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Disoccupati
disorganizzati
senza sussidio
Cronache di straordinario ozio
un romanzo di Pasquale Bottone
prefazione
di Vittorio Emiliani
Che ci fa un napoletano pieno di estro e
di iniziativa come Pasquale Bottone in una città appartata e tranquilla quale è
Viterbo? Me lo sono domandato quando mi ha invitato là a discutere di Rai e
quando ho visitato il suo sito e letto certe sue prose ironiche e autoironiche.
Fa il libraio, fa l’operatore, l’animatore culturale. Fa un po’ il contrario
cioè degli sfigati ultratrentenni protagonisti di questo suo libro, fondatori
del sindacato Disoccupati Disorganizzati Senza Sussidio, Disdiss, con sedi
rigorosamente “itineranti”, tipo panchine, parchi pubblici, isole pedonali. I
quali in realtà ambiscono soprattutto a rimanere a bagno in quella loro vita
orgogliosamente oziosa, “assistita”. Anche se a volte apparentemente piena di
impegni. Tutti finti, tutti inventati, come quelli di Camillo il quale gira (a
vuoto) ore e ore saltando da un mezzo pubblico all’altro, da un quartiere
all’altro per riapprodare dopo quel viaggio nel nulla, programmato però in modo
accuratissimo, a casa dove ha sempre qualche cd da catalogare, qualche crema da
spalmare (alla moglie) o qualche rimprovero da fare (al cane). Prima di
riaggregarsi agli altri “girovaghi sindacalisti” del non-lavoro.
È un dato di fondo di certa letteratura di costume sulla condizione dei giovani
adulti, era il pedale dei Vitelloni di Federico Fellini in una società di
provincia (ma è tale pure il quartiere della “metropoli” che sta sullo sfondo
del libro di Pasquale Bottone) radicalmente diversa dove lavoro ce n’era proprio
pochissimo, quasi per niente, ma dove le “assistenze” paterne, materne,
sororali, suoceresche e simili erano la condizione per non staccarsi mai dalla
prima giovinezza, dalle passeggiate senza meta, dalle lunghe giornate al bar
(oggi sostituito dalla televisione), dalle partite di calcio vissute come una
prova fisica e agonistica del non essere ancora adulti. Devo dire che quando, a
52 anni, decisi di non calzare più le scarpe bullonate, mi consolai dicendo ad
alta voce, come in un proclama, che a quell’età anche l’immenso (e spesso
trascurato) sir Stanley Matthews aveva smesso di scendere sui verdi prati
inglesi. In realtà, mi ero accorto che, una volta che mi ero girato, il pallone
me lo avevano portato via da un pezzo e con esso un pezzo di vita. Per sempre.
Tanto è difficile, nonostante mogli, figli, occupazioni, impegni,
responsabilità, diventare adulti e staccarsi da una condizione in cui il valore
del gioco per il gioco era più facile da praticare, in ogni senso. Per questo
Corrado si sente vittima di un “binomio killer” (sorella e cognato) che gli ha
trovato un lavoro: confezionatore di bomboniere, neanche vicino a casa, anzi
nell’interno, distante chilometri di bus e di treno da prendere all’alba. Un
autentico dramma. Come per gli altri compagni il trasferimento dell’Ufficio del
Lavoro dal loro quartiere in tutt’altra zona della città, dopo “anni ed anni di
inutile, ma onoratissima iscrizione alle liste…” e mentre perdura il dubbio,
riemerso dai vecchi album delle figurine Panini: si pronuncerà Causio o Caùsio?
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