Bologna la rotta
La politica sotto le due torri
nel regno di Re Giorgio
 

un libro di Benedetto Zacchiroli


Introduzione
 

Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone.
Italo Calvino
 

Non è un errore di stampa. Bologna è dotta e rossa. Rotta è la crasi tra i due termini!
Ora Bologna è proprio “la rotta”. Si è rotta per tanti motivi. Tante persone in questi anni hanno cercato di dire come sta cambiando il volto di questa città ma in pochi hanno capito che purtroppo è stato rotto un legame con una storia che aveva fatto di questa città un laboratorio, un luogo dove poesia e musica, colori, politica, arte culinaria erano un tutt’uno.
La città di Dozza e Dossetti, la città che in pieno comunismo consegna le sue chiavi al Vescovo, la città medaglia d’oro per la Resistenza, la città dove nasce l’esperienza dell’Ulivo, la città dove sembra essere successo tutto, negli ultimi quattro anni si è come rinchiusa dentro le sue mura, sembra aver dichiarato all’Italia, all’Europa e al mondo che non ha più voglia di essere un modello.
A uno della mia generazione viene però da osservare che nel corso della storia si sono prodotti anche gli anticorpi giusti, che i nostri padri hanno plasmato una città reattiva che negli anni è stata pronta ad affrontare tutto, anche l’inferno del terrorismo. Figurarsi se non reagiva ai tentativi di stravolgerne e mistificarne caratteri e ruoli da parte di una giunta sedicente a 360 gradi, ma ben guidata da interessi di parte. E di che parte!
Oggi è il 22 luglio 2003. Apro il giornale e mi trovo, nella cronaca di Cristiano Zecchi, giornalista de “Il domani di Bologna”, il racconto dell’ennesimo atto compiuto da gente che da quattro anni a questa parte in ogni atto amministrativo e in ogni parola pubblica tende a tranciare i fili che legano la città alla sua storia.
Siamo a 10 giorni dall’annuale commemorazione della strage alla stazione di Bologna del 1980 e ieri sera (21 luglio 2003) “La memoria, il passato che riaffiora ad ogni attacco della destra sulla vicenda del 2 agosto, hanno fatto del consiglio comunale di ieri una bagarre. A tener banco sono due temi: la proposta del ministro Castelli di graziare i due neofascisti condannati per la strage alla stazione, Mambro e Fioravanti, e il manifesto dell’Associazione dei familiari delle vittime nel quale, quest’anno, si fa esplicito riferimento a manovre di stampo piduistico per non far emergere le verità ancora nascoste dal segreto di stato. Per prima, nella sala di Palazzo d’Accursio, è An che affonda fendenti, prima per bocca di Massimiliano Mazzanti e successivamente con le dichiarazioni dell’assessore e deputato Enzo Raisi. A mettere la parola fine alla discussione, dopo due sospensioni del consiglio, ci ha pensato l’assessore all’urbanistica Carlo Monaco, che ha espresso sostegno ai familiari delle vittime della strage alla stazione.
Tutto comincia con l’attacco di Mazzanti sulla vicenda della grazia ad Adriano Sofri e del “baratto” proposto dal Guardasigilli. La discussione si sposta poco dopo sul manifesto che l’associazione delle vittime del 2 agosto, presieduta da Paolo Bolognesi, ha realizzato, giudicato da Mazzanti “vergognoso”. “Bene ha fatto – insiste – il ministro Giovanardi a restituirlo in quanto irricevibile”. Il consigliere di An prende al volo l’occasione per ribadire il “no” del suo partito alla grazia per Sofri: “Siamo fortemente contrari a questa ipotesi, alla grazia e all’indulto, lo dico anche a Paolo Bolognesi, estensore di quel vergognoso manifesto”.
Davide Ferrari, capogruppo dei Ds a Palazzo D’Accursio, ha interrotto Mazzanti ricordando che una copia del manifesto, esposta nei corridoi dove hanno sede i gruppi consiliari del Comune, è stata strappata. “Non so chi sia stato – replica Mazzanti – ma se ci fossi passato davanti quel manifesto l’avrei strappato io”. Parole di troppo e la presidenza del consiglio è stata costretta ad interrompere la seduta per cinque minuti. Alla ripresa della discussione Ferrari sottolinea la gravità del gesto di chi ha strappato il manifesto: “È qualcosa che non si era mai visto dall’´80 ad oggi, al sindaco chiediamo solidarietà all’associazione dei familiari anche alla luce di quest’ultimo fatto”. Monaco ha immediatamente messo le mani avanti: “Deploriamo qualsiasi tentativo di distorcere per fini politici una ricorrenza di dolore e di lutto, da qualsiasi parte provenga. Ai familiari delle vittime è sempre andata, e va tuttora, tutta la solidarietà del sindaco e dell’amministrazione comunale per il dolore impagabile che hanno sopportato e che sopportano”. L’assessore ha poi sottolineato come “lo Stato ha il dovere di affermare il principio della certezza della pena come parte integrante della democrazia. Per quanto riguarda Mambro e Fioravanti rileggo ciò che il sindaco ha già detto nel passato: ‘Ci sarebbe da capire l’automatismo con cui vengono applicate norme per sconti di pena o condizioni di semilibertà per chi si è macchiato di crimini terribili, creando situazioni che legittimano frustrazione e sfiducia, specie in chi è stato colpito dai crimini’”.
In questo senso la giunta conferma la sua “solidarietà ai familiari – conclude Monaco – e invita i cittadini bolognesi a partecipare alla manifestazione del prossimo 2 agosto con uno spirito di ricerca di verità e giustizia”. Visti gli attacchi a Bolognesi, Ferrari ha chiesto precisazioni per le parole di Monaco: “Solidarietà ai familiari è un conto, ma vorrei sapere se viene considerata anche l’associazione”. A questo punto Niccolò Rocco di Torrepadula, indipendente di destra, si alza in piedi e s’impunta sul regolamento dicendo che non può essere ridata parola all’assessore. Consiglio nuovamente sospeso e immediata riunione dei capigruppi. Alla fine prevale il buon senso, Monaco spiega che “dire familiari o associazione per lui è la stessa cosa” e Ferrari, ringraziando l’assessore, si dichiara soddisfatto delle risposte.
Dalle parole concilianti dell’assessore Monaco si arriva però a quelle di fuoco dell’assessore Raisi: “In questa storia del 2 agosto, io capisco solo che Paolo Bolognesi cerca solo di fare polemiche per poter scendere dal palco”. Il palco di cui parla Raisi è quello che anche il prossimo 2 agosto ospiterà in piazza Medaglie d’Oro la cerimonia di commemorazione della strage alla stazione di Bologna dell’agosto 1980. Bolognesi, presidente dell’associazione familiari delle vittime, ha minacciato di lasciarlo se il ministro dell’interno, Beppe Pisanu, non correggerà l’ipotesi di un provvedimento di clemenza per Fioravanti e Mambro.
“Bolognesi cerca di fare polemiche per avere una giustificazione a scendere dal palco – afferma Raisi – ma noi siamo sufficientemente intelligenti per non lasciarci tirare in questo giochino e quindi io polemiche non ne faccio”. Critico Mazzanti anche sulla partecipazione dei No Global, che saranno in piazza insieme alla madre di Carlo Giuliani, il ragazzo ucciso durante il G8 di Genova. “È la riprova che si cerca di strumentalizzare politicamente il 2 agosto – dice il finiano – Giuliani non è una vittima del terrorismo, era un delinquente che voleva sfasciare la testa a un carabiniere”.
Vi lascio immaginare come continua la bagarre sulle agenzie battute nella mattinata.
Forse la vicenda di oggi riassume tutto quello che si potrebbe dire della giunta Guazzaloca che il 28 giugno 1999 salì lo scalone di Palazzo D’Accursio come se avesse vinto dopo cinquant’anni una coppa dei campioni.
Sempre oggi, sulle pagine del “Resto del Carlino” il senatore a vita Giulio Andreotti afferma: “Lasciamo lavorare Guazzaloca. Ha bisogno del tempo necessario per cambiare le cose. Un secondo mandato sarebbe la soluzione giusta e più saggia per la città”. “Per cinquant’anni a Bologna ha governato la sinistra ed ora tocca alla lista messa in piedi da Guazzaloca. È giusto che ci sia alternanza altrimenti non ci sarebbe democrazia”.
Da troppo tempo Giulio Andreotti manca da Bologna. Sono d’accordo sulla democrazia dell’alternanza e appunto per questo spero proprio che tra meno di un anno il Sindaco di Bologna possa essere un altro e non Mister G (pare che non si debba nominare l’avversario, dicono gli esperti di comunicazione!).
Il tempo per cambiare le cose, nel 1999 affermava di averlo e democraticamente, nel caso si ripresenti, è bene dimostri quello che ha fatto o non ha fatto. Le linee del programma erano chiare: dopo 50 anni di comunismo si cambia e ci sarà una Bologna diversa.
Quando le agenzie di tutto il mondo batterono sorprese la notizia che a Bologna, dopo 50 anni, il potere cambiava di colore, Mister G era riuscito là dove neanche Giuseppe Dossetti aveva avuto successo.
Sono passati più di 4 anni da quel giorno e in tanti si chiedono cosa succederà tra qualche mese.
La sinistra sconfitta ha scontato il suo purgatorio? È cambiato qualcosa?
Sicuramente il lutto è stato elaborato, ma è nato nel tempo un progetto di città alternativo, nuovo, animato da contenuti giovani o quanto meno non della vecchia squadra?
La destra vittoriosa come si prepara a replicare il miracolo? Facciamoci le corna!
Tutte domande lecite, alle quali urge dare una risposta.
A qualche mese dalla gara elettorale e a poche settimane dall’inizio delle campagne elettorali le cose si fanno più chiare.
Ma di Guazzaloca, dei suoi primi quattro anni di governo, che cosa sappiamo? Che cosa sanno i bolognesi, i suoi elettori? Un candidato sindaco che si presentò ballando su un immaginario goniometro proclamando la dottrina dei 360 gradi è stato di parola? È stato davvero il Sindaco di tutti? Come si presenta Bologna dopo quattro anni di suo capitanato?
Da quel 28 giugno Bologna è progressivamente ingrigita, come una pianta che ha smesso di essere innaffiata. Da quel giorno Bologna si è rotta!
Bologna, già quattro anni fa necessitava di un salto di qualità; si era meritata il titolo di città capitale d’Europa, sarebbe stato un bel trampolino ma quell’occasione andò persa quasi del tutto per la smania dei vincitori di non dare lustro ad idee che erano state progettate in loro assenza.
Il testo che segue non è un resoconto puntuale di quattro anni di amministrazione, ma il tentativo di sviscerare alcuni temi fondamentali per una città.
È capire un po’ di più la logica di Mister G.


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