Intervista a Massimo Costantini (sanitario Gsf)
a cura di Donald Datti - mentelocale

 

«Stiamo preparando un libro di testimonianze su quanto abbiamo visto durante il G8». A parlare è Massimo, uno degli oltre 150 sanitari volontari del GSF. «Si tratta di 40 contributi scritti direttamente da noi. Inizialmente avevamo proposto la pubblicazione a Repubblica, ma quello che è successo in America ha fatto saltare i piani. Stiamo completando comunque il lavoro, che sarà pubblicato dai Fratelli Frilli Editori». Massimo ha quarant'anni circa, ed è un dottore. Gli chiedo di raccontare come ha vissuto i giorni del vertice.

Devo dire che la prima impressione era stata positiva. Il 19 non ero in servizio, ma ho partecipato al corteo dei migranti. C'è stato un momento di tensione, quando ci siamo accorti che un plotone di carabinieri era molto vicino al passaggio dei manifestanti. Abbiamo parlato con il responsabile del plotone, chiedendogli di indietreggiare un poco. Ha capito, e ha ordinato di muoversi lentamente, per non destare allarmi. Ecco, da questo episodio mi era sembrato ci fosse la disponibilità a una gestione ragionevole della piazza.

Eppure non è andata esattamente così...

L’indomani ero in una delle quattro unità che seguiva il corteo delle tute bianche. Ero in testa. Quando eravamo in corso Gastaldi ci hanno comunicato col cellulare che nelle altre piazze tematiche, quelle che dovevano essere tranquille, c’erano stati dei tafferugli. In piazza Paolo da Novi due nostri operatori erano stati pestati, sebbene indossassero la maglietta che li identificava come sanitari.

Poi è cominciato il finimondo.

Quando ci sono state le cariche dei carabinieri si è verificata una situazione di intasamento da gas. C'era gente che aveva crisi d'asma: a quel punto avremmo dovuto portarli fuori dal corteo e curarli, ma non sapevamo dove portarli. Ci eravamo ripromessi di contare e catalogare tutti i casi che ci capitavano. Dopo il decimo ho smesso di conta... Molti non volevano essere ricoverati perché avevano paura di andare incontro a un arresto o a nuovi pestaggi.

Si sparge una voce...

Mi dicono di una ragazza investita da un blindato, è ferita, forse morta. Poi, man mano che mi avvicino a piazza Alimonda si sovrappone una seconda voce, di un ragazzo... Lo hanno ammazzato, lo hanno schiacciato, gridano. Penso si tratti della stessa persona. È Carlo. È già morto quando arrivo. A 20 metri dal suo cadavere ho anche curato un carabiniere ferito, perché noi siamo medici ed eravamo lì come medici, non come militanti. Poi sono tornato alla Diaz, dove avevamo la nostra base.

Il grabde corteo del 21.

Il giorno dopo è stato forse peggio. Più che di cariche si è trattato di una vera e propria caccia all’uomo. È stato difficile lavorare, la polizia ci metteva in difficoltà: due colleghi hanno dovuto consegnare il loro documenti a un agente per poter curare un ferito. Tra quanti sono finiti in ospedale o sono stati arrestati la maggior parte sono persone che manifestavano pacificamente, non erano neppure militanti. Sono state picchiate persone che avanzavano con le mani alzate, venivano isolati in gruppetti e pestati.

E la sera, alla Diaz, il blitz.

La sera ero alla finestra. Noi medici avevamo una stanza a fianco degli avvocati. Ho visto arrivare due macchine della polizia. Avanzavano lentamente. Per strada c’erano alcuni ragazzi. Non è successo niente, forse si è rotta una bottiglia, ma non di più. A un certo punto ho pensato che le macchine avevano sbagliato strada. Poi che fosse una provocazione. Ho dei fotogrammi di quei momenti: centinaia di poliziotti a passo di carica coi manganelli alzati. Un ragazzo che chiude il cancello e un poliziotto che scavalca. Poi arriva un poliziotto a richiedere un dottore. Si sentono urla. Curo tre ragazzi che hanno preso un sacco di botte. Chiedo al responsabile del plotone di farmi entrare, ma me lo nega: quando entro, dopo aver visto uscire gente in barella che lasciava scie di sangue sulla strada, vedo qualcosa di incredibile. A chiunque passava chiedevamo di entrare, perché sapevamo che se solo lo avessimo raccontato nessuno ci avrebbe creduto.

La vergogna di Bolzaneto

Se quello che si dice nella denuncia a Toccafondi fosse vero, allora sarebbe ancora più grave di quello che è successo durante le manifestazioni. Se è vero, andrebbe radiato, perché un dottore deve alleviare il dolore, non partecipare a torture, perché di torture si è trattato.

Donald Datti




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