1.0 IL TERRITORIO

 

 

1.1 Aspetti Fisico Morfometrici

 

L’aspetto geomorfologico del territorio della Comunità Montana comprende due fasce ben distinte in direzione Ovest ed Est. La prima è costituita dalla fascia pre-silana con terreni collinari e dove sono ubicati in prevalenza i centri urbani della Comunità e la seconda è costituita da una area montana con pendenze minime e leggere ondulazioni.

Dalla carta altimetrica sì vede come il territorio sia compreso fra la quota 400 e la quota 1930 m.s.m.: si pas­sa da quota 600 m.s.m. (in corrispondenza dei centri di Lappano, Rovito, S. Pietro in Guarano) a quota 1300 m.s.m. che si può definire la quota dominante dell'altopiano silano sul quale emergono le cime più rappresentative via via fino alle quote di quasi 2000 m.s.m..

Sull'altopiano vero e proprio sono predominanti aree a dolce acclività che rappresentano l'aspetto peculiare della zona. La carta delle pendenze riporta le fasce di territorio per classi di pendenza.

In corrispondenza delle pendici orientali ed occidentali si hanno le acclività maggiori con pendenze dell'ordine del 30% e superiori.

Si tratta di aree molto estese con pendici alquanto scoscese che precipitano in veri e propri dirupi ed interessano diffusamente il comprensorio orientale dei comuni di Bocchigliero e S. Giovanni in Fiore oltre la fascia occidentale relativa ai comuni gravitanti su Co­senza.

Il cuore del territorio invece, situato, grosso modo, in corrispondenza baricentrica con lieve eccentricità verso occidente, presenta vaste aree con pendenze comprese fra 0 e 5%; 5 e 15%; 15 e 30%.

Una situazione, quindi, estremamente varia, che, accanto alle realtà molto difficili per la proibitiva acclività, offre zone di estremo interesse: ad alte quote (intorno ai 1300  m.s.m.), ma con pendenze limitate.

La classe modale è quella relativa a 1200 fino a 1400 m.s.m. che comprende oltre il 30% del territorio.

Fra 1000 e 1600 m.s.m. figura il 75% di tutta la superficie, mentre le zone poste a quote superiori a 1600 m.s.m. rappresentano il 6,5% del totale.

 

Tab. 1.1 – Estensione per classi di altitudine

 

Oltre m. 1.800

Kmq

5,30

1.800 ¸1.600

55,20

1.600 ¸1.400

229,50

1.400 ¸1.200

278,50

1.200 ¸1.000

181,16

1.000 ¸800

66,60

800 ¸600

74,14

600 ¸400

27,40

400 ¸200

6,40

 

 

1.2 Caratteri geolitologici

 

La zona in esame si presenta come una superficie che ha subito un rapido sollevamento, attualmente ancora in atto ed una intensa e facile erosione.

Come già detto prima, forme morfologiche molto dolci, quindi, nelle parti elevate, in contrasto con le incisioni vallive molto scoscese, soprattut­to ai bordi del tavolato. Da un punto di vista geologico la zona è costituita da una impalcatura cristallina di età paleozoica sui cui bordi orientale e occidentale, poggiano senza continuità pochi lembi sedimentari del Mesozoico e del Paleogene.

I terreni cristallini si presentano fortemente fratturati e dislocati o, comunque, interessati fino a notevole profondità da fenomeni disgiuntivi.

Nell’am­bito di una distinzione puramente petrografica la carta geolitologica mantiene inalterata la sua validità, sensibili modificazioni ha subito, invece, il coordinamento tettonico delle formazioni rocciose che interessano la zona in esame e, più in generale, tutto il territorio calabrese dal Pollino in giù.

L’ottica geologica attuale interpreta, l’edificio cristallino calabrese, e, quindi, la Sila, come edificio a coltri di ricoprimento, formato, cioè, da unità tettoniche sovrascorse nel Miocene, nel corso dell’orogenesi Alpina Cretacico-Paleogenica, sulle unità più interne dell’Appennino in via di formazione.

Di conseguenza, in Calabria, l’ Appennino calca­reo si trova sotto il cristallino Alpino.

La sintesi più generale di questa interpretazione risale al 1976; negli anni successivi nuovi elementi hanno in parte modificato il modello proposto; tali modifiche, però, non riguardano l’area in esame bensì la zona delle Serre e quella dell’Aspromonte. Schematicamente la parte centrale del area in studio è costituita da un plutone acido ai cui bordi si estendono rocce metamorfiche di vario grado.

Questo complesso acido, nella carta geologica, occupa gran parte dell’area e corrisponde a  rocce intrusive con associazioni mineralogiche più o meno acide, a grana variabile da porfiroide a fine, con presenza o meno di filoni di varia natura. Alla base di quanto detto precedentemente, questo complesso ha una storia geologica molto più articolata dì quanto si può dedurre dall’esame della carta geologica.

I vari tipi di rocce acide che lo compongono fanno parte infatti di unità tettoniche diverse variando, poi, notevolmente o la composizione mineralogica e la struttura della roccia anche nell’ambito della stessa unità.

Le unità che interessano la zona in esame sono l’unità di Longobucco-Longi-Taormina e l’unità del Mon­te Gariglione.

L’unità del Monte Gariglione che sovrasta quella di Longobucco, affiora, schematicamente, a Sud-Ovest di una linea congiungente S. Giovanni in Fiore con l’estremità orientale del lago Ampollino, nonchè lungo i versanti che dall’altopiano scendono verso la valle del Crati.

L’unità di Longobucco-Longi-Taormina affiora a Nord-Est di tale linea.

La superficie di contatto tra l’unità del Monte Gariglione e la sottostante unità di Longobucco è sempre interessata da una fascia di intensa cataclasi che inte­ressa, per uno spessore di decine di metri solo le rocce dell’unità del Monte Gariglione. Nelle rocce dell’unità sottostante si nota, invece, solo una intensa laminazione. A queste due unità sono altresì riconducibili anche le rocce di medio ed alto grado metamorfico che ricorrono parallelamente al corpo intrusivo acido principale nonchè il gruppo filladico cloritico sericitico che interessa le tavolette di Bocchigliero e Campana.

 

Le filladi grigio verdastro affioranti nella valle dell’Arente appartengono, invece, all’unità di Bagni Fondachelli.

L’intensa tettonica che ha interessato la dislo­cazione e la messa a posto delle coltri, il susseguente e rapido sollevamento che ha interessato la zona in esame, nonchè un insieme non favorevole di fattori climatici hanno ridotto spesso le rocce cristalline a ve­ri e propri sabbioni, e sono all’origine del dissesto idrogeologico che interessa la Calabria.

E’, inoltre, importante sottolineare che l’ordine di successione delle rocce cristalline è inverso rispet­to a quello caratteristico; infatti si riscontrano, dal basso verso l’alto gli scisti filladici, gli scisti biotiferi e granatiferi, ed infine il granito; questa inversione della successione normale si colloca bene nella interpretazione del cristallino calabrese come un edificio a falde di ricoprimento.

I terreni sedimentari mesozoici e terziari hanno una estensione molto modesta, nell’area in esame. E’ possibile localizzare i principali affioramen­ti sedimentari in tre zone.

La prima è al margine NE della zona in esame (Pietrapaola, Campana, Fossiata) ed è rappresentata da calcari a vario grado di purezza che giacciono in trasgressione sulle rocce cristalline; gli strati basali sono conglomeratici e contengono ciottoli di rocce cristalline; questa formazione di calcari arenacei e marnosi è attribuita al Giurassico. In questa zona il Cenozoico è rappresentato da terreni del Miocene medio superiore che comprendono un conglomerato di base a cui sovrasta un’arenaria a cemento calcareo ed argille marnose con intercalazioni di arenarie gradate, tipico deposito di tipo fliscioide.

La seconda zona (Caccuri, Savelli) comprende formazioni del Miocene medio-superiore rappresentate da argille, arenarie e conglomerati; in questa zona non esistono rocce mesozoiche ed il conglomerato di base poggia direttamente con discordanza angolare, sul cristal­lino.

L’ultima zona (Cosenza, S. Pietro in Guarano, Aprigliano, Spezzano della Sila) è formata da sedimenti calabriani, cioè sabbie e conglomerati; quest’ultimo è il conglomerato di regressione che chiude il ciclo Pliocenico calabriano.

Il Quaternario, infine, è rappresentato dai sedimenti Pleistocenici che sono presenti sotto forma di vecchi sedimenti lacustri e fluviali, nonchè dai sedimenti olocenici che riempiono le depressioni della topografia attuale.

I sedimenti pleistocenici sono ben rappresentati nella zona del lago di Cecita dove seguono il bordo del lago attuale per una fascia di considerevole estensione

 

Nelle zone di Lago di Cecita e Monte Paleparto ed in misura di gran lunga minore in altre zone, sono dif­fusi materiali fluviali e colluviali risultanti dalla profonda alterazione delle rocce cristalline; questi sedimen­ti, che sono in relazione con superfici di erosione sub-ae­rea del Pleistocene e del pre-Pleistocene, nella compilazione della carta geologica semplificata sono state riferite alla roccia su cui poggiano.

Le rocce della zona in esame sono state raggruppa­te secondo criteri di similitudine litologica e geotecnica

 

(2) P2

(gm, g, g’)

Rocce intrusive acide con composi­zione da diorite quarzifera a gra­nito, a grana variabile da fine a grossolana. Nelle tavolette Camigliatello Silano, Silvana Mansio e lago di Cecita, al contatto con la roccia metamorfica incassante, la roccia è interessata da una tessitura orientata primaria dovuta all’allineamento dei cristalli di biotite; è questo l’unico particolare che distingue questa roccia dal complesso intrusivo principale. Spesso, più o meno in tutta l'area, si rinvengono filoni pegmatitici e, al contatto con le rocce metamorfiche incassanti, graniti migmatici. Le caratteristiche geotecniche di questo gruppo varia­no, a seconda del grado di altera­zione e fratturazione, da roccia fresca molto resistente soprattut­to nelle incisioni vallive, a roc­cia facilmente erodibile. La permeabilità è bassa ed aumenta nelle zone maggiormente fratturate e degradate.

 

(9)P1

(g,fg)

In alcune tavolette, Caccuri, Silvana Mansio, Lago Ampollino, S.Giovanni in Fiore, si trovano discre­te estensioni ai un granito a gra­na fine che è stato considerato in un gruppo a parte dal gruppo P2 in quanto offre una maggiore resistenza all’erosione.

Questo granito riempie spaccature di tensione del complesso acido principale di cui è, quindi, più recente.

 

P3

(sbm, sb, sbg)

Sono rocce gneissiche di tipo kinzingitico e contengono granato o sillimatite, oppure la roccia è un semplice granato biotitico. Al contatto con il complesso aci­do principale si manifestano zone migmatiche. Sono state incluse in questo grup­po anche rocce di minor grado metamorfico rispetto agli gneiss kinzingitici. Queste rocce si differenziano dal gruppo sbg per la generale assenza di granato e sillimanite e per la presenza di feldspato po­tassico e soprattutto di muscovite che può talvolta essere la mica predominante. Le rocce di questo gruppo sono mol­to diffuse nell’area in studio ed abbastanza resistenti alì1erosione se non sono profondamente degradate.

 

P4

( go)

Queste rocce affiorano solo nelle tavolette Fossiata e Campana. Si tratta di gneiss occhiadini molto simili a graniti laminati. La resis­tenza all’erosione varia col grado di alterazione della roccia.

 

P5

 

Le rocce di questo gruppo affiorano nelle tavolette di S. Pietro in Guarano, Aprigliano, Spezzano della Sila e Camigliatello. Si tratta di scisti quarzosi a gra­na estremamente minuta con scistosità fitta e marcata. La composizione petrografica non costante rende questa unità talvolta simile al gruppo degli scisti biotitici granatiferi  talvolta, invece, simile al gruppo delle filladi. Forse l’unità sm raggruppa rocce di origine e costituzione diversa deri­vanti da dinamometamorfismo di rocce originariamente ignee o sedimentarie. La resistenza all’erosione è discreta.

 

P6

( sf )

E’ un gruppo di scisti dinamometamorfasati generalmente cloritici e sericitici, con lenti di quarzo parallele alla scistosità. Derivano da rocce sedimentarie argillitiche siltose o sabbiose. Nell’area in studio le rocce di questo gruppo danno luogo ai più vistosi fe­nomeni di franosità.

 

 

Le rocce sedimentarie hanno, come già rilevato pre­cedentemente, una estensione molto limitata nell'area in esame, relativamente alle formazioni cristalline.

Ci si limiterà, pertanto ad elencare le formazioni affioranti.

 

(9)M1

( Mar-d2-3 ; Md2-3 ; Mar-d2-3 )

Conglomerati a matrice sabbiosa, con­glomerati con intercalazioni arenacea arenarie conglomeratiche.

 

(9)M1

( Mcl-ar2-3 ; Mcl-ar(9)2-3  )

Conglomerati con locali intercelarici arenacee. Queste rocce sono distinte dal gruppo precedente in quanto presentano minore resistenza all’erosione.

 

(9)M2

( Mar2-3 )

Sedimenti clastici varianti da arenane grossolane a siltiti arenacee.

 

(9)M3

( Ma2-3 )

Argille e silts. Queste rocce presentano scarsa resistenza all’erosione e tendono a dar luogo a movimenti franosi

            

(9)PL1

( Ps3  ; Pcl3)

Sabbie e conglomerati del Calabriano. La resistenza all’erosione varia col grado di cementazione.

 

(9)PL4

( Pa3)

Argille Siltose Calabriane scarsamente resistenti.

 

(9)MS1

( GI-s)

Alternanze di conglomerati, sabbie, argille. Molto friabile.

 

(9)MS3

( Gc-ar1  ; Gm-ar1)

Carbonati del Lias a vario grado di purezza.

 

 

(9)  Q

Deforiti fluviali e lacustri del Pleistocene.

 

 


 

 

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