Il 6 novembre 1914 a Bisenti, nasceva Pasqualino Canzii. Suoi genitori Alfredo e Semira
Forcellese; una famiglia di onesti
lavoratori, il papa era sarto, ma soprattutto di sani principi cristiani. Poco tempo
dopo la nascita, il piccolo Pasqualino venne battezzato
nella Chiesa Madre di Maria SS. degli Angeli. Il fanciullo
cresceva bene, calmo e sereno, raramente piangeva e sin dalla più tenera fanciullezza
assisteva compostamente alla funzioni religiose, ripetendo
quelle preghiere che ia mamma gli andava insegnando. Atre
anni corse un grave pericolo: caduto in un calderone pieno di acqua bollente, i suoi occhi
rimasero miracolosamente illesi.
Due anni più tardi fu vittima di un altro incidente per via di una
fiamma che lo investì in pieno volto. Ma il ragazzo non subì conseguenza alcuna. Ormai
grandicello, Pasqualino mostrava di possedere sempre più Pasqualino
vestito da seminarista un cuore d'oro ed una sensibilità invidiabile, tanto da
prediligere la casa di Dio a qualunque altro luogo. Tutto
casa e Chiesa, non diede mai motivo per far parlare di sé. Per i genitori era una vera
gioia veder crescere un simile fiore donato loro dal
Signore. Intanto la situazione
familiare si era fatta più difficile, era nato il secondogenito Pietro ed i bisogni di
casa si erano fatti maggiormente assillanti. La miseria era alle porte ed allora il buon Alfredo dovette, a malincuore, lasciare la casa
ed emigrare in America.
Il 31 maggio del 1925 Pasqualino ricevette il Sacramento della
Comunione, e il 29 maggio del '26 la Cresima.
Riservato e silenzioso, anche a scuola fu diligente ed attento, tanto da riportare sempre
i voti migliori. In chiesa, poi, fu chierichetto esemplare. E se qualcuno gli offriva
qualche piccolo regalo, egli lo rifiutava, felice di aver compiuto un atto di pietà caro
a Dio.
Nel marzo del 1926 arrivarono a Bisenti due Padri Passionisti per
svolgere un corso di Santa Missione. Alla mattina di buon'ora i padri si recavano in
Chiesa ed il giovane Canzii era sempre il primo ad accorrere. Ad uno dei missionari non
sfuggì tanta premura, ed a lui un giorno Pasqualino volle confidarsi; gli disse che era
stato al santuario di S. Gabriele e che ne serbava un ricordo vivo e grato. Richiesto se
fosse devoto di S. Gabriele, il fanciullo rispose che lo era molto.
Il Padre allora disse: "Senti, figliuolo, per essere devoto di S.
Gabriele, bisogna Imitarlo". "Oh sì", rispose Pasqualino, ''voglio
imitarlo. Ed appunto per questo voglio farmi Passionata". "Sappi che belli e
benedetti sono l'abito e lo stemma dei Passionisti, rispose il padre, ma la nostra vita è
molto rigida e penitente". "Non importa", replicò il ragazzo, "voglio
consacrarmi tutto a Dio". Così il missionario gli consigliò di diventare sacerdote
diocesano.
Di questa inclinazione ecclesiastica la madre informò prontamente
Alfredo Canzii, il quale dalla lontana America manifestò grande compiacimento e ne
assecondò la scelta. E così, con l'approvazione paterna, il 14 Ottobre del'26, all'età
di 12 anni, Pasqualino fu accolto al Seminario Diocesano di Penne (PE). Qui egli portò
sempre, in tutti i suoi doveri,come chierico e come studente, la nota delicata di uno
spirito nobile ed elevato.
Da tempo conosceva la più grande delle virtù: la carità. E quando
doveva prendere qualche importante decisione, ricorreva subito, come S. Gabriele, alla sua
cara Mamma Celeste.
Grande era il desiderio di sacrificare se stesso, tanto che nell'ultima
mattina che doveva condurlo al premio eterno, ripeteva: "E" troppo poco, mio
Dio... Oh quanto vorrei soffrire. Ma ti offro queste piccole pene, in espiazione dei miei
peccati". E quando la malattia si aggravava, alla mamma ed alla nonna che lo
assistevano diceva: "si avvicina l'ora beata: sono felice! Iddio mi chiama".
II 24 Gennaio del 1930, asoli 16 anni, si spegneva il giovane
seminarista Pasqualino Canzii. La notizia si sparse in un baleno per la città di Penne,
suscitando grande e sentita commozione. E molti che lo conoscevano andavano dicendo
"è morto un Santo". I funerali furono plebiscito solenne di tutta la
cittadinanza, una vera e propria esplosione di fede, di ammirazione e pietà. Non meno
solenne fu l'omaggio di Bisonti, suo paese natio, dove fu tumulato e dove tuttora si
trova.
Dopo qualche tempo dalla scomparsa scriveva Monsignor Carlo Pensa:
"II Signore ce lo ha tolto forse perché non eravamo degni di possedere un sì bei
fiore. Egli era il vero modello di seminarista e, per la sua
profonda semplicità e l'immensa pietà, può essere ancora proposto come esempio per
tutti".