Un’esperienza di catechesi popolare tra i fanciulli
in un quartiere del centro storico di Palermo
Come introduzione desidero rifarmi al numero 192 del Direttorio generale della Catechesi dove si afferma: “Il servizio della fede oggi tiene in grande conto gli ambienti o contesti di vita, giacché ivi la persona svolge concretamente la propria esistenza, riceve influssi e li dona, esercita le proprie responsabilità. In linea generale ed esplicativa, vanno ricordati due ambienti maggiori, rurale ed urbano, che richiedono forme differenziate di catechesi. (...). La catechesi alla gente della città deve tener conto di una varietà talora estrema di situazioni che vanno da aree esclusive di benessere a sacche di povertà ed emarginazione. (...). Per ciascuno di questi ambienti occorrerà pensare adeguatamente il servizio della fede, valorizzando catechisti preparati, producendo sussidi opportuni...”
Nella luce di questo passo desidero presentare due quaderni di catechesi popolare a sussidio ai catechismi CEI Io sono con voi e Venite con me in riferimento al primo anno di catechesi dei fanciulli. I titoli dei due quaderni sono per il primo: “Non abbiate paura: Io sono con voi” e per il secondo: “ Non abbiate paura: Venite a me voi tutti” entrambe editi dall’editrice della mia Congregazione “Missionari Oblati di Maria Immacolata” Il titolo invece della collana è “Il Vangelo a Ballarò” dove questo nome identifica il quartiere nel quale ho svolto il mio ministero di sacerdote per undici anni.
Per cogliere il contesto in cui mi sono trovato a svolgere il mio ministero occorre pensare a Palermo come composta da due città compresenti l’una nell’altra: quella del centro storico e quella più moderna.
Con i bombardamenti della seconda guerra mondiale è iniziato un graduale spopolamento del centro storico che ha condotto Palermo a uno sbilanciamento sulla periferia. Questo processo ha interessato particolarmente una grande parte della popolazione popolare e medio-popolare che si è trovata a dover abitare in quartieri lontani dal centro ma a continuare a svolgere di fatto la propria vita sociale e culturale lì dove sono le proprie origini.
“Ballarò” è il nome di uno dei più antichi mercati di origine araba che ancora sopravvivono a Palermo. Esso è il cuore vitale del quartiere Albergheria ed è teatro della vita quotidiana del popolo che di giorno vi passa e trova in esso un luogo di relazioni, di legami con le proprie radici e di possibilità di acquistare a prezzi modesti generi di prima necessità.
Le case , moltissime delle quali ancora diroccate e in pessimo stato, sono spesso abitate dagli strati più poveri della popolazione e da extracomunitari che si trovano a proprio agio in un ambiente abituato da secoli all’incontro con altre culture.
La sera può capitare di vedere aggirarsi molte persone straniere mentre tutto intorno si avvolge di un silenzio oscuro: piuttosto che quartiere dormitorio l’Albergheria può chiamarsi dunque “quartiere diurno”.
Salta agli occhi la profonda differenza che si può riscontrare tra un anziano del luogo e una persona più giovane. Nella prima troviamo oltre che una fede più radicata e devota anche una visione morale della vita e una cultura fatta di storia, tradizioni, proverbi, esperienze ereditate dal passato, capacità di lettura. Tutto ciò è spesso del tutto assente nella seconda. E’ come trovarsi di fronte a degli uomini scollegati dal proprio passato e senza più un’identità e spesso senza nemmeno un’istruzione sufficiente per poter leggere o scrivere con agio.
Un riflesso di ciò lo troviamo nella condizione delle scuole del quartiere caratterizzate dalla presenza di molti fanciulli che non concludono le scuole dell’obbligo e moltissimi che non riescono ad imparare a leggere e scrivere correttamente.
Le famiglie si rivolgono spesso alla chiesa per poter soccorrere i propri figli nelle difficoltà scolastiche, per questo è nato un servizio di doposcuola.
Ciò che però si è notato, dopo una lunga esperienza, è la diversità del comportamento e dell’apprendimento del fanciullo nel contesto scuola o dopo-scuola e quello del Catechismo.
Lo stesso fanciullo, che si presentava ribelle e svogliato a scuola, nell’ambiente del Catechismo assumeva un comportamento e un rendimento decisamente migliore.
E’ in questo modo che ho potuto cogliere con forza il valore educativo e “istruttivo” che può avere la fede: la figura di Gesù e l’immagine di Dio Padre o della Santa Vergine suscita emozioni e interesse che nessuna disciplina scolastica riesce a comunicare in loro.
Per i nostri bambini la scuola è una costrizione di cui non si riesce a comprendere l’utilità nella vita visto che l’ambiente in cui si vive è composto da persone che ne fanno volentieri a meno manche se ne capiscono l’importanza. Il catechismo invece prepara all’incontro con una Persona, di cui si intuisce l’Amore fedele e l’aiuto pieno di sollecitudine.
Occorreva per questo sviluppare una catechesi che potesse coniugare l’esperienza di fede, la conoscenza della dottrina cristiana e la promozione dell’istruzione scolastica e culturale. Nacque in questo contesto l’idea che ha portato alla nascita di quello che ho chiamato “Catescuola”.
Il primo scoglio con il quale ci siamo dovuti scontrare è stato la differenza del nostro linguaggio e dei testi scolastici rispetto a quello dei fanciulli: pieno di astrazioni e di riferimenti a cose mai viste o conosciute il primo, concreto e pieno di forme dialettali e riferimenti al contesto di vita il secondo. Ciò che il linguaggio esprime è infatti la forma di pensiero e di vita delle persone: si parlava e si tentava disperatamente di leggere di fatto due lingue in molti tratti diverse.
Il primo tentativo è stato quello di utilizzare piuttosto l’educazione all’immagine e l’utilizzo di disegni corredati da brevi didascalie. In questo mi sono lasciato ispirare da un libricino di Jean Vanier edito nel 1985: “Ho incontrato Gesù, mi ha detto ti voglio bene. Storia dell’Amore di Dio attraverso la Bibbia”. Edizioni Messaggero Padova.
Prima di affrontare il testo di Catechismo si narrava ai fanciulli la storia della Salvezza aiutandoli a conoscere Gesù con l’aiuto dei disegni che una piccola sorella di Charles De Foucauld aveva realizzato a commento del bellissimo testo di Jean Vanier. Nella nuova edizione del Catechismo della CEI: “Io sono con voi” ho notato in seguito che la stessa sorella è stata scelta per un servizio simile.
I fanciulli hanno apprezzato questo libricino che potevano anche colorare ma si era ancora lontani dall’aver risolto i nostri problemi.
Si sentiva il bisogno di dare ai fanciulli un testo che potessero tenere con sé e in cui ritrovare riassunti i temi principali del percorso catechistico in linguaggio a loro familiare.
Nei due quaderni di catechismo realizzati si potranno per questa ragione trovare spesso delle espressioni dialettali seguite dalla loro traduzione in italiano. In ogni caso il linguaggio utilizzato ricalca molto quello comunemente parlato dai fanciulli e dalla gente del quartiere.
Anche l’iconografia è stata realizzata tenendo conto della sensibilità dei fanciulli i quali, forse perché costretti a crescere troppo in fretta, non amano vedere Gesù raffigurato come un personaggio da fumetti ma così come lo raffigura la tradizione. Una delle catechiste, laureata in pedagogia, ha realizzato dopo lunga e meditata elaborazione le immagini che corredano le pagine dei quaderni arricchite poi da decorazioni che vogliono sdrammatizzare il contenuto spesso impegnativo dei temi trattati e delle stesse illustrazioni.
Le unità didattiche sono composte da due o tre coppie di pagine. Nella pagina a sinistra troviamo il messaggio e in quella a destra la proposta di lavoro fatta al fanciullo: frasi da completare, preghiere o nozioni da imparare e ritenere, risposte da dare, ecc... I riferimenti al catechismo CEI sono offerti come note che danno al catechista la possibilità di utilizzare il catechismo ufficiale seguendo il “torrente sotterraneo”di un percorso legato all’anno liturgico.
In classe i bambini sono seduti attorno a tavoli da lavoro e ogni aula è corredata di materiale per disegnare, colorare e di testi illustrati. Le lezioni non sono concepite come “frontali” ma all’interno di un dialogo tra i fanciulli, il catechista e la Parola del Signore. Sono previste visite a chiese, luoghi e persone.
Una delle difficoltà che spesso ho riscontrato nei catechisti è quella dello scollamento tra l’esigenza di seguire un filo narrativo e l’immersione della catechesi nella vita liturgica della chiesa. I Catechismi della CEI sono profondamente radicati nell’anno liturgico e questo portava sempre a dover sacrificare o il programma catechistico, che prevedeva la spiegazione di determinate nozioni, o l’essere a tempo con le sequenze previste dalla Liturgia. Questa difficoltà mi è stata d’aiuto per capire che si doveva cominciare a fare una nuova esperienza di catechesi più celebrativa, più inserita all’interno del dialogo tra Cristo e la Sua Chiesa, tra Cristo e un popolo orante e in cammino.
Chi è il vero Catechista se non il Signore Gesù che comunica il Regno con le parole e con i segni ai suoi piccoli discepoli? Piuttosto che parlare di Gesù non dovevamo fare in modo che fosse, in qualche modo Gesù stesso a parlare?
Ecco che al posto dell’incipit con cui in ogni celebrazione della Parola si introduce la Lettura del Vangelo:“in quel tempo”, veniva posto “Gesù mi dice: ...” dove il tempo al presente rende l’idea della attualità nello Spirito Santo di Colui che promette: “Io sono con voi”. Molte delle lezioni cominciarono ad essere fatte per questo in una cappella preparata appositamente e ricavata da una vecchia stanza. Qui si poteva notare un netto miglioramento dell’attenzione e della partecipazione dei fanciulli.
L’idea che il contesto e l’ambiente umano in cui si svolgeva la lezione aveva un notevole influsso mi portò alla convinzione che dovevamo partire dall’ambiente in cui viveva il fanciullo: il quartiere e la vita di ogni giorno e più profondamente la stessa vita della chiesa in cui era stato immerso nel giorno del suo Battesimo.
Normalmente i nostri programmi catechistici terminavano con il tema della Chiesa all’interno del quale si parlava dei Sacramenti. Non dovevamo forse invece partire dalla chiesa: dall’esperienza del Signore presente in essa e dall’azione dello Spirito e in questa inserire la narrazione della vita di Gesù e tutti i temi catechistici?
Questa convinzione mi sembrava suffragata dalla stessa strutturazione dei catechismi CEI che presuppongono la vita della chiesa e di una famiglia praticante e al completo e, mi permetto di aggiungere, “senza molte difficoltà”.
Le prime lezioni dovevano quindi aiutare i fanciulli a scoprirsi membri della chiesa e di una chiesa radicata nella vita del proprio quartiere. Da chi era composta questa chiesa, quale eredità aveva lasciato la vita dei cristiani che avevano frequentato la parrocchia prima di loro?
Fino agli anni quaranta il centro storico di Palermo si presentava disseminato di chiese e di piccole comunità cristiane attive che avevano nelle confraternite un modello di associazionismo e di solidarietà. Attraverso la multiforme presenza di religiosi e l’attività pastorale della Parrocchia si diffondeva tra il popolo una cultura cristiana ben amalgamata ai valori presenti nella cultura tradizionale.
Di qui è nato il riferimento, che si è dato nei due quaderni, alla pietà popolare considerata come testimone di un’esperienza religiosa comunque facente parte delle radici culturali e spirituali del popolo a cui si appartiene.
Il primo quaderno di catechismo, dopo una introduzione riguardante il tema del proprio nome, della famiglia in cui si è nati, e delle prime preghiere che si dovrebbe già apprendere in essa, accompagna il fanciullo nel mercato prendendo spunto dalla vita dei commercianti, dalle persone che fanno la spesa per le proprie famiglie, dalla visita delle chiese presenti. Guida di questo primo approccio è la parabola del mercante in cerca di perle preziose.
Uno dei momenti formativi è quello che prevede l’incontro con persone anziane del quartiere per apprendere dalla loro viva voce testimonianze della fede del passato e raccogliere preghiere in dialetto a loro care.
E’ stato toccante per i fanciulli ritrovare tra le pagine del loro sussidio di catechesi la preghiera in siciliano ricordata a memoria dalla mamma di uno dei nostri giovani più grandi.
Il cammino verso la figura di Gesù è compiuto presentando le figure dei Santi attraverso l’ausilio delle piccole immagini di essi che i fanciulli amano conservare e dalla testimonianza di un santo nato e vissuto proprio in quel quartiere: il beato Giacomo Cusmano, fondatore dell’istituto “Boccone del povero”. Dai Santi si passa quindi alla presentazione dell’Angelo custode e della Vergine Maria, dei suoi diversi attributi e delle diverse immagini che la pietà popolare le ha dato. Questo percorso porta al figlio di lei, Gesù, visto nella sua funzione di Maestro che racconta in colloqui amichevoli della sua venuta, di ciò che faceva da piccolo e in particolare del suo Padre e di come lo pregava. In questo contesto avviene al consegna liturgica del “Padre nostro”.
Molti dei fanciulli che vengono al Catechismo in parrocchia vivono in case insane dove regna la promiscuità e il disordine. La famiglia viene spesso a formarsi molto precocemente a causa di matrimoni tra giovanissimi e che spesso falliscono per cui può facilmente accadere che il piccolo non viva con il proprio genitore o perché è dai nonni o perché la madre o il padre convivono con un altro. Altra cosa facile ad accadere è che il bambino abbia il padre in carcere o agli arresti domiciliari. In molti casi la presenza paterna è sfuggente e spesso assente.
Di qui un costante riferimento alla figura del Padre celeste, il Padre di Gesù che ci vuole come figli suoi.
Non è raro che la famiglia non possa sostenersi se non con l’aiuto di parenti e della stessa chiesa o di sussidi comunali a causa della sempre più dilagante disoccupazione.
I bambini spesso assistono a scene di violenza e spesso la subiscono anch’essi in famiglia ma anche nella strada e nella stessa scuola.
Un altro scoglio ancora più profondo è l’insicurezza che vivono i fanciulli. Essi
presentano spesso dei comportamenti illogici ma che poi si è amaramente scoperto suscitati da esperienze insane che li vedevano anche coinvolti in abusi di vario genere e tra questi soprattutto nell’ambito sessuale.
Il profilo psicologico del fanciullo che si riflette in questo contesto è quello dunque della estrema fragilità nascosta da una corazza di durezza e indifferenza che però si scioglie nel contatto affettivo.
Quando si faceva il doposcuola a questi piccoli ciò che più colpiva era l’insicurezza nello svolgere compiti soprattutto scolastici: un esempio per tutti è era la scena del fanciullo che al posto di fare una correzione strappava il foglio su cui aveva compiuto un errore.
Frequenti gli atti di violenza, non di rado anche verso qualche operatore, e le scenate di crisi nei fanciulli che erano come costretti a piegarsi a dei compiti impossibili per loro.
In seguito a queste esperienze è maturato l’itinerario del secondo quaderno di catechesi il quale parte, all’interno del contesto quaresimale, dall’orizzonte del dolore. Il fanciullo è invitato a riconoscere le ferite del proprio cuore e del cuore umano per capire l’importanza dell’invito di Gesù a introdurci nel cuore del Padre. La Parabola del Padre misericordioso viene divisa in due parti dando uno spazio particolare all’esperienza del “figlio geloso” toccando così la fragilità e il bisogno di amore e di attenzione che si rivelano così spesso nelle gelosie frequenti di cui si vedono soffrire i fanciulli. All’interno del cammino di comprensione del Sacrificio di Gesù si mettono quindi in evidenza i temi del tradimento, dell’indifferenza, dell’abbandono e delle esperienze negative che i fanciulli si trovano di fatto a vivere. In questo contesto Gesù è presentato come colui che viene a salvarci nel suo essere per noi il Buon Pastore che dona la sua vita e in questo si mostra come il Figlio di Dio.
Risalta con particolare forza la gioia della Resurrezione e del perdono ritrovato e infine della nuova vita basata sullo stile delle Beatitudini che fu proprio di quella del Signore Gesù.
Lungo il percorso dei due quaderni sono messi in evidenza alcuni temi che fanno parte dell’esperienza del fanciullo e del contesto culturale in cui vive e che vanno evangelizzati:
- il modo praticato dalle persone del proprio ambiente di affrontare la violenza messo a confronto con la calma e la forza interiore di Gesù dinanzi ai suoi nemici.
- - la dignità della persona umana che non si conquista con la forza ma con il vivere e soffrire per il bene degli altri
- la vendetta che si può fermare solo con la forza del perdono.
- il clima di menzogna a cui si è abituati è messo in contrasto con la verità proclamata da Gesù
Per tutte queste ragioni, come diceva padre Pino Puglisi, mentre nell’ambiente dei fanciulli, e quindi a partire spesso dalla stessa famiglia, chi bara, sa arrangiarsi, chi è più furbo, ha più consenso, occorre dare a questi piccoli una possibilità di vedere la vita in un modo diverso: “Bisogna unirsi, dare appoggi esterni al bambino, solidarietà, farlo sentire partecipe di un gruppo alternativo a quello familiare”.
E’ questo pensiero che ha fatto sì che dall’idea dei quaderni di catechismo nascesse quella di realizzare un luogo dove realizzare un ambiente vitale ed educativo ispirato a quella “ecologia umana” auspicata da Giovanni Paolo II nella Centesimus annus al numero 39. Segno di questa speranza è stata la nascita, con innumerevoli sacrifici, di una bottega-scuola e di una cooperativa per gli adolescenti al fine di continuare a seguire i fanciulli una volta cresciuti in un ambiente sano e creativo e nel quale anche stimolarli e sostenerli nel proseguimento degli studi.
Termino con un breve scritto di Lia Cerrito, collega di Padre Puglisi e che, parlando della vita di Gesù durante gli anni di Nazaret, sottolineava il valore anche delle piccole cose che facevano parte della vita di ogni giorno della gente comune in mezzo alla quale cresceva il Signore:
“Trent’anni di vita nascosta, trent’anni di occhi aperti sul mondo, attenti a guardare cose, uomini, gesti... E conservavi tutto dentro di te, come semi caduti nel solco della tua umanità, per fiorire, a suo tempo, nel Vangelo”
E’ questo anche la speranza che il lavoro svolto possa dare il suo piccolo contributo nel continuare a scoprire la meraviglia di un Vangelo nascosto nel cuore e nella vita degli umili di questa terra.
p.
Salvatore Franco O.M.I.