia si trasformò in elegante
strumento della politica familiare sposando, dopo essere stata ingravidata
dal padre (papa !) Alessandro, prima
Giovanni Sforza, signore di Pesaro; poi Alfonso d'Aragona, che fu assassinato
su commissione del fratello Cesare; quindi Alfonso d'Este, signore di Ferrara,
dal quale ebbe Ippolito, che a soli
9 anni fu nominato Arcivescovo d'Astrigonia e quindi cardinale.
Lucrezia giunse a rappresentare, su incarico paterno, alla corte papale
il Sommo Pontefice.
Cesare, nominato dal padre cardinale
e vescovo di Valencia, sposò una principessa,
dopo essere stato investito del ducato di Valentinois e
aver ricevuto in dono la Romagna.
Unito al padre Alessandro nella volontà di costituire un regno nell'Italia centrale per passare quindi alla secolarizzazione dello Stato
della Chiesa in favore dei Borgia, Cesare
ricorse ad orribili eccidi prevalentemente perpetrati con l'omicidio
e l'inganno. Messa da parte Vannozza Cattanei, Alessandro VI nominò Alessandro
Farnese cardinale diacono dei SS. Cosma e Damiano per l'unico merito di essere
fratello della propria nuova amante
Giulia.
Più che giustamente criticato da Gerolamo Savonarola per la vita dissoluta
e perchè "simoniaco ed eretico", sbrigativamente il Borgia si
liberò dell'incomodo frate, prima scomunicandolo poi mandandolo al
rogo.
Sposarsi o praticare il concubinaggio, il così detto reato di nicolaismo,
così come la simonia, erano "debolezze" piuttosto diffuse dalle
più alte gerarchie della chiesa sino ai più bassi ranghi: Giovanni XV era
figlio di un umile prete; Giovanni XIX (Romano dei conti di Tuscolo, 1024 + 1032, che,
intronizzato da laico, si fece somministrare tutte le consacrazioni necessarie
in un sol giorno), passò lo scettro di Pietro al proprio figlio dodicenne
Teofilatto (Benedetto IX, 1032 deposto nel 1044), come eredità
familiare.
Adriano II (+ 872) era legittimamente sposato ed aveva una figlia. E così
via, come ampiamente documentato in questi brevi cenni che ho voluto vergare
sulla storia delle "Loro Sovrane Santità".
Daltronde era quasi la regola poter ottenere una deroga dal celibato sopratutto
se ricchi prelati, i più poveri erano
obbligati alla castità oppure costretti a peccare: un sinodo del 1078, voluto
da Gregorio VII (Ildebrando di Soana 1073 + 1085), ordinò la sospensione di tutti i vescovi che
avessero concesso il concubinato al clero in cambio di danaro.
Da sempre le regole hanno avuto valore solo per il popolo, sia eclesistico
che laico, ed il principio non sembra del tutto disdicevole. Come per prelati
ricchi e cardinali esistevano deroghe alla castità, così avveniva come regola
anche per le case regnanti a cui la Chiesa, in cambio di favori, concedeva
quanto agli altri non lo era: basti considerare le regine ripudiate, la poligamia
o le regine morganatiche (aggettivazione simile all' “omnia munda mundis“ di manzoniana memoria) che ufficialmente o pubblicamente
molti sovrani, solo se cattolicissimi (!), potevano permettersi.
Il cedere ai peccati della carne naturalmente non era appannaggio del
solo sesso maschile: dalle supreme cariche alle più umili, dalla clausura
più stretta, al monachesimo più liberale,
molte femmine religiose, dimentiche della castità terrena perchè spose
celesti di Cristo, come secolari e
laiche donnette si affannarono saltando fra un talamo ed un altro, preda di
umana lussuria.
Qualche esempio famoso, per tutti: a Leone IV (+ 855) successe una donna proveniente da Magonza che, dopo aver
studiato ad Atene, fu eletta papa nel 855 e regnò per due
anni senza essere scoperta. Durante
una processione in Laterano sarebbe stata assalita improvvisamente dalle doglie
del parto ed avrebbe dato alla luce un figlio: naturalmente non avendo avuto
remore a farsi eleggere papa, nascondendo il suo sesso, tanto
meno ne aveva avute ai fini della mandatoria castità, materialmente
offrendosi sino ad esecranda gravidanza. Ancora nel 1400 non ci si poneva nessun problema nell'esporre nel duomo
di Siena il busto della papessa Giovanna assieme a quelli di altri papi, sino
a quando Clemente VIII non lo fece rimuovere.
Il sagace Boccaccio a piene mani riprese da questa vicenda per colorire
un suo scritto. Altri ritengono che il nome di Giovanna sia stato imposto
per scherno dal popolo di Roma a Giovanni VIII perchè tutto il suo pontificato
fu dominato dalla personalità dell'amante Giovanna, celebre cortigiana.
Altro esempio passato alla storia perchè
immortalato dal Manzoni, è quello di Marianna De Leyva,
figlia di Don Martino principe di Ascoli e conte di Monza, che,
fattasi suora nel 1591 col nome di Virginia Maria (mai nome si domostrò
così improvvido), ma detta Signora di Monza, per
la relazione avuta con P. Osio, nella finzione letteraria chiamato Egidio,
rimase gravida così da essere murata viva
.
Altrettanto dicasi del superbo pittore Filippino Lippi (1457 + 1504) la
cui storia ci è tramandata dal Vasari: era
figlio di Fra Filippo Lippi, anch'egli pittore, e della madre superiora
del convento di clausura del Carmine di Firenze in cui l'artista era stato
chiamato per l'esecuzione di affreschi
nella "Cappella Brancacci"; gli stessi affreschi incompiuti dal
padre, nella stessa cappella, furono terminati dal figlio Filippino,
che però non risulta aver imitato il
padre anche nella stessa foga virile parallela all'arte, nei confronti delle
calorose suorine.
Il problema che quindi non tardò a venire al pettine fu la conservazione
dei beni eclesiastici che troppo facilmente venivano alienati dal clero
sposato.
Come curiosità storica, ma necessaria ad addurre un altro esempio di gestione
dinastica della tiara pontificia e della evangelica abitudine di vendere sacramenti
ed alte cariche, Benedetto IX passò il trono al padrino di battesimo Giovanni
Graziano Pierleoni (Gregorio VI, 1045 + deposto nel 1046) per una somma di
danaro corrispondente a quella che aveva distribuito per pilotare la propria
elezione. Non tollerando di essere stato deposto, Benedetto IX fece avvelenare
i due successori Clemente II (Suitgero dei conti di Morsleben e Hornburg, 1046 + 1047)
e Damaso II (Poppone di nobile stirpe bavarese 17.7.1048 + 9.8.1048).
Gherardo dei conti di Dollnstein-Hirshberg (Vittore II, 1055 + 1057; per curiosità
Vittore III era, al secolo, Desiderio
dei Duchi Longobardi di Benevento), fu l'ultimo papa tedesco e l'ultimo designato
da un imperatore.
La dipendenza della chiesa dall'impero iniziò naturalmente con la straordinaria
figura di Carlo Magno che, con la foga di un redivivo Costantino, era intervenuto
nelle questioni interne della chiesa
facendo pressochè scomparire i confini fra chiesa e stato. Nel suo
testamento annovererà Roma semplicemente come uno dei suoi tanti arcivescovati.
La sudditanza della chiesa dall'impero era proseguita
con l'imperatore Lotario che emanò la "Costitutio
Romana"; essa prevedeva che la consacrazione del pontefice doveva aver luogo
soltanto dopo che il neoeletto avesse
prestato giuramento di fedeltà all'imperatore.
Così nell' 824 il rapporto fra papa
ed imperatore era quello di una mutua dipendenza: per essere imperatore occorreva
il papa e per essere papa occorreva l'imperatore.
Il legame indissolubile fra chiesa ed impero continuò con Ottone I che emanò il cosidetto "Privilegium Otonis"
del 13.2.962. In questo era riconfermato che in merito all'elezione papale il neoeletto, prima
della consacrazione, prestasse giuramento di fedeltà all'imperatore. L'andirivieni
della pretesa dominanza dell' uno sull'altro,
cioè della pretesa volontà di ingerenza dei Sovrani Pontefici sul potere
temporale di altri stati, compreso
l'Impero, e viceversa con la pretesa di sottomettre il potere spirituale del
papa al temporale regio - o imperiale
- altrui, o quntomeno di relegarlo al solo stato pontificio, durò, con alterne vicende per diversi secoli. L'imperatore
che meno si fece pestare i calli dai preti fu Ludovico il Bavaro che arrivò sino a Roma, si
fece incoronare in Campidoglio, nominò un antipapa. Il re che con altrettanta
determinazione agì nei confronti della decadente e corrotta Curia Romana fu
Filippo il Bello che proclamò i suoi
poteri discendere direttamente da Dio,
senza l'intermediazione papale, quindi, con l'aiuto dei Colonna, sorprese
il pontefice ad Anagni e lo catturò.
Bolle, decreti ed editti in tal
senso, si sprecarono, dall'una e dall'altra
parte; ricorderò i due più significativi perchè emblematici del pensiero e
perchè forieri di più conseguenze: La Bolla "Unam Sanctam" del 1302,
nella quale Bonifacio VIII ribadiva la supremazia del potere
spirituale e la dipendenza dei sovrani dal papa anche sul piano del
dominio temporale; la "Bolla d'Oro" promulgata da Carlo IV di Boemia
nel 1356, per effetto della quale l'elezione dell'imperatore fu sottratta completamente,
anche sul piano formale, al papa e fu affidata ad un collegio di sette Grandi
Elettori di cui tre ecclesiastici e quattro laici. Con questa legge
l'impero riuscì a sottrarsi alle ingerenze del papato ma rinunciò al
suo carattere universale in nome del particolarismo feudale germanico. L'ultimo
imperatore a non ricevere investitura papale fu Massimiliano d'Austria; vedi
Leone X . - nel 1492 al Langravio d'Assia .
Alessandro VI (vedi sopra) nel 1493 a Ferdinando di Napoli (vedi sopra).
Alessandro VI (vedi sopra) nel 1497 a
Filippo d'Austria - (1478 + 1506) Filippo I d'Asburgo detto il Bello, signore dei Paesi Bassi (1482) e re di Castiglia
(1504) .Figlio dell'imperatore Massimiliano e di Maria di Borgogna, sposò l'infanta Giovanna figlia
di Ferdinando il Cattolico e di Isabella di Castiglia. Morì lasciando due
eredi maschi Carlo V e Ferdinando I e
quattro figlie: Eleonora regina prima di Portogallo e poi di Francia; Isabella regina di Danimarca; Maria regina di Boemia e di Ungheria; Caterina regina di Portogallo - .
Alessandro VI (vedi sopra) nel 1499 a Luigi XII di Francia - detto il Padre
del Popolo, passato alla storia per aver conquistato nel 1499 il ducato di
Milano e per essere stato sconfitto
nella battaglia di Barletta dalle armi di Ferdinando di Aragona, re diSpagna.
Sconfisse i Veneziani ad Agnadello (1509) ma poco dopo (1511) soggiogato dalla Lega Santa guidata da Giulio II dovette
abbandonare l'Italia ed il ducato di Milano
- .
Alessandro VI (vedi sopra) a Luigi XII di Francia
(vedi sopra) nel 1501.
Giulio II (vedi sopra) nel 1508 ad Alfonso d'Este Duca di Ferrara - figlio di Ercole, duca di Ferrara e di Modena, terzo marito di Lucrezia Borgia . Sconfisse a Policella i veneziani nel 1509. La sua corte fu fra le più
fastose e colte d'Italia, protesse l'Ariosto a cui affidò il governo della
Garfagnana. Primo condottiero a rendersi conto dell'importanza insostituibile
dell'artiglieria, ne promosse l'uso -
.
Giulio II (vedi sopra) nel 1508 ad Enrico VII d'Inghilterra
Giulio II nel 1508 a Ladislao II d'Ungheria - Jagellone (1456 + 1516), re di
Boemia (1471) e re di Ungheria (1490)
.
Leone X (vedi Sopra) nel 1514 a Giacomo V di Scozia - re di casa Stuart, lasciò il trono alla figlia
Maria Stuarda - .
Leone X (vedi Sopra) nel 1515 a Emanuele di Portogallo - il Fortunato re dal 1495 al 1521, fondatore
della potenza e ricchezza portoghese
nelle Indie.
Leone X (vedi sopra) alla Repubblica di Firenze nel 1518.
Leone X (vedi sopra) nel 1518 a Francesco I di Francia - (nasce a Cognac nel 1494, muore
a Rambouillet nel 1547.) figlio di
Carlo d'Orleans, duca di Valois, e di Luigia di Savoia . Successe (1515) a
Luigi XII, suo cugino e suocero, e cominciò il ramo dei Valois Angouleme.
Nello stesso anno, scese in Italia, battè gli Svizzeri a Marignano e conquistò
il Milanese.
Guerreggiò per tutta la vita contro Carlo V vinto nella battaglia di Pavia
(1525), cadde prigioniero dell'avversario, perdendo come scrisse a sua madre
"tutto fuorchè l'onore".
Ricuperata la libertà dopo un anno, firmò con Enrico VIII, re d'Inghilterra,
e con gli stati italiani, degli accordi contro Carlo V. La guerra ricominciò
e finì con la pace di Cambrai (1529), per la quale l'Italia rimase in balia
degli Imperiali.
Nel 1536 invase il Piemonte e si
impadronì di Torino. A Ceresole sbaragliò Imperiali e Spagnoli, ma la campagna gli riuscì disastrosa,
e fu obbligato a firmare con Carlo
V la pace di Crepy (1544 ).
Leone X (vedi sopra) a Enrico VIII d'Inghilterra
(vedi sopra) nel 1518.
Leone X (vedi sopra) nel 1518
a Massimiliano d'Austria - Imperatore
che nel 1493 successe al padre Federico III. Sposò Maria di Borgogna ed aggiunse
il Tirolo ai suoi stati. Fu il primo
imperatore eletto senza consacrazione papale - .
Clemente VII - Giulio de Medici (1523 +
1534) nipote di Leone X, moralmente
ineccepibile era un uomo volubile, indeciso e timoroso per cui non seppe cogliere
le ottime occasioni che gli si presentarono
e finì col procacciarsi presso amici e nemici la fama di infido ed inconcludente.
La personalità fondamentalmente incapace, frutto di uno dei tanti guasti
del nepotismo, a confronto perdipiù con le grandi figure dell'epoca che andarono da Francesco I e Carlo V ad Enrico VIII, tutti
dominatori nati, non poteva che uscirne ulteriormente
diminuita.
Infatti, proprio grazie a queste sue nefate doti caratteriali durante
il suo pontificato si materializzò il "sacco di Roma" da parte delle
truppe imperiali, il luteranesimo in germania si estese a macchia d'olio,
si verificò il divorzio di Enrico VIII a cui seguì lo scisma della Chiesa
Anglicana.
Nel "sacco di Roma" verificatosi nel 1527, si perpetrarono tremendi
eccidi e la spietata violenza usata dalle truppe imperiali potè paragonarsi
solo all'analogo assalto normanno del 1084. Altri sacchi o assedi storici di Roma: assediata nel 579 e nel 592 dai Longobardi, nel 844 fu messa a sacco dai Saraceni.
Il pontificato di Clemente VII, che Leopold Von Ranke ha definito il più nefasto di tutti
i papi, fu effettivamente fatale, perchè il pontefice, che del resto aveva
condotto una vita moralmente irreprensibile diversamente da tanti altri pontefici,
aveva una paura incredibile del concilio che, mai indetto nonostate le plurime
esortazioni in tal senso di Carlo V, avrebbe risolto molte problematiche statali
.
La sua morte fu considerata un vero colpo di fortuna per la Chiesa. - nel 1529
a Carlo V - d'Asburgo politico profondo e volitivo, dalla
personalità straordinaria, fu signore di Germania, d'Italia, di Spagna, delle
Fiandre e d'America, di un impero sul quale non tramontava mai il sole.
Non potè realizzare il suo sogno di una monarchia universale per l'opposizione della Francia e dell'eretico Lutero.
Si ritirò, abdicando in favore del fratello, in un convento dell'Estremadura
ed ivi morì nel 1558 a soli 58 anni. Figlio
di Filippo il Bello Arciduca d'Austria e di Giovanna la Pazza, figlia
di Re Ferdinando d'Aragona ed Isabella di Castiglia. Divenne re di Spagna
e delle Due Sicilie alla morte dell'avo
materno Ferdinando d'Aragona.
La corona imperiale ottenuta alla morte dell'avo paterno Massimiliano
nel 1519, gli fu contesa da Francesco I re di Francia che fu suo implacabile nemico sino alla morte (1547). Sconfisse più volte Francesco,
facendolo anche prigioniero, ed il suo successore sul trono di Francia,
Enrico II.
Durante il sacco di Roma catturò Il papa Clemente VII, per poi farsi incoronare
da questo imperatore in Bologna nel 1530.
Fu il fondatore dell'egemonia spagnola in Europa: egemonia conquistata in contrasto con la Francia sui campi di battagia
italiani - .
Clemente VII (vedi sopra)- nel 1529 a Filiberto Principe di Orange .
Clemente VII a Ferdinando I di Germania - (1503 + 1564) secondogenito di Filippo il Bello e fratello minore
di Carlo V nacque in Castiglia. Nel 1527 fu incoronato re di
Ungheria e di Boemia, poi fu eletto re dei Romani. Stabilì che gli
imperatori non sarebbero più stati incoronati dal papa, così che il fratello maggiore Carlo V risulterà l'ultimo
nella storia come imperatore ad investitura papale; assicurò ai luterani il
libero esercizio della loro religione - .
Paolo III (vedi sopra) nel 1535 a
Filippo di Spagna - d'Asburgo, figlio di Carlo V, conchiuse vittoriosamente
la semisecolare lotta di predominio contro la Francia con la
vittoria di San Quintino. Assicurò alla Spagna la supremazia in Europa.
Si adoperò per il trionfo del cattolicesimo sul protestantesimo, sostenne
una dura lotta per sottomettere le Fiandre ribelli. Assoggettò
il Portogallo con tutto l'impero coloniale ma ebbe l'invincibile armada distrutta dalla flotta inglese (1588) - .
Paolo III (vedi sopra) nel 1535
ad Andrea Doria - di grande ed insigne famiglia genovese che
diede numerosi personaggi. Grande statista
e capitano di mare (1466 + 1560).
Nella guerra tra Francia e Spagna fu dapprima al servizio dei francesi,
poi di papa Clemente VII, e di nuovo dei francesi, liberando Genova dagli
spagnoli.
Ammiraglio di Francesco I, malvisto dai cortigiani di questo re, lo abbandonò,
e passò al servizio di Carlo V.
Nel 1528 cacciò i Francesi da Genova e ne riordinò il governo. Carlo V
voleva farlo duca della città conquistata
ma egli ricusò l'alto onore, preferendo che la sua patria si reggesse a repubblica
libera ed indipendente. Genova gli eresse una statua con l'iscrizione: "Al
padre della patria".
Oltre ad Andrea hanno fatto parte della famiglia: Ambrogio (debellò nel
1379 a Pola la flotta veneziana condotta da Vittor Pisani impadronendosi
di 15 galee e di 1920 prigionieri), Branca (signoreggiò in Genova ed in Sardegna,
uccise a tradimento suo suocero Michele Zanche. Dante - inf.
XXXIII, 137 - immagina che la sua anima sia giunta mentre egli era
ancora vivo nella Tolomea tra i traditori
degli amici), Giacomo (naturalista, viaggiatore, fondò il museo civico di
storia naturale. Esplorò la Persia,
l'Eritrea, il Borneo. Senatore nel 1890, presidente della Società Geografica
Italiana nel 1891.), Lamba (alla battaglia dell'isola di Cursola nel 1298
tolse ai Veneziani 85 galee e 7400
prigionieri, catturando Andrea Dandolo e Marco
Polo), Oberto (debellò definitivamente i Pisani alla Battaglia della Meloria
nel 1248), Paganino (vinse a Costantinopoli i Veneziani comandati da Niccolò
Pisani nel 1352 . Nel 1354 a Porto Lungo li sconfisse nuovamente facendo prigioniero
il Pisani ed impadronendosi di 35 galee), Percivalle (unico poeta di questa
famiglia di ammiragli, aderì alla scuola siciliana, + 1264).
La famiglia è tutt'ora fiorente nei vari rami dei Marchesi Doria, Conti di Montaldeo;
dei Marchesi Doria, Patrizi genovesi, nella linea di Gerolamo; Doria Nobili dei Marchesi,
Patrizi genovesi nella linea di David; Doria Principi d'Angri e Duchi
di d'Eboli nella linea d'Angri; Doria Panphilj Landi Principi di Torriglia,
Principi di S. Martino, Principi di Valmontone ecc., nella linea Panphilj
Landi; Doria Lamba Marchesi e Patrizi genovesi nella linea dei discendenti
da Lamba.
Paolo III - (vedi sopra) nel 1537 a Giacomo
V Re di Scozia vedi sopra)
Paolo III (vedi sopra) nel
1538 a Sigismondo I di Polonia -
Il Grande (1467 + 1548), degli
Jagelloni sottomise la Moldavia e la Valacchia . Conferì ad Alberto di Brandeburgo
il titolo di Duca di Prussia. Introdusse ispirato dalla moglie Bona
Sforza il gusto
italiano del Rinascimento in Polonia. Passò anche alla storia per essere
dotato di forza sovrumana .
Sigismondo investì Amedeo VIII di Savoia, detto il Pacifico, del titolo
di Duca di Savoia. Amedeo, morta la
moglie Maria di Borgogna, abdicò in favore del figlio Ludovico e si
ritirò nel monastero di Ripaglia con sei nobili cavalieri detti di San Maurizio, istituendo
così l'Ordine di San Maurizio.
Nel 1439 Amedeo divenne antipapa con il nome di Felice V e, dopo aver
tenuto il pontificato per 10 anni, dette al
suo stato il codice "Statuta Sabaudiae" che rappresenteranno una
pietra miliare nella storia d'Italia e della Famiglia.
Amedeo è passato alla Storia anche per l'aggiunta effettuata al Collare dell'Annunziata del motto F.E.R.T, acronimo ancora in vigore per la famiglia Savoia.
Molte spiegazioni sono state date, sin ora, a queste quattro lettere misteriose,
che secondo alcuni significano: "Frappez, Entrez, Rompez tout";
secondo altri: "Fortitudo eglius regnum tenuit", oppure "Fortitudo
eglius Rodhum tenuit", alludendo ad una
presunta spedizione di Amedeo VI a Rodi.
Particolarmente suggestiva è l' Ipotesi che possa trattarsi dell'ammonizione
rivolta all'antenato Vittorio Amedeo II, gran donnaiolo, dal beato
Sebastiano Valfrè suo confessore:
Molto più credibilmente l'acronimo potrebbe sottointendere la frase "foedere
et religione tenemur", il cui significato - l'allusione ad un legame
fondato su di un patto e sulla religione - riconduce non soltanto allo spirito
del Collare ma al vincolo cavalleresco in generale.
Non va trascurata l'opinione di chi sostiene che F.E.R.T., invece di una
sigla, possa essere una abbreviazione della parola "fertè" che in
linguaggio arcaico starebbe per "forteresse"
o anche per "fermetè".
Più attendibile, però, considerata la vocazione di Amedeo VIII ad evidenziare
negli statuti la natura anche religiosa dell'Ordine, composto appunto di 15
cavalieri "in onore delle 15 allegrezze
della Vergina Maria e di tutta la corte celeste", appare la tesi secondo
la quale F.E.R.T. sia voce del verbo ferre cioè portare o anche
sopportare, adottato per indicare la
fede da "portare a Maria" o le pene da "sopportare
per amore di Maria".
Nessuna di queste spiegazioni, comunque, ha tale fondamento da potersi
considerare quella giusta in assoluto, per cui hanno probabilmente ragione
coloro che attribuiscono l' origine del misterioso motto "a qualche personale
avventura del Sovrano", rimasta segreta.
Era cosa comune, del resto, all'origine delle grandi case d'Europa, l'elaborazione
di acronimi e sigle bizzarre, dal significato
indefinito, aperte alle più diverse interpretazioni .
Come l' "A.E.I.O.U." degli Asburgo, per lo più decifrato come
"Austriae Est imperare Orbi
Universi", cioè "spetta all'Austria dominare il mondo intero".
Paolo III (vedi sopra) nel 1539 al Marchese di Vasto Alfonso d'Avalos - famiglia tutt'ora fiorente nella
persona del Duca Don Francesco, Principe del Sacro Romano Impero, Altezza
Serenissima, Marchese di Pescara, Marchese del Vasto, Patrizio Napolitano
- .
Giulio III - Giovanni Maria del Monte (1550
+ 1555) dopo un conclave protrattosi per oltre due mesi per le resistenze
opposte dai cardinali tedeschi che non volevano più un papa italiano nel timore di veder perpetuarsi
il selvaggio nepotismo sin allora manifestatosi, ci si accordò sulla persona
del cardinal Del Monte tipo gioviale e vivace.
Il pontefice si dimostrò amante
della caccia ed il gioco d'azzardo, con una propensione smodata
per la musica ed il teatro.
Il Pastor scrisse di lui che non
amava guastarsi con nessuno, amava vedersi dintorno delle facce contente e
preferiva lo splendore del potere alla sua
sostanza.
Il maggior merito fu senza dubbio
quello di aver riaperto il concilio di Trento il 1° maggio 1551 che però fu
di nuovo sospeso per il tradimento del Principe Elettore Maurizio di Sassonia.
Il papa nominò venti cardinali, ma fra tante
personalità di reale prestigio elevò alla porpora cardinalizia un soggetto
del tutto indegno: Innocenzo del Monte, quindicenne
figlio adottivo del fratello.
Ridusse al lumicino le risorse economiche dello stato nella guerra
contro Ottavio Farnese nel tentativo di depredarlo del ducato di Parma
e Piacenza e nelle scaramucce contro
i senesi.
L'avvenimento più importante del
suo pontificato fu la restaurazione cattolica in Inghilterra che, salutata
a Roma con sommo giubilo, capitò fra
le braccia del papa senza che egli
avesse mosso un dito per favorirla.
– .nel 1551 a Cosimo I di Toscana
- Il
Grande, figlio di Giovanni dalle Bande Nere,
a sua volta figlio di Giovanni di Pierfrancesco e di Caterina Sforza, e di Maria Salviati . Ebbe da Pio V il titolo
di Granduca di Toscana nel 1569.
Curiosità storica: Granduchessa di Toscana divenne, ben più tardi, nel 1809, anche Elisa Bonaparte sorella di Napoleone. Napoleone
infatti, figlio della Rivoluzione francese che aborriva Nobiltà e privilegi
legati al nepotismo, cinta la corona imperiale
di Francia nel 1804, incoronatosi re d'Italia nel 1805, nominato il figlio
della sua amante Giuseppina Beauharnais prima principe e poi vicerè d'Italia,
incoronato suo figlio, avuto da Maria Luigia Arciduchessa d'Austria, re di
Roma, iniziò a concedere ad ogni fratello e sorella titoli ed incarichi prestigiosi.
Le sorelle: Carolina, sposato gioacchino Murat, nominato principe, divenne
regina di Napoli; Paolina, data in
moglie al principe Borghese, fu poi nominata
duchessa di Guastalla; Elisa nominata prima duchessa
di Lucca e poi di Piombino, fu fatta assurgere, come sopra detto, al rango di granduchessa di Toscana.
I fratelli: Gerolamo fu nominato
re di Vasfalia; Giuseppe re di Napoli e poi di Spagna; Luciano solo principe di Canino perchè ebbe il pudore di rinunciare al trono di Spagna prima,
d'Italia dopo, affertigli dal fratello; Luigi re d'Olanda. Per fortuna
che dei tredici figli avuti da Carlo Maria Bonaparte e Teresa Ramolino erano
sopravvissuti solo 5 maschi e tre femmine e alla faccia dei principi informativi della Rivoluzione
francese! Del Principato di Piombino, feudo prima degli Appiani e dei Ludovisi e poi dei Boncompagni, fu Governatore Generale Carlo Squarti: l' evento risulta desumibile da
causa del 1752 contro Anton Lorenzo Baccetti, Archivio dei Brevi, Archivio
Borghese, Città del Vaticano, prot. 384, n. 86 .
La sua vita fu funestata da gravissimi lutti familiari con la morte della moglie e di due figli.
Cosimo dimostrò le sue migliori
doti di politico e statista nella trasformazione dello stato da repubblica
a principato assoluto, soffocando nel
sangue i tentativi di restaurazione repubblicana da parte dei fuoriusciti
come Filippo Strozzi, demente aristocratico, evidentemente, rinnegato (Strozzi : principi
di Forano, duchi di Bagnolo, patrizi fiorentini, nobili romani e di San Miniato) .
Istituì l'Ordine cavalleresco di Santo Stefano di Toscana per proteggere le coste dalle frequenti incursioni
barbaresche nel 1564. - .
Giulio III (vedi sopra) nel 1552 a Filippo II di Spagna - (vedi
sopra) - .
Giulio III ad Ercole II d'Este, Duca di Ferrara - figlio di Alfonso I e di Lucrezia Borgia.
Come curiosità si può ricordare che ebbe come segretario personale Bernardo
Tasso, padre di Torquato.
La casa d'Este si estinse con Ercole Rinaldo III che, senza eredi maschi,
lasciò il ducato a Maria Beatrice, sposa dell'Arciduca Ferdinando d'Austria
con il quale si inizierà la casa ducale
Austria-d' Este - .
Pio V - Antonio Michele Ghisleri (1566 + 1572) imposto dal cardinale Carlo Borromeo,
fu uomo di profonda pietà ma anche oltre misura esagerato nelle minute pratiche
del culto; celebrava la messa tutti i giorni, cosa allora tutt'altro che ovvia
persino fra i cardinali più zelanti. I suoi pasti erano estremamente frugali
e non mancava di minacciare quotidianamente il cuoco se, nei giorni di astinenza,
avesse portato in tavola cibi proibiti.
Impose alla curia la medesima linea di gretta austerità. L'intolleranza,
dote non certo evangelica, lo condusse ad inasprire l'attività dell'Inquisizione
tanto che sotto il suo pontificato il numero di processi ad ebrei, musulmani
ed eretici, assunse proporzioni sconcertanti.
L'Inquisizione, cioè della applicazione della giurisdizione eclesiastica,
come ricerca e punizione degli eretici,
risale alla fine del XII secolo (1184). L'istituto fu regolato da Innocenzo
III nel 1215 e da Gregorio IX nel 1229.
Lo stesso Gregorio IX ne fece un istituzione alle dirette dipendenze papali,
mentre prima dipendeva dai vescovi, e l'affidò ai Domenicani nel 1236. Dopo la morte di San Domenico Innocenzo
IV ne estese la competenza ai Francescani nel 1246.
L'attività dell'Inquisizione fu assai intensa nei secoli XII ° e XIII°,
diminuì nei due secoli successivi, per riaccendersi nel secolo XV° in Spagna
contro i Giudei e contro i Musumani e nel XVI° e XVII° contro, sempre i giudei,
ma con l'aggiunta dei Protestanti. Innocenzo III (Lotario dei Conti di Segni, 1198
+ 1216 ; Conti era il cognome della famiglia e non titolo; tale famiglia espresse
ben quattro papi) nel quarto concilio Lateranense
del 1215 pretese alcuni canoni che bollarono l'usura praticata dai giudei ai
quali fu imposto l'uso di un abito particolare onde potessero sempre e dovunque
riconosciuti.
L' Inquisizione medioevale praticata durante il pontificato di Gregorio IX
(Ugolino dei Conti di Segni,
1227 + 1241), va interpretata nell'ottica del tempo: era un
epoca che nelle questioni inerenti
la fede non tollerava alcuna libertà di pensiero e di parola.
Perciò la deviazione dalle linee di fede fissate dal papato non era soltanto
un segno di presunzione, ma ancor più un atto di insubordinazione alla legittima
autorità che si attribuiva il diritto assoluto di decidere in tutti i problemi.
A Sinibaldo Fieschi (Innocenzo IV, 1243 + 1254) passato alla storia come papa giurista, si deve l'introduzione della tortura
nei processi dell'inquisizione.
A roma fu istituita da Paolo III (Alessandro
Farnese 1534 + 1549, ricordato per la copiosa prolificità che comportò quattro
figli legittimi riconosciuti ed innumerevoli da altri letti) nel 1542 e riorganizzata da Sisto V che
la trasformò in Congregazione del Santo Officio Romano nel 1588 . Paolo III
riorganizzò l'Inquisizione più per difendere che per attuare la riforma.
Una commissione romana di 6 cardinali, fu incaricata di vigilare sulla
genuinità della fede in tutta la chiesa e di procedere contro i sospetti di
eresia. Presidente fu il severissimo cardinale Carafa, che dopo aver mandato al rogo più di un povero Cristo,
divenne papa col nome di Paolo IV. Altri celebri inquisitori furono i domenicani
Iacob Sprenger ed Heinrich Institor che avevano edito il citato "Malleus maleficarum" ed il domenicano
Bernardo Rategno da Como, inquisitore nella diocesi lariana dal 1484 al 1506,
che aveva scritto e pubblicato il "Lucerna inquisitorum Haeretica pravitatis"
ed il "Tractatus de strigibus".
Compito del Santo Uffizio era quello di coordinare i poteri attibuiti al tribunale dell'inquisizione;
tutt'oggi esistente è regolato dal canone 247° del codice del diritto
canonico e da esso dipende la censura dei
libri .
Proprio in Italia furono celebrati alcuni
fra i primi processi per stregoneria ; tuttavia le condanne al rogo furono
relativamente poche grazie alla cautela dei tribunali che difficilmente in
Italia, pronunciavano condanne a morte. Fanno eccezione la valli alpine, una
delle zone europee ove le persecuzioni furono fra le più feroci.
Il passo per arrivare all'accusa per stregoneria - era possibile sul piano
giuridico dal momento che la magia costituiva un crimine equiparato all'eresia
- era breve. Almeno due elementi fanno
da comun denominatore, perlomeno nei processi a grandi, e proprio per
questo scomodi, personaggi, a molte vicende di stregoneria: il nesso tra
eresia e maleficio ed il peso esercitato dagli interessi politici
.
Tre esempi per tutti: Clemente
V, cedendo alle pressioni di Filippo IV di Francia che tendeva ad incamerare
le immense ricchezze dei Templari, ordinò
nel 1312 lo scioglimento dell' Ordine . Questo avvenne dopo che nella notte del 13 ottobre
del 1307 simultaneamente, per impedirne
ogni difesa, tutti templari di Francia
erano stati prima arrestati, poi torturati per confessare inesistenti eresie, malefici
o reati infamanti e quindi mandati al rogo. Traditi dal papa,
benchè i migliori e più temuti cavalieri di Cristo, sottoposti per anni ad
indicibili torture, ridotti a larve quasi vegetali, i pochi sopravvissuti
andarono al rogo col gran maestro de Molay, maledicendo Filippo, Clemente
V ed il consigliere regio Nogaret, artefice ed esecutore del piano.
Il secondo esempio è quello classico di Giovanna d'Arco, consegnata agli
Inglesi e soppressa col rogo, come eretica e strega, solo perchè avversaria
politicamente e militarmente temibile.
Poco importa se la Chiesa nel 1920 si sia riscattata elevandola agli onori
dell'altare.
Curiosità: il cognome originario di Giovanna era Darc, ma fu cambiato però da Carlo VII nelle regie lettere
patenti di concessione del titolo nobiliare
in d'Arc, perchè considerato cognome plebeo e non più confacente al nuovo
status della pulzella.
Napoleone I soppresse i tribunali dell'inquisizione nel 1808 ma alla sua caduta risorsero per continuare ad
essere tristemente ed orrendamente attivi sino al 1820 con roghi, sevizie e torture.
Il terzo quello del frate e scienziato domenicano Tommaso Campanella che
sostenendo il valore dell'esperienza nell' indagine scientifica, l' idea di
religione naturale,e per questo condannato
per eresia dai suoi confratelli, anche
in omaggio al governo spagnolo da lui avversato, passò, e gli andò bene vista
l'abitudine a ricondurre alla ragione, eterna, gli avversari, 27 anni in carcere,
per poi morire in esilio in Francia.
Per ciò che concerne l'attività antiebraica della chiesa di Roma partiamo
dal ricordato Paolo IV che già dopo
due mesi dalla elezione emana una bolla antiebraica "cum nimis Absurdum"e
relega gli ebrei di Roma in un quartiere
malfamato e malsano sulle rive del Tevere.
Ad Ancona il medesimo papa, in qualità di Principe di cristiana carità
e perdono, fa bruciare 24 marrani - appellativo
dispregiativo dato in Spagna
a mori convertiti di fresco - fuggiti
dal Portogallo, vieta il Talmud e tutte
le sue interpretazioni.
Pio V si segnala con la bolla antiebraica "Hebreorum gens sola" che in pratica decretava l'espulsione di antichissime
comunità ebraiche dallo Stato della chiesa ed accordava il permesso
di insediamenti ebraici soltanto a Roma ed Ancona.
Gregorio XIII nella bolla antiebraica "antiqua Judaeorum probitas"
ed in altri decreti amplia di molto i diritti e poteri dell'Inquisizione
nei confronti degli ebrei, vieta nuovamente il possesso del Talmud ed impone
agli ebrei di Roma e di tutti i territori della chiesa l'ascolto di prediche particolari.
Il medesimo papa fondò un campo di concentramento, visti gli insuccessi
della missione fra gli ebrei adulti, per rinchiudervi
bambini ebrei e musulmani che erano
già, o dovevano diventare, cristiani: l'episodio racchiude inquietanti analogie
con i campi di rieducazione politica in Siberia, per i pochi culachi sfuggiti
alle stragi dei bolscevichi, o a quelli vietnamiti, per indigeni o soldati americani
prigionieri, con una aggravante data dal fatto che i soldati americani ed
i culachi non erano bambini.
Notiamo solo marginalmente che, nella guerra tra cristiani e turchi, gli
ebrei erano molto apprezzati almeno come prigionieri o come schiavi.
Nell'isola di Malta, centro del commercio degli schiavi nel mediterraneo, sotto la protezione
dell'Ordine di Malta (!) venivano venduti di preferenza ebrei perchè comportavano
elevate somme di riscatto.
Era così avviato un fiorente commercio di schiavi gestito dai cristiani
a spese degli ebrei che durò a lungo, finchè gli pose fine, non un papa, ma
l'imperatore Napoleone.
Fra le misure antiebraiche ecclesiastiche ricordiamo:
-Divieto di matrimonio e di rapporti sessuali fra cristiani ed ebrei (sinodo
di Elvira, 306).
-Divieto per i cristiani di assumere cibo insieme agli ebrei (sinodo di
Elvira, stesso anno).
-Agli ebrei non è lecito ricoprire
cariche pubbliche (sinodo di Clermont, 535).
-Agli ebrei non è consentito di tenere presso di se servi, serve o schiavi
cristiani (III Sinodo di Orleans, 538) .
-Agli ebrei non è consentito farsi
vedere per strada durante la settimana
santa ( come sopra).
-Rogo dei Talmud e di altri scritti ebraici (XII sinodo di Toledo, 681)
.
-Ai cristiani è vietato consultare medici ebrei (sinodo di Trullano, 692).
-Ai cristiani non è permesso di abitare
presso ebrei (Sinodo di Narbonne, 1050).
-Gli ebrei devono versare alla chiesa le stesse decime versate dai cristiani
(sinodo di Gerona, 1078).
-Divieto di lavorare di Domenica (Sinodo di Szabolcs, 1092).
-Gli ebrei non possono testimoniare o accusare contro i cristiani (Concilio
Lateranense III, 1179, can.26).
-Agli ebrei è vietato diseredare i loro fratelli passati al cristianesimo
(Concilio Lateranense III, 1179).
-Gli ebrei devono portare un distintivo sui vestiti (Concilio Lateranense
IV, 1215, sull'esempio di un decreto del califfo Omar I - 630-644 - secondo cui i cristiani dovevano
portare una fascia azzurra e gli ebrei
una gialla).
-Divieto di costruire sinagoghe (Concilio di Oxford, 1222).
-Ai cristiani non è concesso di prendere pane alle feste ebraiche (Sinodo di Vienna, 1267).
-Gli ebrei non possono disputare con gente semplice sulla fede cattolica
(Sinodo di Vienna, 1267).
-Gli ebrei possono abitare solo quartieri ebraici (Sinodo di Breslavia,
1267).
-Ai cristiani non è lecito affittare o vendere beni e terreni
agli ebrei (Sinodo di Ofen, 1279).
-Va considerata patente eresia il passaggio di un cristiano all'ebraismo
o il ritorno di un ebreo battezzato
alla sua precedente religione (Sinodo di Magonza, 1310).
-E' vietato vendere o impegnare oggetti di provenienza eclesiastica agli
ebrei (Sinodo di Lavaur, 1368).
-Gli ebrei non possono fare da mediatori di contratti fra cristiani, in
particolare in contratti matrimoniali (Concilio di Basilea, 1434, XIX sessione).
-Gli ebrei non possono conseguire gradi accademici (Concilio di Basilea,
1434, XIX sessione).
Facendo un rapidissimo excursus della
storia degli ebrei, ci si chiede se veramente questi siano stati sempre sfortunate vittime, come loro vorrebero far credere, o se in realtà,
ovunque abbia germogliato la pianta
di Sion, si siano create condizioni di impossibile
convivenza con altre religioni e altre razze, (principi per l'ebreo peraltro coincidenti) per l'aggressività innata, l'intolleranza più
violenta, la volontà di predominio
religioso e razziale messo in atto
dagli ebrei stessi.
La stirpe semitica sarebbe originaria della Mesopotamia. Emigrati dalle
Palestina in Egitto e raggiunte posizioni
previlegiate, ben presto ne vennero scacciati. Sottomessi e quasi estinti
i Cananei le 12 tribù originarie fondarono
il loro regno che divenne unico sotto Saul XI secolo A.C.. Nel secolo X
David stabilì la capitale a Gerusalemme
ed il figlio Salomone vi eresse il famoso tempio. Dopo Salomone
lo stato si divise in due regni: il regno di Israele ed il regno di Giuda
che ebbero entrambi storia avventurosa. Il regno di Israele cadde sotto la
dominazione assira e gran parte della sua popolazione deportata nel secolo
VIII. Il regno di Giuda subì la medesima
sorte per mano dei babilonesi guidati da Nabucodonosor,
nel (586) .
Quando l'impero babilonese cadde
per mano di Ciro, re dei persiani,
agli ebrei fu concesso di ristabilirsi in Palestina (538) ove però non ebbero l'indipendenza. Prima i persiani (538-332),
poi Alessandro il macedone (332-323),
poi i re d'Egitto, eredi di Alessandro (323-197), poi i re di Siria, pure
eredi di Alessandro (197-165) dominarono più o meno duramente il paese dal
quale si iniziò in quel periodo, scientemente preordinata, l'invasione silenziosa
di Grecia, Egitto e Roma. Dal 165 al
63 il regno di Giuda riebbe l'indipendenza sotto la dinastia dei Maccabei,
principi sacerdoti.
Dal 63 si iniziò la dominazione romana prima sotto forma di protettorato,
poi, dopo una ribellione repressa dopo 4 anni di lotta durissima ( 66-70) in forma diretta dagli imperatori
Vespasiano e Tito.
Quest'ultimo espugnò Gerusalemme, distrusse il tempio e l'arca contenente
le tavole della legge mosaica. Dopo di allora, in maniera massiccia e più
evidente, gli ebrei abbandonarono la palestina iniziando la diasporà
che li vedrà infettare tutto il mondo conosciuto: divisi e miscelati alle
altre popolazioni, divennero indominabili come popolo, ma uniti e conservando la loro lingua, per ogni altra manifestazione comune, rappresentarono
da allora in poi un tessuto solo all'apparenza
integrato negli organismi ospiti .
Tale comportamento diede luogo nel tempo a fenomeni di rigetto delle popolazioni
silenziosamente invase che prende il nome di antisemitismo il quale, manifestatosi
da subito dopo la diaspora, nell'antichità ha visto nel medioevo il suo apice
in episodi talora violentissimi.
Molti governi, fra i quali come visto lo Stato della Chiesa, misero in atto una politica di persecuzione
e di discriminazione fra gli elementi
nazionali e quelli ebraici, via via abbandonata nei secoli XVIII e XIX . Da
allora, in seguito all 'uscita dai ghetti e alle elevate posizioni da essi
raggiunte in campo finanziario, bancario, commerciale ed intellettuale l'antisemitismo
si manifestò ad intermittenza in Russia, Austria, Francia dopo il 1870.
Dopo la prima guerra mondiale si
riaccese in Polonia, Romania ed Ungheria sino all'apice, più conosciuto e
criminalizzato, del Nazionalsocialismo in Germania. Il programma sionista
fu teorizzato da Teodoro Herzl nel 1895.
Alla stirpe ebraica appartengono non solo i maggiori esponenti della finanza internazionale (Krakmanicoff, Rokfeller, Morgan, Roschild ), ma anche i più eminenti rivoluzionari
dell'economia (invasati avanzi umani come Marx ed Engels), della politica (Stirner),
dell'antropologia (Lombroso, Nordau), della psicologia (Freud) della storia
delle religioni (Reinach) della fisica (Einstein, Oppenheimer, Pontecorvo),
della medicina (Wasserman, Schik, Widal, Ehrlich, Warburg, Salk, ecc.), dei
mezzi di comunicazione e di propaganda di massa, non ultimi l'editoria ed
il cinema. Quest'ultimo, in particolare negli Stati Uniti d'America, come
produttori, soggettisti, registi ed attori risulta completamente in mano giudea
e questo spiega i tediosi e ripetitivi riferimenti all'olocausto e a quant'altro
comunque connesso.
Sin dai primi secoli il cristianesimo
fu teatro di numerose eresie. Fra
le cinque principali ricordiamo: Manicheismo, a cui aderì anche Sant'Agostino prima della conversione; Donatismo, dariva dal vescovo di Cartagine Donato che si opponeva
ai legami Chiesa- Impero; Arianesimo, dal vescovo Ario che fece
traballare il concetto di Trinità; Priscillianesimo,
dal vescovo spagnolo Priscilliano che considerava l'anima un emanazione di Dio ed il corpo una emanazione demoniaca.
Fra le altre sette minori ma che procurarono molto lavoro per la Santa Inquisizione ricordiamo: gli Esicasti,
i Catari detti anche Albigesi, i Valdesi che nell'XI secolo aderirono alla Chiesa Protestante
e i Lollardi seguaci di John Wycliff
in Inghilterra e di Jan Hus in Boemia (quest'ultimo fatto catturare ed uccidere a tradimento dai Santi
Padri riuniti in Concilio a Costanza, nonostante il salvacondotto regio che
Johm portava seco, nel XV secolo, vedi poi).
La ferocia che animò i santi padri cristiani nella tolleranza per ogni creatura
di nostro Signore, portò allo sterminio, per eliminazione fisica, degli Albigesi
in una crociata bandita ad hoc da Innocenzo III, durata dal 1208 al
1213 e nella quale si verificarono crudeltà bestiali, e alla evangelizzazione coatta dei popoli baltici
da parte dei Cavalieri dell'Ordina Teutonico che, per redimere al verbo amoroso e paterno di Cristo, trasformarono la guerra di religione in intensa
opera di sanguinosa, atroce e spietata colonizzazione nel XII-XIII secolo.
La guerra all'eresia in Europa fu guerra di sterminio, condotta con metodi
di tale crudeltà da non poter essere in alcun modo paragonabili a quelli praticati,
da entrambe le forze in campo, in Terrasanta.
Ma la palme dell'infamia, sotto questo profilo, spetta all'Ordine del Rosario,
costituito nel 1205 da Domenico di Guzman (San Domenico, fondatore dei Domenicani, ed
inquisitore per vocazione) con licenza del pontefice Innocenzo III allo scopo
di annientare in Linguadoca l'eresia catara, detta anche albigese dalla città
di Albi, dove il suo credo era particolarmente
diffuso.
Due erano i doveri essenziali di questa "religiosa milizia":
recitare ogni giorno il rosario ed "estirpare" l'eresia.
Ma l'eresia catara rappresentava il tessuto ideale di una civiltà evoluta,
in seno alla quale fiorivano le lettere e le arti, nel benessere generale
di una popolazione industriosa e mite.
Per "estirpare" dunque l'eresia fu necessario cancellare l'intera
civiltà di Linguadoca. Per farlo si dovè ricorrere ad una vera e propria crociata, ad una guerra d'invasione,
la cui ferocia è desumibile da questo scambio di battute tra un prete ed un
cavaliere: "Che nessun eretico
abbia salva la vita!", incita il prete.
"Ma come faremo a distinguere gli eretici dai cattolici?", domanda il cavaliere, animato evidentemente
da un barlume di umanità.
"Uccideteli tutti!" risponde
il prete. "Dio saprà riconoscere
i suoi".
I cavalieri del Rosario si distinsero nell'adempimento di questo atroce
compito .
Senza rendersi probabilmente conto che, sterminato l'intero popolo albigese,
l' Ordine stesso avrebbe cessato di esistere per l'esaurimento del più pressante
dei suoi scopi. Che senso avrebbe avuto infatti un Ordine "cavalleresco"
con il compito esclusivo di recitare ogni giorno il rosario?
Per questo poteva bastare una compagnia di frati. E così fu.
Conclusa la crociata contro i Catari, l'Ordine fu sciolto e miniaturizzato
in tante piccole confraternite, con il compito di diffondere il culto del
rosario.
Dopo aver represso le eresie dei
primi secoli la Chiesa si trovò alle prese con gli scismi fra i quali ricordiamo:
il primo e più rovinoso fu il così detto Scisma d'Oriente del 1054 che vide l'intiera chiesa greca staccarsi
da Roma ed autonominarsi ortodossa. Alla
greca seguirono altre chiese ortodosse
fra cui la russa e la melchita (in territorio arabo).
Tutte le ortodosse, che oggi contano in tutto il mondo 100milioni di seguaci,
sono indipendenti fra loro, rette da vescovi chiamati patriarchi, si identificano
con il territorio geopolitico a cui appartengono.
Lo Scisma di Occidente a cavallo
fra il XIV-XV secolo, successivamente
ricomposto, fu provocato dal trasferimento del papa ad Avignone : alla morte
di Gregorio XI furono nominati papi Urbano VI e Clemente VII a quali il concilio
di Pisa agli inizi del '400 aggiunse la nomina di Alessandro V.
Dopo scismi ed eresie la chiesa cattolica si trovò di fronte la Riforma Protestante nel XVI secolo, promossa
dal monaco tedesco Martin Lutero che trovò facile appiglio di ribellione contro
la chiesa di Roma nel lusso, l'abuso di potere, la vendita spregiudicata e a caro prezzo
di indulgenze da parte delle gerarchie eclesiastiche. Il Protestantesimo
si divise in tre grandi rami: Luterani, presenti prevalentemente in
Germania, Scandinavia e Stati Uniti, con circa, oggi, 150 milioni di fedeli; i Calvinisti, in Francia chiamati Ugonotti, presenti prevalentemente in Scozia, Paesi Bassi, Ungheria
e Svizzera, con 50 milioni di fedeli; gli Anglicani,
presenti prevalentemente in Inghilterra e paesi anglosassoni, con trenta milioni
di affiliati.
Il Metodismo, altra confessione
nata in Inghilterra nel XVIII secolo e presente oggi prevalentemente negli Stati Uniti, conta 40 milioni di fedeli.
In realtà il Cattolicesimo, che dopo il Paganesimo della romanità, i
misteri Orfici ed Eleusini importati dall'Oriente per
soddisfare il crescente bisogno di spiritualità, si trovo a dover combattere
anche lo Gnosticismo dei primi secoli,
ha potuto permettersi di demonizzare le altre religioni condannandole come eretiche, atee o pagane solo perchè riuscito vincitore nello scontro e, come si sa, la storia viene sempre scritta dal più forte o dal vincitore.
Verosimilmente la chiesa cattolica è
stata molto aiutata dall'intolleranza tipica delle religioni monoteiste e
dalla aggressività che ha avuto la sua più efferata manifestazione nella ferocia
dell'Inquisizione.
Altrimenti non si riesce a spiegare come,
partiti dal mondo pagano, continuando con gli Gnostici che contavano all'epoca
milioni di seguaci, si possa essere
giunti nei primi secoli dopo Cristo, alla quasi completa conversione del mondo
europeo: non è credibile la balla del proselitismo mentre
invece, molto più verosimilmente, viene da pensare all' eliminazione
fisica, applicata con metodo e scientificamente pianificata, dell'avversario.
Vale la pena ricordare che lo Gnosticismo, che ebbe come rappresentanti principali
Valentino, Saturnilo, Marcione e Basilide ognuno dei quali diede luogo a filoni
diversi dello stesso complesso di concetti filosofico- religiosi, uscito sconfitto
con la lotta titanica con il soglio
di Pietro, ebbe come discendenti ideali la Cabala e vari aspetti dell'occultismo medioevale ed anche per questo fu sempre ed aspramente combattuto dalla chiesa .
La rigida e bacchettona riedificazione spirituale attuata
da Pio V trasformò Roma in un tetro
monastero.
Il 25 febbraio 1570 scomunicò e
depose la regina Elisabetta d' Inghilterra e, pena di altrettanta scomunica, sciolse i suoi sudditi (praticamente
istigandoli alla sovversione e all'
anarchia) dal dovere dell'obbedienza al sovrano. Frutti raccolti : non solo
non ottenne lo scopo prefisso, ma di fatto contribuì all'inasprimento delle
pene e rappresaglie, nell'ambito della dura persecuzione
già in atto, nei confronti dei sudditi cattolici.
Riuscì in vero ad ottenere, dilapidando energie e ricchezze dello stato,
a coalizzare Spagna, ducato di Savoia, cavalieri di Malta, granducato di Toscana
e Venezia contro i Turchi, ottenendo la splendida vittoria di Lepanto nel
1571, che, anche se non riuscirà a
liberare Cipro, servirà sopratutto a minare l'ormai consolidato mito di invincibilità
dei Turchi per mare. Alla battaglia,
svoltasi il 7 ottobre 1571, presero parte 114 galee veneziane al comando di
Sebastiano Venier ed Agostino Barbarigo;
81 galee spagnole comandate da Giovanni Andrea Doria; 12 galee papali al comando di Marco Antonio Colonna;
3 galee sabaude, comandate da Andrea Provana;
3 galee dei Cavalieri di Malta; in complesso una forza di 20.000 uomini,
in maggioranza italiani, sotto il supremo
comando di Don Giovanni d'Austria.
Le forze turche, al comando di Alì Pascià, comprendevano 208 galee ed
una settantina di navi leggere da corsa. I rematori delle galle turche erano
tutti schiavi cristiani in catene.
Alla superba vittoria, al seguito
del Colonna, partecipò, sebbene sedicenne, il giovane Marco Antonio Squarti
da Orte che, divenuto Luogotenente della Milizia ed accompagnato
dell' Alfiere Ser Marzio Plani, coetaneo e parente acquisito, darà poi prova
di grande valore nelle battaglie dette del Patrimonio al servizio
di papa Pio V .Tali notizie su Marco Antonio Squarti si desumono dal Leoncini,
Vol.III, foglio 102 e dal Martinori nella Cronistoria delle famiglie Ortane, bibioteca
comunale di Narni .
Alle dipendenze di Pio V lavorò
il Vignola, celeberrimo architetto, autore della chiesa del Gesù in Roma. - nel
1566 al Duca d'Alba - Fernando Alvarez di Toledo, generale di Carlo
V e Filippo II, governatore delle Fiandre, ebbe l'alta onorificenza con la
altisonante ma non certo onorevole,
motivazione di rappresentare "il flagello degli eretici". Il ducato d' Alba, di lì a pochi anni, passerà
sotto l'egida sabauda di Vittorio Amedeo I .
Pio V (vedi sopra) nel 1570 a Don Giovanni d'Austria
- (1545 + 1578) figlio naturale di Carlo V. Vedi battaglia di
Lepanto - .
Gregorio VIII - Ugo Boncompagni (1572 + 1585)
eletto con estrema rapidità per il volere di Filippo II re di Spagna. Durante il suo pontificato si verificò la pestilenza
del 1575 che infierì particolarmente su Milano di cui era arcivescovo S.Carlo
Borromeo. (Altre pestilenze passate alla storia sono: al tempo di
Pericle quella del 429 A.C., descritta da Tucidide e da Lucrezio. Quella
del 1348 micidiale in Provenza e Toscana, descritta dal Boccaccio. Di Venezia nel
1510 con 20.000 morti in un anno. Milano nel 1575-76, di cui sopra. Ancora
a Milano nel 1630, descritta dal Manzoni. Quella di Napoli del 1656 nella
quale su 400.000 abitanti ne morirono 200.000, con punte, in estate anche
di 10-15.000 al giorno.).
La condotta di vita fu non solo
ineccepibile ma addirittura edificante anche se , nell'ordinamento dei cardinali,
non derogò alla regola di prediligere figli di casate principesche.
Nominò ad esempio Andrea d'Austria,
figlio dell'arciduca Ferdinando II, pur non presentando questi nè età canonica
nè altri requisiti di fondo per l'investitura in quanto estraneo allo stato
clericale.
Non pago, in seguito, lo nominò vescovo di Costanza, di Bressanone e governatore
dei Paesi Bassi.
Tutto sommato però la pratica di prediligere rampolli di grandi casate per le investiture alle alte gerarchie
della chiesa, fece in modo che nel regno, (perchè di monarchia assoluta, anche
se non dinastica, si trattava) rimanesse
inalterato nel tempo il carattere aristocratico dello Stato, con tutti i riflessi
di cultura, signorile eleganza e pienezza di principi morali che questi
personaggi seppero, nel mondo brutalmente incolto e volgarmente plebeo della
maggioranza dei credenti in cui furono immersi, innegabilmente irradiare.
Una sorta di sostituzione inoltre, rispetto alle altre case regnanti,
dei matrimoni contratti a fini di alleanza, con nomine alle alte prelature,
pratica dimostratasi vincente a fini diplomatici ed economici, per millenni.
D'altronde in un universo ove Cristo è re, come il suo rappresentante
in terra, sarebbe inconcepibile che i ministri di questo stato fossero di
oscure origini. Senza considerare che la nobiltà traeva origini e legittimazione da una razza dello
spirito, anteriore e superiore alla razza del sangue: l' una non poteva esistere in assenza della
premessa dell'altra, e viceversa, in
una sorta di teoria metafisica delle caste. Chi meglio, agli occhi del popolo,
nella sua sacralità immanente di origine,
era titolato in terra a rappresentare il tramite con il mondo celeste, se non il nobile di sangue? Peraltro la chiesa
che da decenni ha messo in moto un processo di volgarizzazione degli apparati,
di umiliazione dei riti nella forma e nella sostanza, di democratizzazione
dei rapporti con il volgo dei fedeli, che cosa ha ottenuto se non lo scadere
del sentimento di fede, se non un' infame secolarizzazione delle coscienze
con l'inevitabile risvolto del tentennamento nella professione della dottrina
ed una tremenda crisi nelle vocazioni? La supremazia della chiesa cattolica
nell'onnipotenza di Dio e nell'eternità dei principi enunciati ha ricevuto
il colpo di grazia nell'abbandono della lingua latina, idioma dei Padri della
Chiesa, tramite per millenni di estasiate
preghiere, mezzo che ingiungeva, nel ricordo di Roma, un predicato comune
per tutti i sudditi di Cristo decretandone in qualunque parte del mondo, l'
inoppugnabile universalità del verbo.
Daltronde il prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede Cardinale
Ratzinger ha affermato che “La crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende
in gran parte dalla riforma liturgica che ha prodotto danni estremamente gravi
per la fede“.
Il mondo cattolico mostra una certa insofferenza per certe liturgie troppo creative, involgarite
ed umanizzate, spogliate del mistero
e del silenzio.
Nel 1984 Giovanni Paolo II, non sordo ai molti che rinpiangono la messa
così detta tridentina o di San Pio V ed il canto gregoriano, ha concesso l’indulto per la messa antica ai fedeli che
ne fanno richiesta all’ordinario del luogo. Il Santo Padre ha stabilito
che sia “ovunque rispettato l’animo
di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante
un ampia e generosa applicazione del messale del 1962“ e chiesto che alla
sua volontà “si associno quelle dei vescovi
e di tutti coloro che svolgono nella Chiesa il ministero pastorale“
(Motu Proprio Ecclesiae Dei, del 1988) .
C’è da dire che molti vescovi non si sono uniformati a queste disposizioni
e molti sacerdoti si sono rifiutati. Arrivare a disattendere, diciamo pure
a disobbedire il Capo della Chiesa, papa Giovanni Paolo II, è qualcosa che
assomiglia all’ammutinamento. Perchè il voto di obbedienza sarà anche considerato
dai preti modernisti una ciarlatanata antidemocratica, ma a quanto ne sappia,
non è stato nè revocato nè mitigato. E’ davvero generoso l’impegno delle gerarchie
nell’aprirsi alle altre fedi, nel concedere chiese agli ortodossi, tutt’ora
scismatici, nel favorire la costruzione di moschee, nel tollerare
la “creatività“, oggi così di moda, nel rito della
messa, chiudendo un occhio, anzi due, sulle variazioni per renderlo, quel
rito, più glamour. Non si capisce davvero perchè tanta larghezza di vedute
si esaurisca di fronte ai fedeli poco amanti del frastuono e del cancan liturgico,
ai fedeli che sommessamente chiedono di partecipare ad una messa che non sia
spettacolo, ma mistero divino, rinnovamento del sacrificio della Croce.
Ricordo che il messale tridentino, precedentemente redatto da San Gregorio,
è rimasto in uso per un millennio e mezzo. Confortano
in tal senso le parole pronunciate da Paolo VI allorchè manifestò l’impressione
che il “fumo di Satana“ fosse entrato nel tempio di Dio: “Basta con la disobbedienza
qualificata come libertà“. La Chiesa è cambiata, ed il cambiamento è registrato
dallo smarrimento dei fedeli, perchè tentata da un “Illuminismo vagamente
moralistico“ e da un “Cristianesimo sociologico senza Dogmi definiti e senza
morale oggettiva“ come lamentò, inascoltato peraltro Papa Woijtyla .
Il fedele che oggi diserta le chiese ed affolla i santuari è perché aborre
il prete in jeans, che fa sociologia dal pulpito, che intraprende durante
la santa messa dialoghi dall'altare con i fedeli, che si sbraccia soltanto
per zingari e drogati. Al cristiano, che oggi demotivato non partirebbe certo
più per una crociata, nausea la sostituzione della messa tridentina, l' abbandono
dei canti gregoriani, l'oblio coatto del profumo d' incenso e dello sfavillio
degli stucchi, soprattutto se in cambio gli vengono offerti dei giovani sciatti
e dementi che strimpellano durante i santi offici, per intrattenimento una
chitarra. La coesione del mondo cattolico è
affidata alla tradizione, agli
usi e costumi, alle convinzioni, ai principi etici, all'
infiltrazione del mondo civile che l' hanno sostanziata e permeata attraverso i secoli.
La religione cattolica così come sopravvissuta e tramandata per secoli, abita in interiore nomine, la portiamo
scritta dentro di noi : è nel linguaggio, è nel comune sentire di popolo che
ha vissuto eventi, travaglio di pensieri e dominazioni, è nel temperamento,
pur nelle sue varie sfumature; è nel paesaggio e nei centri storici, nei luoghi
d'arte e di cultura, è nella memoria, è nella moda, nella gastronomia.
La tradizione ed il comune sentire impongono che il Papa, nell'interpretazione
del verbo della chiesa, debba rimanere infallibile, non debba invece, perchè
re, chiedere il perdono ad alcuno (ogni cattolico ricorda i molti cristiani
resi schiavi, spellati, arsi vivi, impalati, solo perchè tali, dai musulmani;
le persecuzioni in grande stile da parte dei luterani .
Non dimentica gli orfani irlandesi, quindi cattolici, dei soldati caduti
nella guerra di Crimea, rinchiusi a forza dagli Inglesi nei collegi anglicani.
Non scorda gli Zar che costringevano a divenire ortodossi i figli dei Polacchi
ecc.). Le sue gerarchie devono essere
rappresentate da chi, iure sanguinis, può averne titolo e diritto. Perchè
separare la Nobiltà dalla Chiesa quando, traendo ognuna forza e legittimità
dall'altra dai tempi di Costantino il Grande e Teodosio, per almeno un millennio
hanno saggiamente amministrato il mondo cristiano in una simbiosi tale che
non si poteva parlare legittimamente di un titolo nobiliare senza essere cristiano
o, viceversa, amministrare la
chiesa di Dio in assenza principi
e nobili cattolici?
La Nobiltà, avendo le proprie radici nell'Europa cristiana, non avrebbe
potuto sopravvivere lontana dalle Chiese, dalla Corte e dalle terre ereditate
dagli antenati. Così la Francia rivoluzionaria dovette rompere, contemporaneamente
ed in modo radicale, con la Chiesa, con i castelli e con Versailles .
La chiesa che perde la nobiltà indebolisce se stessa e mina il suo prestigio:
persino Napoleone, prima di poter creare una nuova nobiltà riconosciuta in
Europa, ebbe bisogno di farsi consacrare
imperatore dal papa; l'impero, il re
di Francia, di Spagna, di Inghilterra, sino al più piccolo ducato italiano,
da sempre hanno condizionato l'elezione del papa e
ne hanno determinato le scelte di politica interna ed estera.
La forma e gli apparati del rito
sacrale, debbbono rimanere immutati perchè, al di là di sciocche frasi fatte,
in sua carenza, è proprio il contenuto a risentirne,
risultandone svuotato.
Per tornare a Papa Boncompagni è suo merito aver fortemente voluto in
Roma i collegi come il Germanicum,
l'Inglese, Greco, Maronita e Greco tutti affidati ai Gesuiti.
Roma divenne il centro delle scienze teologiche e della formazione sacerdotale
per tutta la chiesa.
Al nome di Gregorio VIII è legata anche la riforma del calendario.
Nel 1572 salutò il bagno di sangue della notte di san Bartolomeo con un
rito di ringraziamento, una medaglia commemorativa e trasmissione delle proprie
congratulazioni alla famiglia reale di Francia oltre che, come detto in precedenza,
con la concessione della Rosa d'Oro a Carlo IX per i meriti altamente crististiani (!) di aver dato personalmente
il segnale dell'inizio dell'eccidio. Molti affermano che il Papa fosse all'oscuro
delle trame di Caterina dei Medici
e del tragico massacro che si era compiuto ai danni degli Ugonotti.
Daltronde non meraviglierebbe più
di tanto se il Santo Padre fosse stato, come invero più probabile, a conoscenza
della strage, visto che nel corso della storia dei Sovrani Pontefici, innumerevoli sono
i casi di estrema ferocia dimostrata dai Papi nelle lotte di potere, ma non
solo, persino nei confronti di altri papi. Pochi esempi per un idea però
più che eloquente:
Stefano III (768 + 772) fece accecare
ed orrendamente mutilare il predecessore Costantino II, già relegato nel monastero
di San Saba, che aveva avuto l'unica
colpa di essere stato insediato dal fratello Totone duca di Nepi.
Giovanni VIII nell' 882 fu dapprima avvelenato, e poi, siccome la morte
tardava, la dipartita fu accellerata massacrandolo
a martellate.
Giovanni XVI, invero antipapa,
ma non certo peggiore o più empio degli altri esponenti saliti al soglio in
quell'epoca, fu, con la apostolica benedizione di Gregorio V, prima torturato,
sottoposto ad atroci sevizie, orrendamente
mutilato per essere poi, visto che, sfortunatamente per lui, era sopravvissuto,
gettato in catene agli arresti a vita.
Lucio II (1144 + 1145) morì colpito da una sassaiola durante i tafferugli
attorno al Campidoglio.
Stefano VI (+ 897) inscenò il famigerato "concilio cadaverico":
fece estrarre dalla bara il cadavere
di papa Formoso (+ 896) suo predecessore, lo collocò sul trono pontificio,
lo sottopose a regolare processo. Strappatigli di dosso personalmente i paramenti
pontificali lo bollò come papa illegittimo ed indegno. Mutilatolo della mano
destra, i poveri resti in putrefazione avanzata (Formoso era stato sepolto
il 4 aprile del 896, questa buffonata blesfema ed empia si svolgeva nella
terza settimana di maggio dello stesso anno) furono trascinati per quello che rimaneva dei piedi all'esterno
della sala conciliare fra le urla degli astanti, e gettati nel Tevere. Le
plebi, più pie e morali di chi avrebbe invece dovuto rappresentare il sommo
esempio, indignate ed inorridite per il concilio
cadaverico, sommariamente gettarono Stefano in carcere per poi strozzarlo
.
Anche Pasquale II (Raniero di Bieda, 1099 + 1118) benchè passato alla
storia come pontefice pio e scrupoloso,
non mostrò minore ferocia allorquando morì il suo antipapa Clemente : Pasquale
ne fece riesumare, profanare e poi gettare nel Tevere il cadavere.
Altrettanto dicasi di Callisto II (Guido di Borgogna, 1119 + 1124) nei
confronti dell'antipapa Gregorio VIII : catturato, venne spogliato dei suoi
abiti pontificali, rivestito di ruvide pelli di caprone e condotto in catene per le vie di Roma come un
animale feroce, fra le beffe del popolo cane. Gregorio terminò i suoi giorni
ai ferri perchè condannato al carcere a vita.
Bonifacio VIII mise ai ferri sinchè la morte non sopraggiunse, e purtroppo
ci vollero ben due anni, il predecessore Celestino V non tanto perchè colpevole di aver abdicato quanto perchè
pericoloso concorrente in caso di postumi ripensamenti - nel 1572 a Carlo IX di
Francia
- (1550
+ 1574) figlio di Caterina de Medici e di Enrico II, ordinò e diresse in prima
persona la strage degli Ugonotti . Gli Ugonotti altro non
erano che calvinisti così soprannominati in Francia forse da derivazione del
tedesco Eidgenossen (federati) o forse
dalla torre di re Ugo, di Tours, ove gli Ugonotti tenevano le loro
riunioni. -
Gregorio VIII (vedi sopra) nel
1573 a Sebastiano re del Portogallo -.
passato alla storia per aver tentato una crociata
contro Mulai- Abd- el- Melek, imperatore del Marocco. Morì nella battaglia
di Alcazar Kebir nel 1578 -.
Gregorio VIII (vedi sopra) nel 1575 ad Ernesto di Baviera - principe Elettore di
Sassonia. Suo successore fu
Ernesto I, il Pio, fondatore della casa di Sassonia- Gotha. -
Gregorio VIII (vedi sopra) nel 1575 a Federico
Guglielmo di Cleves .
Gregorio VIII nel 1579 a Rodolfo
II - (1552 + 1612) imperatore di Germania figlio
di Massimiliano II. Fu privato dal fratello Mattia dell'Austria, dell'Ungheria,
della Boemia e finalmente anche dell'impero
- .
Gregorio VIII nel 1579 Stefano di Polonia - (1532 + 1586) Stefano Batory,
re di Polonia.
Sisto V - (1585 + 1590) Felice Peretti,
di origine contadina e destinato al mestiere di porcaro, potè dedicarsi agli studi ed avvicinarsi all'ambiente
eclesiastico grazie ai buoni uffici dello zio monaco francescano. Fattosi
egli stesso monaco francescano, grazie a grandi doti di carattere ed intelligenza,
rapidamente si inerpicò nelle gerarchie
ecclesiali.
Salito al soglio di Pietro in pochi anni, con fermezza dispotica liberò Roma e lo stato della chiesa
dal flagello del brigantaggio: "solo nel primo anno di pontificato, sarebbero
rotolate più teste per le vie di Roma che angurie al mercato ortofrutticolo"
.
Passato alla storia oltre che per il riordino della Curia, il risanamento delle finanze papali, la costruzione dell' Acqua Felice, la
bonifica di molte zone malariche intorno
a Roma e la mania edilizia, anche per le tante sciocchezze partorite nella
revisione della Vulgata, traduzione latina della Bibbia dal testo greco.
Convinto infatti della eccessiva lentezza
della commissione da egli stesso istituita per tale revisione, volle personalmente
gestire l'elaborazione dei testi curati per la prima volta da San
Girolamo, nella presunzione di infallibilità
derivante dall'assistenza dello Spirito Santo, certa, per qualunque
pontefice.
Alla sua morte i cardinali si affrettarono a vietare la vendita di tanto
concentrato di corbellerie - nel 1585 a
Carlo Emanuele di Savoia - il Grande,
figlio di Emanuele Filiberto, duca di Savoia. Continuando l'opera ricostruttrice
del padre ottenne da Enrico IV di Francia la cessione di Saluzzo e
strinse con lui un alleanza intesa a cacciare gli spagnoli dall'Italia.
Morto Enrico IV e mutata la politica francese,si trovò osteggiato da
Francia e Spagna: in tale occasione rivolse uno storico appello ai principi
italiani invitandoli a scuotersi dalla predominanza straniera. Duca guerriero
fu il primo ad introdurre nel suo stato un esercito permanente; ciò gli consentì
di traversare senza danni gravi crisi
come quella della successione in Monferrato, quella contro gli agguerriti eserciti di Francia e dell'Impero.
Anche nelle opere di pace deve ricordarsi come uno dei più insigni e capaci
principi italiani.- .
Sisto V (vedi sopra) nel 1585 a Protasio in Giappone.
Sisto V (vedi sopra ) nel 1586 a Vincenzo Gonzaga di Mantova -
Vincenzo I (1562 + 1627), chiese ed ottenne da Alfonso d'Este la liberazione
di Torquato Tasso, che era rinchiuso nel monastero di S. Anna, dopo che era
già stato rinchiuso più volte in altri monasteri per gravi turbe psichiche,
e lo volle seco a Mantova. Fu pure buon
soldato. Alla sua morte l'eredità del
ducato fu contesa fra Carlo Gonzaga Nevers, sostenuto dai Francesi, e Ferrante
Gonzaga, principe di Guastalla, sostenuto dagli Spagnoli e dall'impero
- .
Sisto V (vedi sopra) nel 1589 a Ferdinando I di Toscana -
( 1549 + 1609) de Medici granduca
di Toscana, cercò di conservarsi indipendente dal dominio spagnolo.
Sisto V (vedi sopra) nel 1590 a Sigismondo III di Polonia - (1566 + 1632) Sigismondo III
Wasa, re di Svezia e di Polonia. Per il
suo favore verso i cattolici si alienò gli Svedesi, che elessero re suo zio
Carlo IX . Combattè contro i Turchi e contro
Gustavo Adolfo di Svezia . -.
Sisto V (vedi sopra) nel 1586 ad Alessandro Farnese - (1545
+ 1592) uno dei più insigni capitani del XVI° secolo, al servizio di Filippo
II di Spagna. Ricondusse alla dominazione
spagnola le provincie valloni delle Fiandre ribelli, organizzò una grande spedizione terrestre a sostegno di quella
navale (invincibile Armada) contro Elisabetta
d'Inghilterra, liberò parigi dall'assedio di Enrico IV prima che
questi si convertisse. - .
Gregorio XIV - Niccolò Sfrondati (1590 + 1591)
eletto per le pressioni spagnole e per i buoni uffici del cardinale Borromeo
e Filippo Neri. Governò per pochi mesi, dal dicembre del ' 90 all'ottobre
del ' 91. Daltronde dall ' agosto del 1990
al gennaio del 1992 il soglio di Pietro
vide sfilare ben cinque pontefici: Felice Peretti (Sisto V ), Giovan Battista
Castagna (Urbano VII), Niccolò Sfrondati
(Gregorio XIV), Giovanni Antonio Facchinetti (Innocenzo IX) ed Ippolito Aldobrandini (Clemente VIII). -
nel 1591 a Filippo Infante di Spagna - detto
Il Pio, futuro Filippo III, figlio di Filippo II d'Asburgo. Riuscì ad espellere
i mori dalla Spagna, fu padre di Anna
d'Austria, futura madre di Luigi XIV.
Clemente VIII - Ippolito Aldobrandini (1592 +
1605), dalla vita sacerdotale esemplare, ma eccessivamente timido per un sovrano.
Benchè anch'egli eletto per la pressioni spagnole, riconobbe re Enrico IV
di Francia. Alla morte di Alfonso II d' Este, incorporò il ducato nello stato della chiesa. Mandò al rogo in Campo dei Fiori Giordano
Bruno come eretico impenitente perchè
si ostinava a non riconoscere il mistero della Santissima Trinità.
Nello stesso anno 1600, benchè l'Inquisizione lavorasse a pieno regime,
si ebbe un Anno Santo con un milione di pellegrini in
Roma.
Il gesuita Bellarmino segnalò la scarsa confidenza del pontefice con la
Teologia.
Creò cardinali due nipoti, Cinzio Passeri (il fastoso palazzo di famiglia
è situato in Montegiorgio - A.P.-) e Pietro Aldobrandini, che, influentissimi
nella politica papale, funzionarono
da bocca ed orecchio del Sovrano -. nel 1596 a Ferdinando Principe
di Transilvania - (1578 + 1637) nipote di Ferdinando I, intransigente oppositore del protestantesimo
che perseguitò - .
Clemente VIII (vedi sopra) nel 1599 ad Alberto Arciduca d'Austria .
Paolo V - Camillo
Borghese (1605 + 1621), scelse in nome di
Paolo in onore e memoria di Paolo III che aveva oltremisura favorito
il padre. Succeduto ad Alessandro Ottaviano de
Medici (Leone XI) che, colpito da broncopolmonite durante la fastosa
cerimonia di incoronazione, aveva potuto regnare per soli ventisette giorni.
Coscienzioso e fondamentalmente neutrale nella politica estera, eccessivamente fastoso
nello stile di vita, lanciò la scomunica e l'interdetto, che sarà l'ultimo
della storia della chiesa, su Venezia,
che avrebbe voluto instaurare un regime
svincolato dall'influenza temporale papale.
Per la minaccia di passaggio al protestantesimo di Venezia, il santo padre
fu costretto ad una ignominiosa ritrattazione delle posizioni assunte con la revoca della scomunica e dell'interdetto, senza
che la controparte avesse minimamente
rinunciato al proprio punto di vista. Canonizzato Carlo Borromeo, nominò
cardinale Scipione Borghese, figlio di una sorella. Alle sue dipendenze
lavorarono il Bernini e Guido Reni. - nel 1615 a
Luigi XIII Re di Francia -
di Borbone, detto Il Giusto, successe al padre
Enrico IV, dal 1610 al 1615 sotto la reggenza della madre Maria de
Medici. Sposò nel 1611 Anna d'Austria sorella di Filippo III di Spagna.
Affidò con successo la sua politica al cardinale Richelieu, uomo dalla
non comune lungimiranza ed intelligenza politica. Questo, non è il primo e
non rappresenta l' ultimo esempio di politica, in particolare estera, demandata
ad eminenti personaggi di chiesa: confronta, ad esempio, il cardinale Mazzarino,
il cardinale Alberoni, il cardinale Azzolino
di Fermo, ecc.
Venne personalmente in Italia per contendere, con scarso successo, al
duca Carlo Emanuele I di Savoia il Monferrato. Sotto il suo regno la Francia
instaurò la sua secolare politica di predominio, mascherata da politica di
equilibrio internazionale.- .
Urbano VIII - (1623 + 1644) Maffeo Barberini,
succeduto a Alessandro Ludovisi (Gregorio
XV) . Sopravvissuto alla malaria che lo aveva colpito durante il conclave,
vide morire invece, l'uno dopo l'altro, otto cardinali che nella stessa occasione
avevano contratto analogo morbo.
Non manifestò alcun pudore, ancora vivente,
a farsi erigere una colonna commemorativa in Campidoglio. Il suo
pontificato fu segnato, come peraltro quello del suo predecessore, da uno
sfrontato nepotismo: il fratello Carlo
Barberini, occupato tutta la vita ad
accumular ricchezze, fu nominato capitano generale della chiesa.
Altro fratello, Antonio ed i nipoti Francesco ed Antonio giuniore, creati
prima cardinali poi investiti di innumerevoli prebende. Per l'erede maschio di casa Barberini
acquistò, con danaro naturalmente proveniente dalle casse dello stato, il principato di Palestrina.
Provò, con analoghe intenzioni, a mettere le mani sul ducato di Castro, ma Odoardo Farnese
di Parma, titolare del ducato, gli fece amaramente rimpiangere il bellicoso
tentativo. Sotto il suo pontificato si verificò l'indegno processo a Galileo
Galilei, che ormai anziano scienziato,
sotto tortura fu costretto a ritrattare le sue
pur giuste dottrine, e condannato
al carcere a vita. Questo papa, più avido che colto, commissionò il poderoso
Ciborio sopra l'altare della Confessione in San Pietro. Per la realizzazione non mostrò nessuna remora nello
spogliare di tutto il bronzo le volte del Pantheon: da qui la famosa frase
"Quod non fecerunt barbari
fecerunt Barberini" .
Come Urbano VIII morì di malaria, per curiosità storica, varrà la pena
ricordare che Giovanni XII (955-963) affetto da linfogranuloma venereo, morì d’nfarto durante un orgia; che
Benedetto XII (1334-1342) era un incallito etilista; che Urbano VI
(1378-1389) era alienato mentale; che Alessandro IV (1492-1503) era epilettico; che Pio III
(1503) morì di setticemia a seguito di sepsi contratta durante un intervento
chirurgico; che Giulio II (1503-1513) si curava l' artrosi con un unguento
a base di latte e vermi; che Giulio III (1513- 1555) morì a seguito di una
dieta eccessiva a cui era stato sottoposto ; che Paolo IV
(1555- 1559) combatteva i catarri bronchiali con dieta a base di formaggi
- preferibilmente parmigiano e gorgonzola - ; che Pio IV
(1559-1565) si dedicava ad attività
fisica quotidianamente - fu sorpreso più
volte a correre per Roma -; che Clemente VIII (1592-1605), a seguito
di ictus cerebrale, si fasciava il capo con viscere di agnello castrato; che
Alessandro VII (1655-1667) soffrendo
di calcolosi vescicale e di frequenti coliche, non potè mai inginocchiarsi per pregare; che Innocenzo XII (1691-1700) fu
curato con fomenti di sangue di bue per una frattura di femore e che Clemente
XIV (1769-1774) morì certamente avvelenato o dalle pomate mercuriali
che usava per curarsi la scrofola o forse, come più storici sono portati a
credere, dai Gesuiti . – nel
1645 a Ladislao Re di Polonia - Ladislao
IV Vasa (1595 + 1648), re di polonia e per breve tempo Zar di Russia - .
Innocenzo X - Giovanni Battista Pamphili, (
1644 + 1655) di aspetto fisico così ripugnante,
che per alcuni cardinali riuniti in concilio per l'elezione
del nuovo pontefice, rappresentò una
qualità derimente.
Saggio e riservato, ma anche diffidente e volubile, non si sottrasse
alla ormai consolidata pratica nepotistica,
anche se con minore sfacciata protervia del predecessore, nominando cardinale
l'inetto Camillo.
Tutta la vita fu plagiato dalla
forte personalità della nuora, donna Olimpia Maidalchini, dispotica arrampicatrice
sociale, che, pur arricchitasi in maniera nauseante sfruttando l'augusta parentela,
non seppe reperire il danaro sufficiente per la bara del pontefice. Per
curiosità storica, fra le molte donne che ricoprirono un ruolo di rilievo
nella storia della sovranità pontificia non è possibile tralasciare il nome
di Marozia, singolarissimo personaggio di cortigiana sanguinaria e di
scaltra arrampicatrice: Sergio III (+ 911) salì al soglio con la forza delle armi, gettò in carcere ed ivi fece
morire di stenti il prete Cristoforo che si era autonominato papa dopo aver
a sua volta analogamente agito nei confronti di Leone V ( deposto nel 903)
.
Sergio liquidò senza mezzi termini anche Leone V che ancora languiva in
carcere. Clamorosa la sua dipendenza dal console romano Teofilatto,
dalla di lui moglie Teodora, e dalle loro figlie Marozie
e Teodora junior.
Di Marozia, Sergio divenne amante avendone
un figlio che diverrà papa col nome di Giovanni XI (+ 935).
Teodora Junior divenne l'amante di papa Giovanni X (+ 928) mentre Marozia,
abbandonato il letto di Sergio III, sposò in prime nozze il marchese Guido
di Toscana ed in seconde Ugo di Provenza.
L'attività diplomatica per l'ascesa al potere della spregiudicata nobildonna,
proseguì inesorabile: fatto uccidere
in un primo tempo Pietro, influente fratello
di Giovanni X, in un secondo momento si occupò direttamente
del pontefice, che sappiamo amante della sorella e quindi cognato per
"vias pudendas", facendolo imprigionare e quidi strangolare.
Marozia divenne così la più potente
senatrice di Roma e arbitra incontrastata
del soglio pontificio tanto da imporre, dopo l'assassinio di Giovanni X, l'elezione
di Leone VI (nel 928) e, alla
dipartita di questo, di Stefano VII.
Liutprando,
vescovo di Cremona, storiografo dell'epoca
e pettegolo sempre a caccia di particolari piccanti, da per certa
la sottomissione totale di questi due pontefici a Marozia collegandola
alle straordinarie doti amatorie di questa diabolica donzella.
Tutti questi fatti dovrebbero comunque essere più che veritieri visto
che, oltre nelle molte altre fonti, vengono riportati anche nell'autorevole
ed attendevolissimo "Liber Pontificalis". Anche l'elezione del papa seguente, Giovanni
XI, figlio di Marozia e di Sergio III, fu
di fatto imposta dalla madre.
Da sapere che la dissoluta Marozia aveva avuto un altro figlio legittimo, a cui forse neanche la pia donna
sapeva dare una paternità certa, di nome Alberico.
Questo baldo giovinotto, dopo aver
imprigionato la madre Marozia insieme al fratello Giovanni XI, subentrò nelle nefandezze materne
iniziando ad imporre papi di suo gradimento. Per cui dopo aver insediato Leone VII, Stefano VIII, Marino II ed Agapito II
finalmente potè imporre suo figlio Ottaviano che ascese al soglio di
Pietro col nome di Giovanni XII. Questo
nuovo pontefice figlio di tanto padre e nipote della santissima Marozia, naturalmente
non tralignò e, benchè salito al trono sedicenne, iniziò tosto ad
organizzare un orgia dietro
l'altra nella Santa Sede: secondo Liutprando morì d'infarto durante una scorribanda amorosa notturna.
Di fatto Marozia occupa un posto preminente e non prescindibile nella storia della chiesa visto
che amante di un papa, madre di un secondo, nonna di un altro, influenzò a mezzo della sorella il
pontificato di un altro ancora per poi imporre l'elezione di ben altri due. D'altronde il figlio Ottaviano ne
aveva imposti ben altri cinque ed il nipote Crescenzio, figlio della
sorella Teodora, dopo aver detronizzato Benedetto VI lo incarcerò a Castel
Sant' Angelo per favorire l'ascesa del futuro pontefice Bonifacio VII. Per curiosità Bonifacio VII,
appena intronizzato, eliminò immediatamente
Benedetto VI facendolo strangolare.
Poi, dopo essere fuggito con il tesoro
di San Pietro, riparò a Costantinopoli
per sottrarsi alle ire dell'imperatore Ottone II.
Morto l'imperatore, che nel frattempo
aveva favorito l'ascesa di Giovanni XIV, tornato a Roma, depose e fece assassinare
Giovanni, continuando ad imperversare sino a quando fu, a sua volta,
ucciso e trascinato per le vie di Roma sino alla statua di Marco Aurelio.
Innocenzo X Intentò un processo
ai Barberini con l'accusa di aver scialacquato i beni della chiesa contestualmente
facendo restaurare per la sua famiglia, con pubblico danaro, e
non dall'ultimo muratore, ma dall'architetto Rainaldi, il palazzo avito in piazza
Navona.
Alle sue dipendenze si annoverano
il Bernini ed il Borromini - nel
1650 a Giovanni Casimiro I di Polonia - da questo
re iniziò la fase discendente dell'enorme potere di influenza e del dominio territoriale (che allora comprendeva anche il ducato di Prussia ed Ucraina), della Polonia,
causata dall'instabilità del potere
monarchico, essendo quella monarchia elettiva.-
.
Clemente X - Emilio Altieri (1670 + 1676) che naturalmente non derogò alla deprecabile
regola nepotistica arricchendo a dismisura il nipote Paluzzo. Sovvenzionò
il re di Polonia Giovanni Sobieski
che, allestito un esercito, sbaragliò i Turchi sul fiume Dnestr. Successe a
Giulio Rospigliosi (Clemente
IX) sotto il cui pontificato si erano visti
crescere a dismisura il potere e l'espansione territoriale turca con la caduta di Creta e la presa di Candia, fino a quel momento ancora in mano veneziana (1669 ).
Precedette Benedetto Odescalchi
(Innocenzo XI) che sovvenzionò, di nuovo, il Sobieski con un milione emezzo
di fiorini permettendogli così di correre in aiuto dell'
imperatore Leopoldo I e sbaragliare i Turchi, affrancando Vienna dalla
morsa di un assedio dal quale difficilmente si sarebbe liberata (683).
La portata storica di questo evento è paragonabile solo alla vittoria
di Carlo Martello a Poitiers del 732.
A papa Clemente X è dovuta la prima promulgazione di specifiche norme inerenti la Nobiltà ed
in tempi tutto sommato non troppo distanti da noi.
Tali norme, emanate il 15.3.1671,
permettevano ai nobili di esercitare il commercio senza preguidizi
per la nobiltà.
Seguirà il 18.2.1679 il chirografo di Innocenzo XI che vietava predicati
territoriali sopra luoghi non abitati.
Il 28.11.1727 il senato di Bologna approva il Catalogo Ufficiale delle
famiglie nobili della città.
Il 4.1.1746 nella Costituzione pontificia
Urbem Romam Benedetto XIV stabilisce ordini propri per la Nobiltà civica,
elenca le 60 famiglie coscritte e le 180 patrizie.
Il 12.1.1746 con chirografo reintegra
le famiglie omesse in precedenza.
Il 31.7.1777 si ha la pubblicazione da parte del Prolegato Apostolico
dell'elenco famiglie patrizie di Bologna.
Il 6.7.1816 Pio VII con un motu proprio richiede relazioni ed elenchi
relativi alla Nobiltà nello stato della
chiesa ai Cardinali Legati e Prelati Delegati.
Il 26.9.1820 sempre PioVII con un breve riapre il Libro d'Oro della nobiltà
di Bologna, abolito insieme ai titoli e alle insegne nobiliari dalla Repubblica Cisalpina.
Il 14.5.1823 la circolare riservata N. 14055 inviata ai Cardinali Legati e facente seguito al motu proprio 6.7.1816.
Il 21.12.1827 Leone XII con motu
proprio ordina che tutte le città dello stato che avessero goduto di nobiltà
generosa la conservassero.
Il 2.5.1853 Pio IX con chirografo sancisce nuove disposizioni per gli
aggiornamenti dell'Albo d'Oro dei nobili romani e per la concessione della nobiltà personale.
In seguito al motu proprio di Pio VII
del 6.7.1816 e alla circolare riservata
N. 14055 del 14.5.1823 furono compilati degli elenchi ufficiali relativi alla Nobiltà nello Stato
della Chiesa: in questi elenchi figura la famiglia Squarti Perla, accostata
al titolo comitale.
Altri elenchi relativi alla Nobiltà, ma ben precedenti a quelli dello
stato della Chiesa, erano stati compilati come risposta ai quesiti rivolti nel 1776 alle singole comunità
comprese nei limiti del Gran Priorato nell'intento di distinguere le famiglie di antica Nobiltà Generosa dal Sovrano
Militare Ordine di Malta.
Anche in tali elenchi, tutt'oggi conservati negli archivi dell' Ordine
in Roma, la famiglia Squarti Perla risulta citata ed insignita del
titolo comitale. - nel 1671
a Michele I di Polonia - Wisniovieski, re dal 1669 al 1673.
Alessandro VIII - Pietro Ottoboni, (1689 + 1691) di carattere gioviale ed estremamente
cordiale, caratterizzò il pontificato, sebbene asceso al trono di Pietro quasi ottantenne, con un attività
particolarmente laboriosa. Purtroppo anch'egli si macchiò di nepotismo sfrontato-
. nel 1690 a Francesco Morosini
- membro della nobile ed antichissima famiglia
omonima che trae le sue origini agli albori del XII secolo in Venezia.
Oggidì fioriscono ancora diversi
rami cui spetta, per tutti, il titolo
di Patrizi Veneti, per due di questi, di Conti e Patrizi Veneti. La famiglia
diede molti personaggi passati alla storia fra cui quattro Dogi: Domenico,
36° Doge (1148-1156); Marino, 43° Doge, (1243-
1252 ); Michele, 60° Doge, (1/6 - 16/10 1282);
Francesco, 107° Doge (1688-1694), fu uno dei più grandi
capitani dei suoi tempi che si illustrò per la memorabile difesa di
Candia contro i Turchi, le conquiste di Atene
e del Peloponneso, onde ebbe il nome di Peloponnesiaco - .
Innocenzo XI - questo papa ebbe il suo da fare nel cercare di
contrastare e di limitare lo strapotere che via via andava acquisendo il clero
ed il re francese. Con un breve del 1682
Clemente XI - Giovanni Francesco Albani (1700
+ 1721), succeduto ad Antonio Pignatelli,
(Innocenzo XII, papa il quale aveva emesso delle normative che, almeno teoricamente,
avrebbero dovuto stroncare il flagello del nepotismo), fu ordinato
sacerdote appena prima dell'elezione e, subito dopo la
stessa, elevato a dignità episcopale. Il successivo Clemente, al secolo
Lorenzo Corsini, fu ospitato ad Isola
Maggiore Sul Lago Trasimeno dalla famiglia
Benini, poi imparentatasi con gli Squarti Perla. I Benini, proprietari terrieri e professionisti
in Perugia e già esattori, per incarico pontificio, di gabelle in più
stazioni doganali situate nelle loro proprietà, furono ricompensati
dal papa per questa ospitalità con il privilegio di poter gestire sul lago
Trasimeno la pesca del "gorro". Tale privilegio, dato in concessione
per due secoli, fu abolito in periodo fascista. Questa curiosità è riportata
sulla relazione storica, redatta dal Ministero dei Beni Culturali, allegata
al decreto di vincolo del palazzo della famiglia Benini.
Con particolare riferimento alla stanza che ospitò papa Corsini, da quell'anno a tutt'oggi (2001), risulta, per deferente ricordo, essere stata lasciata in tutto e per tutto intatta, come cristallizzata nel tempo nei mobili e nelle suppellettili, tanto da offrire un magnifico quadro della vita del '700. - nel 1716 al Principe Eugenio di Savoia- Francesco Eugenio di Savoia Carignano (1663 + 1736) figlio del conte Soissons e di Olimpia Mancini, nipote del cardinale Mazzarino, comandò le armate imperiali contro la Francia e contro i Turchi. Fra le più brillanti vittorie ricordiamo la battaglia di Torino, che si rivelerà decisiva per le sorti d' Italia (1706), in collabirazione con Vittorio Amedeo II di Savoia contro i Francesi che assediavano la città e la battaglia di Zenta (1697) che interruppe per sempre la marcia, apparentemente inesorabile, dei Turchi verso il centro d'Europa. Famoso il monumento eretto a Vienna.
La recente polemica circa la supremazia della nostra civiltà su quella islamica (facente seguito ad un fare diplomaticamente inopportuno, ma non certo privo di solidi argomenti se si considerano, a paragone tra le due civiltà, i fondamenti dell'ordinamento giuridico, dell'evoluzione storica e culturale, dell'espressione artistica ed architettonica, ecc.), non ha, e questo risulta quanto mai singolare, preso in considerazione il primum movens di quanto, sopratutto oggi, rappresenta l'origine della sostanziale differenza, fra i due diversi ceppi etnici e religiosi.
Se oggi noi riusciamo, con pacata obiettività perchè il concetto risulta tanto digerito da apparire naturalmente equo, perfettamente a scindere le pertinenze spirituali da quelle temporali assegnando a queste unicamente il rispettivo ambito di competenza svincolato da qualsivoglia ingerenza reciproca, lo dobbiamo all'attitudine liberale e alla pervicace volontà politica di Casa Savoia, dinastia particolarmente intraprendente ed illuminata.
Nell'Italia preunitaria infatti la sovrapposizione storica del potere temporale con lo spirituale, ha rappresentato una realtà più che concreta e, per quasi due millenni di applicazione, una normale, immutabile ed apparentemente isovvertibile forma amministrativa. Non dimentichiamo che nella figura del Papa Re, si fondevano, sfumando tra loro sì da renderli indistinguibili, i poteri: i Cardinali Legati in ogni provincia rappresentavano il potere centrale in maniera sovrapponibile a quella degli attuali prefetti; in un certo modo assimilabili le funzioni del Vescovo a quelle del questore, per non parlare delle alte gerarchie dello Stato a partire dal Cardinale Segretario di Stato; i reati di maggior rilevanza (che se accertati comportavano dalla pena capitale alla cancellazione dal ceto, alla radiazione dall'elenco della Nobiltà con estensione, giuridicamente abominevole, ai discendenti e collaterali, alla decadenza dai privilegi e dal grado, negli ordini ad impronta religioso-militare), erano l'empietà, l'aver dato grave scandalo violando la legge di Dio o mancando ai doveri di deferente rispetto verso la Chiesa, la Santa Sede, i luoghi santi, le missioni o le Opere del Patriarcato Latino di Gerusalemme, la custodia Francescana di Terra Santa; la stessa geografia territoriale era plasmata ad impronta religiosa risultando divisa in Delegazioni Apostoliche. Parimenti negli Stati preunitari, tutti deferentemente cattolicissimi e vassalli dello Stato Pontificio, nessuna successione dinastica o elezione di alte cariche dello Stato e persino la concessione di titoli, poteva verificarsi se non previo assenso, temporale e spirituale, della Sovrana Santità. Citiamo ad esempio -vedi prefazione- la ghinea che veniva inviata come contributo simbolico annuale al Santo Padre come riconferma del vassallaggio a Roma dai Re delle due Sicilie o l'apposizione obbligatoria, ai fini della validità, del Visto e del Sigillo della sezione dei Brevi Apostolici sul diploma di nomina da parte del Gran Maestro del Sovrano Ordine di Malta per dame e cavalieri. Non dimentichiamo che sino al XV secolo erano vassalli del Papa non solo il Re di Napoli, ma anche i Duchi di Piemonte, di Mantova, di Milano, di Modena, di Reggio, di Parma, di Siena, di Ferrara, d'Urbino, ed il Re di Sicilia ( tutti meno quest'ultimo, perchè collegato alla corona d'Aragona, lo erano anche del Sacro Romano Impero). Solo l'ardire militare, che sfidando il retaggio storico millenario di uno Stato teocratico alleato del Sacro Romano Impero, della Francia, della cattolicissima Spagna e Polonia, e la visione liberale, ma per il tempo rivoluzionaria e sovversiva, della gestione del potere manifestata dalla Dinastia Sabauda, permisero di separare nettamente gli aspetti civili da quelli religiosi per le competenze, obblighi, e diritti di ciascun cittadino. Il poter giudicare oggi come civilmente arretrata una società ove i capi di stato rappresentano anche i vertici religiosi, ove il magistrato amministra la giustizia avendo come testo di riferimento il Corano, rappresenta quindi unicamente il frutto della politica e delle mete perseguite da Casa Savoia.
Altrettanto singolare risulta la non menzione dell'attuale libertà di culto che, in assenza di reciprocità, pur ci vede, nella nostra nazione, concedere moschee e tutelare sinagoghe. Anche questa libertà di espressione religiosa (non certo possibile nello Stato della Chiesa, e negli altri Stati Preunitari per le ragioni suesposte, ove per gli ebrei esistevano i ghetti, e per gli arabi la schiavitù con mamsione di mozzi da remo alla catena nelle galee della flotta papale) rappresenta in un certo modo il retaggio della generosa liberalità di Casa Savoia che iniziò, pur cattolicissima, a concedere libertà di culto a tutti i cittadini della nuova nazione unificata, sino a giungere all'inaugurazione, voluta e presenziata dal Sovrano,della prima sinagoga di Torino.
Parimenti è possibile criticare oggi lo stato di segregazione femminile adottato nelle varie regioni del mondo dominate dall'Islam, grazie sempre all'illuminato liberalismo della Dinastia Sabauda che per la prima volta, primato assoluto per la nostra penisola dalla sua esistenza, concesse il diritto di voto alle donne, non più da quel momento discriminate per alcun diritto rispetto all'uomo.
Tutto questo oggi ci appare scontato e normale - per onestà bisognerebbe anche dire che verosimilmente il fenomeno della separazione dei poteri, della concessione della libertà di culto, dell'equiparazione dei diritti femminili, per le spinte ed interazioni sociali, manifestatesi fra il XIX e XX secolo, avrebbero comunque condotto l'Italia agli stessi risultati - ma quantomeno è doveroso ricordare a chi deve essere attribuito il primato nel merito. E per non mostrarci dimentichi della storia e delle origini delle nostre superbe e migliori tradizioni patrie, sarebbe mandatorio concretizzare la nostra riconoscenza quanto meno ponendo fine ad un vergognoso, perchè illiberale, esilio di vivi incolpevoli e di morti, più ancora dissonante proprio perchè paragonato all'illuminata civiltà mostrata ed elargitaci dalla Dinastia Sabauda.
A tutte queste riflessioni varrebbe la pena aggingere inoltre che, che se l'espansione turca non fosse stata arginata a Lepanto, battaglia in cui parteciparono 3 galle sabaude, (per rendersi conto della consistenza dell'apporto basta pensare che le galle papali erano solo 8!), e non si fosse rotto l'assedio giunto ormai a Vienna (Zenta, 1687), solo grazie alle insuperate capacità di sommo stratega di Eugenio di Savoia, forse anche noi oggi saremmo obbligati a ruminare versetti coranici o ad indossare le tristemente famose sette paia di mutande sacrificali in Italia, ridotta a lontana provincia dell'Impero Ottomano.
Nella battaglia di Torino vediamo due Savoia combattere fianco a fianco e
di questi, Eugenio, differenziarsi dall'altro per il predicato
"Carignano". Tale distinzione si è resa necessaria per differenziare
il ramo principale della Casa dai secondari che, sebbene abbiano permeato
in maniera concreta e determinante gran parte della storia d'Italia e di mezza Europa, son certo pochi italiani conoscono o ricordano:
Savoia-Acaia (iniziato da Filippo
nel 1285 ed estintosi nel 1418);
Savoia-Aosta (principi istituiti da Vittorio
Emanuele II con la proclamazione del
terzogenito Amedeo, Duca di Aosta. Famosi Amedeo, nato a Torino il 21.10.
1898 e morto a Nairobi il 3.3.1942; Amedeo Ferdinando Maria, nato nel 1845
e morto nel 1890, medaglia d'oro al
valor militare per l'assalto guidato,
con strenuo valore, al monte la Croce nella battaglia di Custoza alla testa della Brigata Granatieri Lombardia, quindi
re di Spagna.
Proprio al monte la Croce, come ricorda la lapide posta dal patrio municipio
sul palazzo di famiglia ad Otricoli:
"tra i primi all'assalto del monte la Croce, rotto il petto da palla austriaca,
moriva da prode a 22 anni, avendo sulle
labbra il nome d'Italia" lasciò la vita Quintilio dei conti Squarti.
Emanuele Filiberto e Luigi Amedeo Duca degli Abruzzi entrambi dalla storia
più che nota e famosa. Famiglia tutt'ora fiorente rappresentata da Sua Altezza
Reale il Principe Amedeo Umberto;
Savoia-Carignano fondato nel 1596;
Savoia-Genova, ramo fondato da Ferdinando secondo figlio di Carlo Alberto;
Savoia-Nemours ramo iniziato da
Filippo (1488+1533), quinto figlio del Duca Filippo II;
Savoia-Soisson iniziato verso la metà del XVII° sec. da Eugenio Maurizio
(1633+1673);
Savoia-Vaud ramo iniziato da Ludovico I
ed estintosi con Ludovico II nel
1336.
Benedetto XIII - Pietro Francesco Orsini (1724
+ 1730) che sebbene abbia condotto una vita spartane e nelle intenzioni fosse
animato dai migliori propositi, si dimostrò, privo di ogni esperienza politica,
scarsa conoscenza psicologica degli uomini, estremamente caparbio nel mantenere
le posizioni assunte, anche se palesemente erronee.
Verosimilmente il tutto è da ricondurre
a scarsa intelligenza che avrebbe potuto sopperire a queste, tutto sommato,
carenze di poco conto. Salito al trono con il nome di Benedetto XIV dovette
cambiare il suo nome in Benedetto XIII per volontà dei romani che
non riconoscevano il papa scismatico Benedetto XIII. Evidentemente
il nome di Benedetto per i papi era foriero di situazioni inbarazzanti e poco
evangeliche: Benedetto XII (Jacques Fournier, 1334 + 1342) benchè beatificato,
è passato alla storia come inveterato etilista per le parole del Petrarca
che lo definisce un "avvinazzato
timoniere della nave della chiesa".
Era il terzo papa per la famiglia Orsini. Pur non macchiandosi di nepotismo,
dette grande fiducia ad un mascalzone di nome Niccolò Coscia assunto a suo ascoltatissimo consigliere, che
arrivò a mettere in vendita le cariche
curiali, intascandone i proventi e
procacciandosi così ingenti ricchezze. Posto difronte all'evidenza dei fatti
dai cardinali che chiedevano l'allontanamento del losco figuro, continuò a
sostenere ciecamente l' operato del
proprio beniamino, passando da connivente del farabutto quando invece, di
rettissimi principi, era semplicemente
di scadente intelletto. A Vittorio
Amedeo II di Savoia, riconobbe il titolo di re di Sardegna.
Lo stemma della famiglia Orsini è uno dei pochissimi in cui compare il raro segno araldico
della biscia. Tale simbolo compare anche nello stemma della famiglia
Squarti Perla ed, unitamente al granchio, rappresenta i due simboli più antichi
comparenti nel blasone. Arma della
famiglia Squarti Perla: d'azzurro alla fascia d'oro, caricata di una biscia
d'acqua di verde ed accompagnata in capo da una rosa d'oro,accompagnata
da due stelle di otto raggi dello stesso
ed in punta da un granchio d'argento .
Certamente, anche se la biscia degli Orsini è sormontata dalla stessa
rosa araldica comparente nello stemma degli Squarti Perla, la simiglianza non può rappresentare che un
caso. In origine, per lo meno per la
famiglia Squarti Perla, tale simbolo pare che fosse una freccia poi trasfiguratasi
nel tempo, per le incerte rappresentazioni
pittoriche medioevali, in biscia .
La freccia sarebbe stata la trasposizione grafica simbolica per ricordare
le doti di rapidità ed infallibilità guerriere dei due primi capitani di ventura, Matteo e Squarta,
capostipiti della famiglia nei secoli XV e XVI.
Il granchio invece, altro elemento rarissimo che, a nostra conoscenza,
comparve unicamente nei labari delle
legioni di Giulio Cesare, verosimilmente era collegato al nome originario
della famiglia (Granceschi) poi tramutatosi in Squarta (dal soprannome riservato a Matteo per la particolare propensione nel trattamento
riservato al vinto nemico, come peraltro, neanche troppo velatamente, traspare dal motto: qui
me tangit se cogitat) dopo che
questi si era trasferito in Tuscania. Le notizie ci giungono dal Leoncini,
chiarissimo storico del viterbese, nell'opera "Memorie d'Orta e luoghi circonvicini",
conservate in copia presso la Biblioteca Vallicelliana
(carte Corviseri, B, 6) . nel 1727 ad Emanuele di Vilhena - Gran Maestro dell' Ordine di San Giovanni di
Gerusalemme - .
Benedetto VIII nel 1726 a Federico
Augusto I re di Polonia .
Benedetto XIV - Prospero Lambertini (1740 + 1758)
Uscì il suo nome dal più lungo conclave
dallo scisma occidentale in poi : durato 6 mesi, vide morire ben quattro cardinali.
Curisità storica: il concilio durato più a lungo fu quello per l'elezione
di Teobaldo Visconti assurto al soglio di Pietro con il nome di Gregorio
X, che si protrasse dal novembre 1268
al settembre 1271.
Durante il secondo anno di conclave, al fine di affrettare le conclusioni
di di un elezione che per i tempi esasperanti stava divenendo scandalosa,
i cittadini di Viterbo chiusero ermeticamente il palazzo vescovile,
scoperchiarono poi il tetto e misero a pane ed acqua gli elettori. Il papa
spiritoso, incline all'umorismo, libero da angustie e presunzioni, insensibile
alle lusinghe e alle offese, dotato di saggia
moderatezza, fu certamente il pontefice
più colto e più distinto della storia del papato.
Per curiosità ricordiamo che presso la
segreteria di stato era stato apprestato un ufficio detto del "falsario"
con il compito di risparmiare al papa, imitandone la grafia,
la stesura di tutte le lunghe e tediose lettere imposte dal protocollo.-
. nel 1747 a Pinto de Fonseca - Gran Maestro dell' Ordine di San Giovanni di Gerusalemme -.
Clemente XIV - Lorenzo Ganganelli (1769 + 1774)
amante dell'equitazione, fu vittima
di innumerevoli, rovinose cadute, compresa quella del giorno della sua investitura
in Laterano che il popolo romano interpretò come funesto auspicio. Con il
breve "Dominus ac Redemptor" (1773) sciolse la compagnia dei Gesuiti, per
le indegne pressioni esercitate sopratutto
dalla Spagna, imprigionando il Padre Generale Lorenzo Ricci, che terminerà
i suoi giorni, dopo anni di catene,
nelle segrete di Castel Sant'Angelo. In Russia e Prussia non si diede seguito alle disposizioni
papali perchè lo scioglimento metteva a serio rischio il sistema
scolastico cattolico che proprio sui Gesuiti si reggeva. Nel 1774 crebbe
la paura per la possibilità di avvelenamento del papa da parte dei potentissimi
membri della disciolta compagnia. Dopo una rapidissima ed
inspiegabile malattia, che confermò in molti i sospetti di veneficio, il papa
si spense e da questi in poi, per motivi scaramantici e per non rischiare
di risvegliare odi sopiti nei membri della compagnia, più nessun papa si è
fatto chiamare Clemente. Durante il pontificato di papa Ganganelli prima e di papa Pio VI Braschi e Pio VII Chiaramonti poi, Ermenegildo dei conti Squarti Perla rivestì,
in un primo tempo, l'incarico (1770) di Canonico Decano della chiesa cattedrale
di Orte quindi di Ufficiale della corte
pontificia come Protonotaro Apostolico (Notaio Domenico Buoncristiani, prot.
97,160R, 209R,215R, del 4.7.1806, Archivio di Stato di Viterbo).
Sotto il Pontificato di Pio VI Braschi e Pio VII Chiaramonti si ebbe
il momento di maggior splendore e potenza della famiglia Squarti Perla: Ernesto
nel agosto del 1782 risulta Gonfaloniere esercente nella città di Orte; Francesco
nel 1791, marzo 1796, maggio 1797 parimenti gonfaloniere nella
città di Orte. (Bussolo per il buon Governo della città di Orte, Archivio
municipale di Orte, foglio VII); Francesco Nobile Magistratura di Narni nel
dicembre 1814, Maire nel periodo francese. (Archivio di Stato di Roma, B.G.,
III, 51); Ernesto tenente presso il battaglione della Guardia Civica dello
Stato Pontificio di stanza ad Otricoli nel 1847, Consigliere del comune di
Orte nel 1841, Anziano del comune di Otricoli nel 1848; Marco Antonio Squarta,
Tesoriere nella costruzione della nuova Cattedrale di Orte e presidente del
Monte di Pietà, risultava tra i maggiori
possidenti in catasto con oltre 500 scudi di proprietà; (Carlo Pietrangeli,
Otricoli; Segreteria di Stato Vaticana n.79297 del 30.12.1847; Delegazioni
Apostoliche di: Viterbo n. 9804 del
1841; Viterbo 26 del 30.1.1841; Viterbo n. 1685 del 26.11.1840; Viterbo n.
9248 del 8.10.1840; Spoleto n. 2778.2.1848; Spoleto n. ? del 5.7.1833.) . –
nel 1774 aXimenesdeTexada-GranMaestrodell'OrdinediSanGiovannidiGerusalemme-
Leone XII - Annibale Sermattei della Genga
(1823 + 1829) nato nell'avito castello Sermattei a Genga, direttamente discendeva
dagli omonimi conti. Si dice che prima della sua elezione avesse ricevuto
ben diciassette volte l'estrema unzione e forse il dato è indicativo di una
speranza che, una rapida morte, avrebbe
concesso di riaprire i giochi per un nuovo pontefice.
Indisse il giubileo del 1825 ma durante questo, dimostrando una durezza
sconosciuta alla maggior parte dei suoi predecessori ed una mentalità a dir
poco da oscurantismo medioevale, impiccò pubblicamente due carbonari in piazza
del Popolo. Altrettanto fece con i carbonari che nelle Romagne predicavano
l'unità d'Italia, di cui 7 ne condannò a morte, 54 ai lavori forzati a vita,
59 alla catena vita natural durante. I carbonari si vendicarono assassinando
il segretario del Cardinale Legato: ne seguì come rappresaglia da parte della
chiesa una tremenda ondata di arresti
ed esecuzioni capitali così copiose da apparire più come insensate carneficine che sterili
applicazioni di legge di uno stato sovrano. Per il rinnovamento morale si impegnò con altrettanta
intransigenza e flebilità di intelletto
facendo mettere , ad esempio, ai ferri quanti non avevano ottemperato
ai sacramenti pasquali o impedendo agli osti di mescere vino nelle loro osterie.
In un libello circolante dopo la sua morte,
con la arguzie e sagacia
irriverente tipica del popolo romano, si lesse: "Qui riposa il della Genga, per
la sua pace e per la nostra".- .nel 1825 al Duca di Angouleleme - figlio di Carlo X Re di Francia - .
Concludendo, riporterò integralmente
un passo da un encomiabile articolo pubblicato ai primi del novecento
a firma di tal Enrico, sedicente dei baroni, Selvaggi, sulla
medesima onorificenza :
"Quanto questo dono, del
cappello e dello stocco, fosse desiderato dai principi lo provano i satirici
versi fatti dal popolo all'indirizzo del duca di Guisa, del quale, non avendolo egli potuto ottenere
da Innocenzo X, nonostante una promessa
fattagliene, si disse:
fuggì
senza cappello e senza stocco".
Angelo Squarti Perla
Ab Urbe Condita 2754, ante diem VIII Nonas Martias.
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