Teatro "Aurora" Marghera VE

12 maggio 2001

Come un cammello in una grondaia

Compagnia A.T.I.R.

regia Serena Senigaglia

Sabato 12 maggio alle ore 21 s'è tenuto al teatro Aurora di Marghera lo spettacolo Come un cammello in una grondaia, un libero montaggio di brani, danze, musiche, epistole e canti ispirato da "Lettere dei condannati a morte della Resistenza Europea".

Partendo da una canzone di Franco Battiato, "Vivo come un cammello in una grondaia, in questa illustra e onorata società, e ancora sto aspettando un'ultima occasione per acquistare un paio d'ali e abbandonare il pianeta", la compagnia A.T.I.R. di Milano composta da Fausto Russo Alesi, Arianna Scommegna, Maria Pilar Perez Aspa, Andrea Zoccolan, Nadia Fulco, Mattia Fabris, Serena Sinigaglia, ci guida nell'angoscia e nella insoddisfazione dei giorni nostri, trovando nelle migliaia di lettere della resistenza una più che ottima occasione per acquistare quel paio di ali.

I sette attori leggono, recitano, danzano, giocano, brindano inebriati di musica e vita. I loro corpi sono lì, irriverenti come il linguaggio, come il messaggio che arriva diretto, incurante dello scarso scenario che lo circonda: qualche sedia, poveri oggetti, una corda, una coperta, un lenzuolo liso, e una mixer….

E quasi a ritmo rap volano su brani di Fenoglio, Calvino, Pasolini e altri.

E così, tra attimi drammatici, orribili, altri comici ed esilaranti, si creano in sala momenti pregni di poesia e commozione, accompagnati quasi per incanto da "Bella ciao" ed esortati ad alzare la testa.

In sala era presente Adolfo de Luca, attore di cabaret del gruppo "Per la mamma di Aldo" e di teatro, che al termine dello spettacolo ha così commentato:

«Il lavoro dei ragazzi del gruppo A.T.I.R. ha sicuramente il pregio di non essere inutilmente retorico. Il rischio di cadere in un errore del genere era molto elevato vista la delicatezza dell’argomento e i tempi non proprio favorevoli tra elezioni e spinte revisioniste.

La magia avviene grazie all’ alternanza tra momenti di sottile ironia con altri di estrema durezza.

Il confronto tra la nostra generazione avvinta da problemi inutili e quella di tutte quelle persone che, volente o nolente, furono costrette a prendere una decisione non da poco, è reso in modo assolutamente esilarante. I siparietti che vedono due vecchietti che tentano di raccontare ai giovani, le cui forme espressive non capiscono, le loro storie, lo sono altrettanto.

Intanto i ragazzi -gli attori- corpi leggeri, magri, nerboruti che si vestono e si rispogliano fino a rimanere simbolicamente nudi, danzano tra parole pesanti. Parole di uomini che interpretarono il loro impegno come sacrificio, il loro sacrificio come rinascita. L’invito di persone, ormai coscienti della morte, a tenere alta la testa. Non ci si può non emozionare: le lettere scelte sono toccanti, cariche di significato e interpretate al meglio in una sorta di danza-scambio di ruoli su musiche, spesso evocative -bellissima "bella ciao" nella versione dei Modena city ramblers"-.

Può risultare sorprendente scoprire come queste persone fossero europei di diversa estrazione sociale, dall’operaio all’ex generale della Regia Aeronautica, di età svariate, dal ventenne all’anziano, sia uomini che donne.

Non lo è. Perchè la resistenza fu contrapposizione di idee che coinvolgeva tutti e non lotta di classe, quindi non patrimonio solo di alcune parti politiche o di una generazione, ma di tutti quelli che credono nella democrazia e nei suoi valori. A questo tipo di riflessione, sembra che i ragazzi vogliano condurci, quando ormai sul palco e nelle nostre memorie non rimangono che le croci».

(michele cavagnis)