Giovanni Giraldi
Il figlio di Pinocchio

 

Capitolo I
Pinocchio era un giovanotto in gamba

      ...Se ve ne ricordate, Pinocchio, dopo essere stato un burattino disobbediente, si pentì, pianse, e la Fatina lo fece diventare un bambino come gli altri. Aveva il faccino con due belle guance in colore; gli occhi erano lustri e perforanti come quelli di un ragazzetto furbo; le gambe e le braccia aveva asciutte, un po' magre e scarne perché, prima, erano state di legno; ai piedini portava gli stivaletti rossi, che gli stavano un po' grandi e quando camminava boccheggiavano intorno alle caviglie; del burattino gli era rimasto soprattutto il naso, non così lungo, ma abbastanza visibile, sottile, e con la punta che pungeva la guancia di Geppetto, quando gli dava un bacio nel giorno di S. Giuseppe...

      Andava a scuola quasi sempre in orario; i compiti li faceva quasi una volta la settimana; gli altri li copiava dal primo della classe che gli sedeva vicino nel banco. Era sempre promosso perché, dalla fine di maggio al primo di giugno, studiava senza interruzione... E così si prese la licenza elementare.

      Allora poté andare anche alle scuole tecniche, dove la meccanica gli piaceva tanto che imparò a fare le cose più straordinarie. La casa di Geppetto sembrava diventata un'officina; Pinocchio aveva sempre in mano il saldatore, lo stagno, le pinze, e fili elettrici, bobine, scatole, lampadine di tutti i colori e di tutte le dimensioni. Il vecchietto lo chiamava il mio Marconi:
Tu mi sembri Marconi ! ㄧ gli diceva, un po' per rimprovero ㄧ perché Pinocchio non studiava altro ㄧ e un po' con orgoglio ㄧ perché lui, Geppetto, non sapeva aggiustare neanche l'interruttore della luce. ㄧ Ai miei tempi si usava il lume a petrolio, e tutti conservavano la vista buona fino a cent'anni ! ㄧ borbottava Geppetto, aggiustandosi le lenti sul naso. Ora, invece, anche i ragazzi sono borgni, e non ci vedono ad un palmo di naso. ㄧ Ma Pinocchio lo lasciava dire, e tirava avanti con le sue diavolerie meccaniche; aveva riempito di arnesi insoliti ogni angolo di casa e la bottega del vecchio falegname.

      Intanto badava anche a crescere; in sei mesi era diventato lungo come una pèrtica, più secco della zampa di un uccello, e i pantaloncini gli lasciavano scoperte quelle gambe che erano osso e pelle. Pinocchio, finalmente, terminò anche quelle benedette scuole tecniche, e fu promosso, perché nel giorno degli esami, aveva riempito la cattedra, le sedie ed il pavimento di velieri che si illuminavano da soli, di velivoli che facevano venir la voglia di volare, di treni che parevano sempre in corsa. Come si poteva bocciare un ragazzo così fantasioso, così spiccato nelle attitudini tecniche ? Perciò fu promosso con tutti sei. Aveva però diciotto anni. Ne fece passare in fretta altri due, e ne ebbe venti.

      A vent'anni tutti i suoi amici erano già pronti a partire per la leva. Per dieci giorni facevano baldoria e chiassate nelle piazze del paese; giravano su carri pittoreschi, calzando vecchi berretti di alpini con la piuma lunga, o berretti di bersaglieri con la nappina rossa; impugnavano fiaschi di vino; agitavano le chitarre che non sapevano suonare; cantavano a squarciagola facendo credere d'essere allegri ma nella loro anima c'era la malinconia, perché a vent'anni non si è ancora finito di essere ragazzi. Pinocchio li vedeva passare; li chiamava per nome; essi chiamavano tutti in coro Pinocchio, e gli gridavano imboscato, e lui se l'aveva a male, perché, allora, i giovani il soldato lo facevano volentieri, ricordandosi di quel che l'Italia aveva fatto per loro; anche lui si era recato in una grande caserma, però lo avevano rimandato a casa, con un grande foglio verde, la dispensa dal servizio militare, perché Pinocchio era "l'unico sostentamento" del vecchio Geppetto. Perciò, quando gli gridavano imboscato, Pinocchio gli sarebbe corso dietro a quel carro, e gli avrebbe dato delle grandi legnate a quei ragazzi; ma lasciava fare, perché pensava che gridavano così a vanvera unicamente per nascondere la tristezza che avevano nel cuore.

 

Capitolo II
Geppetto desidera tanto avere la discendenza

      E venne il momento di pensare al matrimonio. Un giorno, il buon Geppetto gli disse:
Vieni qua, Pinocchio mio. Stiamocene un po' insieme, al fresco di questo bel fico; facciamo quattro chiacchiere da uomo a uomo, oramai. Non hai vent'anni suonati? Bella età! Mi sembra ieri, quando avevo vent'anni anch'io. Mah! Il tempo passa. È una legge! Si invecchia. Io, oramai, ne ho più di settanta. Capisci!? Settant'anni suonati e risuonati, come le ore, che il campanile te le batte due volte, se te ne fossi perduta una… Perciò io sono vecchio e… e tu sei ancora uno sciocco…! Ora stai piangendo come un grillo nella paglia. Oh che, forse non lo sapevi già? Ma io non sono ancora morto; piangerai così, quando sarò morto; ora smettila di farmi il menagramo con tutte quelle lacrime, e parliamo di te, da uomo a uomo… Riprese fiato e si soffiò il naso con un gran fracasso. Tu sai che la consolazione dei vecchi ㄧ riprese Geppetto ㄧ sta nella discendenza. Quando il sole tramonta, sorride, perché vede, dall'altra parte del cielo, salire la giovane luna; e quando tramonta la luna ㄧ ma allora tu dormi della grossa! ㄧ anch'essa ride, perché lascia nel cielo un formicolio di piccole stelle giovani. Così facciamo noi vecchi; si muore sorridendo, se si vede giuocare dei bambini, che sono come una manciata di grano gettata nel solco e di lì verrà dell'altra vita; e così all'infinito. Perciò, anche tu, mio caro Pinocchio, dovrai pensare a procurarti dei figlioli, che saranno la disperazione tua, e la consolazione mia… Proprio così: i figli sono la croce dei genitori e la gioia dei nonni; lo vedrai coi tuoi occhi, mio caro Pinocchio…!

      Pinocchio aveva molte altre lacrime sotto le palpebre, ma non le lasciava saltar fuori, per non rattristare il vecchio. E, sebbene avesse un grosso intoppo nella gola, riuscì a dire:
ㄧ Si, ci penserò. Vi farò subito dei nipotini!

 

Capitolo III
Pinocchio
prepara subito un bel bambino

      L'indomani, prima ancora che i galli facessero festa cantando verso il sole in arrivo, Pinocchio era già in bottega da un pezzo. S'era messi tutti i suoi arnesi a portata di mano. Snodò matasse di filo elettrico; aprì le sue scatole e ne cavò lampadine, rocchetti, magneti, trasformatori, valvole termoioniche, e poi viti di ogni sorta, e snodi meccanici, e materiale isolante, e ceralacca, e stagno, e pinze, e isolatori. Poi si mise a segar legno di ogni tipo; lo sagomava con grande cura per cavarne mani, avambracci, braccia, cosce, tibie, piedi; con la perforatrice elettrica svuotava tutte quelle membra di legno e le posava su di un lungo tavolo, allineandole l'una dopo l'altra. Poi fece qualcosa che sembrava una palla, la svuotò, vi praticò due fori simmetrici che parevano occhi; un foro allungato era al posto della bocca; fece, anche qui, il vuoto e ne venne fuori la più bella zucca vuota del mondo.

      Pinocchio stava fabbricando un bambino. Cominciò a saldare i fili, a piantar chiodi in quelle membra, a riempire i vuoti, a far girare le prime viti. Lavorò per una settimana, con la fretta di uno che volesse arrivare per primo chissà dove. Geppetto, in quei giorni, non stava bene in salute, tossiva a lungo, sonnecchiava che pareva avesse vegliato un morto, non scendeva mai nella bottega, perciò non sapeva che cosa stesse combinando il suo Marconi. Il vecchietto era triste perché faceva di questi pensieri:
ㄧ Quello lì, è sempre un ragazzo. Quello lì non si sposa neanche se glielo fai fare con la forza. Quello lì, sta tutto il giorno a far giocattoli, come fosse ancora un ragazzo. Altro che darmi una discendenza! Altro che procurarmi una mezza dozzina di nipoti! E pensare che io ho già scelto sul calendario anche i nomi da dargli a tutti quanti, ai maschi e alle femmine! Si, anche alle femmine, poiché il maschio è indispensabile, ma qualche femmina in una casa non ci sta male.

      Pinocchio, intanto, aveva la febbre dell'entusiasmo. Ogni giorno riusciva a mettere a posto un pezzo; le gambe del suo bambino si muovevano quando veniva dato il comando con il pulsante rosso; le braccia obbedivano al pulsante verde. Restava da montare la testa, che però era piena di ogni ben di Dio, e pesava, da sola, come tutto il resto del corpo. Gli occhi si accendevano e si spegnevano così bene che parevano vivi; nella testa era istallato il centralino per il raccordo di tutti gli impulsi; il torace del bambino era stipato di pile elettriche e di trasformatori, e c'era persino un deposito di lacrime, tutto di acqua pulita, che dovevano farsi vedere a comando, anche quelle. Lì dentro aveva sistemato un barattolo di carburo d'acetilene, sul quale, sempre a comando, sarebbero cadute alcune gocce d'acqua, e la reazione avrebbe prodotto un fruscio leggero e continuo, proprio come fosse il respiro di un bambino. Giunto al momento decisivo, Pinocchio avvitò la testa al collo, e verificò tutti gli impianti. Ogni cosa pareva funzionare a perfezione. Il collaudo fu rinviato all'indomani.

 

Capitolo IV
Un collaudo veramente "esplosivo"

      Pinocchio voleva solennizzare il più possibile la presentazione del suo modello di bambino meccanico, e preparò addirittura un discorso scritto, da leggere al momento di brindare con lo spumante. Invitò un gruppo di amici, di quelli che ㄧ chi sa perché ㄧ non mancano mai ad alcuna festa, e che tutti gli anni andavano a far chiasso nelle comitive dei coscritti, come se ogni anno fossero di leva; Pinocchio era un cuore buono e non riusciva a pensar male di nessuno; perciò, anche quel giorno, interpretava come segni di vera e rumorosa amicizia le risate sguaiate e le manate volgari e le affettuosità scomposte di quella mezza dozzina di giovanotti non bene educati, i quali ridevano di lui facendo le maraviglie di ogni cosa più insignificante; lodavano un chiodo, una vite, un pezzo di filo, come fossero i più strabilianti congegni usciti dalla mente di uno scienziato. Pinocchio si scherniva, dava tutte le spiegazioni, e godeva molto di tutte quelle lodi. Finalmente, riempì i bicchieri di uno spumante che aveva preso a credito, tanto era buono e costoso, e quando tutti avevano già il bicchiere alla bocca, esclamò:
ㄧ Amici, un momento, un momento solo! Desidero solennizzare ㄧ e cominciò a leggere il discorsetto come fosse un ministro ㄧ desidero solennizzare questo avvenimento e vi spiegherò che questo è un modello di bambino meccanico, il più meccanico dei bambini e il più modello dei modelli, che farà prodigi, perché vivrà senza mangiare e senza bere, ma solo divorando corrente elettrica, e soprattutto non avrà bisogno di andare a scuola, perché egli sa già fare tutto quello che gli occorre fare, e basta premere il pulsante giusto, ed egli si alza, si corica, dorme, canta; è già anche il più obbediente dei bambini, perché, appena si preme un pulsante, egli esegue l'ordine dato. Pertanto, o Signori… Ma perché ridete così? Pare anche a voi una cosa tanto straordinaria, eh? Pertanto, o Signori, questo sarà un giorno storico, da solennizzare mettendo la bandiera alla finestra delle case…!

      Qui Pinocchio ricevette un tale applauso che gli fece venire le lacrime agli occhi; tracannò d'un fiato il suo spumante, e andò alla tastiera dei pulsanti. Pareva un suonatore di pianoforte; ad ogni tocco, il bambino meccanico sgambettava, batteva le mani, si coricava, balzava in piedi, rideva, faceva il respiro grosso; autentici miracoli! Le risa, gli applausi, le parole urlate dai presenti facevano il resto. D'un tratto si sentì nell'aria un odore di bruciato; il burattino meccanico rimase immobile; non voleva obbedire a nessun comando; poi, senza alcun preavviso, esplose come fosse una mina. Quando riaprirono gli occhi, che avevano chiusi per lo spavento, i presenti non videro più il bambino meccanico, già saltellante e allegro, ma videro il viso stravolto di Geppetto, che urlava certe parole da non ripetere…

      Che diavolo era accaduto? Gli altri cercavano la spiegazione meccanica, ma Geppetto non sapeva che farsene della meccanica. Urlò ancora un bel poco, poi se ne andò via, sbattendo la porta. Anche gli amici di Pinocchio se ne andarono, contenti perché quell'esplosione li aveva divertiti. Ma Pinocchio era rimasto mogio mogio, mortificato, e solo come un cane. Dopo aver girovagato un paio d'ore per le strade più solitarie, decise di tornarsene, per sentire in silenzio i rimproveri del suo caro vecchio. Gli raccontò ogni cosa per filo e per segno; poi stette lì ad attendere consigli, giudizi, rimproveri, deciso a tacere, perché si era meritato anche le bastonate, coi danni che aveva arrecato alla bottega di Geppetto.

      Geppetto ascoltò, tacque, poi attaccò:
ㄧ Ecco; mi hai rovinato la bottega; non c'è rimasto nemmeno un vetro sano; tutto a pezzi! Gli uccelli possono venire a fare il nido, e i vagabondi non hanno bisogno di spingere l'uscio, perché è sfondato come quello dell'inferno; avanti! entri chi vuole…!
Tacque a lungo. Poi riprese la sua filippica:
ㄧ Ma tu sei stato un vero grullo, figlio mio! Si può sapere che cosa ti eri cacciato in testa? Ti avevo chiesto la discendenza, dei figlioli veri in carne e ossa; e tu mi fabbrichi un bambino meccanico…! La meccanica vi ha tolto il senno a tutti quanti, anche a te! Anche i figli li volete fare con le bobine e le valvole e i pulsanti. Bei figlioli davvero! Complimenti! Rallegramenti vivissimi! Figli esplosivi. Bei risultati…!
Ed ora parliamoci seri, da uomo a uomo. Tu sei ancora un Pinocchio di legno per certe cose. Certe cose tu non le hai ancora capite. Per avere la discendenza, ti ci vuole una sposa, si o no? Se si, cercati una sposa. Ma bada: la moglie e i buoi sìan dei paesi tuoi! Oggi, di buoi nostrani non ne vedi più nei campi; ci trovi, oramai, soltanto buoi americani, che qui mi fanno l'effetto di dinosauri; a me piaceva, un tempo, vedere quei buoi nostrani, alti, solenni, con l'occhio buono; e buona era la bistecca che ti davano dopo aver lavorato sodo per tanti anni. E vada per i buoi; ma, oggi, la gente non vuole più neanche la moglie del suo paese; noi importiamo mogli francesi, olandesi, britanniche, slavate come cenci di bucato, e queste figliole nostre, brune e scure, vanno a far felici i mariti alemanni e transpadani. Tu, però, figlio mio, cercati una sposa che sia di queste parti: quella che ti piace! Se ti vuole sposare, te la sposi. Quando c'è la sposa, Dio ti manda i figlioli; ma ti ci vuole la sposa, hai capito? E lascia stare tutte quelle diavolerie meccaniche, e i vetri lascia che li rompano un giorno i tuoi figliuoli, ché quelli saranno la mia discendenza, e da loro già me ne aspetto di ogni colore e sapore…
Pinocchio decise di uscire subito e di trovarsi una sposa, se non altro per far contento quel suo vecchietto che tanto desiderava la discendenza.

 

Capitolo V
La moglie e i buoi sìan dei paesi tuoi

      Pinocchio s'incamminò per le vie del paese e si fermò davanti alla vetrina di un negozio che recava la scritta: "Tutto per la sposa". ㄧ Ci siamo! ㄧ pensò Pinocchio; e quando gli passò vicino una bella ragazza, che entrava a far le compere, le disse così:
ㄧ La moglie e i buoi sìan dei paesi tuoi!ㄧ
La ragazza restò a guardarlo con gli occhi spalancati, e non sapeva che dire; ma Pinocchio riprese: ㄧ I buoi, che piacciono a mio padre, sono quelli nostrani, alti e solenni, e quando non possono più lavorare te li mangi a bistecche… Mi vuoi sposare? Se mi sposi, noi gli daremo la discendenza, perché lui è buono, è vecchio, ha paura di morire e vuole la discendenza…
La ragazza gli gridò scemo!, ed entrò a chiudersi nel negozio.
Pinocchio non fu molto contento di questo risultato, ma non disarmò. Si fece una bella corsetta, perché se non correva un poco tutti i giorni si sentiva male, e si trovò davanti ad un grande giardino, dove erano due ragazze a lavare i panni; la vasca era coperta da una grande mimosa in fiore; le ragazze ridevano che era un piacere sentire quelle loro belle voci. Pinocchio entrò nel giardino, alzò il naso a respirare di quel buon profumo, lasciò che si placasse un poco l'affanno della corsa, poi disse ridendo:
ㄧ La moglie e i buoi…
ㄧ Sìan dei paesi tuoi! ㄧ continuò la ragazza più grande.
ㄧ Dunque lo sai anche tu il discorso di mio padre Geppetto? Lo sai proprio tutto fino alla discendenza?
Le ragazze risero insieme e smisero di tormentare la biancheria:
ㄧ Che cosa è questa storia della discendenza?
ㄧ I buoi nostrani ㄧ spiegava Pinocchio contento ㄧ sono più belli e più buoni di tutti gli altri buoi. Anch'io li preferisco. Anche mio padre li preferisce. Perciò vi domando di sposarmi…
Altra risata; poi una domanda:
ㄧ E tu quanti ne hai di questi buoi?
ㄧ Io neanche uno! Ma io non vendo i buoi. Io cerco la discendenza, e se mi volete sposare, io vi sposo, e…
ㄧ E se non ti levi di qui in fretta, ti concio io per le feste! ㄧ gridò alle sue spalle un robusto contadino; le sue grosse mani mostravano di saper trattare anche coi buoi. Pinocchio capì che non era il caso di insistere. Guardò con dolore le ragazze e andò via.

     Sulla strada camminava una signorina tutta moderna, con le unghie dei piedi pitturate, e anche le mani parevano quelle di un pittore. Pinocchio corse, la raggiunse e le disse:
ㄧ Sposami! Sposami subito! Tu mi piaci. Io voglio tanti figli.
La signorina se lo trovò così vicino che gli assestò un bellissimo schiaffo, e fece dietrofront. Pinocchio si mise la mano alla guancia, e pensò: ㄧ Ho sbagliato! Non dovevo incominciare dai figli, ma dai buoi, quando ho parlato dei buoi, nessuno mi ha preso a schiaffi…
Il campanile suonava il mezzodì; Pinocchio non ebbe bisogno di tanti discorsi per decidersi a tornare a casa; doveva desinare, anzitutto, e poi chiedere al vecchietto come mai né i buoi né la discendenza riescono a convincere le ragazze a maritarsi.




Torna alla pagina dei libri