In cammino con Francesco per la pace, per !a salvaguardia del creato e il bene comune

 

Ridare sapore alle parole del Vangelo

Arezzo, 2 settembre 2001

Cari amici,

questo appuntamento, nel cammino che sta conducendo 1'AC verso la sua XI Assemblea, intende costituire una tappa importante, in quanto dice simbolicamente uno degli impegni che l'Azione Cattolica ritiene costituitivi del suo progetto e della sua cultura: esso vuole evidenziare che la nostra esperienza associativa è incarnata nella vita del nostro Paese; dentro di essa si pone con il desiderio e lo sforzo di capire; con la responsabilità di chi non si sente spettatore ma protagonista e responsabile di una storia comune.

Davanti alla realtà sociale di cui siamo parte - quella del nostro Paese ma anche quella del mondo - ci poniamo con la coscienza del nostro essere un'associazione ecclesiale di laici che ha fatto una scelta religiosa; siamo consapevoli che coniugare insieme vocazione laicale, ecclesialità e scelta religiosa dà luogo ad un approccio originale ed efficace alle responsabilità e che questo coinvolge profondamente anche il nostro essere cittadini.

Di fronte alla complessità dei cambiamenti in corso; di fronte alla percezione di disorientamento - ma anche di attesa - di tante persone, anche di tanti cattolici e di aderenti all'AC, che cosa ha da dire un'associazione come la nostra?
* Non possiamo chiuderci in una sorta di spiritualismo evanescente che maschera la difficoltà di metterci in gioco. Questa stagione così complessa e così difficile per la vita del Paese e del mondo intero ci chiede di amare - o di tornare ad amare- le comunità umane in cui viviamo, educandoci a stare in esse con gli orizzonti del mondo; ci chiede di guardare al presente con interesse e a non smettere di cercare in esso i segni dei tempi...
* Avere un interesse attento, cordiale, responsabile... per la realtà storica, anche nella sua dimensione politica, non significa compiere delle scelte di schieramento: esse non appartengono alla natura ecclesiale di un'associazione nella quale le persone sono presenti in ragione della stessa fede, dello stesso amore alla Chiesa, con quella fiducia nel dialogo e nel confronto che pone l'una a fianco all'altra; persone che compiono un diverso discernimento della situazione, con la fiducia di sentirsi dentro la stessa ricerca di bene e lo stesso cammino di comunione.

* Ci siamo detti tante volte che la scelta religiosa è la scelta dell'evangelizzazione. Come associazione, vorremmo raccogliere una sfida da questo momento: ha ancora qualcosa da dire il Vangelo in ordine al bene comune nel nostro paese? Perché non possiamo ritenere che la parola del Vangelo faccia parte di un linguaggio ingenuo, inadatto alla politica. Né pensiamo che i suoi valori siano irrilevanti nella vita pubblica e in ordine alle scelte che riguardano la società. Come credenti e come associazione di laici sentiamo la responsabilità di mostrare la fecondità storica del Vangelo; l'universalità dei suoi valori; la possibilità di incidere sulla cultura di ogni giorno, di ispirare stili laicali e scelte di vita che siano fedeli -nello spirito dello scritto A Diogneto- alla città di tutti e a quella eterna cui siamo chiamati. (Cfr Giovanni Paolo II, Le responsabilità dei cattolici di fronte alle sfide dell'attuale momento storico, 6 gennaio 1994, n 3). Riteniamo che anche in questo modo si possa dare concretezza a quel progetto culturale orientato in senso cristiano che i nostri vescovi indicano come una via importante della missione nel nostro Paese.
* Da laici cresciuti nello spirito del Concilio, abbiamo il senso della distinzione di fede e cultura, di Vangelo e politica, nel loro reciproco richiamarsi; ma siamo anche convinti che le parole del Vangelo per noi non possono non essere una luce, un'ispirazione profonda. Ci sembra che molte parole del Vangelo nella vita concreta e nelle scelte di ogni giorno siano diventate troppo scontate, che risuonino troppo spente nella nostra coscienza: e sono soprattutto quelle parole che ci parlano del valore della persona, di ogni persona; dell'attenzione ai piccoli, ai poveri, agli umili come criterio di misura della validità di ogni azione anche sociale; del valore relativo delle cose e della destinazione dei beni ad una solidarietà universale. Sono le parole che dicono dello spirito di servizio, di gratuità, di dedizione all'altro... (Cfr Card. Camillo Ruini, Prolusione al Consiglio Permanente della CEI, 26 marzo 2001).
* Al di là delle possibili legittime diversità degli orientamenti personali, mi pare che attorno a questo patrimonio comune ci sia lo spazio per recuperare non solo prospettive di unità e di convergenza, ma anche per ripensare tratti di una cultura politica e stili di vita quotidiana che nella coscienza dei credenti recuperino il valore reale di quel primato di Dio che è troppo importante per correre il rischio di rimanere una dichiarazione di principio vuota e scontata.
* I1 riferimento al vangelo non ci metterà al riparo dalla fatica delle scelte concrete; dal sentire la durezza anche drammatica di certi momenti di discernimento; non smetterà di farci sentire che la libertà è rischio e dramma che la coscienza conosce; non ci sottrarrà alla solitudine di alcuni momenti né all'incertezza di altri. E questo non perché abbiamo rinunciato al riferimento al Vangelo, ma proprio per fedeltà ad esso.
L'aver messo il nostro incontro nell'orizzonte di Francesco ci aiuta a collocare l'impegno per il Paese e per il mondo nella prospettiva dell'assolutezza di Dio da riconoscere e da servire in quel modo disarmato e gratuito che fu di Francesco; da vivere nella semplicità dei poveri di spirito, che da tutto, anche dalla morte, sanno trarre motivo per lodare il Creatore.

Paola BIGNARDI Presidente nazionale ACI


"Laudate, benedicete e' rengratiate mi Signore, et servitelo cum grande humlitade ".

Con queste parole aggiunte in extremis al suo "cantico di frate Sole", nel vespro del 3 ottobre 1226 Francesco d'Assisi si congedava dalla scena del mondo ed entrava nella gioia del suo Signore. Queste parole mi aiutano a sintonizzarmi con il tema del vostro incontro; in particolare mi sento con voi interpellato da quel verbo tanto frequente sulla bocca del nostro patrono: "benedicete".
"Benedire" è parola decisiva per declinare il plesso dei nostri rapporti con Dio, con i fratelli, con il mondo. Benedire significa infatti riconoscere che Dio non è il padrone avaro dei suoi beni, ma il padre "amante della vita" (Sap 11,26) che gode nel far ricchi di doni i suoi figli e trova la sua gioia nell'allietare le creature con gli splendori della sua luce. Egli non ha bisogno della nostra lode e i nostri inni non accrescono la sua grandezza: è per noi, solo per noi che la confessione della sua gloria diventa "nostro dovere", certo, ma un dovere che si traduce in "fonte di salvezza".
Benedire è dire che "tutto è dono di Dio". E questo è dire-bene di Dio e, insieme, del creato: è predicare tra il Creatore e ií creato un rapporto non formulabile in termini di genitivo possessivo (Dio sarebbe una sorta di padrone-tiranno del mondo), ma in termini di genitivo "oblativo", come canta il salmo: "I cieli sono cieli del Signore, ma ha dato la terra ai fgli dell 'uomo" (Sal 115,16). Non solo il cielo, anche la terra è di Dio, ma per essere degli uomini: in tutto l'universo si squaderna il nome del Signore e tutto il mondo è pieno della sua presenza, ma l'uomo è chiamato a cooperare con il lavoro quotidiano al progetto divino della creazione.
Benedire Dio equivale quindi a riconoscere la destinazione universale dei beni: il mondo è davvero un dono che si può vivere solo se si condivide gratuitamente con tutti, a cominciare dai più poveri. Come si legge nel libro del Deuteronomio: "Non ci sarà più alcun povero in mezzo a voi; perché il Signore vi benedirà nella terra che sta per darvi come proprietà perenne" (Dt 15,4). Dove non ci sono più poveri sfruttati dall'egoismo di alcuni, vuol dire che la il sogno di Dio si è avverato, ma questo è possibile grazie alla collaborazione obbediente dell'uomo. Quando nessuno dirà più, come Caino: "Sono forse io il custode di mio fratello?" (Gn 4,9) lì il nome di Dio può essere giustamente benedetto perché il bene-dire il Padre onnipotente equivale concretamente al ben-essere di tutti i suoi figli.
Riconoscere l'unica signoria di Dio significa inoltre entrare nell'unico rapporto corretto con le cose: non un rapporto funzionale-strumentale che riduce il mondo ad oggetto di bisogno e manipola le risorse, ma un rapporto contemplativo-dialogico. Allo sguardo benedicente di Francesco come di ogni vero credente, il mondo non appare come un magazzino di cose "usa e getta", ma come un "testo" da leggere, come un canto da eseguire ripensando l'intenzionalità del dono sottesa al creato: "laudato si, m¹ Signore, per frate sole, per sora luna, per sora acqua, per madre terra...".
Benedizione è contemplazione, ma - mi domando con voi- contemplazione è alienazione? No, perché contemplare è annunciare il vangelo della vita trascrivendo in impegno e servizio lo statuto di dono inscritto nelle cose. Contemplare è denunciare l'ingiustizia dell'idolatria, perché come afferma un antico detto rabbinico - "chi usa dei beni di questo mondo senza benedire, profana la creazione". Contemplare è rinunciare al possesso egoistico delle cose, per scegliere la strada della gratuità e della condivisione. Se la contemplazione non porta mai alla manipolazione del creato, ma si traduce sempre in trasformazione del mondo secondo il progetto del Creatore e in vista della fruizione più larga possibile dei "beni comuni", allora non si può dare frattura tra contemplazione e azione: perché la contemplazione senza l'azione è vuota; I'azione senza la contemplazione è cieca.
Questa è la lezione che si impara alla scuola di S. Francesco. Che gli adulti dell'ACI non smettano mai di frequentare questa scuola: è il mio augurio che si fa preghiera.

+ Francesco LAMBIASI Assistente Generale dell 'ACI

 


SCHEMA DELLA RELAZIONE DELLA PROF. GIULIANA MARTIRANI

Docente di geografia dello sviluppo, Napoli

Stili di vita nel tempo della globalizzazione

l. Il tempo della globalizzazione

L'utopia, un fine grande e giusto: ostacolare il mega-olocausto del Drago

• La globalizzazione economico-finanziaria moderna la fase dal 1492 alla rivoluzione industriale 2a fase dalla rivoluzione industriale al postindustriale e alla guerra del Golfo 3a fase dal postindustriale alla Organizzazione Mondiale del Commercio

• La mega-proprietà dello spazio (latifondi, foreste...)

• La mega-proprietà del tempo (brevetti, banche, finanze, assicurazioni...)

• Le risorse: acqua: privatizzazioni e idroconflitti petrolio: (Golfo, Kossovo, Cecenia, Macedonia...) organismi geneticamente modificati (OGM)

• L'opulenza e la guerra come difesa dell'opulenza (l'ideologia della Sicurezza
Internazionale)
Multinazionali: "una nuova forma atusiva di dominio economico" (Paolo VI)
Le multinazionali della salute e l'apartheid sanitario
Le multinazionali della guerra: gli Executives Outcomcs
I1 grande occhio: Internet

• Debito ed emigrazioni (il mega-esodo)

• Finanze, paradisi finanziari e banche armate

• Mafie e multinazionali del crimine.

2. Stili di vita: "Il mezzo sta al fine come il seme all'albero"

La memoria: Francesco è "possibile" e "un altro mondo è possibile"

• Intronizzare Madonna Povertà: la scelta preferenziale della povertà e della sobrietà felice

• Uscire Fuori le mura: l'opzione preferenziale dei paesi impoveriti del Sud del mondo

• Cantare il Cantico delle Creature: la natura da "cosa usa e getta" a "fratelli e sorelle"

• Fare comune-unità per restituire regalità (empowerment, cittadini sovrani) Micro-comunità (S. Damiano): famiglie, gruppi, associazioni, istituti religiosi, cooperative... Medio-comunità: Stati Macro-comunità: Gruppi regionali: Unione Europea

Mega-comunità: Onu delle nazioni - Camera alta Onu dei popoli, ovvero la società civile internazionale - Camera bassa (Il Capitolo delle stuoie) - "missione"

• Fare comune-unione sul Progetto nonviolento dell'Agnello attraverso megacomunità globali e micro-comunità locali - "parrocchia".

3. Dalla memoria all'utopia con lo stile dell'Agnello

Ridefinirsi come comunità ecclesiali sul bene comune (common goods)

• La Comunità di Efeso (ai presbiteri, istituti religiosi, teologi...) ovvero nonviolenza ed ecumenismo

• La Comunità di Smirne (agli ambientalisti e alle professioni collegate a medicina, ingegneria, diritto...) ovvero local-mondialismo ambientale

• La Comunità di Tiatira (alle donne: casalinghe, professioniste, religiose...) ovvero la visibilità femminile nella cultura, politica ed economia

• La Comunità di Filadelfia (a educatori, mediatori, psicologi e professioni collegate a cultura ed educazione) ovvero il local-mondialismo interculturale e delle educazioni innovative

• La Comunità di Sardi (a giuristi, magistrati, politici...) ovvero il local-mondialismo dei diritti umani e l'internazionalismo giuridico

• La Comunità di Laodicea (ai politici degli Enti Locali e Parlamenti...) ovvero la politica dell'uguaglianza e della riforma delle Nazioni Unite

• La Comunità di Pergamo (al mondo della produzione economica) ovvero il local-globalismo dell'economia di giustizia (scambi commerciali equi e solidali, etica finanziaria, microcrediti...).

4. L'utopia diventa progetto: cittadinanza europea e governance

Dalla profezia di Francesco alla regalità delle istituzioni

Fare comune-unione e comune-unità ovvero "pensare globalmente e agire localmente e globalmente"

Organizzare un sistema a rete delle sette comunità sopra indicate intorno agli obiettivi del Libro Bianco sulla Governance, collaborandovi come società civile internazionale.

Valori della governance condivisi dalla società civile con l'Unione Europea:

• "missione dell'Europa fondata sui valori religiosi e civili: prospettiva umanista del sistema economico e sociale fondata sul: primato della dignità umana (economia di giustizia) e l'accesso per tutti alla libertà, alla comunicazione interpersonale, alla cultura e alla vita spirituale" (politica di uguaglianza) "

• sconfiggere la disoccupazione e l'esclusione sociale

• proiettare nel mondo "un modello di sviluppo e di integrazione continentale ispirato ai principi della democrazia, libertà, solidarietà, al servizio di uno sviluppo globale sostenibile".

Obiettivi della governance condivisi dalla società civile con l'Unione Europea:

• promuovere nuove forme di governo (governance) su scala europea

• ridefinire le priorità economiche e sociali

• migliorare per tutti la qualità della vita

• inventare nuove forme di governo per il mondo di domani su scala europea

• pensare a un sistema reticolare in cui tutti i livelli di governo concorrano a formulare, proporre e attuare le politiche e a verificarne i risultati, tenendo conto della dimensione di genere

 

SCHEMA DELLA RELAZIONE DELLA PROF. JACQUELINE SFEIR

Docente di Educazione, presso la Facoltà di Pedagogia, all'Università di Betlemme

"DIALOGO VIA DI GIUSTIZIA E PACE" Una testimonianza dalla Terra Santa

I Palestinesi cristiani: chi sono?

I Cristiani nella Terra Santa si possono sommariamente dividere in 3 categorie a seconda delle loro denominazioni: Ortodossi, Cattolici e Protestanti; allo stesso tempo bisogna considerare che all'interno di ciascuna categoria ci sono divisioni e sotto divisioni.

I cristiani in Terra Santa si possono catalogare anche in tre gruppi in base alla loro affiliazione culturale/nazionale:

• cristiani Arabi, sono i cristiani palestinesi sia che vivano nel territorio autonomo sia che vivano dentro Israele; alcuni sono rifugiati nei territori autonomi palestinesi o dentro Israele e alcuni sono nei paesi arabi.

• Stranieri, sono cristiani laici o religiosi di diverse nazionalità che vivono in Terra Santa, si possono trovare nei territori autonomi palestinesi o in Israele.

• Giudeo cristiani, sono per lo più Israeliani; che vivono in Israele.

Culturalmente parlando, la maggior parte dei cristiani palestinesi si identificano come "Arabi". Nello spettro politico sono distribuiti dall'estrema destra all'estrema sinistra. Quindi è semplicistico parlare dei cristiani palestinesi come di un solo corpo caratterizzato da una chiara posizione politica con punti di vista e attese comuni. Lo stesso vale per i Mussulmani e anche per gli Ebrei.

A questo punto è importante distinguere tra Mussulmani e Arabi (una distinzione fatta raramente ma è di vitale importanza per i cristiani arabi in tutto il mondo arabo).

Il Movimento Arabo Nazionale è una realtà della fine del 19° e dei primi anni del 20° secolo. A causa del tempo limitato di questo intervento leggerò solo qualche estratto da una fonte islamica che attacca il concetto dell'Identità Araba Nazionale:

• "La propaganda nazionalista araba sta avendo in questi ultimi mesi una voce crescente da parte di alcuni organi in parecchi paesi Arabi, particolarmente in Egitto. È abbastanza evidente agli occhi degli osservatori del movimento islamico che una rivitalizzazione di quella idea era necessaria in vista della costruzione delle strategie di difesa della regione araba contro il famoso pericolo del "fondamentalismo" islamico. È comprensibile che un'idea sorta dalle mani di scrittori cristiano orientali come arma di disintegrazione dello

Promuovere una cultura di pace la sfida del nuovo millennio

Le convenzioni internazionali dei diritti umani e dei diritti del bambino offrono una struttura basilare che la civiltà moderna deve valutare come il fondamento di una giusta e pacifica società. La crescita di queste convenzioni dipende primariamente dalla traduzione di questi principi in leggi e regolamenti integrati nei sistemi politici, economici, sociali e giuridici dei paesi che hanno ratificato queste convenzioni.

In realtà, il mondo non funziona secondo lo spirito delle convenzioni. La dinamica politica ed economica che sta dando forma al mondo di oggi è ancora profondamente radicata nella tradizione dei giochi di potere. La lotta per il potere è ancora ciò che determina i tipi di relazione tra le persone a tutti i livelli, da quello familiare a quello istituzionale, a livello di società come anche a livello di relazioni tra società, culture e paesi.

L'educazione cattolica è radicata nello sviluppo di una visione del mondo basata su valori evangelici. Cioè portare l'individuo a scegliere liberamente cosa è importante per la promozione della dignità umana, la giustizia e la pace.

Queste scelte vanno fatte tenendo conto della realtà oggettiva del paese dove l'individuo vive. Possono anche superare i confini di un paese specifico ed inglobare una visone del mondo basata su una cultura di pace.

Educazione alla pace

Imparare a fare scelte che hanno in sé elementi di pace e giustizia a livello personale, ha a che fare con il moderare la parte più intima degli esseri umani che tendono ad evitare il dolore e a raggiungere la felicità. L'educazione cattolica cerca di sviluppare le attitudini positive verso se stessi e l'altro.

Uso l'esempio della Facoltà di Educazione all'Università di Betlemme e il ruolo dell'Università cattolica nel contesto palestinese per promuovere l'educazione alla pace.

L'obiettivo dei programmi accademici offerti dalla facoltà consiste nel sostenere gli studenti a rivedere la loro idea di educazione e il loro ruolo in vista delle sfide di una società in transizione.

Mentre, l'obiettivo dei programmi co-curricolari consiste nel sostenere gli studenti nel portare la comunità dove vivono e lavorano a valutare e rivedere le loro pratiche educative sia a casa che nella istituzione educativa o nella comunità.

I programmi di facoltà intendono: 1. Sviluppare le attitudini positive dello studente verso i bambini e il loro ambiente.

2. Sviluppare l'abilità dello studente nel sostenere la crescita e lo sviluppo dei bambini in ambienti educativi formali e non formali.

3. Offrire agli studenti opportunità per esplorare, fare esperienza, migliorare e valutare criticamente le loro idee ed iniziative educative in ambienti di vita reale.

In tutti i programmi gli studenti sono invitati a lavorare in piccoli gruppi dove vengono a contatto con diverse situazioni di apprendimento. Queste situazioni vanno da attività di base scolastica, ad attività che coinvolgono insegnanti, studenti e genitori nell'ambiente scolastico, a attività di base comunitarie nelle quali essi animano eventi che pianificano e più tardi valutano, con i bambini e gli adulti negli ambienti domestici e comunitari.

Promuovere una cultura di pace la sfida del nuovo millennio

Le convenzioni internazionali dei diritti umani e dei diritti del bambino offrono una struttura basilare che la civiltà moderna deve valutare come il fondamento di una giusta e pacifica società. La crescita di queste convenzioni dipende primariamente dalla traduzione di questi principi in leggi e regolamenti integrati nei sistemi politici, economici, sociali e giuridici dei paesi che hanno ratificato queste convenzioni.

In realtà, il mondo non funziona secondo lo spirito delle convenzioni. La dinamica politica ed economica che sta dando forma al mondo di oggi è ancora profondamente radicata nella tradizione dei giochi di potere. La lotta per il potere è ancora ciò che determina i tipi di relazione tra le persone a tutti i livelli, da quello familiare a quello istituzionale, a livello di società come anche a livello di relazioni tra società, culture e paesi.

L'educazione cattolica è radicata nello sviluppo di una visione del mondo basata su valori evangelici. Cioè portare l'individuo a scegliere liberamente cosa è importante per la promozione della dignità umana, la giustizia e la pace.

Queste scelte vanno fatte tenendo conto della realtà oggettiva del paese dove l'individuo vive. Possono anche superare i confini di un paese specifico ed inglobare una visone del mondo basata su una cultura di pace.

Educazione alla pace

Imparare a fare scelte che hanno in sé elementi di pace e giustizia a livello personale, ha a che fare con il moderare la parte più intima degli esseri umani che tendono ad evitare il dolore e a raggiungere la felicità. L'educazione cattolica cerca di sviluppare le attitudini positive verso se stessi e l'altro.

Uso l'esempio della Facoltà di Educazione all'Università di Betlemme e il ruolo dell'Università cattolica nel contesto palestinese per promuovere l'educazione alla pace.

L'obiettivo dei programmi accademici offerti dalla facoltà consiste nel sostenere gli studenti a rivedere la loro idea di educazione e il loro ruolo in vista delle sfide di una società in transizione.

Mentre, l'obiettivo dei programmi co-curricolari consiste nel sostenere gli studenti nel portare la comunità dove vivono e lavorano a valutare e rivedere le loro pratiche educative sia a casa che nella istituzione educativa o nella comunità.

I programmi di facoltà intendono:

1. Sviluppare le attitudini positive dello studente verso i bambini e il loro ambiente.

2. Sviluppare l'abilità dello studente nel sostenere la crescita e lo sviluppo dei bambini in ambienti educativi formali e non formali.

3. Offrire agli studenti opportunità per esplorare, fare esperienza, migliorare e valutare criticamente le loro idee ed iniziative educative in ambienti di vita reale.

In tutti i programmi gli studenti sono invitati a lavorare in piccoli gruppi dove vengono a contatto con diverse situazioni di apprendimento. Queste situazioni vanno da attività di base scolastica, ad attività che coinvolgono insegnanti, studenti e genitori nell'ambiente scolastico, a attività di base comunitarie nelle quali essi animano eventi che pianificano e più tardi valutano, con i bambini e gli adulti negli ambienti domestici e comunitari.

Nei piccoli gruppi gli studenti si impegnano in discussioni per arrivare a:

• definire le questioni coinvolte nella situazione di apprendimento. Mentre identificano questi problemi attingono alle loro esperienze di vita e cercano di integrare la loro nuova conoscenza sullo sviluppo umano e ciò che la influenza.

• Esplorare il significato della situazione rivelando le loro attitudini, valori e pregiudizi su se stessi e sugli adulti e bambini con i quali vivono e lavorano.

• Proporre azioni, pianificarle, migliorarle e valutarle.

Ciascuno studente deve tenere un diario. Ciò li aiuta a tracciare la linea del loro sviluppo e permette loro di articolare sentimenti e formulare idee, in modo da migliorare come discenti e prepararsi ad osservarsi continuamente e a monitorare il proprio sviluppo.

Queste strategie sono importanti per sostenerli come "apprendisti" della vita in una società dove l'obiettivo dell'educazione consiste nel perpetuare la tradizione e dove il cambiamento è visto come una minaccia alla sua stessa sopravvivenza.

La facoltà vede l'educazione come "sviluppo". L'educazione come sviluppo inizia dal percepire la cultura come una dinamica che accresce l"'eredità culturale" della società, la sua esperienza e la crescente conoscenza. La facoltà si assume la responsabilità di sostenere gli studenti a cercare le verità loro proprie attraverso tutti i conflitti che essi incontrano a tutti i livelli del loro essere.

La speranza per una GIUSTA PACE IN TERRA SANTA consiste nel dare gli strumenti ai giovani per osare di pensare creativamente e spezzare le opzioni settarie che stanno guidando l'intera regione sull'orlo di un disastro.