FUORI CONTESTO 2001 - Teatro del Parco Mestre VE

1 febbraio

Otello di William Shakespeare

Teatrino Clandestino

Adattamento e Regia Pietro Babina

Il male, il dubbio si insinua nell'anima e ti rode, lentamente... come una piccola goccia d'acqua che cade ripetutamente, ripetutamente, continuamente... La mancanza di fiducia, il timore di perderla, l'orgoglio ferito di chi crede ed ha creduto che possa esistere qualcuno che ci ascolti e che apprezzi tutto di noi, anche le storie banali, che rida e sorrida ... anche alle storie di "cacca". Poi più nulla, lei non è così, l'ha detto Yago e lui non mente, ha mostrato prove inconfutabili, ha mostrato un video in cui è facile fare uno più uno...

Sì ...Yago... Ma cos'è che spinge lo Yago del Teatrino Clandestino, cos'è che induce Yago ad agire in quel modo... Cosa vuole mostrarci, dirci questo gruppo di ricerca bolognese che non smette di stupire e colpire, non ha smesso con L'idealista magico e ancor meno con questo Otello che di shakespeariano ha ben poco.

E proprio un filo sottile lega le ultime due opere dei "clandestini" - e clandestini lo sono senza dubbio viste le reazioni scaturitesi in parte del pubblico in sala che li avrebbe volentieri gettati in laguna -, un trait de union che unisce le azioni degli automi e dei loro creatori de L'idealista e le azioni di Yago: il soddisfacimento dell'io ideale.

Non è invidia, neppure l'avidità comunemente intesa... Forse è l'egoismo, ma un egoismo che nutre, appunto, quell'io ideale su cui Yago forgia e modella tutta la sua vita: stare dietro, mai davanti... e soprattutto mai passare innanzi, non per incapacità, ma per concetto che occorre nutrirsi degli altri fino a che ci sono utili non per arricchirci, ma per preservare la specie.

E proprio come gli automi, i "cyborg" dello spettacolo precedente, i tre attori si muovono nel palco. In queste scene di un sottoscala intravisto in "luminescenza" attraverso lo schermo che ci trascina nella vita di superficie dei protagonisti, Otello, Desdemona e Yago non sono semplici burattini, ma neppure delle macchine che ripetono meccanicamente i movimenti. È qualcosa di allucinante il contrasto fra il film e la pièce teatrale.

Il video ti attrae, ti conduce nei pensieri di Yago che non nasconde il suo io, ce lo butta lì davanti, in faccia, senza nessuna remora... e allo stesso modo i tre protagonisti sul palco oltre lo schermo - sfruttando ottimamente il voyeurismo che si annida in noi tutti - ci sbattono là, senza veli, la scoperta e la necessità di dar sfogo ai propri istinti naturali e in particolar modo a quelli sessuali; ci attraggono e ci scandalizzano, colpiscono tanto forte da creare un piccolo fuggi fuggi nel pubblico perbenista e provinciale presente in sala. In realtà non si vede nulla, sia ben chiaro, ma la paura di loro stessi è più forte della realtà della scena, dello schermo...

Difficile dare un giudizio sulla bellezza o sulla bravura degli attori: del piccolo Otello o della prorompente Desdemona, o del "crudele" Yago. Difficile dire se lo spettacolo piace; magari piace nelle molte eco pasoliniane, dal Cosa sono le nuvole all'Edipo re, o comunque per alcuni passaggi riconducibili alla trilogia della vita od in particolar modo a Medea.

Difficile è concepire lo stesso spettacolo di per se stesso. Ma credo che loro stessi non vogliano piacere, siano loro i primi a non voler spiegare e illustrare nulla. Forse vogliono solo mostrarci ciò che sta sotto, ciò che è nascosto, vogliono accendere una luce su un orrendo connubio fra macchina e uomo, fra burattini e uomini liberi, fra chi si nasconde nella propria ipocrisia e chi si accetta e accetta gli altri. Gli altri, persone frutto di istinti naturali o razionali, istinti che ci conducono per la strada, nella nostra vita: come la stessa necessità di fare la "cacca", fil rouge di pièce e film.

Quando si esce di sala non si capisce cosa si è visto, non si riesce a decodificare subito il tutto, solo piccoli spezzoni, piccoli frammenti di scena si coagulano nel nostro cervello, nella nostra memoria; si rischia fin da subito di analizzare solo ciò che è esagerato, solo ciò che ci ha colpiti dritti alla mente, che si è sagomato indelebile sulla nostra retina. Come i passaggi particolarmente audaci che propongono senza veli, a nudo, appunto, degli atti fisici e dei moti verbali che tuttavia sono dentro noi tutti, sono in noi tutti i giorni, spesso in forme peggiori solo meglio mascherate.

È difficile focalizzare subito l'attenzione sull'altro, occorrono alcune ore di sonno per fissare lo sguardo su quell'individuo che è dietro le nostre spalle, una presenza che non è ragione e neppure istinto o subconscio o inconscio... è solamente l'altro; ma è proprio l'altro che conduce lo spettacolo, è l'altro che va osservato per capire o almeno cercare di farlo... perché, alla fine, si può intuire la verità solo attraverso un filtro che distorce, un filtro sapientemente costruito dal video dei "clandestini". (stefano cavagnis)