Famiglia
di piccola nobiltà. Non essendo primogenito non ereditò il titolo e il grosso
della proprietà. Studi all'università d’Edimburgo (equivale alla media
superiore). Studi letterari e
filosofici (la famiglia lo voleva avvocato), indagine sulla natura umana. Si
apre quindi per Hume "una nuova scena di pensiero".
1729-39/40: preparazione e pubblicazione della grande opera giovanile, il Trattato sulla natura umana (tre
parti; intelletto, passioni e morale). Studia i filosofi più recenti, inglesi e
francesi. Soggiorno di tre anni in Francia. A Londra, mitigando in parte la
critica nei confronti della tradizione filosofica e religiosa riesce a darla
alle stampe in forma anonima. Non suscita interesse ma solo qualche violento
attacco da esponenti della Chiesa, che gli procurò la fama di "scettico e
ateo notorio". Per farla conoscere, allora, pubblica un “Estratto del
Trattato sulla natura umana”, apparso anch'esso anonimo, nessun miglioramento.
1741 – 1751: chiede ma non ottiene la cattedra di filosofia ad Edimburgo (pessima
fama). Ampliamento d’interessi, Saggi morali e politici, e una ripresa dei temi
del Trattato, ripresentati in forma saggistica in due opere fortunate “Saggi
filosofici sull'intelletto umano” e “Ricerca sui principi della morale”. Prima
stesura dei Dialoghi sulla religione naturale, pubblicati postumi.
1751 – 1762: tentativo fallito di ottenere una cattedra a Glasgow. Bibliotecario
della Facoltà degli Avvocati d’Edimburgo. Nuove ricerche di politica e storia.
Diviene segretario della Philososphical Society e stringe amicizia con Adam
Smith e Thomas Reid. “Discorsi politici”. “Storia d'Inghilterra”, (fama e
ricchezza). Grazie anche all'appoggio dei suoi amici, riesce ad evitare la
condanna della chiesa d’Edimburgo. Subito dopo scrive quattro dissertazioni,
spregiudicate soprattutto in materia religiosa. Secondo soggiorno francese. La
fama che circondava i suoi scritti era maggiore in Francia che nel suo paese.
Ricevette una calorosa accoglienza nei circoli culturali e salotti illuministici.
Ritornato a Londra, cerca protezione e aiuti per Rousseau, che, però lascia
Londra, accusando ingiustamente lo stesso Hume.
Sottosegretario di
Stato nel 1774. Muore due anni dopo ad Edimburgo
Hume ritiene di aver scoperto tre principi generali a fondamento di una scienza della natura umana:
1. Priorità delle impressioni sulle idee: le percezioni,
si suddividono in impressioni,
(sfera del sentire), e in idee,
(sfera del pensare). Tutte le forme della nostra esperienza possono essere ridotte
a questi due tipi di percezioni. Nel sentire, usiamo i sensi, nel pensare la
memoria o l'immaginazione.
Impressioni e idee
possono essere o semplici o complesse. Le idee semplici, derivano
dalle impressioni semplici corrispondenti e le rappresentano esattamente".
Le impressioni si presentano sempre prima delle idee, non possiamo creare idee
con la nostra attività mentale. Le idee sono sempre riducibili alle impressioni
semplici originarie, di cui sono copie illanguidite.
2. Libertà della immaginazione (contrapposta alla non-libertà della memoria):
l'immaginazione ha una funzione attiva,
la memoria è passiva. L’immaginazione è libera rispetto alle
sensazioni ma, se riusciamo a comunicare evidentemente risponde anch’essa a
qualche principio regolatore.
3. Associazione delle idee: l’associazione è libera ma tre “forze” (Rassomiglianza,
Contiguità nel tempo e nello spazio, Causa ed Effetto), ci spingono ad
associare in queste tre direzioni. Una specie d’Attrazione", le cui cause,
per lo più sconosciute, sono "proprietà originarie della natura
umana". Questo principio rende
superflua la ricerca di cause finali (Dio, la natura...). Grazie ad esso
esperienza e conoscenza evitano l'arbitrio ed il caos più completi.
Per scoprire questi principi, poi, non c'è stato alcun bisogno di far ricorso alla Rivelazione, all'Autorità, alla Tradizione, è stata sufficiente la via sperimentale.
Le idee astratte: come i nomi comuni indicano non solo un singolo
oggetto, ma un'intera categoria. Si pensava che le idee astratte non
provenissero dall’esperienza ma dalla mente perché vanno oltre le
caratteristiche del singolo oggetto, sono universali. Hume, come Berkeley ritiene che le idee siano tutte particolari: la parola che
usiamo, non l’idea è generale.
Quando riscontriamo
una somiglianza fra diversi oggetti e diamo a tutti un solo nome, senza tener
conto delle differenze, "un'idea particolare diventa generale col venire
unita ad un termine generale".
Spazio e tempo La capacità della mente è limitata. Per immaginare una
divisibilità infinita dello spazio e del tempo, ci vorrebbe una capacità
illimitata della mente. Ma non è così, quindi la divisione ha un limite. Le idee di spazio e tempo non hanno
generalità (le idee sono tutte particolari) e non hanno esistenza separata (maniera od ordine degli oggetti).
L'idea d’esistenza è la stessa cosa dell'idea di ciò che concepiamo esistente,
quindi, non è propriamente un'idea,
in quanto non corrisponde a nessuna impressione dalla quale sia derivata.
L'idea d’esistenza esterna: solo l'insieme delle mie percezioni è il mondo che posso
conoscere ma tutti noi ammettiamo l’esistono di corpi fuori di noi, anche
quando non li percepiamo, indipendente, dalla nostra esistenza e dalle nostre
percezioni. Chiedersi se i corpi
esistono non ha senso se per "corpi" intendiamo oggetti che esistono di
là dalle nostre percezioni. Ma cosa ci fa credere nell'esistenza dei corpi? Non i sensi, che non vanno oltre la
percezione, nemmeno la ragione,
che analizza le percezioni ma non può creare nulla di nuovo. L'immaginazione fa nascere in noi la nozione
di oggetti esterni. L'abitudine
a riscontrare costanza e di coerenza la spinge a connettere insiemi di
impressioni e a considerarli stabili e permanenti anche se si presentano in maniera
intermittente. Crediamo negli oggetti esterni anche contro la ragione
(l'alternativa sarebbe il più completo solipsismo). L’immaginazione ha un ruolo
costruttivo contrastante con quello scettico-distruttivo della ragione.
L’idea dell'io: quasi tutte le filosofie ammettono l'esistenza di un io, per Hume non
c'è. Nessuna impressione ed idea è permanente o stabile, sono separate e
isolate l'una dall'altra, esistono soltanto quando sono presenti alla mente,
sentite o pensate e quindi non possono supportare l'idea di un io stabile e permanente.
Siamo altro collezioni di percezioni che si susseguono con rapidità, in un
perpetuo movimento. Tuttavia mentre la ragione nega la possibilità dell'idea di
identità personale, l'immaginazione,
spinta da una "inclinazione naturale" e aiutata dalla memoria produce una nozione di
identità personale. La memoria scopre e produce l'identità, producendo fra le
percezioni il rapporto di somiglianza e fa sì che abbiamo pure la nozione di
causalità, l'immaginazione unifica, proiettandole anche nel futuro (cosa che la
memoria non può fare), le percezioni così collegate, producendo in tal modo
l'identità personale.
Causa, somiglianza e contiguità sono i
principi dell'associazione delle idee. La causalità si spinge oltre i sensi e
ci informa dell'esistenza di oggetti che non vediamo né sentiamo.
Per alcuni la
causalità è nella natura. Per altri Dio è la fonte della causalità. Tutti
concordavano sul fondamento oggettivo (naturale o divino) del rapporto di
causalità. Per Hume il fondamento del rapporto di causalità è nel soggetto e la causa è prodotta
dall'immaginazione e dall'abitudine (e non dalla ragione).
Perché sussista una
relazione di causalità sono necessarie tre condizioni: contiguità, priorità
o successione costante e connessione
necessaria, (il più importante). La nostra esperienza, ci segnala che
attraverso i sensi, la memoria e l'abitudine, stabiliamo la relazione tra causa ed effetto. Tra gli
oggetti della nostra esperienza nessuna connessione è necessaria. Noi inferiamo un oggetto come conseguenza necessaria di un altro oggetto
precedente e contiguo, in presenza di condizioni determinate (la costanza e il
ripetersi regolare dei rapporti di contiguità, di successione e unione).
La relazione di causalità non è un'idea, poiché non c'è un'impressione corrispondente che
l'abbia preceduta.
La credenza
è quella maniera di percepire, in base alla quale consideriamo davvero
esistenti e non immaginarie le cose che percepiamo. E’ legata alla vivacità
delle sensazioni e alla fedeltà con cui sono ricordate. Non si unisce alle idee
liberamente costruite dall’immaginazione. La credenza non è un'idea ma può dare
forza e vivacità alle idee.
L'abitudine, prima che abbiamo il tempo
di riflettere; ci fa credere o non credere all'esistenza di un oggetto.
Lo scetticismo del nostro autore deriva da queste considerazioni.
L'immaginazione ci costringe a credere, la ragione ci costringe a cadere nello scetticismo.
Con la ragione conosciamo soltanto le certezze dell'algebra e dell'aritmetica.
Con l'immaginazione (aiutata dai sensi,
dalla memoria, dall'abitudine e dalla ragione) conosciamo tutto il resto: i rapporti causali,
gli oggetti e noi stessi. Ma l'immaginazione non può produrre una conoscenza
certa, evidente, quale è quella matematica e geometrica. La conoscenza prodotta
dall'immaginazione è probabile,
a volte quasi certa.
Ne consegue che
molte certezze indubitabili degli scolastici e dei filosofi, non superando
l'esame della ragione vanno abbandonate. Le scienze non debbono ricercare la
verità assoluta ma accontentarsi di conoscenze probabili.