LE PARI OPPORTUNITA'

quando non è giusto ciò che sembra giusto

 

Leggo, dal quotidiano Europa, che nelle "Lettere a una professoressa" del 1967, don Milani scrisse che non c'è maggiore ingiustizia che distribuire pari opportunità a chi ha ed a chi non ha.

Nel 1971 un insigne filosofo nordamericano, tale John Rawls, nel suo libro "Una teoria della giustizia" ripropone il tema scrivendo che "tutti i beni sociali principali - libertà e opportunità, reddito e ricchezza e le basi per il rispetto di sè - devono essere distribuite in modo eguale, a meno che una distribuzione diseguale non vada a beneficio dei meno svantaggiati". E qui credo proprio che sia un refuso di stampa, perchè tutta la logica del discorso lascia intendere... dei meno avvantaggiati.

Ma questo non ha importanza ai fini del ragionamento che si potrebbe intraprendere.

L'articolo aggiunge che nel 1992 il premio Nobel dell'economia Amartya Sen, con il suo libro "Inequality reexamined, riprende il tema delle diseguaglianze.

Ora, checchè ne dicano saggi professori, eminenti economisti o impegnati eccleciastici, il problema è più attuale che mai: l'obiettivo di ridurre della metà la fame nel mondo per il 2015 è certo che non verrà raggiunto, nemmeno lontanamente.

Ma i disagiati sono tutti così lontano (Africa, Asia, Sud-America)?

Mi pare che il ragionamento debba partire da molto vicino, magari dalla legge finanziaria che ogni governo ogni anno vara per il proprio opulento stato, dove non tutti sono opulenti, anzi molti soffrono la fame. Si può partire da qui per eliminare la fame nel mondo: ogni anno diminuendo il numero dei propri disagiati?

Questa però è solo una prospettiva, magari molti non concordano con le parole di don Milani. Magari ritengono che chi più si impegna più deve avere, non proporzionalmente, ma esponenzialmente, se possibile e ci riesce.

Sarebbe un dibattito interessante da affrontare in qualche salotto televisivo (magari tra il solito dolcetto e lo spumante)!