. . . LA ROSA, IL CAPPELLO, LO STOCCO E QUALCHE DIVAGAZIONE STORICA  SULLE LORO SOVRANE SANTITA'

 

 

 

 

Fra le varie  onorificenze concesse dai Sovrani Pontefici nei secoli, due  - la "Rosa d'Oro della Cristianità" ed il "Cappello e  Stocco" -  meritano particolare menzione non solo perchè appannaggio  generalmente esclusivo di Sovrani regnanti, ma sopratutto perchè   risalenti agli albori del secondo millennio. Se a questo aggiungiamo che il Papa, fonte onorifica esclusiva di queste onorificenze, non ha mai rappresentato un sovrano inteso nella comune accezione racchiudendo nella sua  unica persona un potere spirituale di vastissimo ed esteso consenso in tutto il mondo cattolico ed un potere temporale assoluto di antichissima origine e di non poca consistenza, solo allora ci potremo rendere conto della singolarità di questa figura di  monarca a carica elettiva, solo allora si potrà comprendere quanto questi segni di benevolenza  papale fossero ambiti e considerati prestigiosi, quale peso mondano e quale carica simbolica, mistica e religiosa potesse rivestire l' onorificenza. Sovrano assoluto a tutti gli effetti se si considerano  i  poteri accentrati sulla sua persona - e ribaditi a tutt'oggi da un breve di Giovanni Paolo II - e gli istituti tipici di un monarca  - non ultima la cerimonia dell'intronazione o la possibilità di abdicare che costò, ad esempio, a Sisto V il carcere a vita inflitto dal successore - di cui gode, ed initerrottamente ha goduto, la carica.

A meglio qualificare la potenza rivestita dal sovrano personaggio e dalla carica pontificale basti ricordare che ancora nel XV secolo erano vassalli del Papa non solo il Re di Napoli, ma anche i Duchi di Piemonte, di Mantova,  di Milano, di Modena, di Reggio, di Parma, di Siena, di Ferrara, di Urbino ed il Re di Sicilia (tutti, meno quest'ultimo poichè collegato alla corona d'Aragona, lo erano anche del Sacro Romano Impero).

Una ghinea veniva inviata come tributo simbolico annuale al Santo Padre come segno di riconferma del vassallaggio a Roma dai Re delle due Sicilie. Tale tributo fu soppresso da Ferdinando IV e ripristinato, per  un brevissimo periodo, da Ferdinando d'Aragona, su sollecitazione di Innocenzo III,  nella seconda metà del XV secolo.

Nonostante l'abolizione del segno di omaggio, devozione e sottomissione però i papi non cessarono, facendo leva sulla  religione cattolica profondamente sentita e professata dai reali di Napoli - basti ricordare la " Congiura dei Baroni del 1480 -, di ingerirsi nei fatti interni del reame o, come peraltro sempre avvenuto, di ogni altro ducato o principato, sino  all'unità d'Italia. Da ricordare, come altro esempio  di tributo doveroso e pubblica professione di omaggio, il falcone addestrato che annualmente il Gran Maestro dell'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme donava al Re di Napoli ed al Re di Francia. Uno di questi falconi, fuggito  durante una partita  di caccia in Francia, riuscì a tornare a Malta ove era stato addestrato, coprendo la  distanza in meno di 24 ore. Su questo episodio, del tutto vero, essendosi trovata documentazione di conferma, il famoso etologo Conrad Lorenz, estrapolando il dato e miscelandolo ad altre certe notizie, trasse argute deduzioni sulle velocità di crociera e migrazione di molte specie di uccelli.

L'obbligo di omaggio derivante da diritti feudali si ritrova con monotona ricorrenza nella storia e nei rapporti che legavano il Principe ai suoi pari e ai vassalli soggetti, che legavano vassalli maggiori e minori, esistenti fra vassallo e vassallo, nella complicata, ma gerarchicamente ordinata, legislazione che regolava diritti e doveri del mondo medioevale.

"Quando vi era l'obbligo di censo annuale, il vassallo  nobile era  tenuto offrire una testa di cignale o un paio di sproni dorati, o ferri di lancia, o una coppia di cani  da caccia, o uno sparviero. I signori di Nuncia in Corsica dovevano al comune di Genova un astore. Un loro messo lo offriva il 21 marzo 1380 al Doge e agli Anziani, i quali, vedendo comparire  Gabotto Spinola, glie lo donarono. Usate prestazioni  di vassalli nobili erano ancora due arcioni, un cavallo,  armature, guanti,  una  ghirlanda di  rose  ed  anche  quel grosso ceppo di legno (buche) che doveva ardere la vigilia di Natale al focolare del barone, oggetto di molte superstizioni, e se il barone era un prelato, dovevano monete d'oro, grossi tronchi, molte libbre di cera (blypeum cesae) ed olio pel santo crisma . "Cibrario: "Economia Politica del Medioevo".

Fatte queste doverose premesse risulterà singolare l'oblio che, a pochi anni dall'ultima concessione, ha incomprensibilmente avvolto queste due straordinarie onorificenze.

 

Il primo è " la Rosa d'Oro della Cristianità " onorificenza di grandissimo valore simbolico e mistico le cui  prime concessioni risalgono alla fine del XIV  secolo. La benedizione della onorificenza avveniva di norma, in grande pompa e solennità, durante la messa della terza domenica di Quaresima. L'onorificenza consisteva in una rosa, completa di stelo e foglie, cesellata in oro ed argento, di dimensioni di poco più grandi del naturale. Si tramanda, ma della notizia non si ha riscontro certo, che Clemente VII (vedi poi) ne commissionò il calco a Benvenuto Cellini.

Non sempre, come vedremo, i soggetti investiti dell'onorificenza, vuoi per abiezione morale, vuoi per poligamia o uxoricidio, vuoi per essere stati gli autori o gli ispiratori di orrende carneficine, ne sarebbero stati degni . Ma tant'è, questi sono i " Campioni della Cristianità " che la storia ci ha tramandato.

 

Fra i Sovrani che hanno ricevuto tale segno di  ambito favore pontificio, citiamo :

 

La Regina Giovanna di Napoli - Giovanna I d'Angiò (1326 + 1382)  succeduta, secondo il diritto siculo, all'avo Roberto nel 1343 . Sospettata di complicità nell'assassinio del marito Andrea d'Ungheria tenne con fermezza il potere sconvolto da sommosse interne e guerre esterne per tutto il tempo del suo regno. Cedette Avignone a Clemente  VI. Fu fatta prigioniera e quindi uccisa da Carlo di Durazzo che ella aveva designato, in un primo tempo, a suo successore, contrapponendogli poi Luigi d'Angiò - a cui fu concessa, nel 1360, da  Innocenzo VI - 1352 -1362) Etienne Aubert, primo Papa a cui furono sottoposte da giurare prima dell'incoronazione, le Capitolazioni, una sorta di decalogo  che imponeva una stretta etica comportamentale limitante anche i poteri nell'ambito dell'esercizio delle funzioni sovrane. Naturalmente le Capitolazioni  non furono mai rispettate nonostante gli sforzi dei cardinali che, nel tempo, a mezzo di ampliamenti ed estensioni, si sforzavano di renderle sempre più vincolanti. Il cavillo, più scappatoia furbastra che reale frutto di oggettività giuridica, che di fatto, non certo moralmente, permise ai Papi di evadere a queste pastoie preventive, si fondò  sul principio che all'atto del giuramento l'interessato era soltanto cardinale per cui, divenuto  Papa, avendo mutato stato e condizione, non era più vincolato al giuramento fatto.

Durante  il suo pontificato si verificarono i noti fatti che condussero Cola di Rienzo (Nicola di Rienzo Gabrini) alla costituzione di uno stato repubblicano e popolare con accenti fortemente ostili alla nobiltà.  La sollevazione finì, come dovrebbe qualunque bubbone popolare ispirantesi a  questi principi plebei, dopo alterne  vicende, con l'assassinio  del tiranno in Campidoglio da  parte della stessa teppaglia che gli aveva dato man forte, nell'ottobre del  1354.

Tentativi di  cospirazione o insurrezione al fine di sostituire la Sovrana Santità con una repubblica, in circa due millenni di monarchia assoluta, furono innumerevoli. Sempre, o quasi, le Loro Sovrane Santità non scesero a patti ma repressero nel sangue, (durezza  necessaria volta ad evitare che il contagio dell'innaturale principio avesse a propagarsi ), la divulgazione dell'idea  repubblicana ed ogni conato di sommossa; oltre ai  carbonari risorgimentali, di cui sarà fatto cenno più innanzi, ad esempio, si riporta il celebre Arnaldo da Brescia che, sotto il pontificato di Adriano IV (Nicholas Breakspear 1154-1159)  vide le sue ceneri disperse nel Tevere dopo essere stato  arso vivo, naturalmente con l'accusa di eresia .

Altro tentativo celebre, ma poco credibile visto che l'autore era un aristocratico di antichissimo sangue che per di più agiva per governare in prima persona, di instaurare una  repubblica, fu operato da Giovanni Crescenzio signore di Nomento, che con l'apostolica benedizione  di   Gregorio V (Brunone di Carinzia) fu pubblicamente  decapitato ai piedi di Monte Mario  nel 998.

Innocenzo VI  fu l'ultimo Pontefice, unica eccezione successiva verrà rappresentata da Giulio II,  a fregiarsi di barba, elemento estetico decorativo del volto di fatto obbligato per tutti i predecessori saliti al Soglio di Pietro.-

 

Enrico VI - della dinastia dei Lancaster (1422 + 1471) e figlio di Enrico V, salì al trono  gestito in reggenza, in tenera età dato che  il padre era morto nello stesso anno della sua nascita. Con il suo regno, l'Inghilterra  perdette tutti i vantaggi acquisiti con le precedenti vittorie sui Francesi  (con la vittoria sui Francesi di Azincourt e la  pace  di Troyes il padre aveva assunto la reggenza  del trono francese proclamandosi addirittura erede della corona di Francia) e tutti i feudi posseduti in Francia prima della guerra dei Cento Anni. Non lasciando eredi atti a governare alla sua morte scoppiò la guerra civile detta delle Due Rose.- nel 1446 da Eugenio IV -  (1431- 1447) Gabriele Condulmer, successe a Martino V , Papa della famiglia Colonna con la quale sostenne in Roma una lunga lotta. Grande merito del Condulmer fu quello di aver ottenuto la riunione con la chiesa greca. Per volere di Re Sigismondo fu iniziata contro di lui una guerra intestina che culminò con l'elezione dell' antipapa Amedeo VIII di Savoia, col  nome di Felice V.

Lo scisma che ne seguì durò circa un decennio. Eugenio IV nel 1434 fuggì da Roma in rivolta travestito da frate e lungo il Tevere raggiunse Ostia.

Di Antipapi se ne contano circa  30, più frequenti nel XI e XII secolo, dei quali il primo fu Ippolito (217- 235), l'ultimo proprio Amedeo di Savoia. Il momento di maggiore confusione si ebbe nel 1400 quando si contarono tre papi contemporaneamente e tutt'ora si fatica a comprendere chi fosse il  legittimo e chi gli antipapi: Gregorio XII (Angelo Correr, 1406 + 1415), Benedetto XIII (Pedro de Luana) ed Alessandro V (Pietro Filargis), quest'ultimo subito sostituito dopo la sua morte da altro antipapa dal nome di Giovanni XXIII (Giovanni Cossa).

Cronologicamente si riportano i nomi di coloro che normalmente - come sempre la storia è scritta dal  vincitore, per cui l'elenco seguente non rappresenta che l' enumerazione dei perdenti nella corsa per il Soglio di Pietro. Non si esclude pertanto che  si possano  trovare elenchi diversi redatti, non senza elementi di altrettanto giusto criterio, da storiografi revisionisti - sono  considerati Antipapi:

Ippolito 217-235.

Novaziano 251-258.

Felice II  355-358/365.

Ursino 366-367.

Eulalio 418-419.

Lorenzo 498-505.

Teodoro 687.

Pasquale 687.

Costantino II  767-768.

Filippo 768.

Giovanni 844.

Anastasio 858.

Cristoforo 903-904.

Giovanni XVI  996-998.

Gregorio 1012.

Onorio II 1061-1072.

Clemente  III 1084-1100.

Teodorico 1100-1102.

Alberto 1102.

Silvestro IV  1105-1111.

Gregorio  VIII 1118-1121.

Celestino II 1124.

Anacleto II  1130-1138.

Vittore IV 1138.

Vittore  IV 1159-1164.

Pasquale III 1164-1168.

Callisto III 1168-1178.

Innocenzo III  1178-1180.

Niccolò V 1328-1330.

Clemente VII 1378-1394.

Benedetto XIII 1394-1423.

Alessandro V 1409-1410.

Giovanni XXIII 1410-1415.

Clemente  VIII  1423-1429.

Benedetto  XIV  1423-?.

Felice V  1439-1449.

Da San Pietro a Carol Wojtiya si contano 266 Papi di cui 19 francesi, 18  greci, 8 siriaci, 5 tedeschi, 6 spagnoli, 2 africani, 1 inglese, 1 candiota, 1 polacco, tutti gli altri italiani.

I santificati sono 82, quelli che regnarono più a lungo sono San Pietro,  25 anni; Pio IX, 31 anni; Leone XIII, 25 anni; Giovanni  Paolo II è sulla buona strada con i suoi attuali 23 anni.

Molti  soggetti, saliti al sacro soglio, cambiarono il nome originario perchè manifesto di origini  vergognose : ad esempio Sergio IV (1009 + 1012) aveva per nome secolare quello di Pietro Boccadiporco; Onorio II ( 1124 + 1130 ) si chiamava Lamberto Scannabecchi; Anastasio IV (1153 + 1154) Corrado della suburra; Giovanni XVII  (1003) Siccone; Damaso II (1048) Poppone; Sergio II (844) Osporco; ecc.  -     .

 

Enrico VIII Tudor  - (1509 + 1547),  era figlio di Enrico VII  che instaurò la nuova dinastia Tudor perchè, discendente dai Lancaster (rosa rossa), e marito  di Elisabetta di York (rosa bianca), potè fondere in una  sola famiglia i diritti dei rivali. Fu definito, durante i primi anni del suo regno, il Difensore della Fede, per la  sua devozione alla Chiesa  Romana e la risoluta  avversione al nascente protestantesimo. In seguito  però, dopo il rifiuto di Papa Clemente  VII di annullamento del matrimonio contratto con Caterina  d'Aragona, diede inizio allo scisma anglicano dichiarando la  chiesa inglese indipendente da Roma ed attuando una dura persecuzione di cattolici e protestanti calvinisti e luterani. Condannò a morte per adulterio Anna Bolena succeduta nel talamo reale a Caterina, sposò successivamente Giovanna  Seymour, Anna di Cleves, Caterina Howard e Caterina  Parr - che la ottenne ben tre volte da: Giulio II, - Giuliano della  Rovere  (1503 - 1513), grande uomo di stato e splendido mecenate, diede l'avvio ad un pontificato più di ogni altro all'insegna della  grande politica e delle imprese militari. Strappò Bologna ai Bentivoglio, Perugia ai Baglioni,  sconfisse la Repubblica di Venezia ad Agnadello. Al suo servigio lavorarono Bramante e Michelangelo. Salito al soglio di Pietro non senza il sospetto  di simonia, condusse un pontificato sul quale, nell'ottica prettamente eclesiastica, il giudizio  non può essere altrettanto lusinghiero.-  da Leone X, - Giovanni de Medici (1513 + 1521) figlio di Lorenzo il Magnifico, a soli 7 anni già portava la tonsura, a 13 era cardinale.

Procurò posizioni di sfacciato prestigio a tutti i suoi familiari ; conquistò il ducato di Spoleto, con una guerra costosissima che portò al completo dissesto le finanze pontificie, per donarlo al nipote; condusse una vita di corte sfarzosa; sebbene ricco di famiglia "più del triumviro Crasso" fu animato da insaziabile esosità tanto che favorì l'indegno mercato delle indulgenze e istituzionalizzò le nomine a cardinale dietro pagamento:  esiste prova che al cardinale Ponzetti fu estorta la cospicua somma di 30.000 ducati. -,  e da Paolo III - Alessandro Farnese (1534 + 1549) di rara saggezza anche se adottò una politica fortemente  nepotista. Ebbe 2 figli illegittimi, Pier Luigi e Costanza, che unitamente ai nipoti Alessandro ed Ottavio, intralciarono non poco il pontificato. Donò il ducato di Parma e Piacenza  a Pier Luigi ; vescovati, abbazie, priorati ad Alessandro; ad Ottavio il ducato di Camerino.

I primi due cardinali nominati dal pontefice furono  i nipoti Alessandro Farnese e Guido Ascanio Sforza. Concesse ai Protestanti il matrimonio per gli eclesiatici, egli che aveva avuto discendenza ma continuava a  negare il matrimonio e ad imporre castità  ai preti cattolici, perlomeno a quelli che  non avessero sufficiente moneta sonante per acquistarsi una "Sovrana deroga alla castità";  ebbe alle sue dipendenze Vasari e Michelangelo. - .

 

Maria  Regina d'Inghilterra - (1516 + 1558) Maria I Tudor figlia di Enrico VIII,  succedette al fratello Edoardo VI nel 1533, ristabilendo il cattolicesimo e perseguitando, a volte con ferocia sanguinaria,  i protestanti -.

 

Federico il Saggio, Re di Sassonia - (1486 +1525) Federico III di Sassonia, passato alla storia per la protezione offerta a Lutero e per aver rifiutato nel 1519 la corona imperiale. Nipote di Federico I il  Bellicoso che aveva iniziato la potenza del suo casato con il riunire alla Turingia e alla Misnia il protettorato di Sassonia  che conferiva dignità elettorale.

Tale qualifica era derimente  fra pricipi, divisi in Elettori e non  Elettori, perchè essenziale per prender parte all'elezione dell' imperatore nell'antico Impero Germanico.

 

Carlo IX, Re di Francia  -  (1550 + 1574) figlio di Enrico II (Re di Francia e Duca  di Borgogna, sconfitto nella memorabile battaglia di San Quintino dalle truppe di Filippo II Re di Spagna, impareggiabilmente condotte da Emanuele Filiberto di Savoia) e di Caterina dei Medici insieme alla quale preparò ed ordinò la "strage degli Ugonotti "(24-25 agosto del  1572, notte di S. Bartolomeo), dando egli stesso il segnale dell'inizio dell'eccidio - da Gregorio VIII .

 

Gonsalvo di Cordova - (1443 + 1515) generale spagnolo soprannominato il "Gran Capitano", che tolse ai Francesi il  reame di Napoli . Per sette mesi sostenne l'assedio francese di Barletta (1503).

Durante l'assedio in seguito ad una disputa in cui il capitano francese La Motte insultò gli italiani, avvenne il 16 febbraio la famosa sfida fra i 13 cavalieri francesi capitanati dal La Motte e i 13 cavalieri italiani capitanati da Ettore Fieramosca, ricordata dal d'Azeglio nel romanzo omonimo. I superbi cavalieri italiani riusciti vincitori rispondevano ai nomi di: Ettore Fieramosca, Giovanni Capoccio, Giovanni Bracalone, Ettore Giovenale, Marco Carellario,  Mariano da  Sarni, Romanello da Forlì, Lodovico Aminale, Francesco Salomone,  Guglielmo Albimonte, Miale da  Troia, Riccio da  Parma, Fanfulla da Lodi -.

 

Ena Principessa di Battemberg fu insignita della "Rosa d'Oro" cogliendo l' occasione del suo matrimonio con Alfonso XIII. Sua Santità Pio X benedisse la Rosa d'Oro con estrema solennità  durante la  messa della quarta Domenica di quaresima del 1906.

 

Maria Adelaide di Savoia, Regina di Sardegna prima e, poi, d'Italia - (1822 + 1855) figlia dell'Arciduca Ranieri d'Austria, vice Re del Lombardo Veneto e della Principessa Elisabetta di Carignano. Sposò Vittorio Emanuele II di Savoia  e fu madre di Umberto I Re d'Italia. Passò alla storia per la mitezza del suo carattere, perchè pietosa e caritatevole. -  a cui la Rosa d' Oro fu consegnata, curiosità storica, da Monsignor Giovanbattista Santucci delegato apostolico ad Ascoli Piceno (+ 1884), fratello del Conte Luigi, nobile di Velletri e di Ascoli Piceno.

 

Elena di Savoia, regina d'Italia  che nel 1939, al termine di una cerimonia sontuosa e particolarmente solenne, la ricevette dalle mani di Pio XI (Achille Ratti, 1922 + 1939). Da sottolineare che solo le regine di Casa Savoia erano ammesse alla presenza del Sommo Pontefice indossando abito e velo bianco: qualunque altra, signora o regina che fosse, infatti non poteva venir meno al cerimoniale che prevedeva, e tutt'oggi ancora prevede, inderogabilmente solo abito nero. Alla morte di Vittorio Emanuele III, rimasta vedova, Elena di Savoia volle che l'onorificenza tornasse alla Chiesa per cui curò che entrasse a far parte del tesoro della  basilica di San Giovanni in Laterano, ove ancora è  possibile ammirarla. Alla cerimonia di riconsegna del prezioso dono sovrintese Sua Eminenza il cardinal Poletti, cardinale vicario di Roma.

 

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Il " Cappello e lo stocco" materialmente consistevano, il primo, in un pomposo copricapo a  forma di berretta in prezioso velluto color cremisi adornato di un trapunto in seta raffigurante una bianca colomba simbolo dello Spirito Santo. Il secondo una spada che per la sua forma definivasi stocco, da cui in gergo fiorettistico "stoccata",  con la variante di un pomo in oro  sull'elsa.

La ricorrenza destinata alla benedizione, impartita direttamente da Sua Santità, di questa onorificenza era la notte di Natale, durante la Santa Messa.

Per dare un idea storica della magnificenza della cerimonia alla consegna del dono,  che in genere avveniva alla  presenza di alti principi e delle personalità più insigni nei vari campi delle  scienze e delle arti, riportiamo integralmente le parole, - naturalmente espresse nella lingua latina che, reso il gran contribuito  di ufficializzare e confermare l’ universalità della chiesa cattolica, fu usata per circa due  millenni sino a Giovanni XXIII che indisse il deleterio  ed esecrando concilio in cui fu  abolito il "latine loqui" come espressione ufficiale - in genere  usate per tale cerimonia.

Dopo l'apposizione del copricapo il Pontefice diceva:

"Accipe dilectissime fili noster pileum hunc aureis Spiritus Sancti radiis micantem, ubi candentes uniones non rapacis aquilae crudelitatem, sed pacificae columbae innocentiam effingunt. Cogitare enim debes bella tunc iusta esse, cum non usurpandi imperii, aut opera rapiendarum cupiditate gerere, sed suspicere Spiritus  Sancti adjumento ad propaganda fidem et ad  stabiliendam pacem, quae relicta Principibus Terrae fuit haereditas Christi in coelum redeuntis, qui vivit et  regnat in saecula saeculorum".

All'abbraccio dell'insignito seguito dalla consegna dello stocco :

"Accipe, dilectissime fili noster, mucronem Domini  et gladium salutis  ut fiat in dextera tua innocentium  tutela et empiorum flagellum, et ad gloriam Onnipotentis Dei et Sanctae Matris Ecclesiae illucescant actiones tuae orbi terrae".

Alla riposizione nel fodero dello stocco:

"Accingat te  gladio suo super femur tuum Potentissimus  qui superbis resistit, humilibus autem dat gratiam . Tu autem crebris victoriis cole Dei potentissimum exercituum, et ultiones time Domini in nomine Patris, et Filii, et  Spiritus Sancti. Amen.".

 

La prima onorificenza di "Cappello e Stocco" di cui si ha memoria risale al Pontefice Urbano VI - Bartolomeo Prignano (1378 + 1389) certamente alienato mentale, a cui i Cardinali, impugnando l'elezione, opposero il Cardinale Roberto di Ginevra che fu eletto. Prese il nome di Clemente VII e fissò dimora ad Avignone. La Chiesa, sin oggi, non ha posto in discussione la legittimità di Urbano VI, ma anche in base a studi recenti, oggi come allora, non si è in grado di stabilire chi fosse il legittimo. Stà di fatto che iniziò così il Grande Scisma di Occidente con scomuniche reciproche, con la scomunica del Re Carlo di Napoli, con l' uccisione in carcere di 6 Cardinali, carneficina direttamente commissionata da  parte di Urbano, con prese di posizione autorevoli anche di santi come Santa Caterina da Siena, che parteggiò per Urbano VI, e  San Vincenzo Ferrer, per Clemente VII.

Nel Frangente  l'Impero e l'Inghilterra sostennero Urbano; Francia,  Spagna, Scozia, Savoia e Napoli, Clemente VII. -  che ne fece dono a Fortiguerri Fortiguerra, famoso ed invitto generale della repubblica di Lucca nel 1386.

 

Tale prestigiosa onorificenza iniziò quindi nel XIV secolo per terminare nella prima metà, e per tanto sembrerebbe incredibile che ne sia stata perduta quasi ogni memoria,  del XIX secolo, come da seguito elencato.

 

Martino V - Oddone Colonna (1417 +1431) eletto dal concilio  di Costanza, pose fine allo scisma d'Occidente. Curiosità storica: i Santi Padri riuniti a Costanza per il Concilio, mandarono al rogo Jan Hus propugnatore di tesi considerate eretiche, sebbene questi si fosse spontaneamente  presentato loro, e  per di più con un salvacondotto dell' Imperatore Sigismondo,  per discutere le sue tesi.

I Concili si dividono in Ecumenici o Universali e Particolari. Quello di Costanza era un  Concilio Universale e l'episodio di cui sopra era avvenuto nel 1414 durante il Pontificato  del veneziano Angelo  Correr salito al trono col nome di Gregorio  XII.

I Concili tenuti sin oggi sono: Nicea nel 325, Costantinopoli nel 381, Efeso  nel 431, Calcedonia  nel 451, Costantinopoli nel 453 e 680, Nicea nel 787, Costantinopoli 869,  Laterano 1125, 1139, 1179, 1215, 1512 e 1517,  Lione nel 1245 e 1274,   Vienne (Delfinato) nel 1311, Costanza nel 1414-1418, Firenze  in continuazione di quello di Basilea nel 1439-1443, Trento nel 1545- 1563, Roma nel 1869-1870 nel quale venne proclamata l'infallibilità del Papa quando esterna ex cathedra in materia di fede e  di costumi.  Quest'ultimo fu sospeso, non chiuso, per la guerra franco-prussiana e l'entrata degli Italiani in Roma. Roma, !962 - 1965, detto  Vaticano II, continuazione del precedente.  -  a Carlo VI  -  secondo Delfino di Francia, detto il folle per essere impazzito nel 1392; durante la sua malattia il regno fu preda delle fazioni delle quali approfittarono gli inglesi per impadronirsi della Francia - nel 1419.

 

Eugenio IV - Gabriele Condulmer (1431+ 1447), vedi sopra -  alla Signoria di Firenze nel 1434.

 

Nicolò V - Niccolò Parentucelli (1447 + 1455) fu eletto  di ripiego solo perchè le tradizionali divergenze fra i Colonna e gli Orsini avevano impedito l' elezione di Don Prospero Colonna. Molte famiglie influenti, quasi sempre nobili, nel tempo si contesero il diritto di imporre la candidatura di propri familiari o protetti  per  pura bramosia di potere, naturalmente in barba ai principi di merito evangelico che invece avrebbero dovuto informare i conclavi. Abbandonato a se stesso il papato, nei primi decenni del X secolo, si trovò sempre più in balia di famiglie romane dedite sopratutto alla macchinazione di intrighi politici.

Ricordiamo le estenuanti contese fra i Colonna e gli Orsini (il cardinale Napoleone Orsini riuscì con grande diplomazia a far eleggere Bertrand de Got - Clemente V 1305 + 1314 - ma questa elezione, voluta più che altro per impedire l'ascesa al pontificato di un Colonna, si dimostrò fra le più gravide di conseguenze di tutta la storia del papato, perchè diede inizio al periodo avignonese dei pontefici che terminerà solo nel 1377 con Gregorio XI - Pierre Roger de Beaufort, 1370 + 1378 -);  fra i Crescenzi  signori di Nomento e i conti di Tuscolo (che  ebbero Giovanni IX, Benedetto IX e Benedetto X), fra i Pierleoni ed  i Frangipani (questi ultimi in Roma arrivarono, non approvando la sua elezione, ad aggredire  il papa - Gelasio II 1118 + 1119 - mentre diceva messa in Santa Prassede), fra  i Caetani e i Colonna (Benedetto Caetani, salito al soglio di Pietro con il nome di Bonifacio VIII, è considerato il  peggior soggetto politico avuto sino a  quel momento per le smisurate ambizioni che condussero a conseguenze economiche disastrose; depose, per motivazioni di interesse privato dalla dignità cardinalizia, Giacomo e Pietro Colonna dopo aver fatto radere al suolo la loro roccaforte di Palestrina. Dante, nel XIX dell' inferno, a papa ancora vivente, collocò Bonifacio fra i simoniaci), ecc..  Nicolò V incoronò, e questa rappresentò l' ultima incoronazione romana, Imperatore Federico III in San Pietro. Sventò la congiura tendente a  sostituire l' autorità papale con un governo repubblicano retto da un triunvirato  ordita da Stefano Porcari che fu, a nostro avviso,  più che giustamente, - rappresentando i così detti "ideali  repubblicani" l' unica, vera e più dissennata eresia religiosa e politica mai concepita - condannato a  morte a mezzo di decapitazione.

Sotto il suo pontificato si ebbe la caduta di Costantinopoli per mano turca (1453) e l'evento equivalse ad una disastrosa calamità per la cristianità intera.

L'invasione araba era iniziata nel  622 ed era quasi compiuta nel 711.

"Va detto, per avere un idea del potere islamico all'epoca, che il dominio dell'impero arabo si estendeva da Lisbona fino all'India e a  tutta la  Russia meridionale, e poi dall'Africa settentrionale fino all'intera Asia Minore ed oltre, lungo una  fascia che comprendeva Marocco, Senegal, Siria, Persia, Afghanistan e Pakistan. Ne facevano parte  vasti territori cristiani, oltre alla Spagna e al Portogallo, quali la  Sicilia, l'Armenia ed un largo tratto dei Balcani. Capitale dell'Impero  era Damasco, Bagdad il suo centro intellettuale.

L'Occidente cristiano, stretto in questa morsa, era ben misera  cosa. L'Impero Bizantino era ormai polverizzato, l'Europa divisa tra  paganesimo e cristianesimo, per buona parte prostrata in una condizione di primitiva  barbarie. Ecco,  questo va sottolineato per rispondere a quanti considerano tutt'ora le Crociate come guerre di aggressione finalizzate ad un piano d' invasione  cristiano dei territori musulmani. In realtà, furono guerre  di difesa, volte a  spezzare una tenaglia che  altrimenti si sarebbe stretta sull' Europa intera, islamizzandola."Franco Cuomo, Gli Ordini  Cavallereschi, Newton e Comproton editori, 2000.

La dinastia regnante a Costantinopoli quando  l'impero d'Oriente cessò di esistere era quella dei  Paleologi. I paleologi hanno una lunga storia che parte dall' Italia ed in particolare  da Orte.

Il cognome originario della famiglia dei Paleologi era Ralli.

"Le più antiche memorie di questa famiglia risalgono ad un Cipriano Ralli il quale possedeva un feudo nel territorio di Orte. 

Michele di lui figlio fu capitano valoroso e sposò verso la metà del XIII secolo una certa  Costanza di famiglia nobile viterbese,  la quale, rimasta erede delle ricchezze del padre portò  queste nella casa di suo marito, il quale si stabilì in Viterbo con la propria famiglia per accudirvi i suoi  interessi. Giovanni, figlio dei precedenti fu anch'egli prode ed eccellente capitano e militò sotto le insegne della Repubblica Fiorentina, allora  in guerra con quella di Lucca, e vi si segnalò per modo che, divulgatasi per ogni dove la fama della sua militare  perizia, fu chiamato da Filippo conte di Fiandra al suo servizio e creato  capitano  generale di tutto l'esercito che egli accrebbe e disciplinò mirabilmente. Accesasi guerra tra lo stesso Filippo ed il re di Francia, Giovanni affrontò coraggiosamente l'oste  nemica, la sgominò, la  battè e costrinse il comandante francese a domandar la pace che ottenne a durissimi patti e tutta a vantaggio del conte di Fiandra. L'imperatore di Costantinopoli che in quel tempo trovavasi in guerra coi Persiani, chiamò al suo servizio Giovanni Ralli e  lo creò capitano generale dell'esercito.

Giovanni anche in questa congiuntura si diportò da accorto e valoroso capitano e riportò sui Persiani una strepitosa  vittoria. Fermatosi in Bisanzio, quivi si accasò  ed ebbe un figlio che fu chiamato Michele Paleologo e che fu fatto imperatore di  Costantinopoli.

Questi salito al trono di Bisanzio mandò a Roma il proprio figlio Andronico Paleologo, per fare omaggio al Pontefice e lo incaricò di portarsi alla città di Orte per farvi ricerca dei suoi consanguinei e trovatili li condusse seco a Costantinopoli.

Di fatto Andronico,  riconosciuti i suoi parenti, tre  ne condusse seco in Oriente: Cipriano vescovo di Nepi, Giovanni che dall'imperatore fu creato principe di Acaja e Roberto. Giovanni tolse in moglie una di casa Lascari dalle quale ebbe per figlio Alessandro da  cui nacque un Giovanni che nel  1327 fu chiamato da Giovanni XXI per liberare l'Italia dalle Scorrerie dell'Imperatore Ludovico  il Bavaro.

Roberto fu  creato capitano di Atene e Patrasso.  Appartiene a questa famiglia monsigor Placido Ralli prelato domestico di Sua Santità morto nel 188...  . Arma : un leone tenente con la branca anteriore destra una spada. Da la: Nobiltà nello Stato Pontificio di Bertini Frassoni, pag. 355.

Un ramo dei Paleologi, iniziato da Teodoro I secondogenito dell'imperatore Andronico II e di  Iolanda degli Aleramici, figlia di Giovanni marchese di Monferrato, tenne questo marchesato dal 1305 al 1533, con dodici principi. Gli Aleramidi prendevano questo nome da Aleramo I che fu fatto marchese di Monferrato da Ottone il Grande nel 967.

I paleologi tennero, dopo gli Aleramidi il marchesato;  a questi successero nel XVI secolo i Gonzaga di Mantova, che lo fecero erigere a ducato, ed  infine nel secolo XVIII i Savoia. La famiglia  Squarti Perla vanta  consanguineità con i marchesi  Ralli  patrizi di Orte e quindi con  le L.L. A.A. Imperiali i Paleologi di Bisanzio, oltre che affinità con gli Aleramidi Principi del Monferrato,  per il matrimonio contratto da Marcantonio che sposa Eufrasia Ralli . Cfr.: stato libero 06.02.1700. Atti  eclesiastici dal 1697 al 1700, foglio 778 e seguenti + 780 a tergo. Prot. 97, 160 R, 209 R, 215 del 4.7.1806, notaio Domenico Buoncristiani, Archivio di Stato di Viterbo; Spreti, pagina 396, anno 1935.- ad Alberto di Austria nel 1454.

 

Nicolò V  nel 1455 a Ludovico Bentivoglio - I Bentivoglio dominarono Bologna fra il 1401 ed il 1512 . Fra gli esponenti più  noti Cornelio, Cardinale ed esimio letterato; Ercole figlio di Annibale II, ultimo signore di Bologna, ricordato come commediografo ed autore di  piccanti satire; Guido, Cardinale e Nunzio Apostolico in Francia.

Dal  XIV al XV secolo avvenne il  passaggio dai comuni, alle signorie e, con il riconoscimento da parte del  papa o dell'imperatore, ai principati, a carattere dinastico,  finalmente ormai completamente slegati  da ogni base popolare. Oltre a Bologna già citata,  ricordiamo: il Piemonte in cui i Savoia prevalsero sui marchesi di Monferrato e di Saluzzo;  Milano in cui gli Sforza ebbero la meglio sui  Visconti e sulle plebi che nel 1447 avevano proclamato la Repubblica Ambrosiana; Verona dominata in un primo tempo dai da Romano,  fu in seguito saldamente tenuta dagli Scaligeri e poi dai Visconti; Firenze  in cui, dopo l'alternarsi delle signorie di Carlo duca  di Calabria e di Gualtieri di Brienne detto duca di  Atene, a seguito del tumulto dei Ciompi (1378 ) si instaurò prima un governo popolare e poi oligarchico borghese, perlomeno sino alla signoria dei Medici che scontratisi con la famiglia de Pazzi, per lungo tempo tenne il potere. Venezia e Genova grazie ad un potere oligarchico su basi aristocratiche a lungo godettero  di stabilità e floridità economica; Sicilia e Napoli che in questo periodo furono dominate dai d'Angiò e dagli Aragonesi; Ad Urbino i  Montefeltro, a Rimini  i  Malatesta, a Camerino i da Varano, a Ferrara gli Estensi, a Ravenna i da Polenta.

Caratteristico di questo periodo fu l'affermarsi delle compagnie di ventura: famose quelle dell'inglese Giovanni Acuto, del francese  Frà Moriale, del tedesco Gualtieri di Urslingen.

Fra  i capitani italiani: Alberico da Barbiano; Francesco Bussone, conte di Carmagnola; Bartolomeo Colleoni; Braccio da Montone; Muzio Attendolo ed il figlio Francesco Sforza; nella  loro modestia, per le scarse tracce storiche lasciate, ma non per questo per minor valore o coraggio, Matteo e Squarta Squarti.

Tale triste periodo, definito autunno del medioevo, fu caratterizzato da carestie gravissime ; da epidemie di colera, carbonchio, lebbra, vaiolo e  pestilenze;  da guerre, dalla diminuzione  del prezzo dei cereali,  dalla scarsità di manodopera nelle campagne, dalla caduta dei redditi  signorili, con il conseguente inasprimento dei rapporti di lavoro, da rivolte contadine.

Fra queste la maggior parte si autoesaurivano per fame o per mancanza di contenuti ideologici  tanto che erano stranamente più temibili ad esempio le rivolte di religione che quelle per il miglioramento salariale o la diminuzione della pressione fiscale. Ben comprendendo questo concetto, i padri della rivoluzione francese, (che abbinarono l' Egalitarismo e la Ragione, tutto sommato concettini più da bettola che da seria dissertazione filosofica  o politica , alle disagiate condizioni della popolazione cittadina) e l' ebreo degenerato Carl Marx (che corroborò la fame proletaria con delle pseudo dottrine politiche), ottenenero  miscela esplosiva dagli effetti sociali devastanti che, purtroppo,  ben conosciamo. Fra le più significative vale la pena ricordare la Jaquerie francese del 1358, la rivolta dei contadini inglesi del 1381 e la  rivolta dei Ciompi a Firenze del 1378. -.

 

Callisto III - Alfonso Borgia (1455 + 1458) scelto dai cardinali solo perchè molto anziano per cui, sperando in un breve pontificato, restava immutata la speranza di rientrare presto in azione per la conquista del soglio di Pietro, oggetto di inalterate contese fra Orsini e Colonna. Incapace di comprendere i valori dell' Umanesimo, svendette gran parte dei preziosissimi volumi greci conservati nella bibiolteche vaticane.

Fu disposto anche a  a svendere gran parte delle opere d'arte conservate in Vaticano per allestire una crociata,  che liberasse Costantinopoli dai turchi ma che mai si concretizzò.

Si macchiò di troppo evidente nepotismo nominando cardinali due suoi nipoti, fra  cui l'amorale Rodrigo, futuro Alessandro VI,  e conferendo ad un terzo nipote, Pedro, il principato di Spoleto. - nel 1457 ad Enrico IV di Castiglia - il liberale (1454 - 1474) che per sposare Giovanna di Portogallo, ripudiò, molto cristianamente,  Bianca di Navarra - .

 

Pio II - Enea Silvio Piccolomini (1458 + 1464) umanista dottissimo, in gioventù aveva condotto una vita frivola, dai riflessi boccacceschi.

Di suo pugno scrisse, vantandosene, la novella  autobiografica  "de duobus amantibus historia". Ottenuti gli ordini maggiori, condusse però una vita ineccepibile.

Il suo pontificato fu improntato alla guerra contro i turchi. A Mantova nel 1459 bandì una crociata che rimase però lettera morta.

Nel 1461 scrisse al Sultano Maometto II una lettera che ha più del goliardico che di razionale gestione politica: in cambio della conversione del  Sultano alla religione cattolica, prometteva a questi la corona dell'Impero d'Oriente.

Nel 1464 bandì una seconda crociata e si dichiarò disponibile a guidarla in prima persona sperando che i principi cristiani si sarebbero vergognati di rimanersene a casa vedendo partire il rappresentante di Cristo ammalato e cadente.

Recatosi ad Ancona, luogo destinato all' imbarco dei prodi crociati, non trovò nessun principe ma solo qualche decina di straccioni, più simili a marmaglia squattrinata di picari, che ad un esercito regolare. Ivi morì.- nel 1460 ad Alberto Marchese del Brandeburgo - figlio di Federico, capostipite della famiglia e creato primo marchese del Brandeburgo dall'imperatore Sigismondo nel 1417 - .

 

Pio II nel 1461 a Luigi XI - Re di Francia (1461 + 1483)  succede al  padre  Carlo VII.

Vinse la coalizione dei Signori e, dopo la morte di Carlo il Temerario, aggiunse ai suoi stati la Piccardia e la Borgogna. Paolo II gli conferì il titolo di Re Cristianissimo da trasmettersi anche ai successori. -

 

Pio II nel 1462 a Filippo il Buono duca  di Borgogna - Filippo III il Buono, Duca di Borgogna e del Brabante (1396 + 1467). Represse l'insurrezione dei Fiamminghi e mori lasciando il Ducato al figlio Carlo il Temerario.  Istituì il prestigioso Ordine del Toson d'Oro. - .

 

Pio II nel 1463 a Cristoforo Moro.- Doge di Venezia dal 1462 al 1471; l'onorificenza gli fu concessa per le azioni militari,  intraprese però più per  motivi commerciali  che per ideali religiosi, contro i Turchi di Maometto II. - .

 

Paolo II -  Pietro Barbo (1464 + 1471) nasce a Venezia nel 1417. Nipote di Eugenio IV, sebbene portato più ai commerci che alla chiesa, fu nominato cardinale a soli 23 anni.

Passò  alla  storia come barbaro ed incolto per essersi attirato le ire degli umanisti adirati per la  chiusura dell'Accademia Romana che però, in realtà, non era altro che una fucina di ideologia atea e di onanismo mentale repubblicano .

Fu il maggior sostenitore economico del  Principe Skanderberg contro i Turchi.- nel 1468 a Federico III di Asburgo - (1416  + 1493) Imperatore d' Alemagna e del Sacro Romano Impero, regnò per ben 53 anni senza  una direttiva  politica personale e concreta.  Fu incoronato Imperatore nel 1452 da Papa Nicolò V, e fu questa l'ultima incoronazione imperiale conferita in Roma.

Riunì per primo in un solo stato e sotto la sua corona gli sparsi domini ereditari degli Asburgo in Austria,  assicurò al figlio Massimiliano le Fiandre ed il voto degli elettori per la successione imperiale -.

 

Paolo II nel 1471, a Mattia d'Ungheria - il Corvino, figlio  di Giovanni Huniady, divenne  Re di Ungheria nel 1458. Eccellente condottiero riuscì a sconfiggere non solo i Turchi, ma  anche il Re di Boemia e l'Imperatore Federico III. -  .

 

Paolo II nel 1474 a Filiberto I, Duca di Savoia -  (1465 + 1482) il Cacciatore, figlio di Amedeo IX, morì prima di uscire di minorità - .

 

Sisto IV - Francesco della Rovere (1471 + 1484) Padre Generale dell'Ordine Francescano, non seguì minimamente le tracce del santo predecessore e maestro : con Sisto IV iniziò in maniera molto più arrogante, sfrontata  e dissenata che in passato la fortuna dei numerosi parenti che, a parte Giuliano della Rovere, futuro Giulio II, non apportarono che disonore indiretto al Soglio di Pietro.  Pietro Riario, dopo una vita dissipata e lussuriosa, morì, sfiancato da ogni genere di abusi, a solo 28 anni. Girolamo Riario,  investito della Signoria di Imola, rappresentò "l'anima maligna" del Pontefice per ogni genere di turpe consiglio in funzione di una politica gestita familiarmente  e senza ombra di scrupoli. Infatti per favorire questo nipote, benchè come Sommo Pontefice dovesse essere contrario ad ogni forma di spargimento di sangue, diede il  suo benestare alla famosa  congiura dei Pazzi in Firenze ove, il 26  aprile  del 1478, per mano assassina dei congiurati, e proprio  durante la santa messa  in Duomo, furono eliminati Giuliano de Medici  e il Salviati Arcivescovo di Firenze. Non pago di tanta carneficina Sisto IV lanciò la scomunica a Lorenzo, unico fratello della famiglia  Medici sopravvissuto, e l'interdetto alla città di Firenze.

L'interdetto rappresentava una sorta  di pena spirituale che vietava ai fedeli di una città o di uno stato i divini uffici, l'uso di determinati sacramenti  ed  anche  la sepoltura eclesiastica.

Nel 1482 Sisto IV lanciò l'interdetto anche su Basilea perchè ivi, in ottemperanza al decreto di Costanza, si era  indetto un concilio.-  ad  Alfonso Duca di Calabria nel 1477.

 

Innocenzo VIII - Giovanni Battista Cybo, vescovo di Molfetta, (1484 + 1492)  fatto eleggere da Giuliano della Rovere, che era stato posto nella  condizione di ineleggibilità, solo perchè, a  questi, totalmente succube. Con la famigerata  bolla "summis desiderantes"  iniziò  i processi e la persecuzione delle streghe. La caccia ebbe la sua apoteosi e  teorizzazione nel prontuario pubblicato a Colonia nel 1487 chiamato "Malleus maleficarum", libro fra  i più orripilanti della  storia umana. In germania i roghi di innocenti arsero per due secoli e mezzo.

Il dissesto economico sotto il suo  pontificato toccò tali livelli che  il Papa fu costretto ad impegnare parte del tesoro pontificio e la stessa tiara.

In un clima di corruzione morale totale della  curia, ebbe due figli illegittimi ai quali dedico la miglior parte  del suo tempo. Il figlio legittimo Franceschetto fu dato in sposo a Maddalena, figlia di Lorenzo de Medici.

Contestualmente nominò Giovanni de Medici (fratello di Maddalena  e  futuro Leone X) cardinale a soli 13 anni.

Sua Santità Innocenzo VIII, comportandosi, con evangelica ispirazione, da prezzolato aguzzino, in Vaticano tenne in catene, dietro lauto compenso annuo pagato dal fratello sultano Bayazid, sino alla morte, il pricipe moro Gem, risultato sconfitto nella lotta di successione -  nel 1484 a Ferdinando d' Aragona - detto Ferrante I (1458 + 1494), figlio di Alfonso il Magnanimo, in perpetua  lotta  contro i baroni del suo regno  - .

 

Alessandro VI - Rodrigo Borgia, in origine de Borja, (1492 + 1503) con questo pontefice, che ricchissimo letteramente comprò la sua elezione al soglio, si istituzionalizzò l'orrenda  pratica di pattuire in anticipo con i cardinali le somme di danaro necessarie  per averne in cambio dei voti. Da donne sconosciute ebbe Pedro, Geronima ed Isabella. Da Vannozza Cattanei, donna di immonde origini plebee, ebbe Cesare, Giovanni e Goffredo che riconobbe ufficialmente. Lucrezia si trasformò in elegante strumento della politica familiare sposando, dopo essere stata ingravidata dal padre (papa !) Alessandro,  prima Giovanni Sforza, signore di Pesaro; poi Alfonso d'Aragona, che fu assassinato su commissione del fratello Cesare; quindi Alfonso d'Este, signore di Ferrara, dal quale ebbe Ippolito, che a soli 9 anni fu nominato Arcivescovo d'Astrigonia e quindi  cardinale.

Lucrezia giunse a rappresentare, su incarico paterno, alla  corte  papale il Sommo Pontefice.

Cesare, nominato dal padre  cardinale e  vescovo di Valencia, sposò una principessa, dopo essere stato investito del ducato di Valentinois e  aver ricevuto in dono la  Romagna.

Unito al padre Alessandro nella volontà di costituire un regno nell'Italia centrale per passare quindi alla secolarizzazione dello Stato della Chiesa in favore dei Borgia, Cesare  ricorse ad orribili eccidi prevalentemente perpetrati con l'omicidio e l'inganno. Messa da parte Vannozza Cattanei, Alessandro VI nominò Alessandro Farnese cardinale diacono dei SS. Cosma e Damiano per l'unico merito di essere fratello della propria  nuova amante Giulia. 

Più che giustamente criticato da Gerolamo Savonarola per la vita dissoluta e perchè "simoniaco ed eretico",  sbrigativamente  il Borgia si  liberò dell'incomodo frate, prima scomunicandolo poi mandandolo al rogo.

Sposarsi o praticare il concubinaggio, il così detto reato di nicolaismo, così come la simonia, erano "debolezze" piuttosto diffuse dalle più alte gerarchie della chiesa sino ai più bassi ranghi: Giovanni XV era figlio di un umile prete; Giovanni XIX  (Romano dei conti di Tuscolo, 1024 + 1032, che, intronizzato da laico, si fece somministrare tutte le consacrazioni necessarie in un sol giorno), passò lo scettro di Pietro al proprio figlio dodicenne Teofilatto (Benedetto IX, 1032 deposto nel 1044), come eredità  familiare.

Adriano II (+ 872) era legittimamente sposato ed aveva una figlia. E così via, come ampiamente documentato in questi brevi cenni che ho voluto vergare sulla storia delle "Loro Sovrane Santità".

Daltronde era quasi la regola poter ottenere una deroga dal celibato sopratutto se  ricchi prelati, i più poveri erano obbligati alla castità oppure costretti a peccare: un sinodo del 1078, voluto da Gregorio VII (Ildebrando di Soana 1073 + 1085),  ordinò la sospensione di tutti i vescovi che avessero concesso il concubinato al clero in cambio di danaro.

Da sempre le regole hanno avuto valore solo per il popolo, sia eclesistico che laico, ed il principio non sembra del tutto disdicevole. Come per prelati ricchi e cardinali esistevano deroghe alla castità, così avveniva come regola anche per le case regnanti a cui la Chiesa, in cambio di favori, concedeva quanto agli altri non lo era: basti considerare le regine ripudiate, la poligamia o le regine morganatiche (aggettivazione  simile all' “omnia munda mundis“ di  manzoniana memoria) che ufficialmente o pubblicamente molti sovrani, solo se cattolicissimi (!), potevano permettersi.

Il cedere ai peccati della carne naturalmente non era appannaggio del solo sesso maschile: dalle supreme cariche alle più umili, dalla clausura più stretta, al monachesimo più liberale,  molte femmine religiose, dimentiche della castità terrena perchè spose celesti di Cristo, come  secolari e laiche donnette si affannarono saltando fra un talamo ed un altro, preda di umana  lussuria.

Qualche esempio famoso, per tutti: a Leone IV (+ 855) successe  una donna proveniente da Magonza che, dopo aver studiato ad Atene, fu eletta papa nel 855 e regnò  per  due anni  senza essere scoperta. Durante una processione in Laterano sarebbe stata assalita improvvisamente dalle doglie del parto ed avrebbe dato alla luce un figlio: naturalmente non avendo avuto remore a farsi eleggere papa, nascondendo il suo sesso, tanto  meno ne aveva avute ai fini della mandatoria castità, materialmente offrendosi sino ad esecranda gravidanza. Ancora nel 1400 non ci si  poneva nessun problema nell'esporre nel duomo di Siena il busto della papessa Giovanna assieme a quelli di altri papi, sino a quando Clemente VIII non lo fece rimuovere.

Il sagace Boccaccio a piene mani riprese da questa vicenda per colorire un suo scritto. Altri ritengono che il nome di Giovanna sia stato imposto per scherno dal popolo di Roma a Giovanni VIII perchè tutto il suo pontificato fu dominato dalla personalità dell'amante Giovanna,  celebre cortigiana.

Altro esempio passato alla storia  perchè immortalato dal Manzoni, è quello di  Marianna De Leyva, figlia di Don Martino principe di Ascoli e conte di Monza, che,  fattasi suora nel 1591 col nome di Virginia Maria (mai nome si domostrò così improvvido),  ma detta Signora di  Monza,  per la relazione avuta con P. Osio, nella finzione letteraria chiamato Egidio, rimase gravida così da essere murata viva .

Altrettanto dicasi del superbo pittore Filippino Lippi (1457 + 1504) la cui storia ci è tramandata dal Vasari: era  figlio di Fra Filippo Lippi, anch'egli pittore, e della madre superiora del convento di clausura del Carmine di Firenze in cui l'artista era stato chiamato  per l'esecuzione di affreschi nella "Cappella Brancacci"; gli stessi affreschi incompiuti dal  padre, nella stessa cappella, furono terminati dal figlio Filippino, che però non risulta aver  imitato il padre anche nella stessa foga virile parallela all'arte, nei confronti delle calorose suorine.

Il problema che quindi non tardò a venire al pettine fu la conservazione dei beni eclesiastici che troppo facilmente venivano alienati dal clero  sposato.

Come curiosità storica, ma necessaria ad addurre un altro esempio di gestione dinastica della tiara pontificia e della evangelica abitudine di vendere sacramenti ed alte cariche, Benedetto IX passò il trono al padrino di battesimo Giovanni Graziano Pierleoni (Gregorio VI, 1045 + deposto nel 1046) per una somma di danaro corrispondente a quella che aveva distribuito per pilotare la propria elezione. Non tollerando di essere stato deposto, Benedetto IX fece avvelenare i due successori Clemente II (Suitgero  dei conti di Morsleben e Hornburg, 1046 + 1047) e Damaso II (Poppone di nobile stirpe bavarese 17.7.1048 + 9.8.1048).

Gherardo dei conti di Dollnstein-Hirshberg  (Vittore II, 1055 + 1057;  per  curiosità Vittore III  era, al secolo, Desiderio dei Duchi Longobardi di Benevento), fu l'ultimo papa tedesco e l'ultimo designato da un imperatore.

La dipendenza della chiesa dall'impero iniziò naturalmente con la straordinaria figura di Carlo Magno che, con la foga di un redivivo Costantino, era intervenuto nelle questioni interne  della chiesa  facendo pressochè scomparire i confini fra chiesa e stato. Nel suo testamento annovererà Roma semplicemente come uno dei suoi tanti arcivescovati. La sudditanza della chiesa dall'impero era proseguita  con  l'imperatore Lotario che emanò la "Costitutio Romana"; essa prevedeva che la  consacrazione del pontefice doveva aver luogo soltanto dopo che  il neoeletto avesse prestato giuramento di fedeltà all'imperatore.

Così nell' 824 il rapporto fra  papa ed imperatore era quello di una mutua dipendenza: per essere imperatore occorreva il papa e per essere papa occorreva l'imperatore.

Il legame indissolubile fra chiesa ed impero continuò con Ottone I  che emanò il cosidetto "Privilegium Otonis" del 13.2.962. In questo era riconfermato che in  merito all'elezione papale il neoeletto, prima della consacrazione, prestasse giuramento di fedeltà all'imperatore. L'andirivieni della pretesa dominanza dell'  uno sull'altro, cioè della pretesa volontà  di ingerenza dei Sovrani Pontefici sul potere temporale di altri stati,  compreso l'Impero, e viceversa con la pretesa di sottomettre il potere spirituale del papa al  temporale regio - o imperiale - altrui, o quntomeno di relegarlo al solo stato pontificio, durò,  con alterne vicende per diversi secoli. L'imperatore che meno si fece pestare i calli dai preti fu Ludovico il Bavaro che arrivò sino a Roma, si fece incoronare in Campidoglio, nominò un antipapa. Il re che con altrettanta determinazione agì nei confronti della decadente e corrotta Curia Romana fu Filippo  il Bello che proclamò i suoi poteri discendere  direttamente da Dio, senza l'intermediazione papale, quindi, con l'aiuto dei Colonna, sorprese il pontefice ad Anagni e  lo catturò.

Bolle, decreti ed editti  in tal senso, si sprecarono, dall'una e  dall'altra parte; ricorderò i due più significativi perchè emblematici del pensiero e perchè forieri di più conseguenze: La Bolla "Unam Sanctam" del 1302, nella quale Bonifacio VIII ribadiva la supremazia del potere  spirituale e la dipendenza dei sovrani dal papa anche sul piano del dominio temporale; la "Bolla d'Oro" promulgata da Carlo IV di Boemia nel 1356, per effetto della quale l'elezione  dell'imperatore fu sottratta completamente, anche sul piano formale, al papa e fu affidata ad un collegio di sette Grandi  Elettori di cui tre ecclesiastici e quattro laici. Con questa legge  l'impero riuscì a sottrarsi alle ingerenze del papato ma rinunciò al suo carattere universale in nome del particolarismo feudale germanico. L'ultimo imperatore a non ricevere investitura papale fu Massimiliano d'Austria; vedi Leone X .  -  nel 1492 al Langravio d'Assia .

 

Alessandro  VI (vedi sopra) nel 1493 a Ferdinando di Napoli   (vedi sopra).

 

Alessandro  VI (vedi sopra) nel 1497 a  Filippo d'Austria - (1478 + 1506) Filippo I d'Asburgo detto il Bello,  signore dei Paesi Bassi (1482) e re di Castiglia (1504) .Figlio dell'imperatore Massimiliano e di Maria  di Borgogna, sposò l'infanta Giovanna figlia di Ferdinando il Cattolico e di Isabella di Castiglia. Morì lasciando due eredi maschi Carlo V e Ferdinando I  e quattro figlie: Eleonora regina prima di Portogallo e poi di Francia; Isabella  regina di Danimarca; Maria regina di Boemia e di Ungheria; Caterina regina di Portogallo - .

 

Alessandro VI (vedi sopra) nel 1499 a Luigi XII di Francia  - detto  il  Padre del Popolo, passato alla storia per aver conquistato nel 1499 il ducato di Milano e  per essere stato sconfitto nella battaglia di Barletta dalle armi di Ferdinando di Aragona, re diSpagna. Sconfisse i Veneziani ad Agnadello (1509) ma poco dopo  (1511) soggiogato  dalla Lega Santa guidata da Giulio II dovette abbandonare l'Italia ed il ducato di Milano  - .

 

Alessandro VI (vedi sopra) a Luigi XII di Francia (vedi sopra) nel 1501.

 

Giulio II (vedi sopra) nel 1508 ad  Alfonso d'Este Duca di Ferrara - figlio di Ercole, duca di Ferrara e  di Modena, terzo marito di Lucrezia  Borgia . Sconfisse a Policella i  veneziani nel 1509. La sua corte fu fra le più fastose e colte d'Italia, protesse l'Ariosto a cui affidò il governo della Garfagnana. Primo condottiero a rendersi conto dell'importanza insostituibile dell'artiglieria, ne promosse l'uso  - .

 

Giulio II (vedi sopra)  nel 1508 ad Enrico VII d'Inghilterra  (vedi sopra Enrico VIII) .

 

Giulio II nel 1508 a Ladislao II d'Ungheria - Jagellone (1456 + 1516),  re di Boemia  (1471) e re di Ungheria (1490) .

 

Leone X (vedi Sopra)  nel 1514 a Giacomo V di Scozia - re di casa Stuart, lasciò il trono alla figlia Maria  Stuarda - .

 

Leone X (vedi Sopra)  nel 1515 a Emanuele di Portogallo - il Fortunato re dal 1495 al 1521, fondatore della potenza e  ricchezza portoghese nelle Indie.

 

Leone X  (vedi sopra) alla Repubblica di Firenze nel 1518.

 

Leone X  (vedi sopra) nel 1518 a Francesco I di Francia  - (nasce a Cognac  nel 1494, muore a Rambouillet nel 1547.)  figlio di Carlo d'Orleans, duca di Valois, e di Luigia di Savoia . Successe (1515) a Luigi XII, suo cugino e suocero, e cominciò il ramo dei Valois Angouleme. Nello stesso anno, scese in Italia, battè gli Svizzeri a Marignano e conquistò il Milanese.

Guerreggiò per tutta la vita contro Carlo V vinto nella battaglia di Pavia (1525), cadde prigioniero dell'avversario, perdendo come scrisse a sua madre "tutto fuorchè l'onore".

Ricuperata la libertà dopo un anno, firmò con Enrico VIII, re d'Inghilterra, e con gli stati italiani, degli accordi contro Carlo V. La guerra ricominciò e finì con la pace di Cambrai (1529), per la quale l'Italia rimase in balia degli Imperiali.

Nel 1536 invase il  Piemonte e si impadronì di Torino. A Ceresole sbaragliò Imperiali e  Spagnoli, ma la campagna gli riuscì disastrosa, e fu obbligato a firmare  con Carlo V la pace di Crepy (1544 ).

 

Leone X (vedi sopra) a Enrico VIII d'Inghilterra (vedi sopra) nel 1518.

 

Leone X  (vedi sopra) nel  1518 a Massimiliano d'Austria - Imperatore che nel 1493 successe al padre Federico III. Sposò Maria di Borgogna ed aggiunse il Tirolo  ai suoi stati. Fu il primo imperatore eletto senza consacrazione papale -  .

 

 

Clemente VII - Giulio de Medici (1523 + 1534) nipote di Leone X, moralmente ineccepibile era un uomo volubile, indeciso e timoroso per cui non seppe cogliere le ottime  occasioni che gli si presentarono e finì col procacciarsi presso amici e nemici la fama di  infido ed  inconcludente.

La personalità fondamentalmente incapace, frutto di uno dei tanti guasti del nepotismo, a confronto perdipiù con le grandi figure dell'epoca che andarono da Francesco I e Carlo V ad Enrico VIII, tutti dominatori nati, non poteva che uscirne  ulteriormente diminuita.

Infatti, proprio grazie a queste sue nefate doti caratteriali durante il suo pontificato si materializzò il "sacco di Roma" da parte delle truppe imperiali, il luteranesimo in germania si estese a macchia d'olio, si verificò il divorzio di Enrico VIII a cui seguì lo scisma della Chiesa Anglicana.

Nel "sacco di Roma" verificatosi nel 1527, si perpetrarono tremendi eccidi e la spietata violenza usata dalle truppe imperiali potè paragonarsi solo all'analogo assalto normanno del 1084.  Altri sacchi o assedi storici di Roma: assediata nel 579 e nel 592 dai Longobardi, nel 844  fu messa a sacco dai Saraceni.

Il pontificato di Clemente VII, che Leopold  Von Ranke ha definito il più nefasto di tutti i papi, fu effettivamente fatale, perchè il pontefice, che del resto aveva condotto una vita moralmente irreprensibile diversamente da tanti altri pontefici, aveva una paura incredibile del concilio che, mai indetto nonostate le plurime esortazioni in tal senso di Carlo V, avrebbe risolto molte problematiche statali . 

La sua morte fu considerata un vero colpo di fortuna per la Chiesa. -  nel 1529  a Carlo V - d'Asburgo politico profondo e volitivo, dalla personalità straordinaria, fu signore di Germania, d'Italia, di Spagna, delle Fiandre e d'America, di un impero sul quale  non tramontava mai il sole.

Non potè realizzare il suo sogno di una monarchia universale per  l'opposizione della Francia e dell'eretico Lutero.

Si ritirò, abdicando in favore del fratello, in un convento dell'Estremadura ed ivi morì nel 1558 a soli 58 anni. Figlio  di Filippo il Bello Arciduca d'Austria e di Giovanna la Pazza, figlia di Re Ferdinando d'Aragona ed Isabella di Castiglia. Divenne re di Spagna e delle Due Sicilie alla morte  dell'avo materno Ferdinando d'Aragona.

La corona imperiale ottenuta alla morte dell'avo paterno Massimiliano nel 1519, gli fu contesa da Francesco I re di Francia che  fu suo implacabile nemico sino alla morte (1547). Sconfisse  più volte  Francesco, facendolo anche prigioniero, ed il suo successore sul trono di Francia,  Enrico II.

Durante il sacco di Roma catturò Il papa Clemente VII, per poi farsi incoronare da questo imperatore in Bologna nel 1530.

Fu il fondatore dell'egemonia spagnola in Europa: egemonia conquistata  in contrasto con la Francia sui campi di battagia italiani - .

 

Clemente VII (vedi sopra)- nel 1529 a Filiberto Principe di Orange .

 

Clemente VII a Ferdinando I di Germania - (1503 + 1564) secondogenito di Filippo il Bello e fratello minore  di Carlo V nacque in Castiglia. Nel 1527 fu incoronato re di  Ungheria e di Boemia, poi fu eletto re dei Romani. Stabilì che gli imperatori non sarebbero più stati incoronati dal papa, così che  il fratello maggiore Carlo V risulterà l'ultimo nella storia come imperatore ad investitura papale; assicurò ai luterani il libero esercizio della loro religione - .

 

Paolo III (vedi sopra)  nel 1535  a Filippo di Spagna  - d'Asburgo, figlio di Carlo V, conchiuse vittoriosamente la semisecolare lotta di predominio contro la Francia con la  vittoria di San Quintino. Assicurò alla Spagna la supremazia in Europa. Si adoperò per il trionfo del cattolicesimo sul protestantesimo, sostenne una dura lotta per sottomettere le Fiandre ribelli. Assoggettò il Portogallo con tutto l'impero coloniale ma ebbe l'invincibile armada  distrutta dalla flotta inglese (1588) - .

 

Paolo III  (vedi sopra)  nel 1535  ad Andrea Doria - di grande ed insigne famiglia genovese che diede numerosi personaggi.  Grande statista e  capitano di mare (1466 + 1560).

Nella guerra tra Francia e Spagna fu dapprima al servizio dei francesi, poi di papa Clemente VII, e di nuovo dei francesi, liberando Genova dagli spagnoli.

Ammiraglio di Francesco I, malvisto dai cortigiani di questo re, lo abbandonò, e passò al servizio di Carlo V.

Nel 1528 cacciò i Francesi da Genova e ne riordinò il governo. Carlo V voleva farlo duca della  città conquistata ma egli ricusò l'alto onore, preferendo che la sua patria si reggesse a repubblica libera ed indipendente. Genova gli eresse una statua con l'iscrizione: "Al padre della patria".

Oltre ad Andrea hanno fatto parte della famiglia: Ambrogio (debellò nel 1379  a Pola la  flotta veneziana condotta da Vittor Pisani impadronendosi di 15 galee e di 1920 prigionieri), Branca (signoreggiò in Genova ed in Sardegna, uccise a tradimento suo suocero Michele Zanche. Dante - inf.  XXXIII, 137 -  immagina  che la sua anima sia giunta mentre egli era ancora  vivo nella Tolomea tra i traditori degli amici), Giacomo (naturalista, viaggiatore, fondò il museo civico di storia  naturale. Esplorò la Persia, l'Eritrea, il Borneo. Senatore nel 1890, presidente della Società Geografica Italiana nel 1891.), Lamba (alla battaglia dell'isola di Cursola nel 1298 tolse ai Veneziani 85  galee e 7400 prigionieri,  catturando Andrea  Dandolo e  Marco Polo), Oberto (debellò definitivamente i Pisani alla Battaglia della Meloria nel 1248), Paganino (vinse a Costantinopoli i Veneziani comandati da Niccolò Pisani nel 1352 . Nel 1354 a Porto Lungo li sconfisse nuovamente facendo prigioniero il Pisani ed impadronendosi di 35 galee), Percivalle (unico poeta di questa famiglia di ammiragli, aderì alla  scuola siciliana, + 1264).

La famiglia è tutt'ora fiorente nei vari rami dei Marchesi Doria,  Conti di  Montaldeo; dei Marchesi Doria, Patrizi genovesi, nella  linea di Gerolamo; Doria Nobili dei Marchesi, Patrizi  genovesi nella  linea di David; Doria Principi d'Angri e Duchi di d'Eboli nella linea d'Angri; Doria Panphilj Landi Principi di Torriglia, Principi di S. Martino, Principi di Valmontone ecc., nella linea Panphilj Landi; Doria Lamba Marchesi e Patrizi genovesi nella linea dei discendenti da Lamba.

 

Paolo III -  (vedi sopra) nel 1537  a Giacomo  V Re di Scozia  vedi sopra)

 

Paolo III  (vedi sopra)  nel 1538 a Sigismondo I di Polonia -  Il Grande (1467 + 1548), degli Jagelloni sottomise la Moldavia e la Valacchia . Conferì ad Alberto di Brandeburgo il titolo di Duca di Prussia. Introdusse ispirato dalla moglie Bona  Sforza  il  gusto  italiano del Rinascimento in Polonia. Passò anche alla storia per essere dotato di forza sovrumana .

Sigismondo investì Amedeo VIII di Savoia, detto il Pacifico, del titolo  di Duca di Savoia. Amedeo, morta la  moglie Maria di Borgogna, abdicò in favore del figlio Ludovico e si ritirò nel monastero di Ripaglia con sei  nobili cavalieri detti di San Maurizio, istituendo così l'Ordine di San Maurizio.

Nel 1439 Amedeo divenne antipapa con il nome di Felice V e, dopo aver tenuto il pontificato per 10 anni, dette  al suo stato il codice "Statuta Sabaudiae" che rappresenteranno una pietra  miliare  nella storia d'Italia e della Famiglia.

Amedeo è passato alla  Storia anche per l'aggiunta effettuata al Collare dell'Annunziata del motto F.E.R.T, acronimo ancora in vigore per la famiglia Savoia. 

Molte spiegazioni sono state date, sin ora, a queste quattro lettere misteriose, che secondo alcuni significano: "Frappez, Entrez, Rompez tout"; secondo altri: "Fortitudo eglius regnum tenuit", oppure "Fortitudo eglius Rodhum tenuit", alludendo ad una  presunta spedizione di Amedeo VI a Rodi.

Particolarmente suggestiva è l' Ipotesi che possa trattarsi dell'ammonizione  rivolta all'antenato Vittorio Amedeo II, gran donnaiolo, dal beato Sebastiano Valfrè suo  confessore: "Foemina erit ruina tua".  Ma non si capisce perchè i  Savoia avrebbero dovuto assumere  a  motto della casata una rampogna.

Molto più credibilmente l'acronimo potrebbe sottointendere la frase "foedere et religione tenemur", il cui significato - l'allusione ad un legame fondato su di un patto e sulla religione - riconduce non soltanto allo spirito del Collare ma al vincolo cavalleresco in generale.

Non va trascurata l'opinione di chi sostiene che F.E.R.T., invece di una sigla, possa essere una abbreviazione della parola "fertè" che in linguaggio arcaico starebbe per  "forteresse" o anche per "fermetè".

Più attendibile, però, considerata la vocazione di Amedeo VIII ad evidenziare negli statuti la natura anche religiosa dell'Ordine, composto appunto di 15 cavalieri  "in onore delle 15 allegrezze della Vergina Maria e di tutta la  corte celeste", appare la tesi secondo la quale F.E.R.T. sia voce del verbo ferre cioè portare o anche  sopportare, adottato per indicare la  fede da  "portare a Maria" o le pene da "sopportare per amore di Maria".

Nessuna di queste spiegazioni, comunque, ha tale fondamento da potersi considerare quella giusta in assoluto, per cui hanno probabilmente ragione coloro che attribuiscono l' origine del misterioso motto "a qualche personale avventura del Sovrano", rimasta segreta.

Era cosa comune, del resto, all'origine delle grandi case d'Europa, l'elaborazione di acronimi  e sigle bizzarre, dal significato indefinito, aperte alle più diverse interpretazioni .

Come l' "A.E.I.O.U." degli Asburgo, per lo più decifrato come "Austriae  Est imperare Orbi  Universi", cioè "spetta all'Austria dominare il mondo intero".

 

Paolo III (vedi sopra) nel 1539 al Marchese di Vasto Alfonso  d'Avalos - famiglia tutt'ora  fiorente nella persona del Duca Don Francesco, Principe del Sacro Romano Impero, Altezza Serenissima, Marchese di Pescara, Marchese del Vasto, Patrizio Napolitano -  .

 

Giulio III - Giovanni Maria del Monte (1550 + 1555) dopo un conclave protrattosi per oltre due mesi per le resistenze opposte dai cardinali tedeschi che non volevano più un papa  italiano nel timore  di veder  perpetuarsi il selvaggio nepotismo sin allora manifestatosi, ci si accordò sulla persona del cardinal Del Monte tipo gioviale e  vivace.

Il pontefice si dimostrò  amante della  caccia ed  il gioco d'azzardo, con una propensione smodata per la musica ed il  teatro.

Il Pastor scrisse di lui che non amava guastarsi con nessuno, amava vedersi dintorno delle facce contente e preferiva lo splendore del potere alla sua sostanza.

Il maggior merito fu senza  dubbio quello di aver riaperto il concilio di Trento il 1° maggio 1551 che però fu di nuovo sospeso per il tradimento del Principe Elettore Maurizio di Sassonia. Il  papa  nominò venti cardinali,  ma fra tante  personalità di reale prestigio elevò alla porpora cardinalizia un soggetto del tutto indegno: Innocenzo del Monte, quindicenne figlio adottivo del fratello.

Ridusse al lumicino le risorse economiche dello stato nella guerra  contro Ottavio Farnese nel tentativo di depredarlo del ducato di Parma e  Piacenza e nelle scaramucce contro i senesi.

L'avvenimento più importante  del suo pontificato fu la restaurazione cattolica in Inghilterra che, salutata a Roma  con sommo giubilo, capitò fra le  braccia del papa senza che egli avesse  mosso un dito per favorirla. – .nel 1551 a Cosimo I di Toscana -  Il Grande, figlio di Giovanni dalle Bande Nere,  a sua volta figlio di Giovanni di Pierfrancesco e di Caterina Sforza,  e di Maria Salviati . Ebbe da Pio V il titolo di  Granduca di Toscana nel 1569.

Curiosità storica: Granduchessa di Toscana divenne, ben più tardi, nel 1809, anche Elisa Bonaparte sorella di Napoleone. Napoleone infatti, figlio della Rivoluzione francese che aborriva Nobiltà e privilegi legati al nepotismo, cinta la corona  imperiale di Francia nel 1804, incoronatosi re d'Italia nel 1805, nominato il figlio della sua amante Giuseppina Beauharnais prima principe e poi vicerè d'Italia, incoronato suo figlio, avuto da Maria Luigia Arciduchessa d'Austria, re di Roma, iniziò a concedere ad ogni fratello e sorella titoli ed incarichi prestigiosi.

Le sorelle: Carolina, sposato gioacchino Murat, nominato principe, divenne regina di Napoli;  Paolina, data in moglie al principe Borghese, fu poi  nominata duchessa di Guastalla; Elisa nominata  prima  duchessa di Lucca e poi di Piombino, fu fatta assurgere, come sopra detto, al rango di granduchessa di Toscana.

I fratelli: Gerolamo fu nominato re di Vasfalia; Giuseppe re di Napoli e poi di Spagna; Luciano  solo principe di Canino perchè ebbe  il pudore di rinunciare al trono di Spagna prima,  d'Italia dopo, affertigli dal fratello; Luigi re d'Olanda. Per fortuna che dei tredici figli avuti da Carlo Maria Bonaparte e Teresa Ramolino erano sopravvissuti solo 5 maschi e tre femmine e alla  faccia dei principi informativi della Rivoluzione francese! Del Principato di Piombino, feudo prima degli  Appiani e dei Ludovisi e poi dei Boncompagni, fu  Governatore Generale Carlo Squarti: l' evento risulta desumibile da causa del 1752 contro Anton Lorenzo Baccetti, Archivio dei Brevi, Archivio Borghese, Città del Vaticano, prot. 384, n. 86 .

La sua vita fu funestata da gravissimi lutti familiari con la  morte della moglie e di due figli.

Cosimo  dimostrò le sue migliori doti di politico e statista nella trasformazione dello stato da repubblica a principato assoluto,  soffocando nel sangue i tentativi di restaurazione repubblicana da parte dei fuoriusciti come Filippo Strozzi, demente aristocraticoevidentemente, rinnegato (Strozzi : principi di Forano, duchi di Bagnolo, patrizi fiorentini,  nobili romani e di San Miniato) .

Istituì l'Ordine cavalleresco di Santo Stefano di Toscana per  proteggere le coste dalle frequenti incursioni barbaresche nel 1564. - .

 

Giulio III  (vedi sopra) nel 1552 a Filippo II di Spagna - (vedi sopra) - .

 

Giulio III ad Ercole II d'Este, Duca di Ferrara - figlio di Alfonso I e di Lucrezia  Borgia. Come curiosità si può ricordare che ebbe come segretario personale Bernardo Tasso, padre  di Torquato.

La casa d'Este si estinse con Ercole Rinaldo III che, senza eredi maschi, lasciò il ducato a Maria Beatrice, sposa dell'Arciduca Ferdinando d'Austria con il quale  si inizierà la casa ducale Austria-d' Este - .

 

Pio  V - Antonio Michele Ghisleri (1566 + 1572) imposto dal cardinale Carlo Borromeo, fu uomo di profonda pietà ma anche oltre misura esagerato nelle minute pratiche del culto; celebrava la messa tutti i giorni, cosa allora tutt'altro che ovvia persino fra i cardinali più zelanti. I suoi pasti erano estremamente frugali e non mancava di minacciare quotidianamente il cuoco se, nei giorni di astinenza, avesse portato in tavola cibi proibiti.

Impose alla curia la medesima linea di gretta austerità. L'intolleranza, dote non certo evangelica, lo condusse ad inasprire l'attività dell'Inquisizione tanto che sotto il suo pontificato il numero di processi ad ebrei, musulmani ed  eretici, assunse proporzioni sconcertanti.

L'Inquisizione, cioè della applicazione della giurisdizione eclesiastica, come ricerca e  punizione degli eretici, risale alla fine del XII secolo (1184). L'istituto fu regolato da Innocenzo  III nel 1215 e da Gregorio IX nel  1229. Lo stesso Gregorio IX ne fece un istituzione alle dirette dipendenze papali, mentre prima dipendeva  dai vescovi, e l'affidò ai Domenicani  nel 1236. Dopo la morte di San Domenico Innocenzo IV ne estese la competenza ai Francescani nel 1246.

L'attività dell'Inquisizione fu assai intensa nei secoli XII ° e XIII°, diminuì nei due secoli successivi, per riaccendersi nel secolo XV° in Spagna contro i Giudei e contro i Musumani e nel XVI° e XVII° contro, sempre i giudei, ma  con l'aggiunta dei Protestanti.  Innocenzo III (Lotario dei Conti di Segni, 1198 + 1216 ; Conti era il cognome della famiglia e non titolo; tale famiglia espresse ben quattro papi) nel quarto concilio  Lateranense del 1215 pretese alcuni canoni che bollarono l'usura praticata dai giudei ai quali fu imposto l'uso di un abito particolare onde potessero sempre e dovunque riconosciuti.

L' Inquisizione medioevale praticata durante il pontificato di  Gregorio IX  (Ugolino dei Conti  di Segni, 1227 + 1241), va interpretata nell'ottica del tempo:  era  un epoca  che nelle questioni inerenti la fede non tollerava alcuna libertà di pensiero e di parola.

Perciò la deviazione dalle linee di fede fissate dal papato non era soltanto un segno di presunzione, ma ancor più un atto di insubordinazione alla legittima autorità che si attribuiva il diritto assoluto di decidere in tutti i problemi. A Sinibaldo Fieschi (Innocenzo IV, 1243 + 1254)  passato alla storia come papa  giurista, si deve l'introduzione della tortura nei processi dell'inquisizione. 

A roma fu istituita da Paolo III  (Alessandro Farnese 1534 + 1549, ricordato per la copiosa prolificità che comportò quattro figli legittimi riconosciuti ed innumerevoli da altri  letti) nel 1542 e riorganizzata da Sisto V che la trasformò in Congregazione del Santo Officio Romano nel 1588 . Paolo III  riorganizzò l'Inquisizione più per difendere che per attuare la riforma.

Una commissione romana di 6 cardinali, fu incaricata di vigilare sulla genuinità della fede in tutta la chiesa e di procedere contro i sospetti di eresia. Presidente fu il severissimo cardinale Carafa, che dopo  aver mandato al rogo più di un povero Cristo, divenne papa col nome di Paolo IV. Altri celebri inquisitori furono i domenicani Iacob Sprenger ed Heinrich Institor che avevano edito il citato  "Malleus maleficarum" ed il domenicano Bernardo Rategno da Como, inquisitore nella diocesi lariana dal 1484 al 1506, che aveva scritto e pubblicato il "Lucerna inquisitorum Haeretica pravitatis" ed il "Tractatus de strigibus".

Compito del Santo Uffizio era quello di coordinare i poteri  attibuiti al tribunale dell'inquisizione;  tutt'oggi esistente è regolato dal canone 247° del codice del diritto canonico e da esso dipende la censura dei  libri . 

Proprio in Italia furono celebrati   alcuni fra i primi processi per stregoneria ; tuttavia le condanne al rogo furono relativamente poche grazie alla cautela dei tribunali che difficilmente in Italia, pronunciavano condanne a morte. Fanno eccezione la valli alpine, una delle zone europee ove le persecuzioni furono fra le più feroci.

Il passo per arrivare all'accusa per stregoneria - era possibile sul piano giuridico dal momento che la magia costituiva un crimine equiparato all'eresia - era breve.  Almeno due elementi fanno  da comun denominatore, perlomeno nei processi a grandi, e proprio per questo scomodi, personaggi, a molte vicende di stregoneria: il nesso tra  eresia  e maleficio ed  il peso esercitato dagli interessi politici .

Tre esempi per tutti:  Clemente V, cedendo alle pressioni di Filippo IV di Francia che tendeva ad incamerare le immense ricchezze dei Templari, ordinò  nel 1312 lo scioglimento dell' Ordine . Questo avvenne  dopo che nella notte del  13  ottobre del 1307 simultaneamente, per  impedirne  ogni difesa, tutti templari di Francia  erano stati prima arrestati, poi torturati per confessare inesistenti  eresie,  malefici  o reati infamanti  e quindi mandati al rogo. Traditi dal papa, benchè i migliori e più temuti cavalieri di Cristo, sottoposti per anni ad indicibili torture, ridotti a larve quasi vegetali, i pochi sopravvissuti andarono al rogo col gran maestro de Molay, maledicendo Filippo, Clemente V ed il consigliere regio Nogaret, artefice ed esecutore del piano.

Il secondo esempio è quello classico di Giovanna d'Arco, consegnata agli Inglesi e soppressa col rogo, come eretica e strega, solo perchè avversaria  politicamente e militarmente temibile.

Poco importa se la Chiesa nel 1920 si sia riscattata elevandola agli onori dell'altare.

Curiosità: il cognome originario di Giovanna era Darc, ma fu  cambiato però da Carlo VII nelle regie lettere patenti di concessione del titolo  nobiliare in d'Arc, perchè considerato cognome plebeo e non più confacente al nuovo status della pulzella.  

Napoleone I soppresse i tribunali dell'inquisizione nel 1808 ma  alla sua caduta risorsero per continuare ad essere tristemente ed orrendamente attivi sino al 1820 con roghi, sevizie e torture.

Il terzo quello del frate e scienziato domenicano Tommaso Campanella che sostenendo il valore dell'esperienza nell' indagine scientifica, l' idea di religione naturale,e per questo  condannato per eresia dai  suoi confratelli, anche in omaggio al governo spagnolo da lui avversato, passò, e gli andò bene vista l'abitudine a ricondurre alla ragione, eterna, gli  avversari, 27 anni  in carcere,  per poi morire in esilio in Francia.

Per ciò che concerne l'attività antiebraica della chiesa di Roma partiamo dal  ricordato Paolo IV che già dopo due mesi dalla elezione emana una bolla antiebraica "cum nimis Absurdum"e relega gli  ebrei di Roma in un quartiere  malfamato e malsano sulle rive del Tevere.

Ad Ancona il medesimo papa, in qualità di Principe di cristiana carità e perdono, fa bruciare 24 marrani - appellativo  dispregiativo  dato in Spagna a mori convertiti  di fresco - fuggiti dal Portogallo, vieta  il Talmud e tutte le sue  interpretazioni.

Pio V si segnala con la bolla antiebraica "Hebreorum gens sola" che in pratica decretava l'espulsione di antichissime  comunità ebraiche dallo Stato della chiesa ed accordava il permesso di insediamenti ebraici soltanto a Roma ed Ancona.

Gregorio XIII nella bolla antiebraica "antiqua Judaeorum probitas"  ed in altri decreti amplia di molto i diritti e poteri dell'Inquisizione nei confronti degli ebrei, vieta nuovamente il possesso del Talmud ed impone agli ebrei di Roma e di tutti i territori  della chiesa l'ascolto di prediche particolari.

Il medesimo papa fondò un campo di concentramento, visti gli insuccessi della missione fra gli ebrei adulti, per  rinchiudervi bambini ebrei e musulmani  che erano già, o dovevano diventare, cristiani: l'episodio racchiude inquietanti analogie con i campi di rieducazione politica in Siberia, per i pochi culachi sfuggiti alle stragi dei bolscevichi, o a quelli vietnamiti, per indigeni o soldati americani prigionieri, con una aggravante data dal fatto che i soldati americani ed i culachi non erano bambini.

Notiamo solo marginalmente che, nella guerra tra cristiani e turchi, gli ebrei erano molto apprezzati almeno come prigionieri o come schiavi.

Nell'isola di Malta, centro del commercio degli  schiavi nel mediterraneo, sotto la protezione dell'Ordine di Malta (!) venivano venduti di preferenza ebrei perchè comportavano elevate somme di riscatto.

Era così avviato un fiorente commercio di schiavi gestito dai cristiani a  spese degli ebrei che durò a  lungo, finchè gli pose fine, non un papa, ma l'imperatore Napoleone.

Fra le misure antiebraiche ecclesiastiche ricordiamo:

-Divieto di matrimonio e di rapporti sessuali fra cristiani ed ebrei (sinodo di Elvira, 306).

-Divieto per i cristiani di assumere cibo insieme agli ebrei (sinodo di Elvira, stesso anno).

-Agli ebrei non è lecito  ricoprire  cariche pubbliche (sinodo di Clermont, 535).

-Agli ebrei non è consentito di tenere presso di se servi, serve o schiavi cristiani (III Sinodo di Orleans, 538) .

-Agli ebrei  non è consentito farsi vedere per strada durante  la settimana santa  ( come  sopra).

-Rogo dei Talmud e di altri scritti ebraici (XII sinodo di Toledo, 681) .

-Ai cristiani è vietato consultare medici ebrei (sinodo di Trullano, 692).

-Ai cristiani non è permesso di abitare  presso ebrei (Sinodo di Narbonne, 1050).

-Gli ebrei devono versare alla chiesa le stesse decime versate dai cristiani (sinodo di Gerona, 1078).

-Divieto di lavorare di Domenica (Sinodo di Szabolcs, 1092).

-Gli ebrei non possono testimoniare o accusare contro i cristiani (Concilio Lateranense III, 1179, can.26).

-Agli ebrei è vietato diseredare i loro fratelli passati al cristianesimo (Concilio  Lateranense III, 1179).

-Gli ebrei devono portare un distintivo sui vestiti (Concilio Lateranense IV, 1215, sull'esempio di un decreto del califfo Omar I  - 630-644 - secondo cui i cristiani dovevano portare una  fascia azzurra e gli ebrei una gialla).

-Divieto di costruire sinagoghe (Concilio di Oxford, 1222).

-Ai cristiani non è concesso di prendere pane alle feste ebraiche  (Sinodo di Vienna, 1267).

-Gli ebrei non possono disputare con gente semplice sulla fede cattolica (Sinodo di Vienna, 1267).

-Gli ebrei possono abitare solo quartieri ebraici (Sinodo di Breslavia, 1267).

-Ai cristiani non è lecito affittare o vendere  beni e  terreni agli ebrei (Sinodo di Ofen, 1279).

-Va considerata patente eresia il passaggio di un cristiano all'ebraismo o il ritorno  di un ebreo battezzato alla sua precedente religione (Sinodo di Magonza, 1310).

-E' vietato vendere o impegnare oggetti di provenienza eclesiastica agli ebrei (Sinodo di Lavaur, 1368).

-Gli ebrei non possono fare da mediatori di contratti fra cristiani, in particolare in contratti matrimoniali (Concilio di Basilea, 1434, XIX sessione).

-Gli ebrei non possono conseguire gradi accademici (Concilio di Basilea, 1434, XIX sessione).

Facendo un rapidissimo excursus della  storia degli ebrei, ci si chiede se veramente questi siano stati  sempre sfortunate vittime, come  loro vorrebero far credere, o se in realtà, ovunque abbia germogliato la  pianta di Sion, si siano create condizioni di impossibile  convivenza con altre religioni e altre razze, (principi  per l'ebreo peraltro coincidenti)  per l'aggressività innata, l'intolleranza più violenta, la  volontà di predominio religioso  e razziale messo in atto dagli ebrei stessi.

La stirpe semitica sarebbe originaria della Mesopotamia. Emigrati dalle Palestina in Egitto e  raggiunte posizioni previlegiate, ben presto ne vennero scacciati. Sottomessi e quasi estinti i Cananei le 12 tribù originarie  fondarono il loro regno che divenne unico sotto Saul XI secolo A.C.. Nel secolo X  David stabilì la capitale a Gerusalemme  ed il figlio  Salomone vi eresse il famoso tempio. Dopo Salomone lo stato si divise in due regni: il regno di Israele ed il regno di Giuda che ebbero entrambi storia avventurosa. Il regno di Israele cadde sotto la dominazione assira e gran parte della sua popolazione deportata nel secolo VIII. Il regno di Giuda subì la  medesima sorte per mano dei babilonesi guidati da  Nabucodonosor, nel  (586) .

Quando l'impero babilonese  cadde per  mano di Ciro, re dei persiani, agli ebrei fu concesso di ristabilirsi in Palestina (538) ove però non ebbero  l'indipendenza. Prima i persiani (538-332), poi Alessandro il macedone  (332-323), poi i re d'Egitto, eredi di Alessandro (323-197), poi i re di Siria, pure eredi di Alessandro (197-165) dominarono più o meno duramente il paese dal quale si iniziò in quel periodo, scientemente preordinata, l'invasione silenziosa di Grecia, Egitto e Roma.  Dal 165 al 63 il regno di Giuda riebbe l'indipendenza sotto la dinastia dei Maccabei, principi sacerdoti.

Dal 63 si iniziò la dominazione romana prima sotto forma di protettorato, poi, dopo una ribellione repressa dopo 4 anni di lotta  durissima ( 66-70) in forma diretta dagli imperatori Vespasiano e Tito.

Quest'ultimo espugnò Gerusalemme, distrusse il tempio e l'arca contenente le tavole della legge mosaica. Dopo di allora, in maniera massiccia e più  evidente, gli ebrei abbandonarono la palestina iniziando la diasporà che li vedrà infettare tutto il mondo conosciuto: divisi e miscelati alle altre popolazioni,  divennero indominabili come popolo, ma  uniti e conservando la loro lingua, per  ogni altra manifestazione comune, rappresentarono da allora in poi  un tessuto solo all'apparenza integrato negli organismi ospiti .

Tale comportamento diede luogo nel tempo a fenomeni di rigetto delle popolazioni silenziosamente invase che prende il nome di antisemitismo il quale, manifestatosi da subito dopo la diaspora, nell'antichità ha visto nel medioevo il suo apice in episodi talora violentissimi.

Molti governi, fra i quali come visto lo Stato della Chiesa,  misero in atto una politica di persecuzione e di  discriminazione fra gli elementi nazionali e quelli ebraici, via via abbandonata nei secoli XVIII e XIX . Da allora, in seguito all 'uscita dai ghetti e alle elevate posizioni da essi raggiunte in campo finanziario, bancario, commerciale ed intellettuale l'antisemitismo si manifestò ad intermittenza in Russia, Austria, Francia dopo il 1870.

Dopo la prima  guerra mondiale si riaccese in Polonia, Romania ed Ungheria sino all'apice, più conosciuto e criminalizzato, del Nazionalsocialismo in Germania. Il programma sionista fu teorizzato da Teodoro Herzl nel 1895.

Alla stirpe ebraica appartengono non solo i  maggiori esponenti della finanza  internazionale (Krakmanicoff, Rokfeller, Morgan, Roschild ), ma anche i più eminenti rivoluzionari dell'economia (invasati avanzi umani come Marx ed Engels), della politica (Stirner), dell'antropologia (Lombroso, Nordau), della psicologia (Freud) della storia delle religioni (Reinach) della fisica (Einstein, Oppenheimer, Pontecorvo), della medicina (Wasserman, Schik, Widal, Ehrlich, Warburg, Salk, ecc.), dei mezzi di comunicazione e di propaganda di massa, non ultimi l'editoria ed il cinema. Quest'ultimo, in particolare negli Stati Uniti d'America, come produttori, soggettisti, registi ed attori risulta completamente in mano giudea e questo spiega i tediosi e ripetitivi riferimenti all'olocausto e a quant'altro comunque connesso.

Sin dai  primi secoli il cristianesimo fu teatro di numerose eresie. Fra le cinque principali ricordiamo: Manicheismo, a cui aderì anche Sant'Agostino prima della  conversione; Donatismo, dariva dal vescovo di Cartagine Donato che si opponeva  ai legami Chiesa- Impero; Arianesimo, dal vescovo Ario che fece traballare il concetto di Trinità; Priscillianesimo, dal vescovo spagnolo Priscilliano che considerava l'anima un emanazione  di Dio ed il corpo una emanazione demoniaca. Fra le altre sette minori ma che procurarono molto lavoro per  la Santa Inquisizione ricordiamo:  gli Esicasti, i Catari detti anche Albigesi,  i Valdesi  che nell'XI secolo aderirono alla Chiesa Protestante e i Lollardi seguaci di John Wycliff in Inghilterra e di Jan Hus in Boemia (quest'ultimo fatto  catturare ed uccidere a tradimento dai Santi Padri riuniti in Concilio a Costanza, nonostante il salvacondotto regio che Johm portava seco, nel XV secolo, vedi  poi). La ferocia che animò i santi padri cristiani nella tolleranza per ogni creatura di nostro Signore, portò allo sterminio, per eliminazione fisica, degli Albigesi  in una crociata bandita ad hoc da Innocenzo III, durata dal 1208 al 1213 e nella quale si verificarono  crudeltà bestiali,  e alla evangelizzazione coatta dei popoli baltici da parte dei Cavalieri dell'Ordina Teutonico che, per redimere al verbo   amoroso e paterno di Cristo,  trasformarono la guerra di religione in intensa opera di sanguinosa, atroce e spietata colonizzazione nel XII-XIII secolo.

La guerra all'eresia in Europa fu guerra di sterminio, condotta con metodi di tale crudeltà da non poter essere in alcun modo paragonabili a quelli praticati, da entrambe le forze in  campo, in Terrasanta. Ma la palme dell'infamia, sotto questo profilo, spetta all'Ordine del Rosario, costituito nel 1205 da Domenico di Guzman  (San Domenico, fondatore dei Domenicani, ed inquisitore per vocazione) con licenza del pontefice Innocenzo III allo scopo di annientare in Linguadoca l'eresia catara, detta anche albigese dalla città di Albi, dove il  suo credo era particolarmente diffuso.

Due erano i doveri essenziali di questa "religiosa milizia": recitare ogni giorno il rosario ed  "estirpare" l'eresia. Ma l'eresia catara rappresentava il tessuto ideale di una civiltà evoluta, in seno alla quale fiorivano le lettere e le arti, nel benessere generale di una popolazione industriosa e mite.

Per "estirpare" dunque l'eresia fu necessario cancellare l'intera civiltà di Linguadoca. Per farlo si dovè ricorrere ad  una vera e propria crociata, ad una guerra d'invasione, la cui ferocia è desumibile da questo scambio di battute tra un prete ed un cavaliere:  "Che nessun eretico abbia salva la vita!", incita il prete.  "Ma come faremo a distinguere gli eretici dai cattolici?",  domanda il cavaliere, animato evidentemente da un barlume di umanità.

"Uccideteli tutti!"  risponde il prete.  "Dio saprà riconoscere i suoi".

I cavalieri del Rosario si distinsero nell'adempimento di questo atroce compito .

Senza rendersi probabilmente conto che, sterminato l'intero popolo albigese, l' Ordine stesso avrebbe cessato di esistere per l'esaurimento del più pressante dei suoi scopi. Che senso avrebbe avuto infatti un Ordine "cavalleresco" con il compito esclusivo di recitare ogni giorno il rosario?  Per questo poteva bastare una compagnia di frati. E così fu.  Conclusa la crociata contro i Catari, l'Ordine fu sciolto e miniaturizzato in tante piccole confraternite, con il compito di diffondere il culto del rosario.

Dopo aver represso  le eresie dei primi secoli la Chiesa si trovò alle prese con gli scismi  fra i quali ricordiamo: il primo e più rovinoso fu il così detto Scisma d'Oriente del 1054 che vide l'intiera chiesa greca staccarsi da Roma ed autonominarsi ortodossa. Alla greca seguirono altre chiese ortodosse fra  cui la russa e la melchita (in territorio arabo).

Tutte le ortodosse, che oggi contano in tutto il mondo 100milioni di seguaci, sono indipendenti fra loro, rette da vescovi chiamati patriarchi, si identificano con il territorio geopolitico a cui appartengono.

Lo Scisma di Occidente a cavallo fra  il XIV-XV secolo, successivamente ricomposto, fu provocato dal trasferimento del papa ad Avignone : alla morte di Gregorio XI furono nominati papi Urbano VI e Clemente VII a quali il concilio di Pisa agli inizi del '400 aggiunse la nomina di Alessandro V.

Dopo scismi ed eresie la chiesa cattolica si trovò di fronte la Riforma Protestante nel XVI secolo, promossa dal monaco tedesco Martin Lutero che trovò facile appiglio di ribellione contro la chiesa di Roma nel lusso, l'abuso di  potere, la vendita spregiudicata e a caro prezzo  di indulgenze da parte delle gerarchie eclesiastiche. Il Protestantesimo si divise in tre grandi rami: Luterani, presenti prevalentemente in Germania, Scandinavia e Stati Uniti, con circa, oggi, 150 milioni di  fedeli; i Calvinisti, in Francia chiamati Ugonotti, presenti prevalentemente in Scozia, Paesi Bassi, Ungheria e Svizzera, con 50 milioni di fedeli; gli Anglicani, presenti prevalentemente in Inghilterra e paesi anglosassoni, con trenta milioni di affiliati.

Il Metodismo, altra confessione nata in Inghilterra nel XVIII secolo e presente  oggi prevalentemente  negli Stati Uniti, conta 40 milioni di fedeli.

In realtà il Cattolicesimo, che dopo il Paganesimo della romanità, i  misteri   Orfici ed Eleusini importati dall'Oriente per soddisfare il crescente bisogno di spiritualità, si trovo a dover combattere anche lo Gnosticismo  dei primi secoli, ha potuto permettersi di demonizzare le altre religioni  condannandole come eretiche, atee  o pagane solo perchè riuscito vincitore  nello scontro e, come si sa, la storia  viene sempre scritta dal più forte o dal vincitore. Verosimilmente la chiesa cattolica  è stata molto aiutata dall'intolleranza tipica delle religioni monoteiste e dalla aggressività che ha avuto la sua più efferata manifestazione nella ferocia dell'Inquisizione.

Altrimenti non si riesce a spiegare  come, partiti dal mondo pagano, continuando con gli Gnostici che contavano all'epoca milioni di seguaci, si possa  essere giunti nei primi secoli dopo Cristo,  alla quasi completa conversione del mondo  europeo: non è credibile la balla del proselitismo mentre  invece, molto più verosimilmente, viene da pensare all' eliminazione fisica, applicata con metodo e scientificamente pianificata, dell'avversario. Vale la pena ricordare che lo Gnosticismo, che ebbe come rappresentanti principali Valentino, Saturnilo, Marcione e Basilide ognuno dei quali diede luogo a filoni diversi dello stesso complesso di concetti filosofico- religiosi, uscito sconfitto con la  lotta titanica con il soglio di Pietro, ebbe come discendenti ideali la Cabala e vari  aspetti dell'occultismo medioevale ed  anche per questo fu sempre ed aspramente  combattuto dalla chiesa .

La  rigida  e bacchettona riedificazione spirituale attuata da Pio V  trasformò Roma in un tetro monastero.

Il 25 febbraio 1570  scomunicò e depose la regina Elisabetta d' Inghilterra e, pena  di altrettanta scomunica, sciolse i suoi sudditi (praticamente istigandoli alla sovversione e  all' anarchia) dal dovere dell'obbedienza al sovrano. Frutti raccolti : non solo non ottenne lo scopo prefisso, ma di fatto contribuì all'inasprimento delle pene  e rappresaglie, nell'ambito della dura persecuzione già in atto, nei confronti dei sudditi cattolici.

Riuscì in vero ad ottenere, dilapidando energie e ricchezze dello stato, a coalizzare Spagna, ducato di Savoia, cavalieri di Malta, granducato di Toscana e Venezia contro i Turchi, ottenendo la splendida vittoria di Lepanto nel 1571, che,  anche se non riuscirà a liberare Cipro, servirà sopratutto a minare l'ormai consolidato mito di invincibilità dei Turchi per mare.  Alla battaglia, svoltasi il 7 ottobre 1571, presero parte 114 galee veneziane al comando di Sebastiano Venier ed Agostino  Barbarigo; 81 galee spagnole comandate da  Giovanni Andrea Doria; 12 galee  papali al comando di Marco Antonio Colonna; 3 galee sabaude, comandate da Andrea Provana;  3 galee dei Cavalieri di Malta; in complesso una forza di 20.000 uomini, in maggioranza italiani, sotto il  supremo comando di Don Giovanni d'Austria.

Le forze turche, al comando di Alì Pascià, comprendevano 208 galee ed una settantina di navi leggere da corsa. I rematori delle galle turche erano tutti schiavi cristiani in catene.

Alla superba  vittoria, al seguito del Colonna, partecipò, sebbene sedicenne, il giovane Marco Antonio Squarti da Orte  che,  divenuto Luogotenente della Milizia ed accompagnato dell' Alfiere Ser Marzio Plani, coetaneo e parente acquisito, darà poi prova di grande valore nelle battaglie dette del Patrimonio  al  servizio di papa Pio V .Tali notizie su Marco Antonio Squarti si desumono dal Leoncini, Vol.III, foglio 102 e dal Martinori nella  Cronistoria delle famiglie Ortane, bibioteca comunale di Narni .

Alle dipendenze di Pio  V lavorò il Vignola, celeberrimo architetto, autore della  chiesa del Gesù in Roma. - nel 1566  al Duca d'Alba - Fernando Alvarez di Toledo, generale di Carlo V e Filippo II, governatore delle Fiandre, ebbe l'alta onorificenza con la altisonante ma  non certo onorevole, motivazione di rappresentare "il flagello degli eretici".  Il ducato d' Alba, di lì a pochi anni, passerà sotto l'egida sabauda di Vittorio Amedeo I .

 

Pio  V  (vedi sopra) nel  1570 a Don Giovanni d'Austria -  (1545 +  1578)  figlio naturale di Carlo V. Vedi battaglia di Lepanto - .

 

Gregorio VIII - Ugo Boncompagni (1572 + 1585) eletto con estrema rapidità per il volere di Filippo II re di Spagna.  Durante il suo pontificato si verificò la pestilenza del 1575 che infierì particolarmente su Milano di cui era arcivescovo S.Carlo Borromeo. (Altre pestilenze passate alla storia sono:  al tempo di  Pericle quella del 429 A.C., descritta da Tucidide e da Lucrezio. Quella del 1348 micidiale in Provenza e Toscana, descritta dal Boccaccio.  Di Venezia  nel 1510 con 20.000 morti in un anno. Milano nel 1575-76, di cui sopra. Ancora a Milano nel 1630, descritta dal Manzoni. Quella di Napoli del 1656 nella quale su 400.000 abitanti ne morirono 200.000, con punte, in estate anche di 10-15.000 al giorno.).

La condotta di vita  fu non solo ineccepibile ma addirittura edificante anche se , nell'ordinamento dei cardinali, non derogò alla regola di prediligere figli di  casate  principesche. Nominò  ad esempio Andrea d'Austria, figlio dell'arciduca Ferdinando II, pur non presentando questi nè età canonica nè altri requisiti di fondo per l'investitura in quanto estraneo allo stato clericale.

Non pago, in seguito, lo nominò vescovo di Costanza, di Bressanone e governatore dei Paesi Bassi.

Tutto sommato però la pratica di prediligere rampolli di grandi  casate per le investiture alle alte gerarchie della chiesa, fece in modo che nel regno, (perchè di monarchia assoluta, anche se  non dinastica, si trattava) rimanesse inalterato nel tempo il carattere aristocratico dello Stato, con tutti i riflessi di cultura,  signorile  eleganza e pienezza di principi morali che questi personaggi seppero, nel mondo brutalmente incolto e volgarmente plebeo della maggioranza dei credenti in cui furono immersi, innegabilmente irradiare. 

Una sorta di sostituzione inoltre, rispetto alle altre case regnanti, dei matrimoni contratti a fini di alleanza, con nomine alle alte prelature, pratica dimostratasi vincente a fini diplomatici ed economici,  per  millenni.

D'altronde in un universo ove Cristo è re, come il suo rappresentante in terra, sarebbe inconcepibile che i ministri di questo stato fossero di oscure origini. Senza considerare che la nobiltà traeva  origini e legittimazione da una razza dello spirito, anteriore e superiore alla razza del sangue:  l' una non poteva esistere in assenza della premessa dell'altra, e viceversa,  in una sorta di teoria metafisica delle caste. Chi meglio, agli occhi del popolo, nella sua sacralità  immanente di origine, era titolato in terra a rappresentare il tramite con il mondo celeste, se  non il nobile di sangue? Peraltro la chiesa che da decenni ha messo in moto un processo di volgarizzazione degli apparati, di umiliazione dei riti nella forma e nella sostanza, di democratizzazione dei rapporti con il volgo dei fedeli, che cosa ha ottenuto se non lo scadere del sentimento di fede, se non un' infame secolarizzazione delle coscienze con l'inevitabile risvolto del tentennamento nella professione della dottrina ed una tremenda crisi nelle vocazioni? La supremazia della chiesa cattolica nell'onnipotenza di Dio e nell'eternità dei principi enunciati ha ricevuto il colpo di grazia nell'abbandono della lingua latina, idioma dei Padri della Chiesa, tramite  per millenni di estasiate preghiere, mezzo che ingiungeva, nel ricordo di Roma, un predicato comune per tutti i sudditi di Cristo decretandone in qualunque parte del mondo, l' inoppugnabile  universalità del verbo.

Daltronde il prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede Cardinale Ratzinger ha affermato che “La crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dalla riforma liturgica che ha prodotto danni estremamente gravi per la fede“.

Il mondo cattolico mostra una certa insofferenza  per certe liturgie troppo creative, involgarite ed  umanizzate, spogliate del mistero e del silenzio.

Nel 1984 Giovanni Paolo II, non sordo ai molti che rinpiangono la messa così detta tridentina o di San Pio V ed il canto gregoriano, ha concesso  l’indulto per la messa antica  ai fedeli che  ne fanno richiesta all’ordinario del luogo. Il Santo Padre ha stabilito che sia “ovunque rispettato  l’animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un ampia e generosa applicazione del messale del 1962“ e chiesto che alla sua volontà “si associno quelle dei vescovi  e di tutti coloro che svolgono nella Chiesa il ministero pastorale“  (Motu Proprio Ecclesiae Dei, del 1988) .

C’è da dire che molti vescovi non si sono uniformati a queste disposizioni e molti sacerdoti si sono rifiutati. Arrivare a disattendere, diciamo pure a disobbedire il Capo della Chiesa, papa Giovanni Paolo II, è qualcosa che assomiglia all’ammutinamento. Perchè il voto di obbedienza sarà anche considerato dai preti modernisti una ciarlatanata antidemocratica, ma a quanto ne sappia, non è stato nè revocato nè mitigato. E’ davvero generoso l’impegno delle gerarchie nell’aprirsi alle altre fedi, nel concedere chiese agli ortodossi, tutt’ora scismatici, nel favorire la costruzione di moschee, nel tollerare  la  “creatività“, oggi così di moda, nel rito della messa, chiudendo un occhio, anzi due, sulle variazioni per renderlo, quel rito, più glamour. Non si capisce davvero perchè tanta larghezza di vedute si esaurisca di fronte ai fedeli poco amanti del frastuono e del cancan liturgico, ai fedeli che sommessamente chiedono di partecipare ad una messa che non sia spettacolo, ma mistero divino, rinnovamento del sacrificio della Croce.

Ricordo che il messale tridentino, precedentemente redatto da San Gregorio, è  rimasto  in uso per un millennio e mezzo. Confortano in tal senso le parole pronunciate da Paolo VI allorchè manifestò l’impressione che il “fumo di Satana“ fosse entrato nel tempio di Dio: “Basta con la disobbedienza qualificata come libertà“. La Chiesa è cambiata, ed il cambiamento è registrato dallo smarrimento dei fedeli, perchè tentata da un “Illuminismo vagamente moralistico“ e da un “Cristianesimo sociologico senza Dogmi definiti e senza morale oggettiva“ come lamentò, inascoltato peraltro Papa Woijtyla .  

Il fedele che oggi diserta le chiese ed affolla i santuari è perché aborre il prete in jeans, che fa sociologia dal pulpito, che intraprende durante la santa messa dialoghi dall'altare con i fedeli, che si sbraccia soltanto per zingari e drogati. Al cristiano, che oggi demotivato non partirebbe certo più per una crociata, nausea la sostituzione della messa tridentina, l' abbandono dei canti gregoriani, l'oblio coatto del profumo d' incenso e dello sfavillio degli stucchi, soprattutto se in cambio gli vengono offerti dei giovani sciatti e dementi che strimpellano durante i santi offici, per intrattenimento una  chitarra. La coesione del mondo cattolico è  affidata alla tradizione,  agli usi e costumi, alle convinzioni, ai principi etici, all'  infiltrazione del mondo civile che l' hanno sostanziata e  permeata attraverso i secoli.

La religione cattolica così come sopravvissuta e tramandata  per secoli, abita in interiore nomine, la portiamo scritta dentro di noi : è nel linguaggio, è nel comune sentire di popolo che ha vissuto eventi, travaglio di pensieri e dominazioni, è nel temperamento, pur nelle sue varie sfumature; è nel paesaggio e nei centri storici, nei luoghi d'arte e di cultura, è nella memoria, è nella moda, nella gastronomia.

La tradizione ed il comune sentire impongono che il Papa, nell'interpretazione del verbo della chiesa, debba rimanere infallibile, non debba invece, perchè re, chiedere il perdono ad alcuno (ogni cattolico ricorda i molti cristiani resi schiavi, spellati, arsi vivi, impalati, solo perchè tali, dai musulmani; le persecuzioni in grande stile da parte dei luterani .

Non dimentica gli orfani irlandesi, quindi cattolici, dei soldati caduti nella guerra di Crimea, rinchiusi a forza dagli Inglesi nei collegi anglicani. Non scorda gli Zar che costringevano a divenire ortodossi i figli dei Polacchi ecc.).  Le sue gerarchie devono essere rappresentate da chi, iure sanguinis, può averne titolo e diritto. Perchè separare la Nobiltà dalla Chiesa quando, traendo ognuna forza e legittimità dall'altra dai tempi di Costantino il Grande e Teodosio, per almeno un millennio hanno saggiamente amministrato il mondo cristiano in una simbiosi tale che non si poteva parlare legittimamente di un titolo nobiliare senza essere cristiano  o, viceversa, amministrare  la chiesa di Dio  in assenza  principi e nobili  cattolici? 

La Nobiltà, avendo le proprie radici nell'Europa cristiana, non avrebbe potuto sopravvivere lontana dalle Chiese, dalla Corte e dalle terre ereditate dagli antenati.  Così la  Francia rivoluzionaria dovette rompere, contemporaneamente ed in modo radicale, con la Chiesa, con i castelli e con Versailles .

La chiesa che perde la nobiltà indebolisce se stessa e mina il suo prestigio: persino Napoleone, prima di poter creare una nuova nobiltà riconosciuta in Europa, ebbe   bisogno di farsi consacrare  imperatore dal papa; l'impero, il re  di Francia, di Spagna, di Inghilterra, sino al più piccolo ducato italiano, da sempre hanno condizionato l'elezione del papa e  ne hanno determinato le scelte di politica interna ed estera. 

La  forma e gli apparati del rito sacrale, debbbono rimanere immutati perchè, al di là di sciocche frasi fatte,  in sua carenza, è proprio il contenuto a risentirne,  risultandone svuotato.

Per tornare a Papa Boncompagni è suo merito aver fortemente voluto in Roma i collegi come  il Germanicum, l'Inglese, Greco, Maronita e Greco tutti affidati ai Gesuiti.

Roma divenne il centro delle scienze teologiche e della formazione sacerdotale per tutta la chiesa.

Al nome di Gregorio VIII è legata anche la riforma del calendario.

Nel 1572 salutò il bagno di sangue della notte di san Bartolomeo con un rito di ringraziamento, una medaglia commemorativa e trasmissione delle proprie congratulazioni alla famiglia reale di Francia oltre che, come detto in precedenza, con la concessione della Rosa d'Oro a Carlo  IX per i meriti  altamente crististiani (!) di aver dato personalmente il segnale dell'inizio dell'eccidio. Molti affermano che il Papa fosse all'oscuro delle trame  di Caterina dei Medici e del tragico massacro che si era compiuto  ai danni degli Ugonotti.

Daltronde  non meraviglierebbe più di tanto se il Santo Padre fosse stato, come invero più probabile, a conoscenza della strage, visto che nel corso della  storia dei Sovrani Pontefici, innumerevoli sono i casi di estrema ferocia dimostrata dai Papi nelle lotte di potere, ma non solo, persino nei confronti di altri papi. Pochi esempi per un idea però  più che eloquente:

Stefano III  (768 + 772) fece accecare ed orrendamente mutilare il predecessore Costantino II, già relegato nel monastero di San  Saba, che aveva avuto l'unica colpa di essere stato insediato dal fratello Totone duca di Nepi.  Giovanni VIII nell' 882 fu dapprima avvelenato, e poi, siccome la morte tardava, la dipartita fu accellerata  massacrandolo a  martellate.

Giovanni XVI,  invero antipapa, ma non certo peggiore o più empio degli altri esponenti saliti al soglio in quell'epoca, fu, con la apostolica benedizione di Gregorio V, prima torturato, sottoposto ad atroci sevizie,  orrendamente mutilato per essere poi, visto che, sfortunatamente per lui, era sopravvissuto, gettato in catene  agli arresti a vita.  Lucio II (1144 + 1145) morì colpito da una sassaiola durante i tafferugli attorno al Campidoglio.

Stefano VI (+ 897) inscenò il famigerato "concilio cadaverico": fece estrarre dalla  bara il cadavere di papa Formoso (+ 896) suo predecessore, lo collocò sul trono pontificio, lo sottopose a regolare processo. Strappatigli di dosso personalmente i paramenti pontificali lo bollò come papa illegittimo ed indegno. Mutilatolo della mano destra, i poveri resti in putrefazione avanzata (Formoso era stato sepolto il 4 aprile del 896, questa buffonata blesfema ed empia si svolgeva nella terza settimana di maggio dello stesso anno)  furono trascinati  per quello che rimaneva dei piedi all'esterno della sala conciliare fra le urla degli astanti, e gettati nel Tevere. Le plebi, più pie e morali di chi avrebbe invece dovuto rappresentare il sommo esempio, indignate ed inorridite per il  concilio cadaverico, sommariamente gettarono Stefano in carcere per poi strozzarlo .

Anche Pasquale II (Raniero di Bieda, 1099 + 1118) benchè passato alla storia  come pontefice pio e scrupoloso, non mostrò minore ferocia allorquando morì il suo antipapa Clemente : Pasquale ne fece riesumare, profanare e poi gettare nel Tevere il cadavere.

 

Altrettanto dicasi di Callisto II (Guido di Borgogna, 1119 + 1124) nei confronti dell'antipapa Gregorio VIII : catturato, venne spogliato dei suoi abiti pontificali, rivestito di ruvide pelli di caprone e  condotto in catene per le vie di Roma come un animale feroce, fra le beffe del popolo cane. Gregorio terminò i suoi giorni ai ferri perchè condannato al carcere a vita.

Bonifacio VIII mise ai ferri sinchè la morte non sopraggiunse, e purtroppo ci vollero ben due anni, il predecessore Celestino V non tanto  perchè colpevole di aver abdicato quanto perchè pericoloso concorrente in caso di postumi ripensamenti -  nel 1572  a Carlo IX di  Francia -  (1550 + 1574) figlio di Caterina de Medici e di Enrico II, ordinò e diresse in prima  persona la  strage degli Ugonotti . Gli Ugonotti altro non erano che calvinisti così soprannominati in Francia forse da derivazione del tedesco Eidgenossen (federati) o forse  dalla torre di re Ugo, di Tours, ove gli Ugonotti tenevano le loro riunioni. -

 

Gregorio VIII  (vedi sopra)  nel 1573 a Sebastiano re del Portogallo -. passato alla storia per aver tentato una crociata contro Mulai- Abd- el- Melek, imperatore del Marocco. Morì nella battaglia di Alcazar Kebir nel 1578 -.

    

Gregorio VIII  (vedi sopra) nel 1575 ad Ernesto di Baviera - principe  Elettore di  Sassonia. Suo successore  fu Ernesto I, il Pio, fondatore della casa di Sassonia- Gotha. -

 

Gregorio VIII (vedi sopra) nel 1575 a Federico Guglielmo di Cleves .  

 

Gregorio VIII  nel 1579 a Rodolfo II - (1552 + 1612) imperatore di Germania figlio di Massimiliano II. Fu privato dal fratello Mattia dell'Austria, dell'Ungheria, della Boemia e  finalmente anche dell'impero - .      

 

Gregorio VIII   nel 1579  Stefano di Polonia -  (1532 + 1586) Stefano Batory, re di Polonia.

 

Sisto V - (1585 + 1590) Felice Peretti, di origine contadina e destinato al mestiere di porcaro, potè  dedicarsi agli studi ed avvicinarsi all'ambiente eclesiastico grazie ai buoni uffici dello zio monaco francescano. Fattosi egli stesso monaco francescano, grazie a grandi doti di carattere ed intelligenza, rapidamente  si inerpicò nelle gerarchie ecclesiali.

Salito al soglio di Pietro in pochi anni, con fermezza  dispotica liberò Roma e lo stato della chiesa dal flagello del brigantaggio: "solo nel primo anno di pontificato, sarebbero rotolate più teste per le vie di Roma che angurie al mercato ortofrutticolo" .

Passato alla storia oltre che per il riordino della Curia, il risanamento delle finanze papali, la costruzione dell' Acqua Felice, la bonifica di molte zone  malariche intorno a Roma e la mania edilizia, anche per le tante sciocchezze partorite nella revisione della Vulgata, traduzione latina della Bibbia dal testo greco.

Convinto infatti della eccessiva  lentezza della commissione da egli stesso istituita per tale revisione, volle personalmente gestire l'elaborazione dei testi curati per la prima  volta da  San Girolamo, nella presunzione di infallibilità derivante dall'assistenza dello Spirito Santo, certa, per qualunque  pontefice.

Alla sua morte i cardinali si affrettarono a vietare la vendita di tanto concentrato di corbellerie - nel 1585  a Carlo Emanuele di Savoia - il Grande, figlio di Emanuele Filiberto, duca di Savoia. Continuando l'opera ricostruttrice del padre ottenne da Enrico IV di Francia la cessione di Saluzzo e  strinse con lui un alleanza intesa a cacciare gli spagnoli dall'Italia.  Morto Enrico IV e mutata la politica francese,si trovò osteggiato da Francia e Spagna: in tale occasione rivolse uno storico appello ai principi italiani invitandoli a scuotersi dalla predominanza straniera. Duca guerriero fu il primo ad introdurre nel suo stato un esercito permanente; ciò gli consentì di traversare senza danni  gravi crisi come quella della successione in Monferrato, quella contro gli agguerriti eserciti di Francia e dell'Impero.

Anche nelle opere di pace deve ricordarsi come uno dei più insigni e capaci principi italiani.- .

 

Sisto V   (vedi sopra) nel 1585 a Protasio in Giappone.

 

Sisto V   (vedi sopra ) nel 1586 a Vincenzo Gonzaga di Mantova - Vincenzo I (1562 + 1627),  chiese ed ottenne da Alfonso d'Este la liberazione di Torquato Tasso, che era rinchiuso nel monastero di S. Anna, dopo che era già stato rinchiuso più volte in altri monasteri per gravi turbe psichiche, e lo volle seco a Mantova. Fu pure  buon soldato. Alla sua morte  l'eredità del ducato fu contesa fra Carlo Gonzaga Nevers, sostenuto dai Francesi, e Ferrante Gonzaga, principe di Guastalla, sostenuto dagli Spagnoli e dall'impero  -  .

 

Sisto V   (vedi sopra) nel 1589 a Ferdinando I di Toscana -  ( 1549 + 1609) de Medici granduca di Toscana, cercò di conservarsi indipendente dal dominio spagnolo. Accrebbe la  potenza marittima dello stato. Accrebbe il porto di Livorno. Bonificò la Maremma toscana. Potenziò l'agricoltura ed i traffici. - .

 

Sisto V  (vedi sopra) nel 1590 a Sigismondo III di  Polonia -  (1566 + 1632) Sigismondo III Wasa, re di Svezia e di Polonia. Per  il suo favore verso i cattolici si alienò gli Svedesi, che elessero re suo zio Carlo IX . Combattè contro i Turchi e  contro Gustavo Adolfo di Svezia .  -.

 

Sisto V  (vedi sopra) nel 1586 ad Alessandro Farnese -  (1545 + 1592) uno dei più insigni capitani del XVI° secolo, al servizio di Filippo II di Spagna. Ricondusse alla dominazione  spagnola le provincie valloni delle Fiandre ribelli, organizzò una  grande spedizione terrestre a sostegno di quella navale (invincibile Armada) contro  Elisabetta d'Inghilterra, liberò parigi dall'assedio di Enrico IV  prima  che questi si convertisse. - .

 

Gregorio XIV  - Niccolò Sfrondati  (1590 + 1591) eletto per le pressioni spagnole e per i buoni uffici del cardinale Borromeo e Filippo Neri. Governò per pochi mesi, dal dicembre del ' 90 all'ottobre del ' 91. Daltronde dall ' agosto del  1990 al gennaio del 1992 il soglio  di Pietro vide sfilare ben cinque pontefici: Felice Peretti (Sisto V ), Giovan Battista Castagna (Urbano VII),  Niccolò Sfrondati (Gregorio XIV), Giovanni Antonio Facchinetti (Innocenzo IX)  ed Ippolito Aldobrandini (Clemente VIII). - 

 

nel 1591 a Filippo Infante di Spagna - detto Il Pio, futuro Filippo III, figlio di Filippo II d'Asburgo. Riuscì ad espellere i mori dalla  Spagna, fu padre di Anna d'Austria, futura madre di Luigi XIV.

 

Clemente VIII - Ippolito Aldobrandini (1592 + 1605), dalla vita sacerdotale esemplare, ma eccessivamente timido per un sovrano. Benchè anch'egli eletto per la pressioni spagnole, riconobbe re Enrico IV di Francia. Alla morte di Alfonso II d' Este, incorporò il ducato nello stato della chiesa. Mandò al rogo in Campo dei Fiori Giordano Bruno  come eretico impenitente perchè si ostinava a non riconoscere il mistero della Santissima Trinità.

Nello stesso anno 1600, benchè l'Inquisizione lavorasse a pieno regime, si ebbe un Anno Santo con un milione di pellegrini in Roma.

Il gesuita Bellarmino segnalò la scarsa confidenza del pontefice con la Teologia.

Creò cardinali due nipoti, Cinzio Passeri (il fastoso palazzo di famiglia è situato in Montegiorgio - A.P.-) e Pietro Aldobrandini, che, influentissimi nella politica papale,  funzionarono da bocca ed orecchio del Sovrano -.  nel 1596 a Ferdinando Principe di Transilvania - (1578 + 1637) nipote  di Ferdinando I,  intransigente oppositore del protestantesimo che perseguitò - .

 

Clemente VIII (vedi sopra)  nel 1599 ad Alberto Arciduca d'Austria   .

 

Paolo  V  - Camillo Borghese (1605 + 1621), scelse in nome di  Paolo in onore e memoria di Paolo III che aveva oltremisura favorito il padre. Succeduto ad Alessandro Ottaviano de  Medici (Leone XI) che, colpito da broncopolmonite durante la fastosa cerimonia di incoronazione, aveva potuto regnare per soli ventisette giorni. 

Coscienzioso e fondamentalmente neutrale  nella politica estera, eccessivamente fastoso nello stile di vita, lanciò la scomunica e l'interdetto, che sarà l'ultimo della storia  della chiesa, su Venezia, che avrebbe voluto instaurare  un regime svincolato dall'influenza temporale papale.

Per la minaccia di passaggio al protestantesimo di Venezia, il santo padre fu costretto ad una ignominiosa ritrattazione delle posizioni assunte con la revoca della scomunica e dell'interdetto, senza che la controparte avesse  minimamente  rinunciato al proprio punto di vista. Canonizzato Carlo Borromeo, nominò cardinale Scipione  Borghese, figlio di una sorella. Alle sue dipendenze  lavorarono il Bernini e  Guido Reni.  -  nel 1615 a  Luigi XIII Re di Francia  - di Borbone, detto Il Giusto, successe al padre  Enrico IV, dal 1610 al 1615 sotto la reggenza della madre Maria de Medici. Sposò nel 1611 Anna  d'Austria sorella  di Filippo III di Spagna.

Affidò con successo la sua politica al cardinale Richelieu, uomo dalla non comune lungimiranza ed intelligenza politica. Questo, non è il primo e non rappresenta l' ultimo esempio di politica, in particolare estera, demandata ad eminenti personaggi di chiesa: confronta, ad esempio, il cardinale Mazzarino, il cardinale Alberoni, il cardinale Azzolino  di Fermo, ecc..

Venne personalmente in Italia per contendere, con scarso successo, al duca Carlo Emanuele I di Savoia il Monferrato. Sotto il suo regno la Francia instaurò la sua secolare politica di predominio, mascherata da politica di equilibrio internazionale.- .

 

Urbano VIII - (1623 + 1644) Maffeo Barberini, succeduto a Alessandro Ludovisi  (Gregorio XV) . Sopravvissuto alla malaria che lo aveva colpito durante il conclave, vide morire invece, l'uno dopo l'altro, otto cardinali che nella stessa occasione avevano contratto analogo morbo.

Non manifestò alcun pudore, ancora  vivente, a farsi erigere  una  colonna commemorativa in Campidoglio. Il suo pontificato fu segnato, come peraltro quello del suo predecessore, da uno sfrontato nepotismo:  il fratello Carlo Barberini, occupato tutta la  vita ad accumular ricchezze, fu nominato capitano generale della  chiesa.

Altro fratello, Antonio ed i nipoti Francesco ed Antonio giuniore, creati prima cardinali poi investiti di innumerevoli prebende. Per l'erede maschio di casa  Barberini acquistò, con danaro naturalmente proveniente dalle  casse dello stato, il principato di Palestrina. Provò, con analoghe intenzioni, a mettere le  mani sul ducato di Castro, ma Odoardo Farnese di Parma, titolare del ducato, gli fece amaramente rimpiangere il bellicoso tentativo. Sotto il suo pontificato si verificò l'indegno processo a Galileo Galilei, che ormai anziano  scienziato, sotto tortura fu costretto a ritrattare le sue  pur giuste  dottrine, e condannato al carcere a vita. Questo papa, più avido che colto, commissionò il poderoso Ciborio sopra l'altare della Confessione in San Pietro. Per la  realizzazione non mostrò nessuna remora nello spogliare di tutto il bronzo le volte del Pantheon: da qui la famosa frase "Quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini" .

Come Urbano VIII morì di malaria, per curiosità storica, varrà la pena ricordare che Giovanni XII (955-963) affetto da linfogranuloma  venereo, morì d’nfarto durante un orgia; che Benedetto XII (1334-1342) era un incallito etilista;  che Urbano VI  (1378-1389) era alienato mentale; che Alessandro IV   (1492-1503) era epilettico; che Pio III  (1503) morì di setticemia a seguito di sepsi contratta durante un intervento chirurgico; che Giulio II (1503-1513) si curava l' artrosi con un unguento a base di latte e vermi; che Giulio III (1513- 1555) morì a seguito di una dieta eccessiva a cui era stato sottoposto ; che Paolo IV  (1555- 1559) combatteva i catarri bronchiali con dieta a base di formaggi - preferibilmente parmigiano e gorgonzola - ; che Pio IV  (1559-1565) si dedicava ad attività  fisica quotidianamente - fu sorpreso più  volte a correre per Roma -; che Clemente VIII (1592-1605), a seguito di ictus cerebrale, si fasciava il capo con viscere di agnello castrato; che Alessandro VII (1655-1667)  soffrendo di calcolosi vescicale e di frequenti coliche, non potè mai inginocchiarsi  per pregare; che Innocenzo XII (1691-1700) fu curato con fomenti di sangue di bue per una frattura di femore e che Clemente  XIV (1769-1774) morì certamente avvelenato o dalle pomate mercuriali che usava per curarsi la scrofola o forse, come più storici sono portati a credere,  dai Gesuiti . – nel 1645 a Ladislao Re di Polonia - Ladislao IV Vasa (1595 + 1648), re di polonia e per breve tempo Zar di Russia - .

 

Innocenzo X  -  Giovanni Battista Pamphili, ( 1644 + 1655) di aspetto fisico così  ripugnante,  che per  alcuni cardinali riuniti in concilio per l'elezione del nuovo pontefice,  rappresentò una qualità derimente.

Saggio e riservato, ma anche diffidente e volubile, non si sottrasse  alla ormai consolidata pratica  nepotistica, anche se con minore sfacciata protervia del predecessore, nominando cardinale l'inetto Camillo.

Tutta  la vita fu plagiato dalla forte personalità della nuora, donna Olimpia Maidalchini, dispotica arrampicatrice sociale, che, pur arricchitasi in maniera nauseante sfruttando l'augusta parentela, non seppe reperire il danaro sufficiente per la bara del pontefice. Per  curiosità storica, fra le molte donne che ricoprirono un ruolo di rilievo nella storia della sovranità pontificia non è possibile tralasciare il nome di Marozia, singolarissimo personaggio di cortigiana sanguinaria e di  scaltra arrampicatrice: Sergio III (+ 911) salì al soglio con la  forza delle armi, gettò in carcere ed ivi fece morire di stenti il prete Cristoforo che si era autonominato papa dopo aver a sua volta analogamente agito nei confronti di Leone V ( deposto nel 903) .

Sergio liquidò senza mezzi termini anche Leone V che ancora languiva in  carcere. Clamorosa la sua dipendenza dal console romano Teofilatto, dalla di lui moglie Teodora, e dalle loro figlie Marozie  e Teodora junior.

Di Marozia, Sergio divenne amante  avendone un figlio che diverrà papa col nome di Giovanni XI (+ 935).

Teodora Junior divenne l'amante di papa Giovanni X (+ 928) mentre Marozia, abbandonato il letto di Sergio III, sposò in prime nozze il marchese Guido di Toscana ed in seconde Ugo di Provenza.

L'attività diplomatica per l'ascesa al potere della spregiudicata nobildonna, proseguì  inesorabile: fatto uccidere in un primo tempo Pietro, influente  fratello di Giovanni X, in un secondo momento si occupò direttamente  del pontefice, che sappiamo amante della sorella e quindi cognato per "vias pudendas", facendolo imprigionare e quidi strangolare.

Marozia  divenne così la più potente senatrice di Roma e  arbitra incontrastata del soglio pontificio tanto da imporre, dopo l'assassinio di Giovanni X, l'elezione di Leone VI  (nel 928) e, alla  dipartita di questo, di Stefano VII.  

Liutprando, vescovo di Cremona, storiografo dell'epoca e pettegolo sempre a caccia di particolari piccanti, da per certa  la sottomissione totale di questi due pontefici a Marozia collegandola alle straordinarie doti amatorie di  questa diabolica donzella.

Tutti questi fatti dovrebbero comunque essere più che veritieri visto che, oltre nelle  molte  altre fonti, vengono riportati anche nell'autorevole ed attendevolissimo "Liber  Pontificalis".  Anche l'elezione del papa seguente, Giovanni XI, figlio di Marozia e di Sergio III,  fu di fatto imposta dalla madre.

Da sapere che la dissoluta Marozia aveva avuto un altro figlio  legittimo, a cui forse neanche la pia donna sapeva dare una paternità certa, di nome Alberico.

Questo  baldo giovinotto, dopo aver imprigionato la madre Marozia insieme al fratello  Giovanni XI, subentrò nelle nefandezze materne iniziando ad imporre papi di suo gradimento.  Per cui dopo aver insediato Leone  VII, Stefano VIII, Marino II ed Agapito II  finalmente potè imporre suo figlio Ottaviano che ascese al soglio di Pietro  col nome di Giovanni XII. Questo nuovo pontefice figlio di tanto padre e nipote della santissima Marozia, naturalmente non tralignò e, benchè salito al trono sedicenne, iniziò tosto ad  organizzare  un orgia dietro l'altra nella Santa Sede: secondo Liutprando morì d'infarto durante una  scorribanda amorosa notturna.

Di fatto Marozia occupa un posto preminente e non  prescindibile nella storia della chiesa visto che amante di un papa, madre di un secondo, nonna di  un altro, influenzò a mezzo della sorella il pontificato di un altro ancora per poi imporre l'elezione di ben  altri due. D'altronde il figlio Ottaviano ne aveva imposti ben  altri  cinque ed il nipote Crescenzio, figlio della sorella Teodora, dopo aver detronizzato Benedetto VI lo incarcerò a Castel Sant' Angelo per favorire l'ascesa del futuro pontefice  Bonifacio VII. Per curiosità Bonifacio VII, appena intronizzato, eliminò immediatamente Benedetto VI  facendolo strangolare. Poi, dopo essere fuggito  con il tesoro di San Pietro,  riparò a Costantinopoli per sottrarsi alle ire dell'imperatore Ottone II.

Morto l'imperatore, che  nel frattempo aveva favorito l'ascesa di Giovanni XIV, tornato a Roma, depose e fece assassinare  Giovanni, continuando ad imperversare sino a quando fu, a sua volta,  ucciso e trascinato per  le  vie di Roma sino alla statua di Marco Aurelio.

Innocenzo X  Intentò un processo ai Barberini con l'accusa di aver scialacquato i beni della  chiesa  contestualmente facendo restaurare per la sua famiglia, con pubblico danaro, e  non dall'ultimo muratore, ma dall'architetto Rainaldi, il palazzo avito in piazza  Navona.

Alle sue  dipendenze si annoverano il Bernini  ed il  Borromini - nel 1650 a Giovanni Casimiro I di Polonia  - da questo re iniziò la fase discendente dell'enorme potere di  influenza e del dominio territoriale (che allora comprendeva anche  il ducato di Prussia ed Ucraina),  della  Polonia,  causata dall'instabilità del potere   monarchico, essendo quella monarchia elettiva.-  .

 

Clemente X  - Emilio Altieri (1670 + 1676) che naturalmente non derogò alla deprecabile regola nepotistica arricchendo a dismisura il nipote Paluzzo. Sovvenzionò il re di Polonia  Giovanni Sobieski che, allestito un esercito, sbaragliò i Turchi sul fiume Dnestr.   Successe a  Giulio Rospigliosi  (Clemente IX) sotto il cui pontificato si erano  visti crescere  a dismisura il potere  e l'espansione territoriale  turca con la caduta di Creta e  la presa di Candia, fino a  quel momento ancora in mano veneziana  (1669 ).

Precedette  Benedetto Odescalchi (Innocenzo XI) che sovvenzionò, di nuovo, il Sobieski con un milione emezzo di fiorini permettendogli così di  correre  in aiuto  dell' imperatore Leopoldo I e sbaragliare i Turchi, affrancando Vienna dalla  morsa di un assedio dal  quale difficilmente si sarebbe liberata (683).

La portata storica di questo evento è paragonabile solo alla vittoria di Carlo Martello a Poitiers del 732.

A papa Clemente X è dovuta la prima promulgazione  di specifiche norme inerenti la  Nobiltà  ed in tempi tutto sommato non troppo distanti da  noi.

Tali norme,  emanate il  15.3.1671,   permettevano ai nobili di esercitare il commercio senza preguidizi per la  nobiltà.

Seguirà il 18.2.1679 il chirografo di Innocenzo XI che vietava predicati territoriali sopra luoghi non abitati.

Il 28.11.1727 il senato di Bologna approva il Catalogo Ufficiale delle  famiglie nobili della città.

Il 4.1.1746 nella Costituzione  pontificia Urbem Romam Benedetto XIV stabilisce ordini propri per la Nobiltà civica, elenca le 60 famiglie coscritte e le 180 patrizie.

Il 12.1.1746   con chirografo reintegra le famiglie omesse in precedenza.

Il 31.7.1777 si ha la pubblicazione da parte del Prolegato Apostolico dell'elenco famiglie patrizie di Bologna.

Il 6.7.1816 Pio VII con un motu proprio richiede relazioni ed elenchi relativi alla Nobiltà nello  stato della  chiesa ai Cardinali Legati e Prelati Delegati.

Il 26.9.1820 sempre PioVII con un breve riapre il Libro d'Oro della nobiltà di Bologna, abolito insieme ai titoli e alle insegne  nobiliari dalla Repubblica Cisalpina.

Il 14.5.1823 la circolare riservata N. 14055 inviata  ai Cardinali Legati e facente  seguito al motu proprio 6.7.1816.

Il 21.12.1827 Leone XII  con motu proprio ordina che tutte le città dello stato che avessero goduto di nobiltà generosa la conservassero.

Il 2.5.1853 Pio IX con chirografo sancisce nuove disposizioni per gli aggiornamenti dell'Albo d'Oro dei nobili romani e per la  concessione della nobiltà personale.

In seguito al motu proprio di Pio VII  del 6.7.1816 e alla circolare riservata  N. 14055 del 14.5.1823 furono compilati degli elenchi  ufficiali relativi alla Nobiltà nello Stato della Chiesa: in questi elenchi figura la famiglia Squarti Perla, accostata al titolo comitale.

Altri elenchi relativi alla Nobiltà, ma ben precedenti a quelli dello stato della Chiesa, erano stati compilati come risposta  ai quesiti rivolti nel 1776 alle singole comunità comprese nei limiti del Gran Priorato nell'intento di distinguere  le famiglie di antica Nobiltà Generosa dal Sovrano Militare Ordine di Malta.

Anche in tali elenchi, tutt'oggi conservati negli archivi dell' Ordine  in Roma, la famiglia Squarti Perla risulta citata ed insignita del titolo comitale. - nel 1671 a Michele I di Polonia -  Wisniovieski,  re dal 1669 al 1673.

 

Alessandro VIII -  Pietro  Ottoboni, (1689  + 1691) di carattere gioviale ed estremamente cordiale, caratterizzò il pontificato, sebbene asceso al  trono di Pietro quasi ottantenne, con un attività particolarmente laboriosa. Purtroppo anch'egli si macchiò di nepotismo sfrontato- . nel 1690 a Francesco Morosini -  membro della nobile ed antichissima famiglia omonima che trae le sue origini agli albori del XII secolo in Venezia.

Oggidì fioriscono  ancora diversi rami cui spetta, per tutti,  il titolo di Patrizi Veneti, per due di questi, di Conti e Patrizi Veneti. La famiglia diede molti personaggi passati alla storia fra cui quattro Dogi: Domenico, 36° Doge (1148-1156); Marino, 43° Doge, (1243-  1252 ); Michele, 60° Doge, (1/6 - 16/10 1282);   Francesco, 107° Doge (1688-1694), fu uno dei più grandi  capitani dei suoi tempi che si illustrò per la memorabile difesa di Candia contro i Turchi, le conquiste di Atene  e  del Peloponneso, onde  ebbe il nome di Peloponnesiaco - .

 

Innocenzo XI -  questo papa ebbe il suo da fare nel cercare di contrastare e di limitare lo strapotere che via via andava acquisendo il clero ed il re francese. Con un breve del 1682 respinse con fermezza le decisioni  assunte dall'assemblea  del clero francese circa il "diritto di regalia" e le "libertà galliche". Il primo  era diviso in "regalie eclesiastiche", e consisteva nel diritto da parte del re di poter occupare i beni eclesiastici resisi vacanti, e "regalie temporali",  diritto di poter amministrare le entrate dei vescovi. Ie seconde in sostanza riguardavano dei principi enunciati in più articoli dal clero francese che intendeva limitare il potere del pontefice al solo spirituale e sottomettere il temporale alle decisioni  assunte dal clero francese. Per il resto  vedi Clemente  X - nel  1685 al re  Giovanni Sobieski  di Polonia - (vedi Clemente  X) - .

 

Clemente XI - Giovanni Francesco Albani (1700 + 1721), succeduto ad Antonio  Pignatelli, (Innocenzo XII, papa il quale aveva emesso delle normative che, almeno teoricamente,  avrebbero dovuto stroncare il flagello del nepotismo), fu ordinato sacerdote appena prima dell'elezione e, subito dopo la  stessa, elevato a dignità episcopale. Il successivo Clemente, al secolo Lorenzo Corsini, fu ospitato  ad Isola Maggiore Sul Lago  Trasimeno dalla famiglia Benini, poi imparentatasi con gli Squarti Perla.  I Benini, proprietari terrieri e professionisti in Perugia e già esattori, per incarico pontificio, di gabelle in più  stazioni doganali situate nelle loro proprietà, furono ricompensati dal papa per questa ospitalità con il privilegio di poter gestire sul lago Trasimeno la pesca del "gorro". Tale privilegio, dato in concessione per due secoli, fu abolito in periodo fascista. Questa curiosità è riportata sulla relazione storica, redatta dal Ministero dei Beni Culturali, allegata al decreto di vincolo del palazzo della famiglia Benini.

Con particolare riferimento alla stanza che ospitò papa Corsini, da quell'anno a tutt'oggi (2001), risulta, per deferente ricordo, essere stata lasciata in tutto e per tutto intatta, come cristallizzata nel tempo  nei mobili e nelle suppellettili, tanto da offrire un magnifico quadro  della vita del '700.  - nel 1716 al Principe  Eugenio di Savoia- Francesco Eugenio di Savoia Carignano (1663 + 1736) figlio del conte Soissons e di Olimpia Mancini, nipote del cardinale Mazzarino, comandò le armate imperiali contro la Francia e contro i Turchi. Fra le più brillanti vittorie ricordiamo la battaglia di Torino, che si rivelerà decisiva per le sorti d'  Italia (1706), in collabirazione con Vittorio Amedeo II di Savoia contro i Francesi che assediavano la città e  la  battaglia  di Zenta (1697) che interruppe per sempre la  marcia,  apparentemente inesorabile, dei Turchi verso il centro d'Europa. Famoso il monumento  eretto a Vienna.

La recente polemica circa la supremazia della nostra civiltà su quella islamica (facente seguito ad un fare diplomaticamente inopportuno, ma non certo privo di solidi argomenti se si considerano, a paragone tra le due civiltà, i fondamenti dell'ordinamento giuridico, dell'evoluzione storica e culturale, dell'espressione artistica ed architettonica, ecc.), non ha, e questo risulta quanto mai singolare, preso in considerazione il primum movens di quanto, sopratutto oggi, rappresenta l'origine della sostanziale differenza, fra i due diversi ceppi etnici e religiosi.

Se oggi noi riusciamo, con pacata obiettività perchè il concetto risulta tanto digerito da apparire naturalmente equo, perfettamente a scindere le pertinenze spirituali da quelle temporali assegnando a queste unicamente il rispettivo ambito di competenza svincolato da qualsivoglia ingerenza reciproca, lo dobbiamo all'attitudine liberale e alla pervicace volontà politica di Casa Savoia, dinastia particolarmente intraprendente ed illuminata.

Nell'Italia preunitaria infatti la sovrapposizione storica del potere temporale con lo spirituale, ha rappresentato una realtà più che concreta e, per quasi due millenni di applicazione, una normale, immutabile ed apparentemente isovvertibile forma amministrativa. Non dimentichiamo che nella figura del Papa Re, si fondevano, sfumando tra loro sì da renderli indistinguibili, i poteri: i Cardinali Legati in ogni provincia rappresentavano il potere centrale in maniera sovrapponibile a quella degli attuali prefetti; in un certo modo assimilabili le funzioni del Vescovo a quelle del questore, per non parlare delle alte gerarchie dello Stato a partire dal Cardinale Segretario di Stato; i reati di maggior rilevanza (che se accertati comportavano dalla pena capitale alla cancellazione dal ceto, alla radiazione dall'elenco della Nobiltà con estensione, giuridicamente abominevole, ai discendenti e collaterali, alla decadenza dai privilegi e dal grado, negli ordini ad impronta religioso-militare), erano l'empietà, l'aver dato grave scandalo violando la legge di Dio o mancando ai doveri di deferente rispetto verso la Chiesa, la Santa Sede, i luoghi santi, le missioni o le Opere del Patriarcato Latino di Gerusalemme, la custodia Francescana di Terra Santa; la stessa geografia territoriale era plasmata ad impronta religiosa risultando divisa in Delegazioni Apostoliche. Parimenti negli Stati preunitari, tutti deferentemente cattolicissimi e vassalli dello Stato Pontificio, nessuna successione dinastica o elezione di alte cariche dello Stato e persino la concessione di titoli, poteva verificarsi se non previo assenso, temporale e spirituale, della Sovrana Santità. Citiamo ad esempio -vedi prefazione- la ghinea che veniva inviata come contributo simbolico annuale al Santo Padre come riconferma del vassallaggio a Roma dai Re delle due Sicilie o l'apposizione obbligatoria, ai fini della validità, del Visto e del Sigillo della sezione dei Brevi Apostolici sul diploma di nomina da parte del Gran Maestro del Sovrano Ordine di Malta per dame e cavalieri. Non dimentichiamo che sino al XV secolo erano vassalli del Papa non solo il Re di Napoli, ma anche i Duchi di Piemonte, di Mantova, di Milano, di Modena, di Reggio, di Parma, di Siena, di Ferrara, d'Urbino, ed il Re di Sicilia ( tutti meno quest'ultimo, perchè collegato alla corona d'Aragona, lo erano anche del Sacro Romano Impero). Solo l'ardire militare, che sfidando il retaggio storico millenario di uno Stato teocratico alleato del Sacro Romano Impero, della Francia, della cattolicissima Spagna e Polonia, e la visione liberale, ma per il tempo rivoluzionaria e sovversiva, della gestione del potere manifestata dalla Dinastia Sabauda, permisero di separare nettamente gli aspetti civili da quelli religiosi per le competenze, obblighi, e diritti di ciascun cittadino. Il poter giudicare oggi come civilmente arretrata una società ove i capi di stato rappresentano anche i vertici religiosi, ove il magistrato amministra la giustizia avendo come testo di riferimento il Corano, rappresenta quindi unicamente il frutto della politica e delle mete perseguite da Casa Savoia.

Altrettanto singolare risulta la non menzione dell'attuale libertà di culto che, in assenza di reciprocità, pur ci vede, nella nostra nazione, concedere moschee e tutelare sinagoghe. Anche questa libertà di espressione religiosa (non certo possibile nello Stato della Chiesa, e negli altri Stati Preunitari per le ragioni suesposte, ove per gli ebrei esistevano i ghetti, e per gli arabi la schiavitù con mamsione di mozzi da remo alla catena nelle galee della flotta papale) rappresenta in un certo modo il retaggio della generosa liberalità di Casa Savoia che iniziò, pur cattolicissima, a concedere libertà di culto a tutti i cittadini della nuova nazione unificata, sino a giungere all'inaugurazione, voluta e presenziata dal Sovrano,della prima sinagoga di Torino.

Parimenti è possibile criticare oggi lo stato di segregazione femminile adottato nelle varie regioni del mondo dominate dall'Islam, grazie sempre all'illuminato liberalismo della Dinastia Sabauda che per la prima volta, primato assoluto per la nostra penisola dalla sua esistenza, concesse il diritto di voto alle donne, non più da quel momento discriminate per alcun diritto rispetto all'uomo.

Tutto questo oggi ci appare scontato e normale - per onestà bisognerebbe anche dire che verosimilmente il fenomeno della separazione dei poteri, della concessione della libertà di culto, dell'equiparazione dei diritti femminili, per le spinte ed interazioni sociali, manifestatesi fra il XIX e XX secolo, avrebbero comunque condotto l'Italia agli stessi risultati - ma quantomeno è doveroso ricordare a chi deve essere attribuito il primato nel merito. E per non mostrarci dimentichi della storia e delle origini delle nostre superbe e migliori tradizioni patrie, sarebbe mandatorio concretizzare la nostra riconoscenza quanto meno ponendo fine ad un vergognoso, perchè illiberale, esilio di vivi incolpevoli e di morti, più ancora dissonante proprio perchè paragonato all'illuminata civiltà mostrata ed elargitaci dalla Dinastia Sabauda.

A tutte queste riflessioni varrebbe la pena aggingere inoltre che, che se l'espansione turca non fosse stata arginata a Lepanto, battaglia in cui parteciparono 3 galle sabaude, (per rendersi conto della consistenza dell'apporto basta pensare che le galle papali erano solo 8!), e non si fosse rotto l'assedio giunto ormai a Vienna (Zenta, 1687), solo grazie alle insuperate capacità di sommo stratega di Eugenio di Savoia, forse anche noi oggi saremmo obbligati a ruminare versetti coranici o ad indossare le tristemente famose sette paia di mutande sacrificali in Italia, ridotta a lontana provincia dell'Impero Ottomano.

Nella battaglia di Torino vediamo due Savoia combattere fianco a fianco e di  questi,  Eugenio, differenziarsi dall'altro per il predicato "Carignano". Tale distinzione si è resa necessaria per differenziare il ramo principale della Casa dai secondari che, sebbene abbiano permeato in maniera concreta e determinante gran parte della  storia d'Italia e di mezza  Europa, son certo  pochi italiani  conoscono o ricordano:

Savoia-Acaia  (iniziato da Filippo nel 1285 ed estintosi nel 1418);

Savoia-Aosta (principi istituiti da  Vittorio Emanuele II con la  proclamazione del terzogenito Amedeo, Duca di Aosta. Famosi Amedeo, nato a Torino il 21.10. 1898 e morto a Nairobi il 3.3.1942; Amedeo Ferdinando Maria, nato nel 1845 e morto nel 1890, medaglia d'oro al valor  militare per l'assalto guidato, con strenuo valore, al monte la Croce  nella battaglia di Custoza alla  testa della Brigata Granatieri Lombardia, quindi re di Spagna.

Proprio al monte la Croce, come ricorda la lapide posta dal patrio municipio sul palazzo di  famiglia ad Otricoli: "tra i primi all'assalto del monte  la Croce, rotto il petto da palla austriaca, moriva  da prode a 22 anni, avendo sulle labbra il nome d'Italia" lasciò la vita Quintilio dei conti Squarti.

Emanuele Filiberto e Luigi Amedeo Duca degli Abruzzi entrambi dalla storia più che nota e famosa. Famiglia tutt'ora fiorente rappresentata da Sua Altezza Reale il Principe Amedeo Umberto;

Savoia-Carignano fondato nel 1596;

Savoia-Genova, ramo fondato da Ferdinando secondo figlio di Carlo Alberto;

Savoia-Nemours ramo  iniziato da Filippo (1488+1533), quinto figlio del Duca Filippo II;

Savoia-Soisson iniziato verso la metà del XVII° sec. da Eugenio Maurizio (1633+1673);

Savoia-Vaud ramo iniziato da Ludovico I  ed estintosi con Ludovico II  nel 1336.

 

Benedetto XIII - Pietro Francesco Orsini (1724 + 1730) che sebbene abbia condotto una vita spartane e nelle intenzioni fosse animato dai migliori propositi, si dimostrò, privo di ogni esperienza politica, scarsa conoscenza psicologica degli uomini, estremamente caparbio nel mantenere le posizioni assunte, anche se palesemente erronee.

Verosimilmente il tutto è da  ricondurre a scarsa intelligenza che avrebbe potuto sopperire a queste, tutto sommato, carenze di poco conto. Salito al trono con il nome di Benedetto XIV dovette cambiare il suo nome in Benedetto XIII per volontà dei romani che  non riconoscevano il papa scismatico Benedetto XIII. Evidentemente il nome di Benedetto per i papi era foriero di situazioni inbarazzanti e poco evangeliche: Benedetto XII (Jacques Fournier, 1334 + 1342) benchè beatificato,  è passato alla storia come inveterato etilista per le parole del Petrarca che lo definisce un  "avvinazzato timoniere della nave della chiesa".

Era il terzo papa per la famiglia Orsini. Pur non macchiandosi di nepotismo, dette grande fiducia ad un mascalzone di nome Niccolò Coscia   assunto a suo ascoltatissimo consigliere, che arrivò a mettere  in vendita le cariche curiali, intascandone  i proventi e procacciandosi così ingenti ricchezze. Posto difronte all'evidenza dei fatti dai cardinali che chiedevano l'allontanamento del losco figuro, continuò a sostenere ciecamente  l' operato del proprio beniamino, passando da connivente del farabutto quando invece, di rettissimi principi, era  semplicemente di scadente intelletto.  A Vittorio Amedeo II di Savoia, riconobbe il titolo di re di Sardegna.

Lo stemma della famiglia Orsini è uno dei  pochissimi in cui compare il raro segno araldico  della biscia. Tale simbolo compare anche nello stemma della famiglia Squarti Perla ed, unitamente al granchio, rappresenta i due simboli più antichi comparenti nel blasone. Arma  della famiglia Squarti Perla: d'azzurro alla fascia d'oro, caricata di una biscia d'acqua di verde  ed accompagnata in capo da una rosa d'oro,accompagnata da due stelle di otto raggi  dello stesso ed in punta da un granchio d'argento .

Certamente, anche se la biscia degli Orsini è sormontata dalla stessa rosa araldica comparente nello stemma degli Squarti Perla,  la simiglianza non può rappresentare che un caso. In origine, per lo meno per  la famiglia Squarti Perla, tale simbolo pare che fosse una freccia poi trasfiguratasi nel tempo, per le  incerte rappresentazioni pittoriche medioevali, in biscia .

La freccia sarebbe stata la trasposizione grafica simbolica per ricordare le doti di rapidità ed infallibilità guerriere dei due  primi capitani di ventura, Matteo e Squarta, capostipiti della famiglia nei secoli XV e XVI.

Il granchio invece, altro elemento rarissimo che, a nostra conoscenza, comparve unicamente  nei labari delle legioni di Giulio Cesare, verosimilmente era collegato al nome originario della  famiglia (Granceschi) poi tramutatosi in Squarta (dal soprannome riservato a  Matteo per la particolare propensione nel trattamento riservato al vinto nemico, come peraltro, neanche  troppo velatamente, traspare dal motto: qui  me tangit se cogitat)  dopo  che questi si era trasferito in Tuscania. Le notizie ci giungono dal Leoncini, chiarissimo storico del viterbese, nell'opera  "Memorie d'Orta e luoghi circonvicini",  conservate  in copia presso la Biblioteca Vallicelliana (carte Corviseri, B, 6) . nel 1727  ad Emanuele di Vilhena - Gran Maestro dell' Ordine di San Giovanni di Gerusalemme  - .

 

Benedetto VIII  nel 1726 a Federico Augusto I re di Polonia .       

 

Benedetto XIV - Prospero Lambertini (1740 + 1758) Uscì il suo nome  dal più lungo conclave dallo scisma occidentale in poi : durato 6 mesi,  vide morire ben quattro cardinali.

Curisità storica: il concilio durato più a lungo fu quello per l'elezione di  Teobaldo Visconti  assurto al soglio di Pietro con il nome di Gregorio X, che si protrasse dal  novembre 1268 al  settembre 1271.  Durante il secondo anno di conclave, al fine di affrettare le conclusioni di di un elezione che per i tempi esasperanti stava divenendo scandalosa,  i cittadini di Viterbo chiusero ermeticamente il palazzo vescovile, scoperchiarono poi il tetto e misero a pane ed acqua gli elettori. Il papa spiritoso, incline all'umorismo, libero da angustie e presunzioni, insensibile alle lusinghe e alle offese, dotato di saggia  moderatezza,   fu certamente  il pontefice  più colto e più distinto della storia del papato.

Per curiosità ricordiamo che presso la  segreteria di stato era stato apprestato un ufficio detto del "falsario" con il compito di risparmiare al papa, imitandone la grafia,   la stesura di tutte le  lunghe e tediose lettere imposte dal protocollo.- .   nel 1747 a Pinto de Fonseca - Gran Maestro dell' Ordine di San Giovanni di  Gerusalemme -.

 

Clemente XIV - Lorenzo Ganganelli (1769 + 1774) amante dell'equitazione, fu  vittima di innumerevoli, rovinose cadute, compresa quella del giorno della sua investitura in Laterano che il popolo romano interpretò come funesto auspicio. Con il breve "Dominus ac Redemptor"  (1773) sciolse la compagnia dei Gesuiti, per le  indegne pressioni esercitate sopratutto dalla Spagna, imprigionando il Padre Generale Lorenzo Ricci, che terminerà i suoi  giorni, dopo anni di catene, nelle segrete di Castel Sant'Angelo. In Russia  e Prussia non si diede seguito alle disposizioni papali perchè lo scioglimento metteva a serio rischio il sistema  scolastico cattolico che proprio sui Gesuiti si reggeva. Nel 1774 crebbe la paura per la possibilità di avvelenamento del papa da parte dei potentissimi membri della  disciolta compagnia. Dopo una rapidissima ed inspiegabile malattia, che confermò in molti i sospetti di veneficio, il papa si spense e da questi in poi, per motivi scaramantici e per non rischiare di risvegliare odi sopiti nei membri della compagnia, più nessun papa si è fatto chiamare Clemente. Durante il pontificato di papa Ganganelli  prima e di papa  Pio VI Braschi e Pio VII Chiaramonti poi,  Ermenegildo dei conti Squarti Perla rivestì, in un primo tempo, l'incarico (1770) di Canonico Decano della chiesa cattedrale di Orte quindi di  Ufficiale della corte pontificia come Protonotaro Apostolico (Notaio Domenico Buoncristiani, prot. 97,160R, 209R,215R, del 4.7.1806, Archivio di Stato di Viterbo).  Sotto il Pontificato di Pio VI Braschi e Pio VII Chiaramonti si ebbe il momento di maggior splendore e potenza della famiglia Squarti Perla: Ernesto nel agosto del 1782 risulta Gonfaloniere esercente nella città di Orte; Francesco nel 1791, marzo 1796, maggio 1797 parimenti gonfaloniere nella  città di Orte. (Bussolo per il buon Governo della città di Orte, Archivio municipale di Orte, foglio VII); Francesco Nobile Magistratura di Narni nel dicembre 1814, Maire nel periodo francese. (Archivio di Stato di Roma, B.G., III, 51); Ernesto tenente presso il battaglione della Guardia Civica dello Stato Pontificio di stanza ad Otricoli nel 1847, Consigliere del comune di Orte nel 1841, Anziano del comune di Otricoli nel 1848; Marco Antonio Squarta, Tesoriere nella costruzione della nuova Cattedrale di Orte e presidente del Monte di Pietà,  risultava tra i maggiori possidenti in catasto con oltre 500 scudi di proprietà; (Carlo Pietrangeli, Otricoli; Segreteria di Stato Vaticana n.79297 del 30.12.1847; Delegazioni Apostoliche di:  Viterbo n. 9804 del 1841; Viterbo 26 del 30.1.1841; Viterbo n. 1685 del 26.11.1840; Viterbo n. 9248 del 8.10.1840; Spoleto n. 2778.2.1848; Spoleto n. ? del 5.7.1833.) . nel 1774 aXimenesdeTexada-GranMaestrodell'OrdinediSanGiovannidiGerusalemme-                                                                                                                                                                             

 

Leone XII - Annibale Sermattei della Genga (1823 + 1829) nato nell'avito castello Sermattei a Genga, direttamente discendeva dagli omonimi conti. Si dice che prima della sua elezione avesse ricevuto ben diciassette volte l'estrema unzione e forse il dato è indicativo di una speranza che,  una rapida morte, avrebbe concesso di riaprire i giochi per un nuovo pontefice.

Indisse il giubileo del 1825 ma durante questo, dimostrando una durezza sconosciuta alla maggior parte dei suoi predecessori ed una mentalità a dir poco da oscurantismo medioevale, impiccò pubblicamente due carbonari in piazza del Popolo. Altrettanto fece con i carbonari che nelle Romagne predicavano l'unità d'Italia, di cui 7 ne condannò a morte, 54 ai lavori forzati a vita, 59 alla catena vita natural durante. I carbonari si vendicarono assassinando il segretario del Cardinale Legato: ne seguì come rappresaglia da parte della chiesa  una tremenda ondata di arresti ed esecuzioni capitali così copiose da apparire più come insensate carneficine  che sterili  applicazioni di legge di uno stato sovrano.  Per il rinnovamento morale si impegnò con altrettanta  intransigenza e flebilità di intelletto  facendo mettere , ad esempio, ai ferri quanti non avevano ottemperato ai sacramenti pasquali o impedendo agli osti di mescere vino nelle loro osterie.

In un libello circolante dopo la sua  morte, con la  arguzie e sagacia  irriverente tipica del popolo  romano,  si lesse: "Qui riposa il della Genga, per la sua pace  e per la  nostra".- .nel 1825 al Duca di Angouleleme - figlio di Carlo X Re di Francia - .

 

  

Concludendo, riporterò integralmente un passo da un encomiabile articolo pubblicato ai primi del novecento  a firma di tal  Enrico, sedicente dei baroni, Selvaggi, sulla  medesima onorificenza :

 

"Quanto questo dono, del cappello e dello stocco, fosse desiderato dai principi lo provano i satirici versi fatti dal popolo all'indirizzo del duca di Guisa,  del quale, non avendolo egli potuto ottenere da Innocenzo X, nonostante  una promessa fattagliene, si disse:

 

                                        Lo strano mestator duca di Guisa

                                          fuggì senza cappello e  senza stocco".

 

 

  

 

                                                               Angelo Squarti Perla

 

 

Ab Urbe Condita 2754,  ante diem VIII  Nonas Martias.

Otto di Marzo del 2001, Era  Cristiana.

 

 

 

  

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