Se vi foste trovati in America, verso l'inizio degli anni '80, non avreste
mai dovuto chiedere ad un critico cinematografico cosa ne pensava di "The
Blues Brothers".
A volte mi soffermo a rifletterci e mi chiedo quali cose sarebbero cambiate
se non fosse mai stato girato quel film, se i Blues Brothers avessero fatto
quel che han fatto, tutto, da cima a fondo, ma non il film. Davis Fiore, il Fondatore.
Ma "The Blues Brothers" è diventato ben presto un colossal, rappresentando
non solo un capolavoro cinematografico o uno tra i film più citati del
secolo, ma per alcuni persino uno stile di vita.
Aprendo le porte al pubblico, verso quel mondo misterioso chiamato "blues",
di cui Tv e radio non ci parlano quasi mai, ma che ha origini molto più
esoteriche e sperdute nel tempo, della musica oggi più gettonata.
Grazie al film, moltissime persone si sono avvicinate a questo mondo o
l'hanno scoperto per la prima volta, tanto da diventare quasi un veicolo
promozionale per blues e soul.
Facendo conoscere volti neri, di cui anche soltanto i nomi erano a molti
sconosciuti: Ray Charles, Aretha Franklin, tanti altri.
Il film appartiene alla schiera dei film comici d'avventura, sapendo
sfruttare la comicità come mezzo di sdrammatizzazione del catastrofico e
l'avventura come onda portante per il riso, col risultato di rendere la
comicità meno sciocca e l'avventura più divertente.
Anche se a tratti può sembrare demenziale, non ha assolutamente l'aspetto
di un film demenziale, anzi "The blues Brothers" è una cosa seria: una
"missione per conto di Dio!" come ci tengono a precisare Jake ed Elwood
blues, le due stars della musica sacra.
Le quali devono affrontare ogni sorta di nemico, inseguimenti senza tregua,
restando persino sommersi dalle macerie di un edificio saltato in aria, e
quando la polizia non è più abbastanza, si aggiungono pure criminali di ogni
specie e l'esercito, in un incessante crescendo dall'inizio alla fine:
tutto per raccimolare 50'000 dollari e salvare dalla chiusura
l'orfanotrofio in cui sono cresciuti.
E il finale?
Per certi versi, prevedibile sin dall'inizio, ma in qualche modo scartato
dall'idea di raccimolare onestamente tutto il denaro.
Una trama esplosiva, a tratti catastrofica e a tratti divertente, ma mai
violenta.
Un po' meno apprezzata in principio da quei critici che forse non avevano
mai ascoltato la voce di un nero in vita loro, e non hanno saputo cogliere
il perfetto sincronismo tra le scene e le musiche, che riescono perfino a
descrivere emozioni e fatti, meglio di quanto qualsiasi voce di commentatore
avrebbe mai saputo fare.
Sicuramente la produzione in cui John Belushi ha espresso al massimo la sua
personalità prorompente e in cui Dan Aykroyd ha dato il massimo della sua
abilità creativa, lavorando per la sceneggiatura (che, non dimentichiamo,
è sua e di John Landis).
Un "mito" che continua a parlare di sé e a far parlare di sé, e che
forse... non tramonterà mai!
Sicuramente avrebbero comunque venduto milioni di dischi, la loro musica
non sarebbe passata inosservata, e il modo in cui si presentavano in scena
sarebbe sempre stato qualcosa di nuovo e di unico.
Ma quanti italiani oggi se li ricorderebbero? Avrebbero scavato un solco
lungo il cammino di questo secolo? Avrebbero ancora fatto storia?
Avrebbero anche potuto incidere qualche brano in più e vendere qualche
milione di copie in più, ma non sarebbero mai diventati il MITO. La
fusione tra musica e avventura che conosciamo.
Sarebbero stati forse il "Mito" solo di chi veramente li conosceva, e oggi
si ritrovava in qualche angusta taverna a bere, ricordandosene, ma non si
sarebbe spinto oltre l'oceano, non avrebbe fatto il giro del mondo.
Il film gli ha permesso di esprimersi, di far sapere a tutti chi sono
veramente.
E' così che oggi ce ne ricordiamo, è così che sono diventati qualcosa
di cui non si puo' fare a meno, senza cui non si puo' vivere. E quando
Belushi purtoppo ci ha lasciato, il gruppo si è fatto forza, senza mai
abbandonare il sogno con cui ognuno di loro era cresciuto e che una volta
decollato, per così breve tempo avevano fatto volare.
Perché il blues vero non muore mai!
A distanza di anni, infatti, il gruppo si è riformato, annoverando ora
figure del grosso calibro, quali Eddye Floyd, o gli attori, fratelli di
Jhon, cioè Jim Belushi e James Belushi, più altri ancora.
Jhon Landis ha persino deciso di girare un nuovo film, che non ha avuto
il plauso del primo, ma forse non meritava nemmeno di essere criticato
come lo è stato.
Dopotutto, dopo un capolavoro è facile rimanere delusi se non se ne vede
un altro.
Chissà se in seguito a questo duro colpo il vecchio Landis avrà ancora
la forza di girare il terzo film.
Quello di cui si può star certi è che il mito è nato e ormai non può più
essere fermato. I primi Fans Club del passato sono scomparsi, ma uno è
rinato, e sicuramente dai nuovi Blues Brothers dovremmo aspettarci molto
di più di quel che si può immaginare; e forse qualche dilettante, in
qualche parte del mondo, si cimenterà a scrivere una nuova sceneggiatura.
Forse questa non farà più il giro del mondo, ma avrà lo spirito del primo
film. Io stesso ne sto scrivendo una.
Forse un giorno tornerà persino Belushi a trovarci.
Chi lo sa!
I veri miti non muoiono mai!