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Banditi

Su monte e mesus


Banditi

(Sebastiano Satta)

Molta parte della letterature isolana compresa fra gli ultimi decenni dell'Ottocento e primi del Novecento da Grazia Deledda a Sebastiano Satta, tende a dare del fenomeno del banditismo un'interpretazione <<romantica>> e a presentare il bandito come un ribelle isolato e un giustiziere idealizzato dalla fantasia popolare, in lotta contro le leggi di uno Stato estraneo che si occupa, di lui solo per esigere tributi e che lo abbandona nel momento del bisogno. Il <<ribelle>> comincia così a farsi giustizia da se, e dopo aver rubato ed ucciso è costretto ad allontanarsi da casa dal paese e a rifugiarsi sulle montagne dove vivrà isolato e braccato, qualche volta fino alla morte.

In questa poesia di Sebastiano Satta i banditi appaiono infatti in una luce positiva, come uomini tristi, costretti a vivere in solitudine lontani dalla propria casa, dai propri affetti, dal proprio paese. La nostalgia delle cose care si fa particolarmente struggente la sere di Natale, quando il suono delle campane è soltanto un ricordo e la famiglia lontana è raccolta intorno al fuoco per preparare la tradizionale cena della festa.

 

Incappucciati, foschi a passo lento

tre banditi ascendevano la strada

deserta e grigia tra la selva rada

dei sughereti, sotto il ciel d'argento

 

Non rumori di madre, o voci, il vento

agitava per l'algida contrada.

Vasto silenzio. In fondo, Monte Spada

ridea bianco nel vespro sonnolento.

 

O vespro di Natale! Dentro il core

ai banditi piangea la nostalgia

di te, pur senza udirne le campane

 

e mesti eran, pensando al buon odore

del porchetto e del vino, e all'allegri

del ceppo nelle loro case lontane.

 

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Su monte e mesus (Il monte di mezzo)

(Michele Pira)

Il poeta Michele Pira (padre dei noti scrittori e poeti Bachis e Michelangelo Pira), dopo aver passato la serata in compagnia di un gruppo di banditi, scrive questa poesia dove i banditi appaiono come persone allegre e soddisfatte della scelta che hanno fatto, a differenza dei banditi descritti nella poesia di Sebastiano Satta 'Banditi' dove questi appaiono come persone tristi e nostalgiche.

Tue ses cuddhu monte addisertadu

totu roccas lanidas e pischinas,

copertu de piantas elichinas

dae battor muntagnas coronadu.

 

Nara cantos e chie has ospitadu

cun bardanas, recados e rapinas?

Ue s'intendhet grunidas chelvinas

dae "Peddhe Nieddh'a su Serradu".

 

S'aeres su vaeddhu sa memoria,

mi dias narrer monte su chi has bidu?

Pro ndhe dar'a su mundhu sa notoria:

 

de sos ch'has in su sinu seppellidu;

lea sa pinna e faghende un'istoria

e nara chie ses monte lanidu.

 

Mi nat unu istasero vine die

ti cheret a su monte su bandhidu:

andhau so e l'agato isticchidu

cun sa sua cungrega rie rie;

vattu m'hat sezer, chenadu hapo inie;

porcheddos cottos e vinu ischisidu:

poi modestamente mi hat pedidu

cantones bellas pro s'innamorada;

dadu ndhe l'apo e in cussa nottada

si m'est fatta sa cara in tela e nie:

 

ch'intendo, un'eco, eh! Gesù Maria!

Lis nesi: cuss'est omine morindhe

e mi rispondhen, ah! Times s'istria

e i su chervu in amore grunindhe?

Nara cantones e impipatindhe

ch'inogh'est sa verrea cumpagnia:

bettadeli de cussa malvasia,

chi Caprinu nos morit de s'ispantu;

e deo lis rispondho atteretantu;

juro chi non nche torro attera via.

 

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