Alfa e Beta
Cosa c'entrano Berlusconi e Dell'Utri
con la stagione delle bombe 1992-93?
 

un libro di Simone Falanca


I
l primo capitolo


1. -  La crisi

La crisi repubblicana italiana e la successiva drammatica transizione tra “prima” e “seconda Repubblica” è avvenuta seguendo una tragica spirale di stragi e bombe-messaggio, una criptica dialettica al tritolo tra ristretti gruppi d’interesse di cui conosciamo solamente gli esecutori materiali. Strategie sanguinarie elaborate per stabilire inconfessabili contatti e trattative tra lo Stato e Cosa Nostra. La crisi comincia nel 1992: un pool di magistrati della procura di Milano sta mettendo in luce l’enorme corruzione italiana, la situazione economica si fa sempre più nera; mentre continua ad aumentare in maniera esponenziale il debito pubblico, il sistema partitico sta implodendo a colpi di inchieste e avvisi di garanzia. Le elezioni del 5 e 6 aprile 1992 hanno punito i partiti storici e reso palese il malessere crescente della società civile nei confronti delle forze politiche tradizionali e dei leader nazional-popolari. In questo contesto altamente destabilizzato, Cosa Nostra decide di varare una nuova strategia: diventati ormai definitivi gli ergastoli del maxiprocesso di Palermo (30 gennaio 1992), i boss decretano la condanna sia per i vecchi referenti politici che non hanno mantenuto i patti (la DC di Giulio Andreotti e Salvo Lima), sia per i giudici e i magistrati che hanno condotto le indagini e le inchieste del maxiprocesso. Contemporaneamente i boss decidono di cercare nuove alleanze. La mafia rivendica violentemente il proprio ruolo e sceglie l’opzione militare. Viene dichiarata guerra allo Stato, che intanto è scosso e svuotato di credibilità dalla crisi di Tangentopoli e resta senza governo (Andreotti si dimette il 24 aprile 1992) e senza presidente della Repubblica (Francesco Cossiga, sotto minaccia d’impeachment per il caso Gladio, si dimette il 25 aprile). Cosa Nostra inizia il suo attacco frontale alle istituzioni, e forse non è l’unica entità a mirare alla destabilizzazione del paese. In quello stesso periodo Elio Ciolini, un detenuto già condannato per depistaggio, invia al giudice bolognese Leonardo Grassi delle informazioni relative ad un piano destabilizzante che si stava preparando in Italia e che prefigurava gravi attentati a personaggi delle istituzioni nel periodo di marzo-luglio 1992. Il 12 marzo 1992 viene trucidato per le vie di Palermo il luogotenente andreottiano in Sicilia Salvo Lima e, nel settembre successivo, Ignazio Salvo, altro uomo vicino allo statista democristiano. Ciolini successivamente affermò di aver appreso di questa strategia durante una misteriosa riunione che avvenne a Zagabria nel settembre del 1991 “nel quadro di un riordinamento politico della destra europea e in Italia... inteso ad un nuovo ‘ordine generale’ con i relativi vantaggi economico-finanziari (già in corso) dei responsabili di questo nuovo ordine deviato massonico politico culturale, attualmente basato sulla commercializzazione degli stupefacenti...”. Ciolini indicò poi la matrice che definì “masso-politico-mafia”.
Verranno poi uccisi i protagonisti dell’Antimafia, gli artefici degli ergastoli del maxiprocesso. Il primo a essere ucciso è Giovanni Falcone, al rientro nella sua Sicilia da Roma, dove era stato chiamato dal ministero della Giustizia. Poche ore prima della strage di Capaci, il 21 e il 22 maggio, arrivarono dei misteriosi servizi dalla piccola e quasi sconosciuta Agenzia Repubblica. Si ipotizzava che per far cadere la candidatura alla presidenza della Repubblica di Andreotti e far passare Spadolini o Scalfaro al Quirinale poteva essere realizzato “un bel botto esterno, come ai tempi di Moro”. Il 19 luglio è la volta di Paolo Borsellino: una strage “strana”, controproducente per Cosa Nostra, incomprensibile senza l’intervento di qualcuno, esterno all’organizzazione, che abbia spinto, fatto precipitare i tempi, garantito una protezione. Infine, nel 1993, inizia la seconda fase delle stragi; Firenze, Roma, Milano, che hanno per obiettivo il patrimonio artisitico nazionale e sono subito rivendicate dalla Falange armata, misteriosa sigla che rimanda a settori dei servizi segreti e della massoneria (verrà aperta un’inchiesta sui presunti telefonisti della Falange armata che porterà a 16 uomini del Sismi, nonostante alcuni collaboratori di giustizia in seguito attribuiranno a Cosa Nostra la paternità della sigla e delle rivendicazioni).


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