SPETTROSCOPIA

 

 

Margherita Hack

 

Margherita Hack, fiorentina, si è laureata in fisica nel 1945 all’Università di Firenze. Socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, è ordinario di astronomia dell’Università di Trieste, dopo averne diretto il Dipartimento di Astronomia dal 1985 al 1990. Dal 1964 al 1987 ha diretto l’Osservatorio astronomico di Trieste. Attualmente è direttore del centro interuniversitario regionale per l’astrofisica e la cosmologia. Scienziata di fama e prestigio mondiali, ha pubblicato numerosi saggi su riviste internazionali e una quindicina di libri, sia di livello universitario sia divulgativi.

Tra questi merita di essere ricordato “L’universo alle soglie del duemila”.

La sua tesi di laurea si occupava dello studio dello spettro di una cefeide, e da allora il suo campo di ricerca ha riguardato fondamentalmente la spettroscopia stellare.

 

SPETTROSCOPIA

 

In fisica e chimica fisica lo studio degli spettri associati all'emissione o all'assorbimento di radiazione elettromagnetica da parte di nuclei, atomi, molecole. La spettroscopia costituisce un potente strumento di analisi chimica poiché ogni elemento chimico, e in generale ogni sostanza, presenta uno spettro caratteristico che fornisce informazioni dettagliate e precise sulla sua struttura o sulla sua composizione

GLI STRUMENTI

Nel 1859 gli scienziati tedeschi Gustav Robert Kirchhoff e Robert Wilhelm Bunsen identificarono il cesio e il rubidio per mezzo di uno spettroscopio di loro costruzione, che utilizzava un prisma come elemento dispersivo. Lo strumento, tuttora considerato uno dei due tipi fondamentali di spettroscopio, si componeva di un collimatore, realizzato mediante una fenditura e un gruppo di lenti, un prisma per la dispersione e un cannocchiale, costituito da un obiettivo e un oculare. La luce da analizzare, proveniente da una sorgente esterna, attraversa la fenditura e una o più lenti di collimazione e viene quindi indirizzata sul prisma. Per effetto delle due rifrazioni sulle superfici del prisma, il raggio viene separato in tutte le sue componenti e dà luogo a una serie di immagini della fenditura, ciascuna di colore diverso, che vengono messe a fuoco mediante l'oculare. Si deve a Kirchoff e Bunsen aver riconosciuto che ciascun elemento chimico genera uno spettro di colori caratteristici, che potrebbero essere definiti la sua "impronta digitale".

 

Spettrometro ad assorbimento

 

Lo spettrometro è uno strumento che analizza e misura spettri di radiazione. Uno spettrometro ad assorbimento permette di determinare la natura di una sostanza ignota, mediante l’analisi della luce che la attraversa. Scissa da un prisma nei colori fondamentali che la compongono e opportunamente focalizzata da un sistema di lenti e fenditure, la luce che raggiunge lo schermo è composta dalle lunghezze d’onda che non sono state assorbite dalla sostanza.

 

 

 

 

Spettrografo

 

In uno spettrografo, il cannocchiale è sostituito da un dispositivo fotografico che fornisce la fotografia dello spettro. Può essere utilizzato nelle bande del visibile, dell'ultravioletto e dell'infrarosso. Si usano, naturalmente, speciali emulsioni fotografiche: la lunghezza d'onda delle righe spettrali infatti può essere riconosciuta non solo in base al loro colore, ma, come avviene spesso, dalla loro posizione relativa.

Spettrofotometro

Lo spettrofotometro è utilizzato per confrontare l'intensità delle righe di uno spettro con quelle di uno spettro di riferimento, ottenuto da una sorgente di luce nota. Questa misura permette di risalire alla concentrazione della sostanza che emette o assorbe la radiazione elettromagnetica. Lo spettrofotometro è uno strumento utile soprattutto nello studio di spettri non visibili, poichè gli strumenti utilizzati per la misurazione della radiazione possono essere bolometri o cellule fotoelettriche, adatti a quantificare rispettivamente la radiazione infrarossa e quella ultravioletta.

Reticolo di diffrazione

Un altro tipo di spettroscopio d'uso comune, ideato e utilizzato per la prima volta dal fisico tedesco Joseph von Fraunhofer all'inizio dell'Ottocento, è quello che impiega come elemento dispersivo un reticolo di diffrazione. Questo dispositivo, che svolge le medesime funzioni del prisma di vetro, consiste di una superficie metallica o di vetro su cui sono incise numerose fenditure molto ravvicinate. Un buon reticolo ha potere di dispersione molto alto e permette quindi di cogliere meglio numerosi dettagli dello spettro in analisi. Le linee del reticolo possono anche essere incise su uno specchio concavo, di modo da evitare l'uso aggiuntivo di una lente focalizzante. Questo tipo di spettroscopio è particolarmente adatto per lo studio di radiazione nella regione ultravioletta e dei raggi X. Anche il reticolo, come il prisma, può essere inserito in uno spettrografo o in uno spettrofotometro.

ANALISI SPETTRALE

La luce viene emessa o assorbita sotto forma di unità microscopiche o corpuscoli, dette quanti o fotoni. L'energia di un singolo fotone è direttamente proporzionale alla frequenza di radiazione e quindi inversamente proporzionale alla lunghezza d'onda, secondo la formula

 

 

dove h è la costante di Planck e c è la velocità della luce. Il colore, o la lunghezza d'onda, dei quanti di luce emessi o assorbiti da un nucleo, da un atomo o da una molecola dipende dalla loro struttura interna – ed eventualmente dai moti periodici delle particelle costituenti – che definisce l'energia totale (cinetica più potenziale) del sistema. In un atomo, l'assorbimento o l'emissione di luce di una determinata lunghezza d'onda corrisponde alla transizione di un elettrone da un'orbita a un'altra: lo spettro di un atomo è sempre a righe, e cade nell'intervallo di frequenze dall'infrarosso al visibile. Per una molecola, l'assorbimento o l'emissione di radiazione è associata a variazioni dei moti rotazionali o vibrazionali dei nuclei e al moto periodico degli elettroni intorno a essi: ogni volta che il modo di vibrazione di una molecola cambia, anche gli elettroni si riassestano, causando emissione o assorbimento di luce di uno specifico colore. Gli spettri molecolari si presentano come una banda diffusa che, ad una osservazione con uno strumento di migliore risoluzione, si può separare in righe distinte, di frequenza che varia dall'infrarosso all'ultravioletto. L'emissione di radiazione di frequenza superiore, nella regione dei raggi X, è dovuta a salti quantici tra stati energetici di nuclei eccitati; essa è divisa in componenti dette di multipolo elettrico o magnetico, e corrisponde generalmente a transizioni tra stati a diverso momento angolare.

Dall'analisi della luce emessa o assorbita da un nucleo, un atomo o una molecola, si possono trarre numerose informazioni circa la loro struttura e i loro moti periodici caratteristici di rotazione o vibrazione.

Spettro continuo

Solidi incandescenti, liquidi o gas molto densi emettono uno spettro continuo, in cui non sono distinguibili le righe relative a ciascuna lunghezza d'onda: lo spettro infatti contiene tutte le frequenze visibili, e l'immagine che ne risulta è simile all'arcobaleno. Uno spettro continuo può essere analizzato solo con uno spettrofotometro. Nel caso che il corpo sia un emettitore ideale, ossia un corpo nero, la distribuzione dell'intensità nelle varie lunghezze d'onda dipende solo dalla temperatura. Due delle leggi relative alla distribuzione dell'energia in uno spettro continuo furono definite negli anni intorno al 1893 dal fisico tedesco Wilhelm Wien, che perfezionò le conclusioni ottenute precedentemente dai fisici austriaci Ludwig Boltzmann e Josef Stefan. La legge di Stefan-Boltzmann afferma che l'energia totale irradiata nell'unità di tempo da un corpo nero è proporzionale alla quarta potenza della temperatura assoluta: la legge di Wien stabilisce inoltre che, quando aumenta la temperatura, la lunghezza d'onda alla quale corrisponde l'intensità massima di radiazione emessa si sposta verso valori inferiori, in misura proporzionale alla variazione di temperatura.

Nel 1900 il fisico tedesco Max Planck scoprì la terza e più importante legge sulla distribuzione dell'energia nello spettro di un corpo nero. Mentre era alla ricerca di una legge che interpolasse i grafici sperimentali, Planck ebbe l'idea che le proprietà termodinamiche della radiazione termica emessa dalla materia dovessero essere indipendenti dal meccanismo di emissione e dalla natura degli atomi emettitori: ipotizzò che l'interazione tra radiazione e materia avvenisse per scambio di quantità discrete di energia, in seguito chiamate quanti. Questo risultato ebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo della meccanica quantistica.

Righe spettrali

Lo spettro emesso dai vapori caldi di una sostanza può essere costituito da un singolo colore, come accade per il giallo nelle lampade a vapore di sodio, il rosso nelle lampade al neon, il blu-verde nelle lampade a vapori di mercurio. In questi casi lo spettro consiste di varie righe, ciascuna relativa a una specifica lunghezza d'onda, separate una dall'altra da regioni di completa oscurità. Lo spettro caratteristico dei vapori di sodio contiene il cosiddetto doppietto: due righe di lunghezza d'onda molto simile, 589,0 e 589,6 nm, dette rispettivamente D2 e D1, non distinguibili dall'occhio umano, ma osservabili con uno spettroscopio ad alta risoluzione. In questi casi solo uno spettrografo ad alta risoluzione riesce a distinguere le righe, strettissime ed estese a una percentuale molto ridotta dello spettro, che per il resto appare completamente buio. La maggior parte dell'intensità dello spettro dei vapori di sodio è concentrata nel doppietto: tuttavia ad alte temperature, quali quelle indotte da un arco elettrico o da una scintilla elettrica, nello spettro compaiono numerose altre righe più deboli, determinate da stati atomici eccitati, ovvero corrispondenti a transizioni elettroniche fra orbitali più periferici rispetto al nucleo.

Il primo spettro a essere studiato fu quello dell'atomo di idrogeno, che essendo prodotto dall'elemento dotato di struttura più semplice – un elettrone e un protone – è lo spettro più semplice da comprendere e descrivere. Alla fine dell'Ottocento, il matematico e fisico svizzero Johann Jakob Balmer osservò quattro righe nella regione visibile dello spettro dell'atomo di idrogeno. Egli mostrò che tali righe si possono ordinare in una serie, oggi nota come serie di Balmer, di cui diede la formula empirica

 

in cui N poteva assumere i valori 3, 4, 5 o 6. Poco tempo dopo, l'astronomo britannico William Huggins scoprì un altro gruppo di righe spettrali dell'idrogeno, appartenenti alla regione dell'ultravioletto, che soddisfacevano la formula di Balmer, quando si assegnavano a N valori maggiori. Sarà Niels Bohr a ricavare una formula per la descrizione dello spettro dell'idrogeno valida per tutte le serie di righe dello spettro, nella quale l'espressione di Balmer rientrerà come caso particolare.

 

 

Niels Bohr

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Il LAVORO DI NIELS BOHR

Intorno al 1913 il fisico danese Niels Bohr propose una nuova formulazione della teoria dell'emissione di radiazione da parte degli elettroni in moto orbitale all'interno dell'atomo. Egli introdusse un modello empirico dell'atomo che associava il modello classico di Rutherford e la teoria quantistica di Planck; in base a tale modello derivò una formula generale per l'emissione della radiazione da parte dell'atomo di idrogeno,

Righe spettrali dell'idrogeno

Quando un elettrone compie una transizione da un livello energetico a un altro, l’atomo emette fotoni di una particolare energia, osservabili sotto forma di riga di emissione mediante uno spettroscopio. Nell’atomo di idrogeno, la serie di Lyman raggruppa le transizioni allo stato fondamentale, la serie di Balmer, nella regione del visibile dello spettro, comprende le righe relative alle transizioni al secondo livello energetico e quella di Paschen, nell’infrarosso, quelle al terzo livello.

 

 

la quale non solo descriveva le righe della serie di Balmer, ma prevedeva correttamente l'esistenza di altre serie di righe nella regione infrarossa e ultravioletta dello spettro, verificate sperimentalmente solo dopo vari anni. La formula di Bohr portava alla definizione di una lunghezza particolare espressa dalla relazione

 

 

che rappresenta il cosiddetto raggio dell'atomo di idrogeno, o raggio della prima orbita di Bohr (il suo valore è pari a 0,5×10-8 m). Assunto il concetto di quantizzazione dell'azione, Bohr ne dedusse che fossero possibili solo orbite corrispondenti a determinati valori del raggio (quantizzazione del raggio dell'orbita), definiti dalla relazione

 

 

dove n è il numero d'ordine dell'orbita. Pertanto, a un elettrone occupante l'n-esima orbita, è attribuita un'energia pari a

 

 

In base a ciò, quando l'elettrone passa dall'orbita n all'orbita k, la variazione di energia è pari a

 

 

o

 

 

che corrisponde all'emissione o all'assorbimento di un fotone, a seconda che k sia minore o maggiore di n.

La lunghezza d'onda ë del fotone emesso quando l'elettrone passa dall'orbita n alla k si ottiene uguagliando la formula di Bohr all'energia del fotone hc/ë, secondo l'equazione

 

 

La quantità

 

 

è detta costante di Rydberg (R), dal nome del fisico svedese Robert Johannes Rydberg. Se si pone k uguale a 2, questa formula si riduce a quella di Balmer, le cui righe, corrispondenti alle transizioni che hanno come stato finale la seconda orbita di Bohr, sono date dai diversi valori di n.

Con k uguale a 1 e n variabile (transizioni dell'elettrone sull'orbita più bassa), si ottiene la cosiddetta serie di Lyman, le cui righe sono nell'ultravioletto. Per i valori di k uguali a 3, 4, 5 si hanno poi, rispettivamente, le serie Paschen, Brackett e Pfund, che raggruppano righe spettrali dell'infrarosso.

A causa di fattori non contemplati nella teoria, quali lo spin dell'elettrone o l'effetto Doppler, la formula di Bohr non rende conto della struttura fine di ogni riga.

 

Esempi di emissione e assorbimento di fotoni

 

Quando la luce passa attraverso un gas di idrogeno i cui elettroni si trovano nel primo stato eccitato, e cioè nella seconda orbita di Bohr, come ad esempio nelle atmosfere stellari, i fotoni di lunghezza d'onda corrispondente alle righe della serie di Balmer vengono assorbiti da questi elettroni, che quindi passano a stati di eccitazione più alti. L'analisi spettrale della luce bianca che emerge dal gas mostra righe scure nell'esatta posizione di quelle della serie di Balmer, su un fondo luminoso. Si tratta di uno spettro di assorbimento.

I due fenomeni della fluorescenza e della fosforescenza consistono entrambi nell'assorbimento di radiazione da parte di elettroni dello stato fondamentale e nella conseguente riemissione di questa radiazione a una lunghezza d'onda maggiore di quella iniziale. Nel fenomeno della fluorescenza, assorbimento ed emissione di radiazione si susseguono rapidamente, e dunque il fenomeno si verifica finchè viene mantenuta la radiazione illuminante. Nella fosforescenza, invece, l'emissione si verifica più lentamente, pertanto il fenomeno continua anche dopo l'interruzione dell'illuminazione.

Spettri caratteristici

 

 

Ciascun elemento chimico è univocamente identificato dal proprio spettro caratteristico, che ne rappresenta fedelmente la struttura atomica. Uno spettro di emissione (in figura) si presenta come una serie di righe luminose su fondo scuro, ciascuna corrispondente a una specifica lunghezza d’onda: esso si ottiene quando gli atomi o le molecole della sostanza in esame emettono radiazione, in seguito a una transizione elettronica tra stati di diversa energia.

 

 

 

Atomi a più elettroni

Lo spettro del sodio è più complesso di quello dell'idrogeno. L'atomo di sodio è composto da 11 elettroni, di cui 2 orbitano in una nube elettronica più interna, 8 nella zona intermedia, mentre l'ultimo elettrone si trova in una regione esterna. Sottoponendo il sodio a una scarica elettrica, si ottiene uno spettro formato da gran parte degli elettroni atomici; se invece l'eccitazione avviene per mezzo di un arco elettrico o di una fiamma, il responsabile dell'emissione delle righe spettrali è principalmente l'elettrone più esterno. Il suo comportamento è piuttosto simile a quello dell'unico elettrone dell'idrogeno, ma è comunque influenzato dalla presenza degli altri 10 elettroni: questi provocano la possibilità di orbite di eccentricità diversa, e di valori diversi del momento magnetico e angolare orbitale. Ne risultano non solo diverse serie di righe, ma anche i cosiddetti doppietti e tripletti, ovvero gruppi di due o tre righe molto ravvicinate, che hanno solo una piccolissima differenza di lunghezza d'onda. Le serie di righe più importanti dello spettro del sodio sono dette sharp, principal, diffuse – o anche rispettivamente S, P, D –; le successive sono riferite con le lettere dell'alfabeto F, G e H.

 

SPETTRI MOLECOLARI

 

La maggior parte delle informazioni che i fisici hanno raccolto sulla struttura dell'atomo proviene da analisi spettroscopiche. Allo stesso modo, gli spettri molecolari sono stati essenziali ai chimici per elaborare la struttura di diverse sostanze. Gran parte delle molecole produce spettri a bande, che consistono in una serie di bande luminose estremamente ravvicinate, ciascuna simile a un segmento di spettro continuo, separate da spazi scuri. In ciascuna banda, le spaziature tra le righe dipendono dal tipo di spettro. Se si tratta di uno spettro rotazionale, le righe sono molto vicine, poichè i livelli energetici rotazionali possono venire eccitati da quantità di energia molto piccola e sono dunque molto vicini uno all'altro; viceversa ai livelli vibrazionali, molto più distanziati, corrispondono righe spettrali rade. Anche i livelli energetici elettronici di una molecola possono venire eccitati: le transizioni di elettroni fra tali livelli danno origine a righe spettrali molto distanti.

Facendo passare uno spettro di radiazione continua attraverso un liquido o un gas molecolare è possibile ottenere uno spettro molecolare di assorbimento; esso appare come una serie di bande scure su uno sfondo luminoso, ed è uno dei meccanismi più utilizzati per lo studio delle strutture molecolari. In alcuni casi però non è possibile risolvere le fitte righe delle bande spettrali neppure con strumenti ad altissima risoluzione.

 

APPLICAZIONI DELLA SPETTROSCOPIA

 

L'analisi spettrale svolge un ruolo fondamentale in chimica e in astrofisica.

 

Analisi chimica

Ogni elemento è univocamente riconoscibile dal proprio spettro caratteristico. Questo significa che dall'analisi qualitativa dello spettro di una sostanza sconosciuta, eccitata con una fiamma, con un arco o una scarica elettrica, è possibile risalire alla sua composizione. Per identificare composti chimici si usano solitamente spettri di assorbimento.

Con l'uso di appositi rivelatori è possibile osservare spettri di radiazioni non visibili, X o gamma. Gli spettri gamma stanno alla base della tecnica di analisi per attivazione neutronica, in cui si analizza l'emissione di un campione bombardato con neutroni. L'analisi dello spettro gamma di una sostanza permette di rivelare quantità anche microscopiche degli elementi chimici presenti nel campione. Insieme ad altre tecniche convenzionali di analisi spettroscopica, questa tecnica trova larga applicazione nelle indagini criminologiche.

La spettroscopia Raman, inventata nel 1928 dal fisico indiano Chandrasekhara Venkata Raman, ha trovato una recente applicazione in tutto il mondo nel campo della chimica teorica. Questo metodo  permette, in una molecola, di rallentare il moto di un determinato gruppo di atomi, e di precisarne la configurazione. La molecola perciò assorbe radiazione di una determinata frequenza, e la emette ad una frequenza più bassa, dopo che parte dell'energia si è tradotta nell'eccitazione dei suoi moti vibrazionali. La luce dello spettro Raman può essere visibile o ultravioletta.

Sempre nel campo dell'analisi della struttura molecolare, si collocano due metodi di spettroscopia magnetica: la risonanza magnetica nucleare (NMR) e la risonanza paramagnetica elettronica, o di spin elettronico (EPR o ESR). Questi metodi si basano sulla proprietà degli spin degli elettroni e dei protoni di allinearsi in presenza di un campo magnetico oscillante. Innanzitutto gli spin di una sostanza campione vengono allineati, utilizzando un campo magnetico; poi, quando al campione viene applicato un segnale a radiofrequenza, gli spin si riassestano, generando emissione di radiazione.

 

Astrofisica

 

Le radiazioni emesse dal Sole vengono raccolte da uno spettrometro e registrate fotograficamente mediante uno spettrografo. Alcune frequenze vengono assorbite dagli elementi presenti nell’atmosfera solare, pertanto si osservano nello spettro delle bande nere, dette bande di assorbimento. Lo studio di queste bande permette di risalire alla natura degli elementi che costituiscono il Sole.

Spettro delle radiazioni solari

Le radiazioni emesse dal Sole vengono raccolte da uno spettrometro e registrate fotograficamente mediante uno spettrografo. Alcune frequenze vengono assorbite dagli elementi presenti nell’atmosfera solare, pertanto si osservano nello spettro delle bande nere, dette bande di assorbimento. Lo studio di queste bande permette di risalire alla natura degli elementi che costituiscono il Sole.

 

A (infrarosso)      Ossigeno terrestre

B (rosso)              Ossigeno terrestre

C (rosso)                Idrogeno solare

D (giallo)              Sodio solare

E (verde)               Ferro solare

F (blu)                   Idrogeno solare

G (viola)                Ferro ed elementi alcalino terrosi solari

H (ultravioletto)     Calcio solare

 

L'analisi spettroscopica della luce del Sole permette un'accurata analisi chimica dei suoi costituenti.

Le righe di Fraunhofer furono scoperte all'inizio del XIX secolo come righe di assorbimento nello spettro solare; si scoprì in seguito che esse potevano essere prodotte anche dall'assorbimento da parte di elementi presenti nell'atmosfera terrestre. L'elio fu scoperto nel Sole molto tempo prima che venisse rilevata la sua presenza sulla Terra. Allo stesso modo, lo studio spettroscopico delle stelle ha fornito e continua a fornire preziosissime informazioni scientifiche, impossibili da ottenere nei laboratori terrestri a causa delle particolari condizioni di pressione e temperatura richieste.

L'analisi spettrale si è rivelata fondamentale nell'analisi dell'atmosfera dei pianeti e dei satelliti, e nello studio degli oggetti del sistema solare; ad esempio, per via spettroscopica si è scoperto che il maggior costituente degli anelli di Saturno è ammoniaca allo stato di ghiaccio.

Spostamento delle righe spettrali: l'effetto Doppler

Quando la sorgente che emette la radiazione che si sta osservando è in movimento rispetto all'osservatore, le righe dello spettro compaiono spostate rispetto alla loro normale posizione; in particolare esse appaiono spostate verso il rosso, cioè caratterizzate da lunghezze d'onda maggiori, se la sorgente si sta allontanando, spostate verso il violetto nel caso contrario. Questo spostamento di lunghezza d'onda, noto come effetto Doppler, permette di determinare la velocità della sorgente di radiazione. L'effetto Doppler osservato negli spettri delle galassie è la prova che l'universo si sta espandendo.

Quando lo spettro di una stella si separa periodicamente in doppietti che poi si ricombinano in righe singole significa che si tratta di una stella doppia, o binaria: le due stelle ruotano l'una intorno all'altra in modo così ravvicinato da non poter essere distinte con un telescopio. Quando una delle due si muove verso la Terra, e l'altra quindi se ne allontana, le righe spettrali della prima appaiono spostate verso il violetto, mentre quelle della seconda si dirigono verso il rosso, e quindi si riesce a distinguerle; quando entrambe le stelle si muovono trasversalmente alla direzione d'osservazione dalla Terra, le righe delle due stelle coincidono, e sembrano provenire da una stella singola.

Le molecole di un gas sono in moto costante, a una velocità che dipende dalla temperatura: in ogni istante dunque alcune molecole si allontanano e altre si avvicinano allo spettroscopio. La lunghezza d'onda dei fotoni emessi sarà quindi in alcuni casi più lunga, in altri più corta di quella dei fotoni che verrebbero emessi dagli stessi atomi a riposo. A causa di questa variabilità della lunghezza d'onda, ogni riga spettrale appare leggermente allargata. Aumentando la temperatura del gas aumenta la velocità media delle molecole e, conseguentemente, la larghezza delle righe. Così, misurando la larghezza di alcune righe spettrali si può risalire alla temperatura della sorgente, come nel caso del Sole. In molti casi, la temperatura interna di un corpo celeste è maggiore di quella dei suoi strati più esterni; uno spettro d'emissione di righe larghe proviene quindi dalla regione più interna, mentre uno spettro d'assorbimento con righe più strette è prodotto dall'esterno.

 

Effetto Mössbauer

 

 Collegato all'effetto Doppler è l'effetto Mössbauer, scoperto nel 1958 dal fisico tedesco Rudolf Ludwig Mössbauer. Esso consiste nell'emissione senza rinculo di raggi gamma da parte di un nucleo, e nel conseguente assorbimento di questi da parte di un altro nucleo. Perché avvenga l'assorbimento, lo spettro di energia dei raggi gamma del nucleo emettitore deve quasi coincidere con lo spettro delle possibili energie di eccitazione dell'assorbitore. La più piccola variazione nel moto relativo dell'assorbitore rispetto all'emettitore fa sì che l'energia apparente dei raggi gamma "visti" dall'assorbitore cambi. Muovendo l'assorbitore o la sorgente, si possono classificare le energie dei raggi gamma con grande precisione, traendo informazioni utili nello studio dei campi elettrici e magnetici intorno ai nuclei di un solido. L'effetto Mössbauer può inoltre fornire un quadro accurato dei moti relativi ed è perciò sfruttato nell'attracco dei veicoli spaziali.

Fisica nucleare

La spettroscopia ad alta risoluzione è utile in fisica nucleare per lo studio dell'influenza delle dimensioni e della forma del nucleo sulla struttura atomica più esterna. Nel 1896 il fisico olandese Pieter Zeeman scoprì che le righe spettrali di una sorgente posta in un campo magnetico appaiono allargate, o anche separate in doppietti. Questo fenomeno, noto come effetto Zeeman, fornisce importanti informazioni sulla struttura atomica. Il cosiddetto effetto Stark, invece, consiste nella separazione delle righe spettrali nelle loro diverse componenti, mediante l'applicazione di un forte campo magnetico. La scoperta risale al 1913.

 

 

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