JIMMY SCOTT AND JAZZ EXPRESSIONS

TEATRO TONIOLO 23 MARZO 2001

Venerdi 23 marzo ha avuto inizio la rassegna musicale "voices’n’crossing 2001" con il concerto al teatro Toniolo di Mestre del quintetto di Jimmy Scott. Rassegna che a dire il vero avrebbe dovuto iniziare il 12 marzo al teatro Goldoni di Venezia con Paul Weller ma la frattura di un dito della mano sinistra del cantante chitarrista inglese ha reso necessario la posticipazione al 19 maggio dello stesso concerto.

La rassegna "voices’n’crossing 2001", organizzata da CITTA’ DI VENEZIA,CALIGOLA CIRCOLO CULTURALE e VENEZIA SPETTACOLI, oltre alle due date sopracitate, prevede mercoledi 11 aprile J.Bosco and G.Rubalcaba Project e martedi 24 aprile Mercedes Sosa entrambi al teatro Goldoni di Venezia.

L’apertura della rassegna è dunque spettata a Jimmy Scott e al suo trio.Già, un triste evento ha costretto il sassofosta Justin Robinson a rientrare in famiglia e così ad accompagnare Scott sono stati Michael Kanan, pianoforte, Hill Greene, contrabbasso, e Dwayne Broadnax alla batteria.

Non conoscevo il cantante classe 1925 e un po’ di perplessità la nutrivo dopo aver letto di lui e della sua voce bianca. Immaginarsi un settantacinquenne con voce femminea (causata da una malattia, la sindrome di Kallmann che lo ha privato della pubertà) è assai difficile, ma le emozioni che le sue interpretazioni sono riuscite a provocare sono assai toccanti e nel breve spazio di una canzone hanno cancellato ogni perplessità. Il suo ingresso sul palco, con quel procedere zoppicante e incerto, comunque in fusione con lo swing del trio, l’aspetto imberbe e quella voce hanno regalato a me, ma credo a tutto il pubblico, emozioni contrastanti.Vedevo un nonno o,chiudendo gli occhi, un bambino, o immaginavo una cantante jazz in abito da sera. Quella sensazione piano piano chiariva il perché Lou Reed disse che la voce di Scott era quella di un angelo, capace di spezzarti il cuore ...e come un angelo Jimmy Scott non ha età ne’ sesso, si rimane solo ad ascoltare la sua voce, rapiti…

Il concerto è iniziato con un pezzo del trio che subito ha catturato il pubblico per poi continuare con le interpretazioni di Scott di celebri canzoni jazz, come All the way, Everybody somebody’s fool, Blue skies fino a I got it bad di Duke Ellington, o pezzi blues come Don’t cry me, baby o spirituals come la splendida Motherless child.

Incantevole è stata l’interpretazione di Sorry seems to be the hardest world di Elton John, nella quale voce e piano hanno aleggiato nel teatro fino ad esplodere in un commosso e pieno di gratitudine applauso del pubblico.

Ultimo bis della serata è stato Time after time (duo con piano) con la gente acclamante a gran voce tutta in piedi e le luci di sala già accese.

Probabilmente molti di voi sono già a conoscenza di Jimmy Scott, della sua storia e di questa definitiva consacrazione nel modo del jazz moderno, ma se qualcuno non lo fosse (neanche io lo ero) lo invito a regalare alla sua collezione musicale gli ultimi due lavori di Scott, Holding back the Years (1999) forse il suo migliore, e Mood Indigo, l’ultimo. Aggiungo che artisti del calibro di Ray Charles, David Byrne, Bruce Springsteen e lo stesso Lou Reed l’hanno voluto con se, proprio per quella magia che con le sue interpretazioni Jimmy Scott, la voce d’angelo, riesce a evocare. (michele cavagnis)

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