IL DISINCANTO di Cesare Pavel Berlenghi

E venne quel giorno atteso

Disincanto di giardini incantati

Fluorescenti

Evanescenti

Diafani

Ombre scrutate in vetrine d'anime

Pacatamente rarefatte

Sublimemente appagate

Anfratti di spazi cupi

Sintomi ormai inavvicinabili

D'istinti inespressi

Forme geometriche quasi indecifrabili

Ove si perde il cardine della memoria

Tutto sembra avere un culmine

Senza liberazione del peso

Che non s'annulla negli anni

Trascorsi spesi

In quell'oblio

Ove la pena č una zattera

Che naviga in mari

Colmi di sudori

Suoni odori

Rivelati all'occhio

Umano o quasi

Come scherzi crudeli di destini

Scritti o tramandati

In non so quale libro degli Arcani.

Certamente tutto sembra

Annullarsi cancellarsi

O quasi potrebbe essere non vero

Chi puņ dirlo affermarlo

Giustificarlo interpretarlo testimoniarlo

Sperimentarlo dichiararlo

Stringo fra le mie mani

Colombe che vorrei liberare in volo

E scrutare nel loro volo

Parole giustificatorie

A tali intenti

Non certo alibi

Non certo menzogne

Ormai fuoriuscite dalle fauci di carogne

Scoperte dal volo delle colombe libere

Ed appagarmi di siffatto disincanto

Ormai reso consueto

Dal velo della follia non celata

Ad occhi cupidi di banali pareti

Di disincanto incantato.

All'amica umbra Francidy

(disegno di Francidy)