Incunabolo
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E’
da premettere che la città di Castiglione di Sicilia fa perdere nella notte
dei tempi le proprie origini, e che la stessa città è stata praticamente da
sempre, un crogiolo di razze e di popoli susseguitesi nell’arco dei secoli. Nell’anno 869
l’emiro Hafagah, condottiero arabo, transitando col suo esercito da
Taormina a Randazzo, dopo la mancata presa della città Jonica, attraversò la
Valle dell’Alcantara. Al suo seguito aveva mercenari Slavi,
Ebrei, Berberi etc…; e proprio con questo seguito che i Musulmani diedero
inizio alla lenta ma sistematica occupazione della Sicilia. Tenendo
conto perciò che l’invasione Araba della Sicilia avvenne nell’anno 827 ad
opera di forze Musulmane, dovrebbero risalire dunque a tale data la presenza
dei primi Ebrei a Castiglione di Sicilia. Non si conoscono, invece, con
esattezza le basi dei primi insediamenti ebraici a Castiglione, ma i
toponimi, i quartieri ed i resti di una tintoria ebraica del XIII-XIV secolo (C/da Giardinelli) testimoniano
come copiosa è sviluppata doveva essere la comunità ebraica nella nostra
Città. Gli ebrei svolsero un ruolo
importantissimo nelle attività commerciali, se si considera che dopo la loro
cacciata, (31 marzo 1492) la Sicilia e la Spagna subirono un dissesto
economico. Già Guglielmo il Buono e
dopo Enrico VI concessero agli ebrei una serie di privilegi: il monopolio
d’acquisto della seta grezza ed il monopolio assoluto sulle tintorie;
concessioni ripetute da Federico Hoehenstaufen. Tali determinazioni
furono presi tra il 1221 ed il 1231
durante la permanenza dell’imperatore in Germania. Nell’anno 1221 però, lo stesso
Federico obbligava gli Ebrei a portare degli abiti differenti da quelli
Cristiani. “Imperator……In Siciliam transfertat, et Messane regens
curiam generalem, quasdam ibi statuit ascisias observandas, contra lusores
taxillorum et alearum, nomen domini blasphemantes, contra Judeos, ut in
differentia vestium et gestorum a Christianis discernantur, etc..”. Nel 1239 il re nominava responsabile della
Zecca di Messina il giudeo Gaudio. Nel Quartiere della Pagana
esistono ancora oltre all’arco d’entrata di un possibile Miqwè, una parete
perfettamente squadrata usata come jazzana, una volta parete della Giudecca,
e sopra la parete i resti perimetrali del muro che cingeva la vetusta
Castiglione ai tempi dei Federico, e se non quello Svevo sicuramente quello Aragonese,
che durante la guerra del Vespro (1282-1302) Ruggero di Lauria fece edificare
a scopo di fortificazione perché con il nipote Giovanni e Re Giacomo avevano
tradito la causa passando agli Angioini. Fu proprio in questo luogo che nel
1818, nell’orto del barone Agostino Pennisi
di Floristella, furono portate alla luce un’imprecisata quantità di
reperti archeologici, urne funerarie, vasi, e tantissime monete allora
consegnate nell’ufficio del Secreto di
Catania il 28 maggio 1818 al Barone Pedagaggi e deposte nel vecchio
monetiere del Castello Ursino. Chi avrebbe potuto raccogliere pazientemente
tanto materiale di inestimabile valore e collocato tutto nel medesimo posto?
Il ripostiglio conteneva monete del periodo VI-V sec. a.C., cioè greco,
monete del periodo romano, monete bizantine, monete musulmane, normanne,
federiciane, aragonesi, etc.. solamente un luogo come la Giudecca poteva
contenere un simile tesoro, tesoro che è stato gelosamente custodito per
tanti secoli. I fuochi Ebraici ubicati nel paese, dovevano rendere parecchio se il
viceré Lop Ximen Durrea nel 1447 ordinava a simone Rubeo, vicesecreto di
Randazzo, ad esigere presso la Giudecca di Castiglione la somma di 600 once
da versare alla Real Corte in cambio dell’abolizione dell’ufficio di giudice
universale dei Giudei di Sicilia. Dunque i quartieri di San
Basilio, della Pagana, di Santa Caterina, della Bocceria e della Giudecca,
visto che erano Quartieri ricadenti fuori le mura, dovevano, gioco forza,
appartenere al territorio dove era collocato il loro Ghetto. Questa parola Ghetto appare per
la prima volta in una pubblicazione veneziana del 29 marzo 1516. Fra le
possibili origini del nome vi sono le parole “getto”, in ricordo di una fonderia veneziana che sorgeva vicino
al Quartiere ebraico; “ghet”, che
in ebraico vuol dire separazione, divorzio; oppure la parola tedesca “Gitter” che significa cancello,
inferriata. E
parlando di Bocceria, nei Capitoli o Consuetudini della “Civitas Castrileonis: § 152: Item che nullo bucheri digia
consentiri che lu Judeo unfia (gonfi) nixuna carne, sub pena di tt.(tarì)
setti e grana dechi a li officiali. Anche a Castiglione dunque
ciò che interessava il commercio ed in questo caso “Le Buccerie”
(macellerie) erano gestite o tenute dagli Ebrei. Si vuol far notare, che l’ultima
pagina dei capitoli porta impressa come data "1118", anno in cui
gli stessi capitoli (dunque durante il periodo Normanno) sono stati
ufficializzati ed approvati la prima volta; dunque, se la data fosse esatta,
significherebbe che la presenza Judaica a Castiglione è vecchissima . I Capitoli furono pubblicati per
la prima volta a Bologna nell’anno 1883 (Propugnatore – volume XVI)
a cura di Giuseppe La Mantia. Gli stessi vennero presentati a re Martino il
Giovane, per la sovrana approvazione, nel 1392, mentre cingeva d’assedio la
Città di Palermo e furono legalizzati ufficialmente nel 1448. Dopo l’editto
emanato a firma di Ferdinando il Cattolico ed Isabella di Castiglia il
31/03/1492, gli Ebrei furono costretti ad abbandonare il suolo di Sicilia, i
loro beni vennero confiscati ed i luoghi sacri o ritenuti tali furono
distrutti insieme ai loro scritti: volumi, manoscritti ed incunaboli. Anche se la Sicilia è sempre stata l’isola
tollerante, la tradizione vuole che l’espulsione degli ebrei del 1492 sia
stata dovuta al sacrilego atto perpetrato dal Rabbino Bitone l’anno
precedente a Castiglione di Sicilia. I fatti: nel 1296 Federico III
d’Aragona disponeva e proibiva agli ebrei non solo di dialogare con la gente
che professavano la religione cristiana, ma li escludeva anche dai pubblici
uffici, obbligandoli persino a tenere appeso al petto un bastoncino colorato
in rosso come segno di riconoscimento. Tale disposizione,
discussa nel Parlamento Palermitano, accese gli animi degli Ebrei e, dopo
duecento anni circa, pare che a Castiglione gli animi fossero ancora accesi. Nell’anno
1491 durante una Pia Processione con il Cristo morto, il Parroco d’allora,
Don Nicola Antonio Amodei, si spinse fino alla Porta della “Bucceria” quasi fuori le mura della
Città, a pochi passi del Quartiere ebraico, proprio accanto alla casa del
Rabbino, forse per provocare qualche reazione degli Ebrei visto che non
correvano più buone relazioni. Con
molta probabilità il Rabbino Bitone, vedendo la folla cristiana sotto la sua
abitazione e intuendola come una sfida per la comunità ebraica, scagliò un
sasso quasi sicuramente diretto all’Arciprete; ma, la sorte giocò un brutto
tiro al Rabbino: il sacrilego gesto colpiva non l’Arciprete, ma il Cristo
morto trasportato sul labaro, tranciandogli un braccio. Fu
a questo punto che i facinorosi fratelli Andrea e Bartolomeo Crisi, usciti
dalla folla piangente e delirante, furenti, saltarono sul balcone del Rabbino
uccidendolo sull’istante. Don
Perruccio II Giorni, quinto Barone di Castiglione, fece trarre in arresto i
due fratelli, conducendoli nelle carceri del castello di sua proprietà. L’arresto
naturalmente fu una farsa, come fu una farsa il processo alla corte di Spagna
presieduto da Ferdinando II il cattolico, infatti non solo i fratelli Crisi
furono prosciolti da ogni accusa, ma i beni posseduti da ogni ebreo furono
divisi fra nobiluomini e Chiesa; inoltre, sembra che la delegazione che
accompagnava i fratelli Crisi avesse chiesto al Sovrano l’allontanamento
degli Ebrei dalla Sicilia. Fatto
sta che, come abbiamo detto sopra il 31 marzo del 1492 il Re Ferdinando
d’Aragona e Isabella di Castiglia firmarono a Granada il terribile editto
seguìto dal bando di espulsione. La stessa sorte toccò naturalmente anche ai Sefaràd (ebrei) espulsi lo stesso anno dalla Spagna, i quali si erano
stanziati nella Penisola Iberica nel 70 d.C. dopo la conquista di Gerusalemme
da parte di Tito. Prima di quell’epoca Ebrei Musulmani e Cristiani vivevano in assoluta tolleranza anche nella nostra Sicilia. |
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