"C'era una volta un castello incantato nella foresta, incantato e addormentato….Un chateau enchanté, un chateau endormì.

È la storia di due sorelle, Joli e Jolin, e una sorellastra, Jolotte, che le tre attrici raccontano in un linguaggio originale in cui delicatamente si alternano e giocano la lingua italiana, la francese, l'inglese e il dialetto napoletano, intrecciando narrazione e traduzioni avvalendosi di movenze e danze simboliche, che bisticciano in qualche modo con i personaggi, ma aiutano a dare molteplici piani di lettura su tematiche femminili: tra fiabe e memorie, tra istinti e condizionamenti sociali e soprattutto sessuali (Jolotte difatti è figlia di "maman" ed è concepita con il giardiniere mentre il marito è in battaglia).

E così tra danze al ritmo dello schioccare di frusta e modulazioni alternate del codice orale, tra mazzetti di ravanelli ingurgitati al limite del soffocamento da Jolin, e mazzetti di prezzemolo (in una danza che ironica evoca Isadore Duncan) la storia viene narrata in una continua alternanza. Tuttavia rende nel contempo sempre più nitidi alcuni aspetti: quello egocentrico ed elegante di Joli e Jolin, quello mostruoso della madre "Madame" che grazie ad un marchingegno appare gigante nel suo corpietto scitrietto e quello ingenuo di Jolotte che solo imparando a fingere riuscirà a salvare la pelle.

Un piccolo (forse enorme) neo nella geniale coreografia è l'uso di due stole di volpe vera che non sono necessarie e anzi danno una connotazione negativa in una così sensibile e curata attenzione del mondo femminile. A parer mio erano sufficienti due pellicce sintetiche. (michele cavagnis)