Il testo che segue costituisce l'opuscolo "L'ABC dell'AC".

Può essere usato liberamente; vi chiediamo soltanto di lasciarci un messaggio alla nostra casella postale: acmcp@tiscalinet.it

 

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INTRODUZIONE

Il presente opuscolo vuole essere un sussidio agevole, anche se abbastanza completo, ad uso dei Consigli parrocchiali di Azione Cattolica. L’esperienza ci insegna che molto spesso la vitalità delle nostre Associazioni è legata a quella dei rispettivi Consigli. A volte in essi confluiscono responsabili non sufficientemente partecipi della finalità e della metodologia dell’AC; tutto ciò corre il rischio di tradursi nella figura di un "responsabile poco responsabile", che anziché stimolare la vita associativa deve lui stesso essere nuovamente motivato.

Il nostro sussidio cerca di parlare di Azione Cattolica sottolineando l’essenziale (ove per "essenziale" si intende il minimo di conoscenza che un responsabile deve necessariamente acquisire, condividere e trasmettere per poter lavorare proficuamente in un Consiglio parrocchiale).

E’ necessario recuperare una chiarezza anche "concettuale" su cosa sia propriamente Azione Cattolica; solo dopo potremo parlare dello "stile" e della "metodologia" che caratterizza l’Associazione da ormai 130 anni.

Sono certo che lo sforzo della Presidenza diocesana nella preparazione del sussidio, e quello che i membri dei vari Consigli parrocchiali metteranno per conoscero e rifletterlo, sarà ampiamente compensato dai frutti di una migliore qualità della vita associativa.

Affidiamo a Maria Santissima, Regina dell’Azione Cattolica,

il desiderio di servire più e meglio la nostra Chiesa locale.

 

Il Presidente

Andrea Giambetti

 

 

I. DOMANDE SULL'AZIONE CATTOLICA

 

La vita della Chiesa italiana e universale vede moltiplicarsi esperienze di gruppi e di movimenti che esprimono il cammino della Chiesa stessa sulla strada del rinnovamento in questo momento culturale. In passato era quasi naturale che il desiderio di impegnarsi portasse un laico all'Azione Cattolica; oggi tale desiderio può misurarsi con una molteplicità di proposte e di iniziative. Un tempo l'AC rappresentava, se non l'unica possibilità di associazionismo cattolico, certo la più consistente, la più diffusa e la più ovvia; oggi l'adesione all'AC deve farsi più motivata e deve essere frutto di una scelta operata in una situazione di vita più complessa. Il pluralismo associativo ecclesiale sollecita intorno e dentro l'Azione Cattolica un atteggiamento più diversificato e interrogativo, nella ricerca di ciò che caratterizza l'AC rispetto ad altre esperienze, per intendere il significato della sua proposta a confronto con altre. Il contesto ecclesiale è oggi arricchito anche da una realtà pastorale più dinamica, con un moltiplicarsi di iniziative e organismi sempre più impegnati, così da far quasi apparire superflui quei servizi che l'Azione Cattolica in passato aveva reso alla Chiesa (per es. nel pensare ed attuare un progetto pastorale permanente di largo respiro; nell'organizzare una formazione approfondita dei laici cristiani... ). L'Azione Cattolica deve quindi trovare un nuovo rapporto con la nuova realtà; questa ricerca la porta a interrogarsi sul significato e sulle finalità del proprio impegno operativo. Qualche volta l'Azione Cattolica è anche costretta a spiegare la sua esistenza in parrocchia e a dire le ragioni per cui si ritiene utile alla comunità.

La ricchezza, ancora non del tutto evidente, di questo momento di transizione e la fatica di individuare un nuovo e più essenziale cammino spiegano una serie di interrogativi - della gente comune, della comunità cristiana, degli stessi aderenti all'associazione - sull'AC:

- c'è ancora l’AC?

- a che cosa serve oggi?

- che cos'è?

Sollecitati da queste domande si può andare alla ricerca del volto attuale dell'AC e del senso della sua proposta per la Chiesa e per il mondo.

 

C’è ancora l’Azione Cattolica?

 

È la domanda che si pongono soprattutto quanti guardano l'AC dall'esterno e non vedono più la forza organizzativa di un tempo, che riusciva a muovere grandi masse e ad esprimere unità di orientamenti e di scelte in tutta Italia. La nuova AC non sembra esternare l'efficienza dei nuovi movimenti, non si mostra troppo in pubblico, non realizza con la stessa frequenza iniziative di risonanza. L'impressione di qualcuno è che non ci sia più: perché talvolta non si vede, non si sente spesso, non fa parlare di sé. Ci sono situazioni concrete in cui l'esperienza associativa è debole e l'attività formativa poco qualificata, troppo diluita nel tempo, inefficace per esprimere una fede profonda e al tempo stesso una testimonianza personale nelle condizioni di vita più tipicamente laicali.

Impressione di stanchezza si ha pure se in associazione mancano i giovani e con loro i progetti, le novità, l'entusiasmo dell'impegno giovanile. Ma uguale impressione negativa possono dare le associazioni in cui mancano gli adulti, lasciando credere così che l'impegno associativo - e pastorale in genere - non vada d'accordo con le responsabilità della vita adulta, quasi che l'AC fosse solo "roba da ragazzi". Ma in altri casi l'AC è dichiarata "morta" da chi guarda con occhi inadeguati alla comprensione della realtà culturale ed ecclesiale di questi anni del dopo Concilio. Qualcuno infatti esprime ancora la nostalgia di un'AC capace di mobilitare le piazze, capace di sollecitare consensi attorno a progetti anche politici... È logico che chi cerca un'AC "da grandi mobilitazioni" non riesce a vederla oggi.

La domanda comunque non può essere trascurata; dietro ci sono talvolta anche le aspettative e le esigenze di quanti credono all'utilità e al significato pastorale dell'AC, ma la vorrebbero concretamente più fedele alla sua immagine ideale, capace di esprimersi sui problemi di tutti, da quelli più generali a quelli locali, capace di una proposta culturale che si presenti attraente all'opinione pubblica, capace di dialogo sereno e costruttivo con tutti. Queste esigenze impegnano l'AC ad essere fedele a se stessa nel quotidiano.

 

A cosa serve oggi l’AC?

 

Questa domanda è presente soprattutto nelle persone che hanno responsabilità pastorali (parroci, sacerdoti, animatori) e devono valutare l'utilità delle esperienze esistenti per un progetto pastorale più complessivo. È presente anche in tutti i cristiani attenti alla vita della Chiesa ed impegnati per realizzare un progetto di corresponsabilità; è presente anche in coloro che guardano oggi, con una attesa e rispetto maggiore che nei tempi passati, alla Chiesa e al mondo cattolico in genere. Anche in questo caso, alcuni atteggiamenti problematici possono essere provocati proprio dal modo di vivere dell'associazione stessa, specialmente quando le sue proposte formative appaiono generiche e non sufficienti ad alimentare il cammino spirituale e la testimonianza di laici di oggi. Se l'Azione Cattolica non sa rispondere in modo adeguato alle esigenze formative e spirituali dei laici che aderiscono ad essa, non saprà nemmeno essere sufficientemente presente e disponibile per una pastorale viva ed efficace. A ragione i parroci si domandano a che serve l'AC là dove le associazioni non hanno aderenti consapevoli del progetto dell'AC di oggi e responsabili adeguati ad esso; la mancanza di responsabili, soprattutto, finisce infatti con il far gravare totalmente sul parroco - o comunque sull'Assistente - l'impegno formativo di gruppi che non sono autosufficienti. L’AC appare allora veramente più un peso che un aiuto, più un inciampo che un servizio. Per altri versi l'associazione può suscitare lo stesso interrogativo quando è viva ma chiusa in se stessa, e non esprime più un servizio alla parrocchia, o addirittura non partecipa più alla vita della comunità.

In altri casi però la domanda può nascere da una maniera inadeguata di valutare le cose e da una visione pastorale che ha tratto conclusioni troppo affrettate dai presupposti conciliari. Così, non può capire l'utilità ecclesiale dell'AC chi vuole una pastorale tutta attivistica, impostata secondo criteri esclusivi di efficienza; né l'AC può essere accolta all'interno di una pastorale che di fatto prescinde dai laici e non avverte il bisogno della loro esperienza e della loro vocazione. Sono domande da prendere in seria considerazione. Chi interroga l'AC, ponendole con forza il problema della sua "utilità" spesso esprime il desiderio di un'AC capace di aiutare a realizzare un progetto pastorale e non solo di disponibilità a servizi puramente esecutivi; un'AC capace cioè non solo di servire, ma anche di pensare la pastorale e di pensarla con la originalità tipicamente laicale.

 

Che cos’è l’AC?

 

Nonostante la sua lunga storia, la domanda sull'identità dell'AC torna con insistenza in questi anni. È la domanda che si pongono coloro che sono curiosi di capire perché il magistero ripropone con forza e autorevolezza questo modo di partecipare alla vita della Chiesa; è la domanda che si pongono quanti capiscono che qualcosa oggi è mutato nel modo con cui la Chiesa e l'associazione pensano questa esperienza di laici; è ancora la domanda che si pongono coloro che oggi aderiscono all'AC per fare in essa non una generica esperienza di gruppo, ma un cammino qualificato, secondo la prospettiva conciliare.

Le pagine che seguono muovono da queste domande e vorrebbero rappresentare una risposta: una risposta documentata, nella quale la dimensione ideale e la concreta attuazione si sostengono e si integrano a vicenda.

 

II. L’AZIONE CATTOLICA OGGI

 

a. L'AC del nuovo Statuto

 

Per "vedere" l'AC nella Chiesa di oggi occorre cercare con occhi nuovi, orientati dalla visione di Chiesa e di laicato presente nel Concilio Vaticano II. L'AC di oggi infatti è quella che ha ri-pensato la propria identità alla luce del Concilio e che ha espresso questa rinno-vata consapevolezza di sé nello Statuto del 1969; in esso vengono interpretate e tradotte in progetto le caratteristiche che il Concilio attribuisce alle associazioni di Azione Cattolica e che presenta nel n. 20 del Decreto sull'Apostolato dei laici; questo passo del Decreto parla in modo esplicito di Azione Cattolica, come di una forma particolare di servizio e di presenza del laicato nella Chiesa. Si delinea così un'esperienza contrassegnata da quattro "note caratteristiche prese tutte insieme":

- l'ecclesialità, per cui "fine immediato di tali organizzazioni è il fine apostolico della Chiesa, cioè l'evangelizzazione e la santificazione degli uomini e la formazione cristiana della loro coscienza ... "; non solo l'AC si caratterizza perché condivide lo stesso fine della Chiesa, ma soprattutto perché lo condivide nella sua globalità. Si legge nella Premessa dello Statuto che "ciò che caratterizza l'AC è infatti l'assumere come propria finalità essenziale, non questo o quel campo di apostolato, ma il fine stesso apostolico della Chiesa nella sua globalità". Si può dire che qui sono fondate sia la scelta religiosa che il carattere pastorale dell'ACI;

- la laicità, per cui "i laici, collaborando con la Gerarchia secondo il modo loro proprio, portano la loro esperienza e assumono la responsabilità nel dirigere tali organizzazioni ... "; il servizio dei laici di AC alla Chiesa non può cioè non essere contraddistinto dai tratti della loro vocazione. Il carattere pastorale dell'AC, arricchendosi di tale dimensione laicale, è in funzione di una connessione sempre più forte tra vita di Chiesa e vita nel mondo, affinché in qualche modo il mondo, con le sue realtà, entri nella Chiesa e la Chiesa possa raggiungere il mondo con la testimonianza di chi vive a contatto e immerso nelle dimensioni più varie e più comuni della vita;

- l'organicità, per cui il servizio offerto alla Chiesa è globale, in rapporto alla comunità (cioè non occasionale, non improvvisato, non legato alla precarietà della presenza di un leader...) e anche nei rapporti interni tra quanti fanno la stessa scelta (cioè comunitario, organizzato, legato a un progetto oggettivo, che vada oltre le persone e oltre le mode);

- la collaborazione con la Gerarchia, che per l'Azione Cattolica è più stretta e vincolata, in modo sostanziale, dal suo fine, identico a quello della Chiesa: l'operare a servizio del progetto pastorale della Chiesa diocesana e parrocchiale non può che realizzarsi in un rapporto di condivisione stretta della responsabilità di chi è Pastore, in un rapporto filiale, dialogico, maturo, corresponsabile. Si ritrovano qui i caratteri dell'Azione Cattolica di sempre - lo stesso amore alla Chiesa, la stessa disponibilità alla condivisione pastorale e al radicamento nella storia degli uomini, la stessa volontà di dialogo corresponsabile con i Pastori.

 

Le scelte che caratterizzano in maniera specifica l'Azione Cattolica del dopo Concilio si potrebbero identificare nella scelta religiosa-pastorale, nella scelta associativa e unitaria, nella scelta democratica.

- La scelta religiosa è quella che impegna l'AC primariamente su un piano ecclesiale, quindi non direttamente politico, né civile. In un primo momento si sono colti soprattutto questi "no" impliciti nella scelta religiosa, più che i contenuti positivi e più che il tipo di legame che essa chiedeva con la Chiesa e con il suo progetto pastorale. Il rischio di questa concezione riduttiva della scelta religiosa era quello di giungere ad una forma di vita associativa spiritualista, disincarnata, disimpegnata di fronte ai problemi della società e della cultura del tempo.

Dopo la fatica della ricerca dei primi anni, fu soprattutto la Lettera dei Vescovi del 1976 che ne aiutò una più corretta e più piena comprensione. Essi affermano che tale scelta "va configurandosi sempre più chiaramente nella concretezza della scelta pastorale, come assunzione ordinata, cioè, dei compiti primari della Chiesa: l'evangelizzazione, la celebrazione liturgica, la testimonianza di vita nuova, il servizio della carità". Questo non deve comportare distacco o indifferenza per le "questioni sociali e per le loro implicazioni politiche", ma "un singolare modo di esaminare e di affrontare i problemi della vita, cioè il modo tipico della comunità cristiana, impegnata a leggere con sapienza cristiana i fenomeni del proprio tempo e ad evangelizzare in profondità, perché si realizzi quell'incontro tra Vangelo e culture, che aveva auspicato Paolo VI qualche mese prima nell'Evangelii Nuntiandi . Proprio perché condivide il compito primario della evangelizzazione, l'AC è chiamata ad assumere le proprie responsabilità alla luce del Vangelo nella analisi delle situazioni e degli avvenimenti contemporanei e nei doverosi contributi di pensiero e di azione che derivano da una originale e intensa vita cristiana.

Essere inviati ad evangelizzare realtà complesse e difficili come la famiglia, la politica, la cultura, le istituzioni... comporta una formazione profonda e ampia, spirituale, ecclesiale, umana, culturale... e ancor prima richiede una consapevolezza chiara del senso e degli impegni della propria vocazione laicale. La lettera di approvazione con cui Paolo VI accompagnò lo Statuto contiene numerosi richiami alla formazione spirituale, di cui viene messo in risalto il valore - e la difficoltà - a confronto con l'attrattiva "forte e allettante" dell'impegno temporale. L'impegno dell'AC è quello "costante e difficile" di "mobilitare le energie spirituali dei suoi membri", per una testimonianza motivata, consapevole, radicata nell'interiorità della coscienza personale.

 

La scelta associativa unitaria, tesa a realizzare nella vita associativa un segno dell'unità della Chiesa in Cristo è stata una scelta difficile e coraggiosa in anni in cui andava di moda lo spontaneismo e in cui si tendeva a screditare ogni forma di organizzazione. L'AC, continuando a darsi una struttura associativa, intendeva ordinare in maniera comunitaria la propria vita interna, in modo da rispondere organicamente anche alle esigenze pastorali della Chiesa locale. Configurandosi come associazione unitaria, l'AC sceglieva anche di unificare gli antichi quattro rami: Gioventù Femminile, Gioventù Maschile, Unione Uomini, Unione Donne, per fare un'unica Azione Cattolica.

 

Infine, la scelta più innovativa fu quella democratica, introdotta dallo Statuto per offrire a tutti gli aderenti la possibilità di scegliere i propri responsabili e soprattutto di decidere un progetto e una linea associativa. Un'esperienza di partecipazione nuova per molti aspetti, introdotta pur conoscendo la difficoltà di attuarla, in quanto si tratta di raggiungere sia uno stile maturo di responsabilità e di distacco nel vivere costruttivamente il fatto democratico, sia di conciliare la libertà delle scelte democratiche associative con gli orientamenti pastorali dei propri Pastori, in un dialogo che è vero banco di prova di maturità, di democraticità, di laicità, di ecclesialità e spiritualità, insieme.

Si tratta ora di andare alla ricerca del progetto concreto con cui l'AC si rende presente e operante nella parrocchia di oggi e viva nella coscienza delle singole persone.

 

b. Il Servizio concreto dell’AC alla Parrocchia

 

L'AC vive le quattro note, con cui il Concilio descrive il suo modo d’essere, nella Chiesa locale, ossia la diocesi, nella quale si realizza in pienezza la realtà della Chiesa, e quindi concretamente nella parrocchia che della diocesi rappresenta la cellula primaria e l'articolazione normale. Le caratteristiche di quotidianità e di concretezza implicite nella vita del laico portano l'AC a preferire la parrocchia come Chiesa concreta e come Chiesa del quotidiano, in cui fede e dimensioni comuni dell'esistenza possono camminare di pari passo e possono vicendevolmente illuminarsi. Ci sono certamente anche ragioni pastorali e culturali che danno attualità alla parrocchia, ma ancor prima ci sono ragioni vitali: in parrocchia si realizza quotidianamente l'incontro tra la fede e lo scorrere delle vicende umane. L'AC sceglie la comunità parrocchiale come la propria comunità e si impegna a renderne il volto, la vita, lo stile più adeguato al modello di comunità offerto dal Concilio.

L'AC esprime in parrocchia la nota di ecclesialità proprio mediante la scelta di non aver altra comunità che quella parrocchiale. Essa sceglie non semplicemente di stare in parrocchia, ma di vivere per la parrocchia in cui si trova; a servizio della sua vita e del suo progetto pastorale, in un impegno di animazione che è banco di prova della maturità ecclesiale ed associativa, per la gratuità che è richiesta non solo alle singole persone, ma alle associazioni stesse, che devono superare quella forma di egoismo e di orgoglio associativo che porterebbe alla tentazione di prevalere come realtà a sé. L'ecclesialità, sostanziale e profonda, dell'AC si manifesta concretamente nella tensione continua a conoscere la propria parrocchia e la realtà umana che ruota attorno ad essa e sul suo territorio, perché interpretandola sia possibile elaborare un piano pastorale come espressione di una Chiesa che si interroga sulla sua identità concreta, in quel luogo e tra quella gente, per essere per loro e con tutti testimone significativa dell'amore del Signore che si fa compagno di viaggio degli uomini in ricerca. Nei Consigli pastorali, o nei luoghi e momenti in cui la parrocchia elabora il suo progetto pastorale, l'AC è presente a dare un suo qualificato e disinteressato contributo, insieme con tutti, al bene della Chiesa di tutti. Infine l'AC è presente nella vita parrocchiale di ogni giorno per realizzare quello che è stato insieme deciso, nel servizio quotidiano e fedele, fatto anche di piccole cose vissute con continuità.

L'AC progetta e propone quindi il suo impegno apostolico non a partire da propri progetti precostituiti, ma dall'ascolto dei bisogni della parrocchia e dall'assunzione creativa del progetto pastorale in essa. Per questo si può dire che l'AC non vive per se stessa, anzi è se stessa quando si pone a servizio, intelligente e disponibile, della parrocchia in cui vive. In questa disponibilità, l'AC si apre alla globalità delle esigenze pastorali della parrocchia, senza proprie preliminari scelte di campo; l'offerta dell'AC non è infatti a favore di un servizio specializzato a settori particolari della vita parrocchiale catechesi, o liturgia, o carità, o missioni, o pastorale del lavoro, ecc. perché non si precostituisca questo o quel campo di apostolato (Premessa allo Statuto) ma si propone il servizio in tutto ciò che la parrocchia può richiedere.

Anche le modalità del cammino formativo e apostolico dell'AC in parrocchia devono essere coerenti con il tipo di presenza che l'associazione ha scelto di esprimere nella comunità parrocchiale. In concreto, questo significa che l'AC sceglie di vivere normalmente la liturgia in parrocchia e di non fare proprie liturgie particolari se non raramente, come momento educativo orientato a far partecipare meglio all'unica liturgia parrocchiale. La catechesi associativa dell'AC si lega e si riferisce a quella parrocchiale anche se va oltre, in un impegno consapevole, con una ricerca rispondente agli scopi del gruppo, abilitando pertanto tutti i soci a vivere con libertà e generosità la scelta associativa a servizio della comunità. L'AC non gestisce in proprio impegni di carità; tutta l'espressione di carità, di promozione umana, di servizio, di attenzione agli ammalati... che dalla sua catechesi e dai suoi itinerari formativi nascono, viene fatta confluire nella pastorale caritativa della parrocchia.

L'AC ha anche un suo programma di servizio, condotto con propria responsabilità, ma sempre riferito alle esigenze della comunità parrocchiale. Talvolta può esprimersi in forma di supplenza, perché la parrocchia non è in grado di esprimere pienamente la dimensione caritativa del suo impegno; ma in questo caso, l'AC dovrà avvertire innanzitutto l'esigenza di animare la parrocchia, perché sia all'altezza di tutta la sua missione, in modo maturo e attivo. Altre volte il servizio sarà esplorazione profetica di strade nuove, su cui occorre camminare con una maggiore libertà rispetto a quella di cui può disporre una realtà strutturata come la parrocchia.

Certo l'AC non si "dissolve" nel servizio alla parrocchia: non potrebbe più servire veramente. Ha una sua vita di associazione, finalizzata a far maturare personalità di cristiani adulti nella fede e nella testimonianza, capaci di amore alla Chiesa e di sensibilità pastorale, come presupposti interiori di una dedizione che non si riduca ad attivismo. Ciò che è essenziale nell'impegno ecclesiale dell'AC e nel suo servizio pastorale concreto - fatto di partecipazione all'attività catechistica e di evangelizzazione, alla vita liturgica, e all'impegno caritativo della propria comunità - è l'itinerario formativo, sintesi di vita associativa e di catechesi, di spiritualità, di cultura, di riflessione critica su ogni attività di servizio. La formazione data in AC, tra l'altro, deve far crescere la consapevolezza di vivere, mediante l'associazione, quella singolare forma di ministerialità laicale di cui ha parlato Paolo VI, riferendosi a quei laici che hanno scelto di servire la Chiesa in forma organica e in un rapporto di stretta corresponsabilità con i Pastori. Proprio la coscienza della propria ministerialità spinge l'AC sempre oltre se stessa, la induce a relativizzare il proprio essere associazione, e i programmi ad essa connessi, per riconoscere il primato della comunità alla quale intende servire. Certo questo costringe l'AC a vivere una forma di tensione continua tra le esigenze del suo essere associazione e del suo essere per la Chiesa; si tratta di una tensione che contribuisce a rendere più matura - perché più provata - la disponibilità stessa dell'AC alla Chiesa.

 

L'AC vive in parrocchia la nota conciliare della più stretta collaborazione con la Gerarchia (AA 20) attraverso un più forte legame con i Pastori della propria comunità parrocchiale, in spirito di corresponsabilità. Il rapporto tra laici e sacerdoti non è tema che si possa dare per scontato; spesso il laico si pone nei confronti del sacerdote in atteggiamento di dipendenza, di passività esecutiva, di delega morale, o in rapporto di reattività e di rifiuto o di diffidenza aprioristica verso le sue proposte. È necessario che i laici in parrocchia vedano nel sacerdote il padre di cui rispettano e promuovono il carisma pastorale, il maestro di cui favoriscono, godendone, la competenza, il fratello di cui condividono i problemi e le difficoltà, l'amico di cui apprezzano e maturano l'umanità, in un rapporto di dare-avere che, senza nulla togliere al rispetto, non fa mancare la confidenza: in una parola, un dono prezioso di cui ringraziare il Signore, di cui custodire l'integrità, di cui favorire la crescita perché segno, non unico, ma privilegiato e particolarissimo, della presenza del Signore in mezzo agli uomini. Questo vale non per "un" sacerdote, ma per "il" sacerdote perché, al di là di ogni volto, il laico di AC sa vedere nei Pastori della sua comunità parrocchiale il volto di Cristo Pastore. Questo rapporto cordiale, corresponsabile di dialogo, condotto da laici veri, costruttivi, intelligenti, attraverso un continuo cammino di conversione, può contribuire a rendere più creativo e più qualificato il servizio stesso che il sacerdote compie in parrocchia attraverso l'esercizio del suo ministero.

 

L'AC vive poi iGia parrocchia la nota conciliare della laicità innanzitutto scegliendo di animare cristianamente la realtà del territorio in cui vive quella comunità parrocchiale, con i suoi problemi, le sue istanze, i suoi drammi, le sue concrete possibilità di promozione umana e di missione. Ma proprio perché fatta di laici, e quindi di persone che vivono in famiglia, nel lavoro, nella scuola... l'AC permette alla parrocchia di essere concretamente presente, con esperienza e con competenza, attraverso tutte quelle mediazioni esistenziali e culturali senza le quali la Parola di Dio rischia di essere lettera morta per il mondo di oggi. I laici ed i gruppi di AC contribuiscono a creare con le loro scelte, la loro testimonianza, il loro impegno culturale, le modalità della loro presenza, un'opinione pubblica sui problemi sociali e culturali, locali e non, con una lettura di essi fatta alla luce della sapienza cristiana.

 

L'AC vive in parrocchia la nota conciliare dell'organicità attraverso una presenza e un servizio realizzati in modo comunitario: essa infatti si presenta come associazione di laici coordinati tra di loro a livello operativo, uniti nel cammino formativo in modo da dare alla loro presenza in parrocchia i caratteri della continuità e della stabilità. Si legge nello Statuto che l'AC "si organizza in modo da favorire la comunione fra i soci e con tutti i membri del Popolo di Dio, e da rendere organico ed efficace il comune servizio apostolico". E proprio per garantire funzionalità e coordinamento, continuità e servizio ad una realtà che è oltre la propria esperienza di vita insieme, l'AC si è data nello Statuto una struttura organizzativa, ribadendo la validità, per i propri fini, del modello dell'associazione. In parrocchia questa organicità si manifesta nel coordinamento armonico che l'associazione cerca di realizzare tra esperienze diverse, che costituiscono il tessuto comune della vita di ragazzi, giovani, adulti, fidanzati, sposi, lavoratori, studenti, anziani, donne.... in modo "da realizzare nella vita associativa un segno dell'unità della Chiesa in Cristo". Si manifesta ancora, tale organicità, nel collegamento che stabilisce tra i suoi vari gruppi, in modo che realizzino, pur nella diversità, il volto unitario dell'unica AC; si manifesta ancora nel rapporto con i Pastori e con gli organismi pastorali della parrocchia, così come con quelli della Chiesa locale e delle varie Chiese locali italiane.

 

c. Ha ancora senso essere associazione?

 

Per prima cosa è utile precisare che gruppi, movimenti, associazioni sono tre modi di aggregarsi diversificati. La "Nota pastorale sui criteri di ecclesialità" li descrive bene. Il gruppo è caratterizzato da spontaneità di adesione, da "omogeneità" affettiva, da dimensioni ridotte e da diffusione piuttosto limitata, da una grande variabilità di autodefinizione. Il movimento è caratterizzato da alcune idee-forza e da uno spirito comune, come elementi più aggreganti delle formule istituzionalizzate; dalla presenza di "leaders"; da una cultura comune che si ritiene valere più di uno statuto, da una adesione vitale più che formale, con il valore e i rischi che ciò comporta. L'associazione invece è caratterizzata da una struttura organica e istituzionalizzata, definita da uno statuto e da una adesione formale, da stabilità e da autonomia, dalla presenza di responsabili designati secondo norme formalizzate e riconoscibili nello statuto. Si tratta, certo, di indicazioni di massima, come avverte la stessa Nota, che servono a orientare in una materia complessa. I termini gruppo, associazione, movimento nella realtà sono spesso variabili così pure in taluni casi il nome non corrisponde perfettamente alla realtà che designa; dovendo esprimere delle valutazioni precise, sarà sempre necessario pertanto guardare alla sostanza delle cose più che al nome.

La prima ragione positiva dell’associarsi è conseguente al fatto che così si assicura meglio la formazione alla spiritualità laicale ed alla responsabilità dei laici. Una "associazione di laici" impegna ed educa alla fedeltà vocazionale, alla maturità, ed alla responsabilità nei riguardi dell'associazione stessa e della partecipazione alla vita di tutta la comunità. Forse non è difficile trovare in parrocchia collaboratori disposti a dare una mano nella realizzazione di obiettivi utili e interessanti; ma non è così facile trovare persone che, nella corresponsabilità, offrano alla parrocchia un servizio qualificato dalla sensibilità e maturità di una vocazione laicale effettivamente sentita ed esercitata. Per sacerdoti e religiosi questa specificità vocazionale è assicurata da istituzioni, (seminari, conventi, vari istituti giuridici) e da progetti educativi di lunga data. Per i laici che vivono diverse condizioni esistenziali, la stessa cosa è garantita da un associarsi riconoscibile anche nella forma statutaria. L'AC nasce dall'iniziativa e dalla responsabilità di laici che vogliono vivere la loro condizione (di lavoro, famiglia, ecc.) come loro propria risposta alla vocazione battesimale, per poter poi fare di ciò un dono specifico per tutta la parrocchia. L'AC vuole infatti mettere a disposizione della parrocchia il riflesso spirituale e pastorale della testimonianza vissuta dai suoi membri nella Chiesa e nel mondo. Ha senso essere associazione oggi, se ha senso mettersi insieme in modo organico, per perseguire obiettivi comuni, per realizzare la formazione corrispondente alle varie vocazioni, per offrire a tutta la comunità questo dono, stabilmente, in modo non occasionale o dettato da urgenze immediate oppure secondo richieste decise dal "leader", ma in una forma permanente per aiutare meglio la costruzione di una comunità parrocchiale in cui tutti - laici e sacerdoti - possano vivere con intensità la loro vita di fede, la loro condizione umana, la loro vocazione specifica.

La seconda ragione dell'associarsi dei laici si riferisce alla ricchezza di apporto che una associazione può dare, assicurando la responsabilizzazione dei singoli aderenti con la chiara condivisione di scopi e con impegni statutariamente stabiliti; con la organicità e stabilità dell'aggregarsi attorno ad un progetto riconoscibile, al di là del variare dei membri ed anche dei responsabili; con l'attribuzione delle responsabilità in base a criteri stabiliti dallo statuto, assicurando la possibilità di intervento di tutti nel determinare lo svolgersi della vita e dell'impegno associativo. In AC questo aspetto permette di operare secondo un progetto organicamente stabilito, dato dal suo impianto territoriale (quindi non soggetto a rischi di personalismi o di altri criteri discriminatori), dalla sua struttura democratica (che non prevede "leaders" o capi ispirati), dal collegamento diocesano e nazionale, che, favorisce la circolazione delle idee e delle esperienze, dal lavorare secondo obiettivi concreti, alla portata di età e di culture diverse contro ogni chiusura di livello culturale, sociale o di gruppo. In questo modo l'AC in una parrocchia è garanzia di continuità; la sua vita infatti non dipende solo dalle persone che passano, ma da un progetto che va oltre le persone, oltre gli stessi responsabili che si avvicendano, perché il responsabile non "inventa" la sua associazione, ma è impegnato a realizzare quel progetto che tutta l'associazione definisce nei momenti assembleari.

La terza ragione dell'associarsi è costituita dal valore di una adesione espressa in maniera esplicita e formale. Con l'adesione il singolo è chiamato a rinnovare periodicamente un atto di libertà e responsabilità personale; tra il socio e l'associazione si instaura una specie di "patto morale" le cui condizioni sono chiaramente espresse nel progetto e nelle regole statutarie. Tutto ciò richiede l'apporto dei singoli soci, esclude la loro "passività" ed ogni spirito "gregario", favorendo la loro maturità. Certo questo fatto che costituisce una ricchezza perché stimola e garantisce libertà e responsabilità, può anche rappresentare un limite perché l'associazione dipende in tal modo dalle decisioni dei soci e dalla loro disponibilità ad assumere le proprie responsabilità. Vi è spesso la tendenza a fermarsi agli aspetti "esteriori" della formula istituzionalizzata; deve essere chiaro invece che l'adesione formale serve ad esprimere anche ufficialmente una scelta di vita .

Un’ ulteriore ragione che motiva l'associarsi è infine rappresentata dalla utilità di dare la migliore efficacia al servizio pastorale e alla testimonianza nelle situazioni e ambienti di vita. Ci sono infatti molteplici situazioni in cui l'intervento singolo non è sufficiente, ma occorre l'apporto associato, e questo sia sul piano della formazione e del sostegno reciproco, sia sul piano del servizio pastorale, sia, infine, sul piano della testimonianza negli ambienti o sul territorio.

 

d. Il modello organizzativo

 

L'Azione Cattolica, con lo Statuto del 1969, ha riconfermato la scelta di essere associazione, nella convinzione che fosse utile per la Chiesa una realtà laicale, organizzata secondo l'oggettività di un progetto, costituita da persone impegnate con un'adesione consapevole e libera, per mettere la loro responsabilità laicale a servizio del progetto pastorale della Chiesa parrocchiale e diocesana.

 

Tra unità e varietà

 

Tra le scelte organizzative qualificanti dell'associazione c'è la scelta unitaria. Nel 1969 l'AC sceglieva di essere associazione unitaria, nella quale convergono i quattro rami esistenti fino ad allora, per meglio evidenziare l'unicità dell'ispirazione ideale, del progetto di formazione, del servizio concreto. Oggi in particolare si coglie 1'attualità di tale impegno unitario; la realtà ecclesiale domanda di vedere l'AC in quanto tale, e non lo specifico progetto delle sue parti. A livello associativo, si coglie un'esigenza di essenzialità nel lavoro, proprio in ordine ad una maggiore vivacità ed efficacia e l'esigenza di una migliore valorizzazione - più razionale, meno dispersiva - di tutte le risorse. Si tratta di una prospettiva che rinuncia ad ogni trionfalismo e si pone in una linea organizzativa e operativa sobria, che traduca nella scelta di vita associativa lo spirito della povertà evangelica. Occorre anche dire però che l'impegno unitario non è mai un fatto compiuto né una realizzazione automatica. Domanda lo sforzo continuo di comporre le esigenze del progetto unitario con l'esigenza di interpretare le diversità di fatto esistenti nell'associazione, che chiedono all'AC di articolarsi, in modo da rispettare tale varietà, soprattutto in ordine al cammino formativo. È necessaria quindi una continua verifica per superare il rischio sempre presente che le articolazioni vivano in modo troppo spiccato la loro autonomia di programma e di strumenti di lavoro, tendano a rendere completo ed esaustivo il progetto secondo cui operano, anziché qualificarlo come parte che si deve relazionare ad un tutto che la supera.

Nell'associazione parrocchiale il compito di garantire l'unitarietà è affidato al Consiglio parrocchiale. È formato dai responsabili dell'associazione, eletti dall'assemblea; nel Consiglio si operano le scelte qualificanti in ordine alla presenza dell'AC in parrocchia e in ordine al suo programma, si coordina l'attività dei vari gruppi in cui si articola la vita associativa. Un serio funzionamento del Consiglio consente all'associazione di essere un'interlocutrice meglio identificabile nella parrocchia; le consente anche di esprimere un impegno formativo più qualificato, sollecitando giovani e adulti a una reciproca crescita e ad assumere insieme responsabilità educative nei confronti dei più piccoli.

Il luogo associativo che meglio risponde ad una formazione diversificata è il gruppo; in esso è possibile fare "una prima elementare e vitale esperienza associativa", una esperienza di fraternità, di condivisione, di riflessione su problemi propri legati alla condizione di vita e alla vocazione di ciascuno. Per i contenuti su cui si impegnano e per gli obiettivi che si propongono, i gruppi possono anche essere formati da giovani e da adulti, uniti dagli stessi interessi o dalle stesse esperienze; possono così contribuire a far superare la barriera che spesso separa le generazioni, in nome di mete, ideali e impegni comuni.

L'AC è dunque un'associazione unitaria e articolata: l'articolazione in gruppi corrisponde alle diverse realtà; il funzionamento del Consiglio parrocchiale risponde alla ricerca di unitarietà.

 

La scelta democratica

 

Il Consiglio parrocchiale si forma sulla base delle scelte dell'assemblea parrocchiale, composta da tutti gli aderenti all'AC, adulti e giovani. L'AC, infatti, con lo Statuto del 1969, ha fatto una scelta democratica, in cui si dice che l'adesione comporta per l’aderente il dovere di contribuire alla vita associativa sia in termini spirituali che operativi, in relazione ai valori ideali ed al coinvolgimento nel sostegno finanziario. La democraticità dell'AC si fonda su questo sostanziale e continuativo impegno di partecipazione, che gli aderenti manifestano anche nella scelta dei responsabili che di volta in volta li guidano.

La democraticità è per l'AC una caratteristica coraggiosa, che la impegna a manifestare la maturità umana ed ecclesiale dei suoi aderenti, attraverso comportamenti che escludano arrivismi e personalismi, rifiutando la contrapposizione e il semplice gioco delle maggioranze e delle minoranze, attraverso una libera paziente ricerca - nel massimo di condivisione - di ciò che per l'associazione è veramente bene. Ai responsabili è chiesto distacco, libertà nel vivere il servizio, capacità di non ritenersi indispensabili ma di promuovere la responsabilità dei più giovani, di coinvolgere altre persone, perché l'AC non sia identificata con alcune persone e possa manifestare la sua vitalità nell'esprimere responsabili sempre nuovi alla sua guida. Ancora: il metodo democratico lega l'associazione parrocchiale a quella diocesana, regionale, nazionale verso un continuo superamento del proprio particolarismo. La scelta democratica fa risaltare la corresponsabilità di tutti i singoli aderenti, capaci essi stessi, prima di tutti, di dare vita alla esperienza associativa.

Responsabili, animatori,assistenti

 

Figure decisive della vita associativa sono però quelle dei responsabili; essi, eletti dall'assemblea a far parte del Consiglio parrocchiale, sono impegnati soprattutto a costruire la vita associativa nella sua espressione unitaria, garantendone la vitalità interna, l'impegno nella comunità, la correttezza delle scelte concrete in relazione all'ispirazione ideale del progetto. Responsabili preparati e capaci consentono all'associazione di essere attiva, capace di "stare in piedi" con le proprie gambe, di fare scelte, di essere creativa, di portare avanti programmi precisi e definiti; del resto questo è quanto chiede il Concilio alle associazioni di AC: che i laici che ad esse appartengono sappiano assumere "la loro responsabilità nel dirigere tale organizzazioni e (...) nella elaborazione ed esecuzione del piano di attività". Il responsabile, concretamente deve allora saper "pensare" la vita della sua associazione; deve saper creare occasioni di condivisione, lavorando con gli altri, cercando il confronto, accettando di venire modificato ed arricchito nel suo servizio dell'apporto di altri; deve saper dialogare con i Pastori della parrocchia, con fede ed animo fraterno e con tutti gli altri parrocchiani. Responsabili così possono veramente garantire la laicità dell'associazione.

Oltre ai responsabili, che sono i primi animatori dell'associazione, è compito del Consiglio parrocchiale scegliere come animatori dei vari gruppi persone capaci di garantirne la vitalità e soprattutto l'efficacia e la qualificazione educativa. Poiché il gruppo è costituito da persone caratterizzate sul piano dell'età e dell'esperienza di vita, all'animatore si chiede non una generica competenza associativa o una spontanea capacità educativa, ma anche doti umane adeguate al suo servizio e una specifica preparazione anche pastorale, in relazione al tipo di gruppo che egli anima. Concretamente, ad un animatore-educatore si chiede di saper essere attento alle persone e alle loro situazioni con occhio da educatore e da fratello; di conoscere il programma e il metodo dell'AC per il gruppo che anima; di conoscere i sussidi e gli strumenti che l'associazione propone e di saperli utilizzare; di saper convocare gli incontri e di saperli guidare.

Questi elementi sono sufficienti a mettere in evidenza che per essere responsabili o per essere animatori non basta saper tutto dell'AC o conoscere buone tecniche di lavoro; la preparazione di un responsabile e di un animatore per l'AC e per la Chiesa richiede maturità ecclesiale e spirituale, un atteggiamento continuo di ricerca sul piano culturale e sul piano pedagogico e soprattutto sui metodi, informazione e conoscenza precisa dell'AC del Concilio, delle sue scelte, del suo progetto, delle situazioni reali.

L’assistente ha un compito decisivo nella vita dell'associazione: quello di garantirne l'ecclesialità e il cammino formativo e spirituale. L'Assistente è il segno del Vescovo e la sua presenza serve a rendere "più piena la comunione ecclesiale dell'associazione", ricordando che la Chiesa è più grande dell'AC e ad essa l'AC deve sentirsi destinata: per questo il sacerdote non è "di AC", è e resta sempre "della chiesa", come segno visibile di un legame che per l'associazione è vitale. Concretamente la sua attività in AC consiste "nel contribuire ad alimentare la vita spirituale ed il senso apostolico ed a promuovere l'unità", sia perché propone momenti di preghiera e di vita spirituale nell'associazione, sia perché evidenzia il significato spirituale dell'impegno apostolico, senza scadere nell'attivismo, sia infine perché sa cercare, in modo discreto ma vero, un dialogo con ogni persona, un dialogo aperto alle dimensioni della vita interiore, con la possibilità di divenire anche rapporto di paternità spirituale. L'assistente non è dunque né il cappellano per le celebrazioni liturgiche e per l'amministrazione dei sacramenti né il responsabile dell'associazione; egli è l'uomo di Dio, il pastore inviato dalla Chiesa per camminare con i laici di AC, guidarli nello spirito, condividerne le speranze. Il suo compito è di aiutarli ad essere più cristiani, cioè più Chiesa, proprio aiutandoli ad essere più laici, cioè uomini e donne del nostro tempo ed in esso segni del Signore.

 

 

e. Il progetto formativo dell'AC di oggi

 

Il progetto formativo legato al significato che l’AC ha oggi per la vita della Chiesa può apparire insieme troppo sobrio e troppo complesso. Sobrio perché essenziale e scevro da sollecitazioni emotive; complesso perché richiede una serie di attenzioni: deve essere infatti adeguato sia alla complessità della vita della Chiesa, sia ai problemi della vita contemporanea, sia ai bisogni dell'uomo.

Si potrebbe dire, sinteticamente, che la meta della proposta formativa dell'AC è quella di formare laici maturi sul piano spirituale ed ecclesiale, capaci di tradurre il Vangelo in testimonianza quotidiana e dotati di quella sensibilità pastorale che li porta a vivere con responsabilità e impegno il rapporto con la parrocchia e la presenza in essa.

Per raggiungere tali finalità occorre che la proposta formativa dell'AC sia attenta a diversi tipi di esigenze e di momenti, capace di rispondere alla complessità della meta da raggiungere. La formazione a vivere da laici nella Chiesa e nel mondo richiede una spiritualità che concentri l'impegno sulla crescita della fede attraverso la preghiera e l'ascolto della Parola; una catechesi che renda più matura la fede, rendendola più consapevole, nell'approfondimento del mistero cristiano in ordine alle connessioni che esso ha con la vita; una proposta di riflessione culturale sull'uomo, sia a livello esistenziale, sia nei fenomeni che caratterizzano la realtà socio-culturale in cui siamo immersi.

 

La spiritualità

 

Appartiene alla tradizione dell'AC un intenso impegno spirituale, caratterizzato dalla fedeltà al cammino spirituale della Chiesa nella sua essenzialità; dal riferimento alla propria Chiesa locale ed al suo ritmo spirituale di vita; dalla valorizzazione delle dimensioni più comuni e quotidiane della esistenza laicale. L'Azione Cattolica ha insistito e insiste sulla "necessità di educare a una intensa vita spirituale, diventando quasi un seminario per laici, una scuola di ricerca e di educazione alle originali forme della santità laicale" (cfr paragrafo sulla "spiritualità")

 

La catechesi

 

La catechesi è sempre stata in AC un momento portante della vita associativa e continua ad esserlo, in quanto corrisponde all'esigenza di rendere più consapevole la fede, per renderla più matura e più capace di quotidiana testimonianza. Nel momento della catechesi, vissuta secondo le indicazioni del Documento base sul Rinnovamento della catechesi, del 1970, dovrebbe trovare spazio soprattutto l'approfondimento del mistero cristiano, conosciuto attraverso l'ascolto della Parola di Dio, accostato in modo organico e sistematico, lasciando spazio a quelle esigenze della ragione che non vanno eluse, per una fede consapevole. L’approfondimento è necessario ad una mentalità di fede e a una vita cristiana che si esprima nel quotidiano e deve avvenire in un clima di ascolto, di preghiera, di conversione, mettendo a confronto l'esistenza, con i suoi problemi e le sue responsabilità, con il mistero cristiano. La catechesi si trasforma così in un itinerario di fede, vissuto in un piccolo gruppo associativo in modo da favorire da parte dei presenti la manifestazione e la partecipazione del proprio cammino di fede e la maturazione del gruppo verso le finalità educative e pastorali dell'AC. La catechesi deve contribuire a formare vere coscienze ecclesiali, laicali e missionarie, individuando quel cammino di crescita cristiana che renda i laici "capaci di impegnare la fede nelle realtà temporali".

La traccia dei contenuti della catechesi di AC è data dai catechismi della CEI, libri di fede di tutta la comunità cristiana. L'AC avverte come molto significativa e impegnativa la consegna che la Chiesa fa del patrimonio della fede ad ogni credente e ad ogni gruppo, attraverso i catechismi, si impegna a promuovere l'accoglienza e l'utilizzazione di essi, sia attraverso la catechesi viva dei gruppi associativi, sia attraverso i sussidi.

In parrocchia, la catechesi dei gruppi di AC integra quella parrocchiale, intendendo specificare e completare il cammino catechistico di tutti; alla parrocchia l'AC offre la disponibilità di persone preparate per essere catechisti della comunità; dove la parrocchia non è in grado di offrire una catechesi a tutti, l'AC si rende anche disponibile a una temporanea supplenza, impegnandosi però a creare le condizioni perché la parrocchia offra a tutti un'adeguata proposta di cammino di fede.

 

La riflessione culturale

 

Un terzo momento essenziale e necessario nel progetto formativo dell'AC è quello della riflessione culturale. Non è possibile giungere ad una reale incidenza della fede nella vita, se il momento della riflessione e della formazione non prepara già le persone all'incontro tra l'assoluto della fede e la complessità delle situazioni esistenziali, sociali, culturali.

Il momento culturale dunque in AC ha lo scopo di informare sui problemi di oggi, che ci toccano come persone del nostro tempo; ci sollecita alla conoscenza della tradizione cristiana (magistero, teologia, spiritualità ... ) e della storia del movimento cattolico in Italia, per creare attraverso questo comune patrimonio una nuova coscienza di impegno. Tale impegno culturale, umile ma intenso, contribuisce ad educare alla cultura innanzitutto come stimolo a pensare, ad accettare la complessità dei problemi, a rifiutare rigorosamente le frasi fatte, gli slogan ricorrenti, le soluzioni facili, le letture semplicistiche di tutte le situazioni, per impegnarsi anche asceticamente nella conoscenza, senza pregiudizi, dei problemi di oggi, approfondendoli alla luce della fede. L'impegno culturale rende il laico cristiano capace di dialogo e di confronto con quanti, anche non di AC e anche non cristiani, sono disposti a mettersi in ricerca, e diventa autentica costruzione di pace e di promozione umana. A livello parrocchiale questo tipo di formazione culturale produce nei laici capacità di conoscere i problemi e le contraddizioni più significative, evidenti e nascoste, del territorio in cui si vive e di elaborare progetti di soluzione insieme con tutti gli uomini di buona volontà. La riflessione culturale si esercita in AC anche mediante l'interesse alla lettura dei periodici e dei sussidi dell'associazione, dei giornali e delle pubblicazioni degli editori cattolici e più in generale a cercare nella stampa e nei mezzi audiovisivi una fonte di informazione, di confronto e di dibattito. In AC si vuol vivere con occhi aperti e con intelligenza.

 

Uno stile di vita

 

Un impegno formativo vissuto con serietà dà frutti proprio nello stile di vita, che è prima ancora stile della coscienza. Nella concretezza delle scelte quotidiane è possibile cogliere la realtà interiore di una spiritualità vera, di una catechesi assimilata, di una cultura vissuta. Volendo descrivere questo stile di vita, si possono evidenziare soprattutto alcuni tratti.

Il laico cristiano di oggi che il socio di AC vuole impersonare:

- è una persona che impegna l'intelligenza, nello sforzo di comprendere in profondità sia la realtà delle cose e della vita, sia il mistero del Signore, passando dai fatti ai significati dei fatti. Anche l'intelligenza va coltivata, affinata, educata, illuminata dal Vangelo, perché da semplice intuizione globale divenga penetrazione dei fatti e dei significati. Si potrà anche recuperare così il valore alla parola, perché essa sia innanzitutto rivelatrice dell'essere, perché sia densa, perché sia capace di rispettare la verità delle cose e di esprimerne i valori;

- è una persona in ricerca, consapevole della complessità del tempo in cui vive, delle ambiguità della storia, della profondità del mistero del Signore. Essere in ricerca significa avere un'intelligenza umile, disposta a sottomettersi ad una verità che è sempre più grande di noi stessi;

- è una persona di ascolto e di dialogo, disposta a riconoscere la verità ovunque si manifesti, perché animata da una grande passione per tutto ciò che è vero, che è bene, che è giusto. Il dialogo è rifiuto del dogmatismo, delle formule precostituite per risolvere i problemi, è rinuncia a chiudersi dentro le proprie sicurezze nella ricerca di qualcosa che è sempre oltre;

- è una persona che vive il coraggio della libertà della coscienza, di fronte a se stessa, alle cose, a ogni forma di potere e di opinione: condizione, questa, per un rapporto con gli altri ispirato a dignità e per un rapporto con Dio autentico e maturo;

- è una persona che vive la gratuità in ogni momento e in ogni situazione: tale gratuità si manifesta nella disponibilità a dare tutto di sé, in spirito di servizio, in ogni ambito della propria vita, a partire dalla professione, dalla famiglia, dagli impegni quotidiani più minuti e ripetitivi. Essa dà autenticità anche a ciò che si fa per scelta volontaria, la quale non è evasiva solo se è in continuità con il nostro abituale stile di vita. Si esprime, davanti al Signore, in un'esperienza religiosa gratuita, cioè cercata e vissuta non perché risponde ai nostri bisogni religiosi, ma perché Dio è Dio e perché crediamo che a Lui siano dovute lode e dedizione;

- infine, il laico cristiano, che il socio di AC vuole impersonare, è una persona di gioia: una gioia non superficiale, né manifestata con facili espressioni di entusiasmo, ma una gioia composta perché consapevole e profonda, gioia che nasce dalla speranza: la nostra vita e la vita del mondo, poiché sono nelle mani del Signore, che è fedele, giungeranno alla risurrezione e alla pienezza. La sapienza cristiana legge oltre i segni le possibilità di vita nuova che cresce, e vive in una prospettiva di serenità, di attesa, di pazienza.

Uno stile educativo

 

Lo stile educativo dell'AC è caratterizzato da un dinamico intrecciarsi di momenti comunitari e di impegno personale: c'è una dimensione personale della formazione senza la quale si rischiano la superficialità, il pressappochismo, la fuga dall'interiorità e dall'incontro personale con Dio. Ma c'è anche una dimensione comunitaria che libera quella personale dal pericolo dell'intimismo e della chiusura. L'una e l'altra hanno nel riferimento alla comunità parrocchiale la verifica della autenticità, affinché nessuno in AC possa dire la "mia" comunità riferendosi al suo gruppo.

Il gruppo in associazione non è considerato un fine, ma un mezzo, una scuola, un "severo tirocinio di vita ecclesiale", che porta ad amare, a "compatire", a servire pienamente, a mettersi continuamente in sintonia, a ritornare fedelmente alla fonte della Chiesa. Tutto questo costituisce uno stile educativo che non risalta immediatamente all'occhio di chi assiste al lavoro di formazione dal di fuori; ma questo è lo stile che fin dalle sue prime origini ha fatto maturare in AC uomini e donne, giovani e adulti, che hanno espresso, nell'eroismo della fedeltà quotidiana e nell'eroismo dell'eccezionalità occasionale, una lunga storia, ormai centenaria, di laici che amano la Chiesa.

Un altro elemento fortemente accentuato nello stile della formazione dell'AC è quello dell'educazione agli impegni morali, realizzata attraverso una attenzione alla Parola di Dio, che non resta fine a se stessa, ma si incarna nel quotidiano e trova nel sacramento della riconciliazione la celebrazione di ciò che si realizza nella vita. La fedeltà agli impegni morali richiede, per non cadere nel moralismo, uno stile di libertà perché le scelte nascono non dalle proposte di un leader o dall'enfasi delle decisioni di gruppo, ma dallo stupore dell'anima che scopre i doni del Signore e gli si dona liberamente, accettando anche le conseguenze di non comprensione o di non consenso generale, che tali scelte possono provocare.

Ancora uno stile di rapporti umani improntato alla cordialità, all'accoglienza degli altri, alla valorizzazione del diverso, a non valutare le persone solo in base al ruolo, pur rispettando anche il ruolo. Uno stile di libertà dalla stessa associazione per non sopravvalutarla rispetto alla Chiesa e per non perdere mai di vista la propria comunità parrocchiale.

È anche importante che lo stile educativo sappia creare identità associativa non in contrapposizione con altri movimenti, gruppi, associazioni presenti nella parrocchia, nei confronti dei quali l'AC deve saper vivere in spirito di collaborazione senza venire meno alla propria originalità, aiutando soprattutto con la testimonianza la comunione pastorale.

Un ulteriore elemento da ricordare per caratterizzare lo stile educativo dell'AC è quello della fedeltà ai tempi lunghi. Gli incontri con il Signore, sia quelli che ci vengono descritti dai Vangeli, sia quelli che avvengono ogni giorno nella vita degli uomini di oggi, sono caratterizzati dallo stupore entusiasmante e decisivo del primo incontro e dalla successiva lunga pazienza del discepolato e della sequela, che porta a una conversione continua, ad un cammino di libertà da se stessi, dalle proprie idee, dai propri disegni, ad un impegno di purificazione nelle intenzioni fino alla capacità di condividere il "non aver dove posare il capo" e l'essere disprezzati e sconfessati dagli uomini: fino alla croce. La formazione in AC, resa fedele a questo stile, è caratterizzata dalla continuità e dalla progressività: chiunque può diventare responsabile, non perché manifesta particolari entusiasmi o fa scelte che lo mettano in vista, ma perché passo passo prosegue in una strada di amore alla Chiesa che richiede rinuncia, fatiche, libertà da se stessi, capacità continua di mettersi in discussione, fedeltà alla preghiera, amore pastorale nelle piccole esperienze pastorali e di ambiente.

Da ultimo bisogna richiamare un altro elemento, che costituisce insieme problematicità e ricchezza dello stile formativo dell'AC. È il fatto che dentro la globalità di una formazione che rinuncia a schemi, progetti e proposte particolari, per rendersi umilmente disponibile a tutto l'universale disegno della Chiesa - pur nelle sue caratterizzazioni locali e parrocchiali - la formazione in AC non è generica. Ciascuna persona è colta nella sua realtà di vita ed è aiutata a valorizzare la vocazione personale di tale realtà. L'unico progetto formativo unitario, i medesimi e comuni nuclei tematici vengono proposti secondo pedagogie diverse, adeguate alle varie persone e alle loro esigenze.

 

 

 

 

SETTORE A.C.R.

 

Nel 1969, alla luce del Concilio Vaticano II, l’Azione Cattolica Italiana ha voluto rinnovare la sua proposta associativa. Infatti, proprio in quegli anni, nasce un nuovo progetto: l’Azione Cattolica dei Ragazzi (A.C.R.). L’A.C.R. si sviluppa perciò come una esperienza associativa fatta a misura dei ragazzi, considerati soggetti attivi nella Chiesa, e individui dotati di una propria vocazione e di una propria missione. Essa è aperta a tutti i ragazzi dai 6 ai 14 anni e si articola in tre sezioni così suddivise:

- bambini dai 6 agli 8 anni,

- bambini dai 9 agli 11 anni,

- ragazzi dai 12 ai 14 anni

 

L’ "Azione Cattolica dei Ragazzi" attualizza il suo fine formativo nelle tre fasce di età in modo distinto, ma principalmente attraverso la vita di gruppo. Essa assume connotazioni diverse rispetto ad un gruppo che si forma spontaneamente; è infatti il punto d’incontro di ragazzi che hanno interessi comuni (e in questo somiglia al gruppo "spontaneo") tuttavia, al suo interno si sviluppano relazioni e atteggiamenti che non sono quelli consueti. La "legge" del gruppo è l’insegnamento e l’esempio stesso di Gesù, attraverso il quale i ragazzi imparano i valori della tolleranza, del rispetto, della pace, della testimonianza, della verità, anche a costo di andare controcorrente. Tutto ciò permette al ragazzo di stare nel gruppo senza conformismi, riuscendo ad esprimere le proprie doti e la propria sensibilità. In questo modo il gruppo A.C.R. raggiunge il proprio fine: favorire, stimolare e guidare la crescita globale della persona nel suo processo di maturazione.

La vita di gruppo si articola in tre momenti essenziali: la catechesi, la liturgia e il servizio.

La catechesi insegna a pensare cristianamente, ciò significa che essa ha il compito di educare il ragazzo a vivere con Gesù, e a sentirlo sempre presente nella sua vita, nelle sue scelte e nel suo percorso di crescita. Questi concetti si concretizzano all’interno del gruppo insegnando al ragazzo a scopririsi come dono di Dio per gli altri, a riconoscere la propria responsabilità nei confronti altrui e verso Gesù stesso, a creare un primo rapporto personale con il Padre, a vivere la Chiesa diventandone membri attivi.

L’A.C. ha elaborato una propria metodologia per trasmettere questi concetti ai ragazzi, essa è nota come catechesi esperienziale: si tratta di un modo estremamente efficace e diretto per trasmettere valori e nozioni evitando lo scolasticismo. Dato che l’A.C.R. intende essere scuola di vita, l’educatore dovrà rivolgersi al ragazzo attraverso l’esperienza, l’attività pratica, la discussione, l’incontro con le realtà meno conosciute di dolore e di fede, tutto ciò, insomma, che proietta nella realtà il contennuto che si intende trasmettere. Per i bambini più piccoli sarà assai utile il giuoco che, se ben impostato, mantiene tutte le migliori caratteristiche della catechesi esperienziale.

La liturgia dovrà essere consona all’età e alle situazioni esistenziali dei ragazzi. Si tratta di avviare un primo contatto con la vita ecclesiale e sacramentale. È assolutamente necessario che l’educatore trasmetta al ragazzo il senso di appartenenza alla Chiesa, delle sue liturgie, dei suoi tempi forti; lo potrà fare più volte l’anno, curando semplici celebrazioni liturgiche sui temi che il gruppo ha già ben compreso, e che adesso ricevono il loro suggello nel clima sacro della Chiesa. Laddove i bambini abbiano già ricevuto per la prima volta l’Eucarestia, saranno assai utili celebrazioni sacramentali specifiche per la loro situazione spirituale. L’educatore, inoltre, dovrà seguire e spronare i propri ragazzi alla partecipazione assidua alla Santa Messa domenicale intesa come momento di festa e di comunione.

Il servizio è l’ultimo aspetto del progetto A.C.R.: si attualizza rendendo il ragazzo consapevole di essere un testimone autentico e attivo dell’amore di Gesù che scopre nel gruppo. Ciò avviene mediante un processo di responsabilizzazione del ragazzo nei confronti delle proprie scelte (si pensi per es. al momento importantissimo della Santa Cresima e degli anni successivi). L’atteggiamento di servizio può essere stimolato attraverso la concretizzazione di qualche esperienza pratica, magari in collaborazione con la Caritas, con il Parroco, a servizio dei più poveri e dei bisognosi.

Resta infine da delinare una delle figure determinanti per l’esistenza del gruppo: l’educatore. Tale figura non va confusa con quella del catechista, soprattutto per la diversa metodologia, nonostante abbia con lui in comune il fine della formazione e della maturità umana, morale e di fede. L’educatore stesso, perciò, deve avere alle spalle un gruppo di formazione e un cammino di fede che lo prepari all’impegno che deve sostenere e, al tempo stesso, lo sostenga e sia per lui la fonte alla quale attingere sempre nuove energie. All’educatore si richiede una buona conoscenza degli aspetti psicologici determinanti dell’età a cui si rivolge, la lucidità di fronte ai problemi e ai comportamente dei ragazzi, la tolleranza, la resistenza alle frustrazioni e ad eventuali momenti difficili, oltre che una mturità che gli permetta di essere di esempio anche al di fuori dell’ambiente di Azione Cattolica. Starà a lui, inoltre, trovare il modo di farsi accettare dai ragazzi e di coinvolgerli calandosi nella loro realtà.

Un ultimo breve cenno sul rapporto che deve intercorre tra educatore A.C.R. e le famiglie dei suoi ragazzi. Da tutto quel che si è detto si comprende assai agevolmente quanto sia fondamentale l’instaurarsi di un rapporto di stima, fiducia e relazione tra questi due àmbiti della vita del ragazzo. Seppur con metodi diversi entrambe svolgono una funzione, per così dire, complementare, e possono sicuramente convergere verso un obiettivo comune per il bene del ragazzo. È superfluo sottolineare quanto sia perniciosa una sorta di controcatechesi che alcune famiglie compiono nei confronti di ciò che il gruppo di A.C. e la Chiesa si sono sforzati di comunicare.

 

 

 

 

 

SETTORE GIOVANISSIMI

 

Consideriamo giovanissimi quanti hanno un’età compresa tra i 14 e i 17 anni; si tratta degli adolescenti, persone cioè che vivono in una fase di transizione, dalla fanciullezza alla giovinezza. Molteplici e rapidi sono i cambiamenti che li portano a percepire in maniera più critica il mondo adulto, la famiglia e la Chiesa. Matura, in questa fase della vita, la capacità di relazione soprattutto con i coetanei; la vitalità che li caratterizza è spesso fonte di mutamenti improvvisi e conflittualità di vario genere.

Cosa propone l’A.C. ai giovanissimi? Il passaggio dall’identificazione all’identità che caratterizza l’adolescente in modo peculiare: egli non si definisce più imitando i comportamenti di determinati personaggi, ma comincia ad acquisire coscienza di sé, delle proprie caratteristiche e del proprio ruolo. In questa dinamica si inserisce la proposta formativa dell’associazione: attraverso i responsabili di settore essa condivide questo cammino, accompagnando ciascun adolescente all’incontro maturo e personale con Cristo, il Signore della vita.

Questo incontro è:

- personale, perché non prescinde dai problemi e dai desideri di ciascuno;

- comunitario, perché è possibile in virtù della vita del gruppo giovanissimi che a sua volta vive in una comunità;

- storia, perché si compie nel dipanarsi della vita di tutti i giorni;

- ulteriorità, perché non esclude altri rapporti ma li comprende e li arricchisce.

Gli itinerari che l’A.C. progetta e programma per i giovanissimi vogliono realizzare questo incontro, tenendo presenti tutte le dimensioni della loro vita: spirituale, ecclesiale, etico-culturale. Questi itinerari possono concretizzarsi se si tiene conto dei seguenti aspetti:

- discernimento, ovvero educare al rapporto tra beni ultimi e beni penultimi, tra intenzioni ed azioni; si tratta di orientare lo sguardo dei giovanissimi verso il Regno dei Cieli; questa sintesi deve fare i conti con le loro tendenze tipiche quali l’intimismo, l’incomunicabilità, l’uso strumentale delle cose e la grande voglia di novità;

- preghiera, ovvero le radici alla vita si possono dare solmente "con, per e in Cristo": la vita di ogni adolescente deve confrontarsi e scontrarsi autenticamente con il Vangelo nella sua essenza profonda: non un libro di buone azioni ma la Parola, come indicato nel Prologo di Giovanni. In questa prospettiva devono essere caldeggiate le seguenti forme di preghiera: l’ascolto e il silenzio, le liturgie comunitarie, la conoscenza e l’approfondimento delle vite dei santi, la direzione spirituale, l’esame di coscienza e la catechesi;

- comunione, ovvero la scoperta della dimensione ecclesiale: la Fede che ha ricevuto in dono non deve essere spesa individualisticamente ma per gli altri; solo così è possibile crescere autenticamente nella Chiesa; in quest’ottica si devono tenere presenti le dimensioni dell’accoglienza, dell’incontro e dell’attenzione alle esigenze della comunità e del territorio.

Per realizzare l’incontro di ciascun giovanissimo con il Signore è necessario che la comunità affidi ad alcune persone il compito di accompagnarli in questo difficile e delicato cammino; le figure educative sono gli animatori e l’assistente che si impegnano in modo responsabile, qualificato e gratuito, ad incontrare il giovanissimo a tu per tu e a farlo incontrare con i coetanei: il metodo educativo viene definito catechesi esistenziale e si fonda sul cammino di gruppo.

Il gruppo nasce per educare il bisogno di incontro, passando da un’esperienza di amicizia, ad una esperienza di Chiesa; il passaggio è realizzabile nella misura in cui viene sentita a livello comunitario la responsabilità educativa nei confronti dei giovanissimi. Tra le caratteristiche peculiari di un gruppo giovanissimi ricordiamo: la gratuità, il dialogo, la condivisione e la democraticità.

Gli itinerari che cercano di realizzare quanto detto devono essere programmati e strutturati dai responsabili di settore e dall’assistente tenendo conto di tutte quelle esigenze proprie della realtà locale, facendo riferimento al Catechismo dei Giovani vol. 1 "Io ho scelto voi", al cammino formativo dei giovanissimi e a tutti quei sussidi che ogni anno il Centro nazionale elabora sulla base del tema unitario scelto dall’A.C., la cosidetta "attenzione annuale".

 

 

 

SETTORE GIOVANI

 

Il Settore Giovani di AC comprende tutti gli aderenti dai 18 ai 25 anni. Si tratta di persone non più adolescenti, che compiono il lungo e complesso passaggio dall’età adolescenziale -legata allo studio, al gioco e alle molteplici esperienze mordi e fuggi- verso il mondo adulto, in cui le situazioni contingenti determinano nuove e diverse esigenze. Tuttavia, molti giovani si portano dietro la "frammentarietà di una prolungata adolescenza", che spesso impedisce di vivere la fede come esperienza totalizzante. Inoltre, è questa un’età in cui capita con frequenza di dimenticare la dimensione comunitaria della vita e della fede, in cui le prime realizzazioni e/o le prime disillusioni in campo lavorativo o affettivo spingono a cedere alla tentazione di poter seguire una via personale e privata, che prescinde dagli altri, in nome della quale si sacrificano amicizie e vita ecclesiale. Questo viaggio verso il mondo degli adulti, pieno di impegni e pervaso da un pericoloso relativismo etico, è particolarmente delicato e necessita di una guida qualificata: è in tale contesto che si inserisce il cammino formativo proposto dall’Azione Cattolica.

- Il giovane di AC è uno che ha una vocazione: la richiesta fatta ai giovani, con gradualità, di assumere impegni e responsabilità in Associazione, è un invito a prendere in mano la propria vita da protagonisti e non da spettatori, ad avere il coraggio e la costanza di difendere i propri ideali, a farsi voce che richiama, nei luoghi e nei momenti adeguati, all’essenzialità dei valori evangelici.

- Il giovane di AC è uno che guarda in alto: i cristiani non sono quelli che hanno delle "belle idee" su Dio e sul mondo; sono la famiglia dei figli di Dio, che nel dialogo con Lui, nella familiarità con il Suo amore sentono infiammarsi il loro cuore. "Spiritualità" non è uno spiritualismo disincarnato che separa fede e vita quotidiana, né la ricerca di emozioni interiori da vivere in modo strettamente individuale o in qualche raffinata esperienza "forte" da ricercare di tanto in tanto. I giovani di A.C. sono consapevoli della assoluta necessità di levare in alto lo sguardo e la spiritualità che ricercano non è "particolare": è "comune", vuole vivere in maniera intensa e feriale i beni straordinari che la Chiesa mette a disposizione di tutti i suoi figli -Parola e Sacramenti-. (Molto utile al riguardo può essere la lettura del breve libretto: "Appunti per una regola spirituale dei giovani di A.C.").

- Il giovane di AC è uno che non improvvisa: "Come tendere seriamente alla santità? Non c’è altra via se non quella di una seria formazione alla vita cristiana" (CEI, Con il dono della carità dentro la storia, nn.13-15). La formazione è dunque la via per giungere ad una santità feriale, che non si distacca dalle situazioni concrete, ma le considera come proprio ambito privilegiato affinché ogni uomo, guidato dalla Parola di Dio, le sappia trasformare e rendere nuove. Di fronte ai modelli, le proposte e gli obiettivi, che ci sono indicati in modo assoluto come validi e che spesso invece portano ad un appiattimento quasi inconsapevole della persona, fare formazione vuol dire maturare il valore di una coscienza critica, capace di contrastare tale tendenza: sotto questo punto di vista risulta fondamentale il ruolo dell’AC da sempre impegnata nella scelta formativa. Il cammino formativo personale e di gruppo è l’elemento fondamentale di un percorso che mira alla formazione di persone che sappiano rendere ragione della speranza che è in loro (1Pt.3,15) nella vita di ogni giorno.

- Il giovane di AC è uno che sa discernere: "Ogni giorno il Signore è in me, nella mia capacità di leggere con sapienza cristiana e perciò con gli occhi di Cristo le vicende piccole e grandi del mondo, cercando la presenza di Dio o la sua assenza a causa della contrastante e preponderante presenza dell’uomo. Quando noi nella quotidianità, nel vivere comune con le persone e nelle circostanze che sono usuali al cammino della nostra vita (la scuola, il lavoro, il tempo libero con gli amici, il leggere il giornale, ecc.) riusciamo a sentire che il Signore è tanto presente in noi, viene tanto naturale leggere gli avvenimenti con quella particolare sapienza che sono gli occhi di Cristo" (da R.Cananzi, Ripartire dal cuore).

 

La proposta dell’AC si realizza concretamente nell’ambito del gruppo giovani. Questo non è una gabbia che intrappola il giovane al suo interno e neppure un luogo in cui ritrovarsi stancamente ogni tanto, ma deve essere vero e proprio momento di unione, di condivisione e di crescita reciproca. Il gruppo è composto dagli aderenti e dai simpatizzanti, che si ritrovano al di là dei vari campi di servizio (catechisti, educatori AC, operatori pastorali ecc.) per vivere una dinamica di fede e di crescita che si renda tangibile e viva nella comunità. Il gruppo è come un grosso cuore che pulsa con regolarità e precisione con momenti di contrazione (sistole) e di dilatazione (diastole). Nella sistole si vivono le varie esperienze di formazione, ossia il gruppo ritrovandosi al suo interno si arricchisce delle esperienze fatte dai suoi membri e le rilegge alla luce dello Spirito Santo, in uno scambio reciproco; nella diastole i giovani portano nei diversi contesti di provenienza l’esperienza di annuncio, di formazione e di condivisione sperimentata nel gruppo. Il gruppo si dà dei ritmi particolari compatibili con le esigenze di tutti, non soffocanti né troppo blandi (solitamente con scadenza settimanale) e prevede dei momenti di preghiera, di studio, di catechesi e di confronto (a nessuno all’interno del gruppo è concesso fare la ruota di scorta, per poter realizzare una concreta azione di crescita corresponsabile nel servizio alla Chiesa locale).

Particolare attenzione va rivolta al responsabile del gruppo (una o più persone), che ha il duro compito di garantire la qualità e la continuità della proposta. È necessario contribuire anche con iniziative specifiche alla sua formazione, perchè prenda coscienza dell’impegno al quale è stato chiamato e realizzi che nel servizio ai giovani si esplica una particolare forma di vocazione.

Fondamentale è la figura dell’assistente associativo che come Ministro di Cristo e della Parola si deve rendere presente nel gruppo per sostenerlo nella sua globalità e assistere in esso ogni giovane. È evidente che più tangibile è la sua presenza, più è viva agli occhi del giovane l’immagine di Cristo.

 

 

SETTORE GIOVANI-ADULTI/ADULTI-GIOVANI

 

"La fascia di età dei giovani-adulti/adulti-giovani ha una importanza centrale nella società e nella Chiesa, nella famiglia, nell'organizzazione del lavoro, nella elaborazione della cultura e del costume (...). Sull'attenzione formativa e missionaria offerta a questa fascia di età si gioca una buona e decisiva parte del futuro della Chiesa, della società e della stessa Azione Cattolica". È con queste parole, riprese dal sussidio formativo dell'Azione Cattolica nazionale "Dal progetto al quotidiano", che l'AC ha ribadito nel corso della IX Assemblea unitaria, l'importanza e la priorità da dare al settore giovani-adulti/adulti-giovani nella pastorale ordinaria parrocchiale e diocesana.

Ma perchè è così importante questa fascia di età (dai 25 ai 40 anni) per la vita associativa ed ecclesiale? La risposta viene dalla particolare fase di passaggio che i giovani-adulti/adulti-giovani si trovano ad affrontare. L'uscita dal caldo e confortevole (ma anche comodo!) gruppo di amici del settore giovani, l'ingresso nel mondo del lavoro, il post-laurea, il fidanzamento e la scelta vocazionale, i problemi esistenziali della vita... in poche parole l'ingresso completo nel mondo degli adulti, con tutte le contraddizioni che ciò comporta, provocano spesso disorientamento e disagio nella vita di fede.

Spesso i giovani-adulti vivono una fase di passaggio, quasi da "nomadi", girovaghi senza una meta finale. Lo scopo del settore giovani-adulti/adulti-giovani è quello di offrire a tutti la possibilità di riscoprire la meta finale del proprio cammino di fede, attuando quella trasformazione del cuore che da nomadi e senza fissa dimora, ci porta a divenire pellegrini, in cammino verso la Gerusalemme del cielo. "Adulto -si legge nel sussidio formativo- è colui che ha scoperto la capacità di amare, ne ha sperimentato la bellezza, l'indicibilità e il tragico mistero della comunicazione" (E. Ducci). Gli adulti sentono nel cuore la necessità di riesplorare "il gusto del fare insieme, dell'esperienza, del rapporto, della relazione quotidiana" (D. Scabini), cioè del vivere in relazione e fare comunità, e -ancor di più- essere comunità.

Da qui nasce la proposta del settore giovani adulti che intende promuovere e valorizzare forme di aggregazione laicale per questa fascia di età, finalizzata alla riscoperta della Parola di Dio, della condivisione comunitaria, della crescita personale sullo stile laicale dell'Azione Cattolica.

 

 

SETTORE ADULTI

 

L’adulto, oggi, come persona, come battezzato, come laico che rende presente la comunità cristiana nel concreto delle condizioni e delle situazioni di vita, deve misurarsi con una realtà sempre più complessa e ambigua, ma sarà coinvolto e reagirà agli stimoli e alle provocazioni che vengono dal nostro tempo, secondo la sua situazione esistenziale, secondo la sua storia personale. L’essere adulti non è una condizione che si acquisisce semplicemente con l’età, con lo scorrere del tempo. È piuttosto una identità che va formata entro l’ambiente in cui si è chiamati a vivere, avendo solidi punti di riferimento. Essere cristiani laici adulti è una vocazione che va riconosciuta, accolta ed esercitata; è quindi frutto di un cammino. Potremmo oggi definire l'adulto come colui che ha il coraggio dei propri desideri e ideali articolati con la propria realtà. Questa definizione va fatta risalire all'identità e cioè all'essere persona. L'uomo, nella sua singolare realtà possiede una personale storia di vita e, soprattutto, una propria storia della sua anima. L'adulto è colui che è consapevole che nel rapporto tra i desideri e la realtà si realizza l'incarnazione. Il desiderio di Dio in rapporto alla realtà umana si realizza in pienezza in Gesù Cristo; tra i nostri desideri, che non sono così puri e potenti come quelli di Dio, e la nostra realtà umana, che è particolare perché non è tutta la storia ed è limitata, si realizza la nostra "identità" che è conformazione a Cristo.

Il progetto del Settore Adulti fornisce un chiara e profonda immagine dell'adulto di AC: essere adulti significa vivere la propria esperienza nella condivisione, con discernimento, con responsabilità e con competenza, avendo la capacità di collocare sempre attivamente se stessi e la propria storia nella concreta situazione in cui si è posti a vivere, nella concreta storia degli uomini. Per compiere questo cammino, per realizzare questa testimonianza e questo servizio alla Chiesa e agli uomini, il cristiano laico non agisce singolarmente, in forma individuale, ma sceglie di impegnare se stesso, di attuare il proprio impegno personale in forma associata, attraverso la vita associativa che l'A.C. propone. Infatti per gli adulti di AC questo agire significa riconoscersi in una associazione che valorizzi:

- la capacità di condivisione (cioè, l'inserimento aperto, solidale, costruttivo della persona nella realtà che lo circonda, con spirito di servizio, nella gratuità);

- la capacità di discernimento (cioè, una conoscenza attenta e matura, una lettura critica, nella verità e nella carità, della propria situazione, del proprio tempo, alla luce di fondamentali valori umani e cristiani, posti a base e orientamento della propria esistenza);

- il senso di responsabilità (cioè la coscienza di dovere impegnarsi con propria iniziativa e con consapevole coerenza, per far crescere e per animare la realtà in cui si è inseriti)

- la specifica competenza (cioè la capacità di affrontare i reali problemi della vita, traducendo la propria testimonianza di vita e la propria disponibilità al servizio in proposte, progetti, iniziative, opere, comportamenti, attraverso i quali contribuire in modo diretto e concreto alla edificazione della comunità cristiana e allo sviluppo della società civile).

La centralità della persona, la crescita in un gruppo, la presenza costante di un responsabile animatore, e le continue occasioni di formazione (culturale, catechetico-teologica, spirituale e alla testimonianza) segnano la strada di questo cammino dentro l'esperienza associativa di AC.

Gli adulti di AC, in virtù del Battesimo e dei doni ricevuti, esprimono questo impegno nella testimonianza e nel servizio attraverso:

a) La partecipazione, personale comunitaria, in forma singola o associata alla vita della propria chiesa, che si traduce in attenzione alla globalità della vita della comunità, contributo al discernimento pastorale e alla costruzione del tessuto comunitario, garanzia di continuità e gratuità nel quotidiano;

b) La partecipazione, personale e comunitaria, in forma singola o associata alla vita della comunità degli uomini, che si traduce in un atteggiamento di ascolto, di ricerca, di dialogo e di servizio, di assunzione di responsabilità, di fedeltà alla propria vocazione e al proprio stato di vita);

c) L’impegno pastorale e missionario, che si traduce:

- nell'annuncio e nella testimonianza del Vangelo;

- nell'esercizio della responsabilità educativa nella famiglia e nella società:

nella promozione dei valori etici soprattutto nel contesto familiare e professionale;

- nella promozione della solidarietà sociale con particolare attenzione al mondo del lavoro e dell'economia e nel servizio del volontariato;

- nella sfera politica, con particolare attenzione alla cultura e al servizio nelle istituzioni;

- nella costruzione di una convivenza pacifica tra gli uomini, le famiglie, i gruppi, le religioni, i popoli.

Il cammino che l'adulto è chiamato a compiere evidenzia due caratteristiche peculiari:

- è un unico cammino, che tende ad un'unica meta attraverso una pluralità di itinerari, che tengono conto della varietà delle situazioni e delle diversità delle condizioni nelle quali gli adulti si trovano concretamente a vivere (giovani adulti, famiglia, terza età, realtà produttiva ecc.);

- è un cammino che si colloca necessariamente in un contesto più ampio dal quale trae l'orientamento, col quale costantemente si verifica e al quale, per parte sua, dà attuazione: il cammino della comunità ecclesiale.

 

 

PROGETTO FAMIGLIA

 

La presenza dell’A.C. in tutte le diocesi italiane è un chiaro segno di testimonianza cristiana e di partecipazione alla vita della Chiesa in tutta la sua globalità. Il settore degli adulti comprende naturalmente anche le coppie e le famiglie e, ovviamente, il cammino annuale proposto nei testi di AC per gli adulti è altrettanto valido per i componenti della famiglia; ma forse è giusto coinvolgere maggiormente, mediante un cammino specifico, il nucleo familiare in quanto tale. La catechesi, infatti, non è indirizzata solo ai fanciulli o ai ragazzi: eppure questa è l’opinione corrente; quante volte l’adulto, sopraffatto dalle esigenze quotidiane, torna a ripetere: "non ho tempo... ho troppe cose da fare... non m’interessa".

L’AC, parlando quindi di coppia, non può fare a meno di pensare al matrimonio come Sacramento, che, come tale, è una libera scelta che impegna ad un comportamento modellato sulle responsabilità personalmente assunte. E’ proprio per arrivare convinti ad operare e vivere questa, come altre fondamentali scelte di vita, che l’AC dà il suo contributo in tutte le fasce di età ed accompagna con la catechesi tutte le fasi di crescita dell’ uomo. Come tutti i giorni ci nutriamo materialmente perché al nostro corpo non manchi nulla di necessario, così tutti i giorni dobbiamo dedicare tempo alla catechesi, alla Parola di Dio, per assimilare sempre di più e sempre meglio il messaggio evangelico.

La famiglia è una "comunità", che fa parte di una comunità più grande: la Chiesa. La proposta dell’AC mira a far prendere coscienza di questa realtà: una realtà missionaria, investita della responsabilità di testimonianza verso i figli, non isolatamente, ma in comunione con gli altri. Non possiamo avere la pretesa di riuscire da soli ad essere guida sicura per i figli senza l’appoggio e il conforto della Parola di Dio e dei Sacramenti, celebrati in una comunità. Sentirsi "Chiesa" solo nei momenti più tradizionali (Battesimo, Comunione o Cresima dei propri figli) è certamente troppo poco, eppure in quei momenti come genitori ci sentiamo felici, contenti di partecipare a qualcosa che ci innesta più in profondità nell’esperienza ecclesiale; ma spesso manca un vero e proprio cammino di coppia, la perseveranza, la continuità dell’impegno in un assiduo confronto con le responsabilità che ci siamo assunti con il Sacramento del matrimonio cristiano. L’obiettivo dell’AC quindi è quello di promuovere il coinvolgimento della coppia in un più organico cammino di pastorale cristiana.

 

 

ARTICOLAZIONI, STRUTTURA, ADESIONI

 

ARTICOLAZIONI

 

L'A.C. è un'associazione sostenuta da una struttura stabile e definita. Comunemente si viene a contatto con l'A.C. tramite un gruppo nel quale si condivide un cammino formativo e si partecipa alla vita del proprio settore di appartenenza. Il gruppo è un'esperienza legata alle persone nelle situazioni ordinarie della vita. L'ACI si articola nel Settore Adulti, nel Settore Giovani, nell'ACR e nei movimenti lavoratori e studenti. All'interno di queste articolazioni c'è una divisione ancora più accurata: nell'ACR ci sono tre fasce di età (6-8 anni, 9-11 anni, 12-14 anni), come nel Settore Giovani ( i giovanissimi tra i 14 e i 17 anni, i giovani tra i 18 e i 25 anni, i giovani-adulti tra i 25 e i 30 anni) e nel Settore Adulti tre (gli adulti-giovani dai 30 ai 40 anni, gli adulti dai 40 ai 60 anni, la terza età dai 60 anni in poi). Tale suddivisione è stata realizzata affinchè i gruppi possano soddisfare le diverse esigenze proprie di ciascuna età della vita.

 

STRUTTURA

 

I diversi gruppi sono affidati ai Responsabili e ai Sacerdoti Assistenti. Il funzionamento della struttura associativa è opera soprattutto dei responsabili eletti in parrocchia, in diocesi, in regione e a livello nazionale. I responsabili operano attraverso gli organismi dell' Associazione: assemblee, consigli, presidenze. Tra questi il più importante è il consiglio, sia esso parrocchiale, diocesano, regionale o nazionale; in questo organismo i responsabili si fanno portavoce delle attese dell'associazione e prospettano orientamenti, progetti e programmi rispetto ai quali si assumono pure la responsabilità di decidere. L'Associazione, anche a questo livello, si modella sulla Chiesa; pertanto l'organismo più importante rimane quello diocesano. La comunicazione fra soci e responsabili e tra i responsabili dei diversi livelli non passa però solo attraverso gli organismi di partecipazione democratica ma anche attraverso altri canali quali la stampa, i sussidi di catechesi o attraverso momenti d'incontro qualificanti come i campi-scuola, le scuole associative, gli esercizi e gli incontri di spiritualità.

 

ADESIONI

 

Gli aderenti all'AC sono dunque laici che, nella consapevolezza della vocazione battesimale, accolgono le finalità, lo stile, la struttura dell'AC, come esperienza per esprimere la propria partecipazione alla Chiesa. Aderire all'ACI, attraverso il gesto concreto di "prendere la tessera", non è quindi qualcosa di formale, né solo un metodo per incontrarsi, e neanche un compito da svolgere, ma è il coinvolgersi in un'associazione che si colloca nella Chiesa in modo non occasionale o legato a un momento o a un problema, ma con una impostazione che proviene dalla Chiesa stessa, tradotta in uno Statuto e attuata mediante una struttura.

 

LA SPIRITUALITA’ DELL’A.C.

 

L’AC non ha una prassi spirituale propria e caratteristica; o meglio, la prassi spirituale dell’AC è quella comune, ordinaria, del popolo cristiano che vive nelle nostre Chiese particolari e nelle comunità parrocchiali. A volte questa "ordinarietà" viene letta come scarsa originalità o, peggio, come una spiritualità di "basso profilo", non molto esigente, quasi un "livello medio", dignitoso, ma senza grandi aspirazioni. Purtroppo, può così capitare che qualche socio viva intensamente l’AC come servizio necessario alla comunità parrocchiale, ma poi cerchi nutrimento per il suo cammino spirituale in luoghi, forme e movimenti più caratterizzati e coinvolgenti. Non è questione di antipatici confronti o gelosie. Si tratta piuttosto di non favorire quella dissociazione pratica tra doveri quotidiani, servizio e spiritualità che il Concilio ha invitato a superare: "I laici che, seguendo la loro vocazione, si sono iscritti a qualcuna delle associazioni o istituti approvati dalla Chiesa, si sforzino parimenti di assimilare fedelmente la peculiare caratteristica di vita spirituale propria dei medesimi" (AA 4). A fronte di un diffuso rincorrere esperienze spirituali "forti", quasi che il cammino ordinario della Chiesa non sia più in grado di nutrire la fede e la testimonianza in questo mondo così secolarizzato, l’AC educa i suoi soci alla partecipazione assidua ai momenti che normalmente strutturano la vita della comunità parrocchiale (la celebrazione eucaristica, la catechesi, la celebrazione penitenziale...), secondo il sapiente sviluppo dell’anno liturgico e gli appuntamenti propri della comunità locale (le feste e i momenti di dolore o di prova). Tutto questo non è per un facile e rassicurante "dovere di presenza", ma tale partecipazione è motivata dal costante e progressivo cammino di formazione, che prevede espliciti itinerari liturgico-sacramentali e di preghiera, che si intrecciano organicamente con le altre dimensioni della formazione assicurata dall’associazione. La partecipazione promossa è attiva e consapevole, impegnando i diversi gruppi nella preparazione di celebrazioni che favoriscano il senso comunitario, il coinvolgimento dell’intera assemblea, la diversificazione dei ministeri. Anche le esperienze associative più intense (assemblee, convegni, campi-scuola ...) hanno una particolare cura del momento spirituale, perché costituisca un esempio e un incoraggiamento per tutte le esperienze parrocchiali, anche le più semplici. Ecco solo pochi cenni, che ci permettono di delineare alcune caratteristiche significative di questa "educazione spirituale" promossa dall’AC.

- Si tratta di una "spiritualità di popolo", non facile, non individualista, ma che rende il credente consapevole di essere parte di un "popolo santo" che ha un suo modo specifico di dialogare con Dio. Per questo è così importante la liturgia, perché in essa si esprime adeguatamente il "Christus totus", il Capo e le membra; in essa la comunità si riconosce come "radunata" dal suo Signore Gesù e partecipe del suo culto, santo e gradito al Padre.

- Una spiritualità che, nella grande assemblea come in famiglia o nel gruppo, evidenzia e fa crescere la dimensione fraterna, l’accoglienza reciproca e lo stile della condivisione e dell’aiuto, nell’incoraggiamento come nella correzione.

- Una "spiritualità feriale" nel duplice senso che non rincorre l’eccezionale e che non si accontenta soltanto dell’appuntamento domenicale. Da una parte abitua a partecipare a tutta intera la vita di una comunità (per quel che è possibile secondo gli impegni vocazionali e professionali di ciascuno), ma soprattutto educa ad unificare ed integrare i diversi momenti di vita che ciascuno vive, perché l’incontro e il dialogo con il Signore costituisca il perno che dà movimento e armonia all’intera esistenza del credente e della comunità.

Un’ultima annotazione. Con tutta la Chiesa l’AC ha maturato la convinzione del primato della spiritualità, facendone l’elemento decisivo della propria proposta formativa. Non per questo, tuttavia, è divenuta un "movimento spirituale", un movimento che nella liturgia e nella preghiera personale o di gruppo esaurisce le sue potenzialità. Essa si propone di aiutare i propri soci a realizzare pienamente la propria vocazione di laici che operano nel mondo e nella Chiesa, per contribuire alla sua edificazione nella comunione e nella capacità di essere annuncio del Vangelo per ogni persona. Pertanto in AC ci si forma ad uno stile di vita dove la spiritualità abbia il primato ma non l’esclusiva, il primo posto ma non l’unico; una spiritualità che sia capace di sostenere e raccogliere le fatiche e le ricchezze del lavoro, della vita familiare e sociale, della vita ecclesiale, del servizio ai fratelli più bisognosi, della catechesi e dell’annuncio della speranza che Dio ci ha donato in Cristo morto e risorto.

Potremmo, infine, definire l’impegno formativo dell’AC come una spiritualità "in cantiere": in associazione ci sono intuizioni, scelte, impegni precisi... ma la cosa più bella è che in AC... si sta "continuamente costruendo ...".