Giampiero Brunetta, Identikit del cinema italiano oggi. 453 storie
Ed. Marsilio, Collana I Grilli. Venezia, settembre 2000. pp. 139; £ 20.000, € 10,33

Si può essere d'accordo o meno con i giudizi espressi – da un punto di vista tecnico, storico e letterario – da Giampiero Brunetta sulle sceneggiature a lui sottoposte, quale componente della Commissione cinema del Dipartimento dello Spettacolo della presidenza del Consiglio, nell'arco del biennio 1997 / 1999 ed enunciati in questo volume.

Un po’ più difficile capire il suo modo di concepire l'avvicinamento al cinema, ed alla sceneggiatura e regia in modo particolare, da parte delle nuove leve. Sembra sempre il solito circolo vizioso in cui si critica gli avvenenti neo registi senza arte ne parte che credono di essere in grado di gestire una macchina al quanto complessa ed articolata senza avere esperienze dirette precedenti, o che dopo aver seguito dei corsi od anche il Centro Sperimentale o SNC comunque non sono preparati o pronti per tale lavoro perché non gli vengono concessi i mezzi adatti per formarsi. Soluzione di Brunetta? Le solite parole che i giovani si sentono ripetere ogni qual volta si trovano a cercare impiego per la prima volta senza esperienze; eppure ritengo che Brunetta, dall'alto della sua esperienza e lungimiranza, poteva osare maggiormente come ha fatto nella parte iniziale del testo in cui espone, con termini più che convincenti, un autodifesa per sé – soprattutto – e per la commissione di cui faceva parte. Contro le malelingue o pseduo critici che hanno definito la commissione "una combine para-malavitosa di sette "burloni e ruffiani" come ci ha pubblicamente definiti Goffredo Fofi" (Identikit…, p. 12), non gli sono certo mancati argomenti e termini.

Nel suo breve excursus sulla composizione, stesura ed ideazione delle nuove sceneggiature del nuovo cinema italiano bisogna ammettere che vi sono numerose illuminazioni che, sicuramente, potranno essere d'aiuto a coloro che vorranno tentare la sorte, o ritentare nel caso di chi già ci abbia provato una o più volte, con in mano qualcosa di più sostanzioso della sola speranza nella dea bendata. Sono consigli e metri di giudizio pressoché scontati ed ovvi per coloro che da anni si occupano di critica e sono maggiormente a contatto diretto fra prodotto e pubblico, tuttavia ha perfettamente ragione nel prorogarli e nell'evincerli in questo libro: le cose ovvie e scontate sono quelle che troppo spesso si dimenticano.

Per quanto riguarda il "Postscritto in forma di speranza e modeste proposte", anche qui ci troviamo di fronte a speranze e proposte che accomunano molti ed avanzate da altrettanti (qui forse sono scritte ed enunciate in modo migliore anche se sinteticamente), ma che tuttavia sembrano sempre rimanere là, sulla carta o nell'aria, mai, o quasi, portate sullo schermo o nelle sale o fra il pubblico soprattutto dopo essere passate e magari approvate nei palazzi. Occorre qualcosa di nuovo nel segno della tradizione del grande cinema italiano, con un occhio a tutto ciò che gravita attorno all'industria e all'arte cinematografica, leggi e provvedimenti ministeriali compresi: occorre praticamente una rivoluzione, ma qui in Italia siamo solo in grado di fare riforme lente e spesso imperfette. "Nel frattempo è bene pensare a come coltivare l'humus e augurarsi che i giovani registi e gli aspiranti registi prima di pensare di scrivere e fare cinema riprendano ad andare al cinema, si immergano nella sua grande storia passata e presente, lo respirino e metabolizzino, lo vedano con gli occhi del cuore e della mente, ne assimilino i succhi vitali, ricevano l'illuminazione dai film americani, ma anche da quelli che giungono dalla Turchia o dalla Cina, dall'Australia e dall'Iran…" (Identikit…, p. 138). (stefano cavagnis)

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