Alfa e Beta
La crisi repubblicana italiana e la
successiva drammatica transizione tra “prima” e “seconda Repubblica” è avvenuta
seguendo una tragica spirale di stragi e bombe-messaggio, una criptica
dialettica al tritolo tra ristretti gruppi d’interesse di cui conosciamo
solamente gli esecutori materiali. Strategie sanguinarie elaborate per stabilire
inconfessabili contatti e trattative tra lo Stato e Cosa Nostra. La crisi
comincia nel 1992: un pool di magistrati della procura di Milano sta mettendo in
luce l’enorme corruzione italiana, la situazione economica si fa sempre più
nera; mentre continua ad aumentare in maniera esponenziale il debito pubblico,
il sistema partitico sta implodendo a colpi di inchieste e avvisi di garanzia.
Le elezioni del 5 e 6 aprile 1992 hanno punito i partiti storici e reso palese
il malessere crescente della società civile nei confronti delle forze politiche
tradizionali e dei leader nazional-popolari. In questo contesto altamente
destabilizzato, Cosa Nostra decide di varare una nuova strategia: diventati
ormai definitivi gli ergastoli del maxiprocesso di Palermo (30 gennaio 1992), i
boss decretano la condanna sia per i vecchi referenti politici che non hanno
mantenuto i patti (la DC di Giulio Andreotti e Salvo Lima), sia per i giudici e
i magistrati che hanno condotto le indagini e le inchieste del maxiprocesso.
Contemporaneamente i boss decidono di cercare nuove alleanze. La mafia rivendica
violentemente il proprio ruolo e sceglie l’opzione militare. Viene dichiarata
guerra allo Stato, che intanto è scosso e svuotato di credibilità dalla crisi di
Tangentopoli e resta senza governo (Andreotti si dimette il 24 aprile 1992) e
senza presidente della Repubblica (Francesco Cossiga, sotto minaccia
d’impeachment per il caso Gladio, si dimette il 25 aprile). Cosa Nostra inizia
il suo attacco frontale alle istituzioni, e forse non è l’unica entità a mirare
alla destabilizzazione del paese. In quello stesso periodo Elio Ciolini, un
detenuto già condannato per depistaggio, invia al giudice bolognese Leonardo
Grassi delle informazioni relative ad un piano destabilizzante che si stava
preparando in Italia e che prefigurava gravi attentati a personaggi delle
istituzioni nel periodo di marzo-luglio 1992. Il 12 marzo 1992 viene trucidato
per le vie di Palermo il luogotenente andreottiano in Sicilia Salvo Lima e, nel
settembre successivo, Ignazio Salvo, altro uomo vicino allo statista
democristiano. Ciolini successivamente affermò di aver appreso di questa
strategia durante una misteriosa riunione che avvenne a Zagabria nel settembre
del 1991 “nel quadro di un riordinamento politico della destra europea e in
Italia... inteso ad un nuovo ‘ordine generale’ con i relativi vantaggi
economico-finanziari (già in corso) dei responsabili di questo nuovo ordine
deviato massonico politico culturale, attualmente basato sulla
commercializzazione degli stupefacenti...”. Ciolini indicò poi la matrice che
definì “masso-politico-mafia”. |