Diritto a comunicare
e sovranità popolare
 
un libro di Enrico Giardino


Intervista ad Enrico Giardino


Roma, 6 novembre 2003


Come si presenta oggi il sistema comunicativo italiano?

Non si tratta di un sistema comunicativo, ma di un sistema disinformativo monopolistico - chiamato “informativo”- che - usando il monopolio giornalistico - diffonde menzogne ed inganni , propaganda ideologica e mercantile, a senso unico. Una “anomalia” per gli stessi capitalisti.
I cittadini e lo Stato sono stati espropriati - già negli anni ’80 - della proprietà, del controllo e dei loro diritti costituzionali sul sistema. Il sistema è posseduto e controllato da una stessa ideologia - neoliberistica - e da pochi monopoli privati, in lizza tra loro. Spazi residuali rimangono a poche emittenti comunitarie “locali” ed alla 3ª rete TV della RAI.
Questo sistema oligarchico dai 1000 canali aggiotati, è in realtà misero in termini di democrazia, di produzione e qualità dell’offerta.
Internet rimane oggi l’unica risorsa di comunicazione orizzontale e sociale.
I partiti della “sinistra” hanno sempre e solo rivendicato spazi mediatici, per sé e per le loro lobbies. Oggi - persa la RAI - puntano a creare propri circuiti televisivi.
Ma sono i monopoli televisivi ed editoriali di governo (Berlusconi e l’amico Murdock) a dettare legge, imponendo i loro business e la loro ideologia.
La pessima legge Gasparri - non ancora in vigore - potrà solo peggiorare questa situazione.


Come valuti le reazioni delle opposizioni al disegno di legge Gasparri?


Non è pensabile che Gasparri - ministro di Berlusconi - inverta un trend politico ultradecennale legislativo ed omissivo - favorevole a Berlusconi ed alla sua ideologia. Il suo disegno di legge non fa che dilatare la “anticostituzionalità strutturale” del sistema, azzerando qualche residuo vincolo formale, ormai scomodo e superato dalla realtà comunicativa. Si tratta della ennesima “formalizzazione” di un sistema ancora più oligarchico ed antipopolare, totalitario.
Questo esito è il risultato delle politiche precedenti - anche di centro-sinistra - che lo hanno favorito senza proporre mai leggi di riassetto di rispetto costituzionale e sociale. Perciò le loro reazioni sono oggi deboli e poco credibili. Ricordo che l’assenza di molti deputati di “opposizione” ha permesso al DDL Gasparri di superare la pregiudiziale di incostituzionalità, per pochi voti. Nessuno degli “oppositori di oggi” fa autocritica né avanza proposte di riassetto.
Perciò l’approccio delle opposizioni - uomini di partito e giornalisti - rimane estraneo alla Costituzione ed agli interessi del Paese, sordo ai diritti comunicativi della nostra società. Menzogne, mistificazioni, truffe, censure, avvengono oggi dentro lo schema legislativo voluto dal “centro-sinistra”, prima che da Gasparri.


Cosa possono fare allora i cittadini e la opposizione sociale e popolare?


In primo luogo, smettere di credere ai falsi “pifferai” ed ai loro media.
Contestare l’ideologia totalitaria del “ neoliberismo”, almeno per i processi formativi, informativi e comunicativi di massa.
In secondo luogo, possono boicottare i media di governo e quelli di pseudo-opposizione, rafforzando e sostenendo le fonti ed i media antagonisti che hanno credibilità e proposte innovative.
Battersi per rafforzare ed estendere gestori e veri servizi pubblici e comunitari. Internet e le poche emittenti comunitarie esistenti già svolgono un ruolo importante in questa direzione.
Il boicottaggio va esteso ai nuovi servizi digitali commerciali, come le TV a pagamento di Murdock e di Berlusconi. Anche i servizi di telefonia - fissi e mobili - richiedono un massimo di diffidenza e di controllo sociale.
I monopolisti dei media e della pubblicità hanno un punto debole: siamo noi ad invitarli nelle nostre case ed a pagarne i messaggi e le merci che reclamizzano.
In terzo luogo, debbiamo batterci per conquistare il controllo - statuale e sociale - di tutti i mezzi di comunicazione di massa, sulla base di una teoria politica della comunicazione coerente con la nostra Costituzione e con i diritti comunicativi di popoli, cittadini ed addetti.
Occorre ottenere che la comunicazione di massa - bene collettivo e diritto primario universale - sia regolata e tutelata come 4ª funzione costituzionale autonoma al servizio della sovranità popolare diretta. Una “Carta universale dei diritti comunicativi” - definita per legge - costituisce lo strumento principale di questa conquista storica dell’umanità.


Cosa pensi delle esperienze “indipendenti”, come “NO warTV” e “Telestreet”?


Sono iniziative che partono dalla constatazione che i circuiti attuali e la RAI sono ormai nelle mani di un solo monopolista, capo del Governo. Hanno bisogno di danaro per vivere e quindi dei contributi dei cittadini più coscienti, che già sostengono altre iniziative similari.
Dimostrano anche che il diritto a comunicare è una esigenza sentita e ineludibile.
Credo tuttavia che esse non debbano fornire “alibi” alla necessità di democratizzare i grandi sistemi comunicativi e di conquistare forti servizi radiotelevisivi pubblici e comunitari.
Nessuna di questa iniziativa potrà sostituirli, per una serie di motivi. È lo Stato nazionale - che in accordo con altri Stati - può mobilitare le risorse necessarie per contrastare i grandi monopoli trans-nazionali e realizzare strutture comunicative di rispetto costituzionale.
La TV è una impresa difficile e costosa, le risorse da destinare alla comunicazione non sono infinite, vi è una esigenza di equilibrio tra qualità e quantità dell’offerta globale.
Già negli anni ’70 - con l’arrivo del camcorder - molti si erano illusi di battere i monopoli.
La questione decisiva rimane quella della disponibilità ed il controllo delle grandi reti trasmissive.


Chi sono allora i soggetti del cambiamento necessario?


Sono quelli che si battono contro il “neoliberismo” e per un mondo diverso, urgente e necessario.
E tuttavia anche costoro hanno bisogno - per crescere e vincere- di una teoria politica e sociale della comunicazione, una teoria che monopolisti, partiti e giornalisti non hanno mai cercato, puntando invece al controllo diretto del mezzo e dei relativi “comunicatori” accreditati.
Purtroppo, mi sembra che questa esigenza sia ancora poco avvertita.


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