Cenni storici : Il
"Montonico" che prende nome di incerta origine dallomonimo vitiano, è un
prodotto tipico delle zone sopradette e risale almeno ai tempi dei coloniari romani dai
quali alcune contrade ancora ne derivano lappellativo. Dal libro Onciario o Catasto
del 1615 si rileva che la coltivazione del "Montonico" era floridissima. Ai
primi del 1700 si arrivò alla costruzione di botti di rovere sinanche della capacità
di 100 salme di mosto e, in quei tempi, destò non poca ammirazione una grossa botte
costruita senza cerchi di sostegno dal celebre tornitore Ippolito Brinci, oriundo di
Civitanova Marche. Nel Catasto del 1760 la coltivazione della vite appare molto più
estesa e nellinvasione del 1798-99, i francesi trovano il prodotto così fresco,
armonico e profumato da chiamarlo " Le Petit Champagne " e richiederne forniture
per i vari distaccamenti in Abruzzo.
Francesco De Blasis, Ministro per
LAgricoltura, segnalava che il rendimento del vino era maggiore dove predominavano i
vitigni di "Montonico" e da una statistica ufficiale del 1889 risultava che a
Bisenti si era avuta una produzione di 22.750 quintali duva, con una esportazione di
550 quintali, quantità già molto significativa in rapporto alle difficoltà di
comunicazione degli scali ferroviari. Dopo la prima guerra mondiale, lesportazione
diretta specialmente in Germania e Inghilterra superò i 20.000 quintali e si mantenne su
tale volume fino alla fine degli anni 30. La scomparsa del Montonico, "uva da tavola
di esportazione", la rarefazione della mano dopera a causa della guerra prima,
e delle aperture delle frontiere nazionali dopo, portarono a una fortissima contrazione
delle superfici a vigneto, cosìcchè non rimasero che pochi resti destinati al consumo
familiare. Lesodo dei lavoratori dalle zone del Bisentino e del Cermignanese fu
conseguenza di questa scomparsa e allo stesso tempo, venuti a mancare i mezzi
finanziari,fu causa dellimpossibilità di reimpianti sulle nuovi base
tecnico-economiche che si venivano affermando. Il reimpianto fu un processo lentissimo,
basato per altro sullimportazione di nuove varietà meglio conosciute altrove o più
reclamizzate per certe caratteristiche peculiari; cosìcchè nella zona del
"Montonico" oggi prosperano il Montepulciano, il Trebbiano e
. gli
ibridi produttori diretti. Tuttavia variamente innestato sul piede americano e in qualche
caso senza alcun innesto, molti viticoltori sono rimasti attaccati al "Loro"
vitigno e il Montonico rimane, assieme alla novità e anche in coltura pura, in tutti i
nuovi impianti che si effettuano nelle zone di tradizionale coltivazione.
Coltivazione : La
tecnica tradizionale di coltivazione comportava le "travoccature" e le
"malemesse". Per travoccatura si intendeva prendere un tralcio da un ceppo e
portarlo a formare un nuovo ceppo, senza staccarlo, stendendolo sul fondo di una fossa
precedentemente scavata. In qualcosa di analogo consisteva la "malemessa" che,
mediante torsione del capo a frutto e successivo breve interramento, costringeva il
Montonico, vite che fruttifica poco sulle gemme basali, a emettere tralci sugli
"occhi" più fruttiferi così da aumentare la produttività e, nello stesso
tempo, da correggere la tendenza del vitigno ad avere grappoli troppo serrati : con questa
tecnica si otteneva "luva doro da esportazione".
Ampelografia : Dal punto
di vista Ampelografico, gli studiosi non sono concordi. Il nome Montonico viene assimilato
di volta in volta a vitigni di cui si presume sinonimo. Per esempio il Marzotto nelle sue
"uve da vino" del 1925 parla del Montonico di Spoleto citando anche quello di
Bisenti e Poggio delle Rose di Cermignano. Comunque la letteratura parla di due tipi o
comportamenti del Montonico : il tipo "uva doro" con grappoli medio
grandi, diffusi in collina, e il tipo "rocciapoluto" con grappoli grandi
coltivato nelle zone fresche di collina e di pianura. La differenza, oltre che nel colore,
consiste nel tenore di zuccheri e di acidità del succo, per cui il prodotto migliore si
ottiene costantemente solo sulle pendici esposte a mezzogiorno.