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LE BAMBOLE
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COME GIOCAVANO I NOSTRI GENITORI E I NOSTRI NONNI

Sempre, per tutti i bambini, il gioco è stato una necessità innata che ha avuto caratteristiche varie in relazione al condizionamento culturale; infatti i nostri nonni non potevano giocare col trenino elettrico o con i video-giochi, come noi oggi.

Essi, date le condizioni economiche, non acquistavano giocattoli, bensì li costruivano oppure non ne usavano affatto.

Diversi erano i giochi e i giocattoli:

 

“O TRENTU”

Si prendevano due pezzi di legno, uno più grande (“u trentu”) e l'altro più piccolo (“u sgrillu”). Chi riusciva a colpire il legno più piccolo con quello più grande e farlo arrivare più lontano possibile era il vincitore.

 

“A RICUTTEDDA”

I bambini si sedevano a terra con le mani semichiuse unite; un altro bambino poneva, o faceva finta di porre, una pietruzza nelle loro mani. Un altro ancora, nascostosi precedentemente, doveva indovinare chi possedeva la pietruzza. Se lo indovinava sarebbe andato a nascondersi il ragazzo che l'aveva, diversamente si ricominciava da capo.

 

“A MUCCIAREDDA”

Un ragazzo contava, ad occhi chiusi, fino ad un numero prestabilito; gli altri compagni nel frattempo si nascondevano. Chi veniva scoperto per primo “contava”, a meno che o toccava il punto prestabilito per contare (“tana”) prima del ragazzo che contava dicendo “tocco la tana!” o veniva salvato insieme a tutti gli altri dall'ultimo ragazzo scoperto che diceva: “tocco la tana, liberi tutti!”

 

“CCIAMPULI”

Ad alcuni metri dal segnale di partenza, si poneva “u cannieddu” (pietra di segnalazione) e mucchietti di bottoni, castagne, mandorle, noci ecc. A turno, i ragazzi, tirando una pietra, dovevano cercare di avvicinarsi quanto più “o cannieddu”. Chi si avvicinava di più prendeva quanto era stato precedentemente ammucchiato, nel caso contrario lo perdeva.

 

“E GRASTULI”

Consisteva nel lanciare più pietruzze in aria, prenderle e continuare il più possibile il “lanciare-prendere”, insomma a mo' di giocoliere.

 

“O GATTU”

Un ragazzo, “u gattu”, doveva cercare di acchiappare gli altri compagni, “i surci”, che erano usciti dalle loro tane e potevano andare a rifugiarsi lì, quando il gatto era vicino. Chi dei “topi” veniva preso faceva il gatto.

 

“PO' PO'”

A terra si disegnavano con il gesso dei riquadri numerati e si doveva tirare una pietra in un riquadro e andare a prenderla saltellando con un piede, o tenendo un'altra pietra sulla testa, sulla scarpa e così via dicendo...

Chi sbagliava durante il gioco a tirare la pietra, non centrando il riquadro, lasciava provare all'altro compagno.

 

“A STRUMMULA”

Era una sfera di legno costruita dagli stessi ragazzi in cui era infisso un grosso chiodo. Ad esso si attorcigliava una cordicella (“a lazzata”); tirandone l'estremità “a strummula” girava sulla punta. Da questo il modo di dire: “furriari cumi ‘na strummula”.

 

“U TIRRIJULU”

Era una ruota di ferro che veniva fatta ruotare con un'asticella posta al centro, l'equivalente delle piccole ruote in plastica che sono oggi usualmente vendute nelle bancherelle durante le feste.


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