Disoccupati disorganizzati
senza sussidio
Cronache di straordinario ozio
 

un romanzo di Pasquale Bottone


Primo capitolo
 

Sono le 8,30 di una domenica mattina di fine luglio. Eccolo il “maturo” Camillo che balza d’un tratto fuori dal letto con discreta coordinazione dei movimenti, senza obbedire ad alcun ordine o richiamo acustico. Non è suonata la sveglia, non è trillato il telefono, non è impazzito alcun antifurto, non è... niente. Non deve finire di preparare le valigie, non deve prenotare il taxi o lucidare la macchina, non deve lavarsi e vestirsi in tutta fretta per poi organizzare per bene la sua partenza intelligente. Non ha da fare assolutamente nulla, tranne che divorare, ma quando ne avrà voglia, la sua doppia razione quotidiana di corn-flakes al cioccolato.
Potrebbe quindi persino concedersi il lusso di fissare il vuoto per una miriade di nani secondi... e del tutto impunemente! Eppure, forse proprio per questo, e magari per altro, anche stamane è venuto via dal talamo in tutta fretta, senza apparente motivo, per quella maledetta sindrome che lo attanaglia ormai da un po’ e che lui stesso chiama “sindrome da eccessivo riposo”. Se qualcuno oggi come oggi gli chiedesse infatti: “Cosa fai nella vita?”, il nostro non esiterebbe a rispondergli con esibita convinzione: “Mi riposo, in attesa magari di stancarmi un po’, se me lo concedono...”.
Il guaio è che pare proprio che tutti abbiano particolarmente a cuore le sue condizioni di salute, che nessuno voglia rischiare di farlo affaticare troppo, che tutti tutelino il suo benessere, sottoponendolo a massicce dosi di terapeutico riposo.
Il problema di tutti quelli come lui, “disoccupati disorganizzati” ultratrentenni è proprio qui: chi li circonda li ama e li protegge troppo, fa qualsiasi cosa per tenerli bene al riparo dalle ambigue contaminazioni della troppo stressante civiltà dei consumi, per fortificarne lo spirito.
Camillo lo sa bene da tempo: senza il determinante apporto dei suoi tanti benefattori la sua vita probabilmente avrebbe preso una piega diversa ed egli stesso non sarebbe stato magari più capace di riconoscerla.
Cosa sarebbe stato di lui? Si sarebbe abbandonato senza alcun pudore a vizi e lussi di ogni genere? Certo non avrebbe potuto continuare a tirare avanti così in eterno, libero e felice di non dover pagare tasse di alcun tipo e di non dover smettere di collezionare a tempo pieno dischi soul Motown anni sessanta-settanta.
 

Secondo capitolo

Questa “strana sindrome da eccessivo riposo” Camillo la combatte con bicchieroni di Coca-cola rigorosamente light che tracanna molto velocemente con immediato senso di sollievo. Oltre a ciò non si fa certo mancare caffè e sigarette ultralights con cui ha un rapporto di complicità più che buono e che ritiene assolutamente benefiche. Valutazioni che condivide con l’ala meno salutista degli iscritti al neonato sindacato Disdiss (Disoccupati Disorganizzati Senza Sussidio) che raccoglie numerosi suoi amici e conoscenti e di cui si onora di far parte. Un esperimento sicuramente riuscito, malgrado il budget più inesistente che limitato abbia costretto i motivati associazionisti a scegliere una sede legale itinerante (parchi pubblici, panchine in disuso, strade chiuse al traffico) non comodissima, ma ad ogni modo efficace come punto di aggregazione e aperta al confronto con il mondo circostante.
Quelli del Disdiss sono bravi ragazzi istintivamente portati al dialogo e quindi anche all’“impiego sociale retribuito” che probabilmente non avranno mai; il che significa che, nonostante tutto, continuano ad essere fondamentalmente tipi pazienti e speranzosi che credono ancora a quel che dicono i politici, specie quando questi ultimi confessano le loro passioni sportive o i loro gusti gastronomici. Passioni e gusti che, più dei sondaggi per sole donne, divengono per i nostri importanti metri di giudizio per preferire un onorevole a un altro, un sottosegretario a un senatore. Non c’è nessun componente del Disdiss, comunque, che, di recente, dinanzi alle tribune elettorali televisive o a trasmissioni similari non abbia gridato almeno una volta con voce ferma e stentorea: “Teo Teocoli for President”.

P. S. Tra le novità di rilievo di quest’estate c’è la strana irrequietezza del cane della moglie di Camillo sempre più insofferente nei confronti dei suoi simili di sesso maschile e sempre più interessato alle grazie femminili di splendide cagnoline di razza che non lo degnano di uno sguardo. Da tempo si sta cercando di trovargli in giro una partner di più miti pretese, ma finora senza successo.
 

Terzo capitolo

Vi chiederete giustamente se quelli del Disdiss, in quanto tali, abbiano problemi in famiglia. La risposta è affermativa, ma non porta in primis alla colpevolizzazione delle loro consorti. Queste ultime, infatti, pur esprimendo agli apprensivi mariti una solidarietà solo episodica e poco partecipata, finiscono per costituire per tutti i nostri accesi sindacalisti problema da poco rispetto alle auguste donne passate alla storia per averle messe al mondo: ovvero le uniche che, decise e marziali, combattono senza esclusione di colpi una quotidiana guerra contro i poco attivi generi, vittime predestinate del loro odio “razziale”.
Si parte dalla puntuale e frequentissima delegittimazione degli intelletti e delle inoperose e scialbe esistenze dei poveri meschini per finire con la più virulenta aggressione verbale in dialetto stretto, passando per la ossessiva ripetizione di falsi luoghi comuni sui “senza lavoro” e le loro “vittimistiche paturnie”. Le mamme delle mogli, purtroppo, uno non può scegliersele, deve solo subirle, cercando di limitare i danni e di non commettere imprudenze, anche perché la riforma della giustizia di cui tanto si parla pare non preveda ancora la depenalizzazione del “suocericidio” che pur dovrebbe esser finalmente considerato “reato minore” o tutt’al più “legittima difesa”. Le mamme delle mogli uno prima o poi deve anche imparare ad amarle, almeno in pubblico e durante le principali feste comandate. Sono infatti tutte religiosissime frequentatrici di chiese e sagrestie e quindi assolutamente contrarie al divorzio degli estranei e del tutto favorevoli, in gran segreto, a quello delle figlie dai loro abulici mariti. Gran brave persone che, anche se solo provi a contraddirle su qualcosa, sia pure la data della fine del mondo o l’eccessiva umoralità dei lombrichi, son pronte a sbattere immediatamente il mostro in prima pagina in tutto il quartiere, e non solo... Una volta, non posso negarlo, dopo uno di questi spiacevoli episodi ho pensato intensamente alla mia carnefice e ho pregato a lungo contro, ma mi son beccato solo una lunga, esasperante crisi di coscienza che son riuscito a superare solo qualche giorno fa e senza l’uso di alcuna sostanza dopante.
Queste cose mi diceva tra il rassegnato e il vendicativo l’altra sera Camillo, davanti ad un buon bicchiere di mineral water non gassata. Pensate, lui ci convive addirittura con la suocera! Non ci va d’accordo assolutamente su nulla. Hanno idee agli antipodi sulla vita, la par condicio, il calo del desiderio, la pavimentazione della casa. Alternano periodi di quasi diplomatica pace armata a periodi di lampante reciproca non sopportazione innanzitutto fisica, poi forse caratteriale. “Le suocere uno non può scegliersele – mi ripeteva proprio ieri – le devi accettare così come sono, magari ancora giovanili e scattanti e con l’ematocrito nei limiti consentiti! Si può essere un buon marito, comunque, anche dimettendosi irrevocabilmente da genero”.


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