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Asp... Asper...
Asperger?
...e che vuol dire?
un libro a cura dell'associazione Camici & Pigiami
i primi capitoli
La mia storia
Questa è la mia storia. Non so se vi
interessa, ma l’ho scritta io per farmi conoscere meglio. Così, forse, qualcuno
la smetterà di prendermi in giro o dirmi che sono un maleducato!
Ho dieci anni e sono un bambino che va a scuola, come tutti gli altri. Ma non
sono proprio “uguale-uguale” ai miei compagni, perché loro degli animali non
s’interessano come me, e fanno giochi che non mi divertono tanto.
Certe volte io non li capisco bene i giochi degli altri bambini. O meglio, sono
gli altri che non giocano come me e sono diversi. Giocano in un modo strano.
Allora io li guardo e me ne sto da una parte.
Oggi mi hanno detto che ho un disturbo che si chiama “Asperger”, o almeno credo
che si scriva così.
Io non sono proprio convinto di avere un disturbo e anzi credo che il disturbo
ce l’abbiano gli altri, cioè loro, quelli che non si interessano di animali,
oppure usano “giochi di parole”, che sarebbero frasi che non vogliono dire
nulla, fatte apposta per confondermi.
Dicono anche molte altre cose che io non capisco, ma forse perché sono grandi,
oppure lo fanno apposta per divertirsi, quando mi vedono confuso.
A volte mi viene da piangere, oppure sono triste, ma non capisco perché. A volte
mi viene malinconia e anche in questo caso non so bene perché. Il mattino, però,
mi sveglio di buon umore e mi sento ottimista.
Quando mi guardo allo specchio tiro fuori la lingua e vedo un bambino alto; i
miei occhi sono come quelli della mamma. A volte urlo per scatenare tutta la mia
rabbia.
Ma forse è meglio che vi racconti la mia storia dall’inizio, così capirete anche
voi che cosa vuol dire essere un “Asperger”.
Ah, dimenticavo, se avete un bambino come me in classe, non trattatelo male! Non
è mica colpa nostra essere Asperger. Semmai è colpa vostra che non sapete
neppure cosa vuol dire!
Dimenticavo un’altra cosa: in questa foto ci sono io con i miei compagni di
classe, ma non vi dico chi sono. Sono sicuro che non indovinerete! Uno col mio
disturbo, infatti, non è diverso dagli altri bambini e per riconoscerlo dovete
stargli vicino a lungo.
Un’altra cosa: non so disegnare bene e scrivo bene solo col computer. Ma la mia
maestra dice che sto imparando e piano piano disegnerò sempre meglio. Il fatto è
che non sono molto bravo a muovere le dita e non solo quando tengo la penna.
Ma non me ne importa tanto! Infatti, tutti scrivono col computer, anche il mio
papà. E anche lui ha una scrittura che non si capisce nulla, quasi come la mia.
E anche la mia mamma e la mia nonna scrivono in un modo tremendo… Quindi non me
ne importa, almeno della scrittura. Anche perché tutti dicono che quando io
scrivo le storie al computer so usare benissimo l’italiano e faccio dei testi
stupendi. La mia maestra mi dà sempre ottimo e io sono contento e chiedo a tutti
di leggerli! Anche perché li scrivo, ma poi me li dimentico presto e mi piace
risentirli quando gli altri li leggono. Poi mi piace che mi facciano i
complimenti e si meraviglino tanto. “Ma che bravo!”, mi dicono e cose del
genere.
Però mi piacerebbe usare meglio le mie mani per giocare, per esempio a palla. Lo
trovo così difficile acchiapparla al volo come fanno gli altri… certe volte mi
ci arrabbio, ma poi preferisco stare a guardarli da lontano.
Un altro dottore
C’era qualcosa di sbagliato. Era già
capitato tante volte, però. La mia mamma stava piangendo. Anche questo era già
capitato. Molte volte.
Il mio papà diceva che saremmo dovuti andare a sentire un altro dottore. Di
nuovo!?
Sapevo benissimo che stavano parlando di me. Anche questo era capitato tante
volte e, come le altre volte, io non capivo perché.
Ho 10 anni, ma questo ve l’ho già detto. Ho una sorella più grande che studia
all’Università.
I miei genitori lavorano (papà di più) ed ho anche dei nonni, degli zii e dei
cugini.
Vado a scuola, qualche volta in piscina, mi piacciono le patatine e la pizza. Mi
piace tantissimo l’acqua frizzante e me ne bevo una gran quantità.
Ma forse è meglio cominciare proprio dalla pizza… Ieri sera siamo andati in
pizzeria con degli amici dei miei genitori che non conosco tanto bene.
La pizzeria era una “nuova” pizzeria. A me piace andare sempre nella stessa e
non in quelle nuove che non conosco: prendo il menù, lo leggo tutto, anche se
prendo sempre la stessa pizza.
Dunque, ho preso questo nuovo menù e non c’era la pizza che volevo. La mia mamma
mi ha detto che i nomi delle pizze cambiano, ma non gli ingredienti. Non ero
molto convinto, ma ho visto che lei era nervosa e dopo un po’ sono stato zitto e
non ho più insistito. Comunque non vedo perché i nomi delle pizze debbano
cambiare, se non per fare un dispetto a chi le deve scegliere!
Un amico di mio papà (molto “spiritoso” dice la mamma) ha detto: “Per te
ordineremo la pizza capricciosa”. E tutti hanno riso. Io no, anzi, ho cominciato
ad innervosirmi parecchio, perché odio la pizza capricciosa. La prende sempre
mia sorella ed ha tutte quelle cose mischiate sopra…
Ho chiesto almeno dieci volte a mia madre se mi avrebbero davvero portato la
pizza capricciosa e lei ha risposto sempre: “No, è uno scherzo, un ‘gioco di
parole’…”.
“Cos’è un ‘gioco di parole’?”, ho chiesto.
Lei non me lo ha spiegato perché doveva parlare con gli amici di mio papà.
Poi ho incominciato a parlare di animali e papà ha dovuto prendermi in braccio
per farmi smettere. Loro continuavano a parlare di cose che non capivo e non
volevano a nessun costo dirmi che animale avevano in casa e quali avevano visto
allo zoo o cose che sono davvero interessanti. Io non so perché devo sempre
stare zitto io e non loro. Non è giusto!
Siamo andati a casa presto. Mia sorella è venuta in camera mia a chiedermi cosa
avevo fatto di così stupido da far piangere la mamma, come al solito!
Sono andato a letto e dalla mia camera sentivo i miei genitori discutere,
parlavano di me, come al solito!
Poi papà ha consolato la mamma e le ha parlato di un nuovo dottore.
Ci sono i dottori che si occupano del corpo e quelli che si occupano della
mente. La mia mamma me l’ha spiegato ed ho capito anche che quelli della mente
non prescrivono sciroppi, pillole o, peggio, iniezioni.
Ma possono essere molto antipatici: ne ho incontrati tanti! Fanno domande che
non sempre capisco, mi costringono a fare i disegni che vogliono loro, mi fanno
vedere delle figure e poi mi chiedono di descriverle… Che cosa vedi qui… cosa
vedi qua… che noiosi!
Qualcuno, però, a volte mi piace e mi fa divertire. Ma solo se giochiamo con gli
animali.
Quand’ero più piccolo, se loro mi obbligavano a parlare di cose che non mi
interessavano, cercavo di pensare ad altro, non rispondevo e facevo un capriccio
quando proprio ero stufo. Poi è andata un po’ meglio, perché io mi portavo
sempre appresso le mie schede degli animali e così, almeno, potevo passare il
tempo come volevo io.
Questo nuovo dottore non era poi così male. Abbiamo parlato delle cose che mi
piace fare, degli animali, della scuola, dei miei insegnanti. Poi mi ha chiesto
degli amici. Io gli ho detto che ne avevo, anche se non è vero.
Siamo tornati altre volte da questo dottore. Poi, un giorno, ci siamo seduti
tutti insieme ed il dottore ci parlava.
Parlava di me.
Cercavo di capire, ma non era facile. Poi ho capito che ripeteva spesso un nome:
asp… asper… asperger. Ho chiesto chi fosse e mi hanno spiegato che è il nome di
un dottore morto tanto tempo fa, addirittura nel 1944, quando il mio papà non
era neppure ancora nato!
Questo dottore osservava i bambini come me, che sono diversi dagli altri della
stessa età. Per fortuna era un dottore al quale piacevano gli animali. Mi hanno
detto che aveva un cane e un gatto, ma forse non è vero.
Comunque lui ha studiato tutte queste “diversità” e ha scritto molti libri che
nessuno ha letto. Dopo un sacco di anni, per sua fortuna, se ne sono ricordati,
ma lui era già morto, poveretto e così non avrà avuto nessuna soddisfazione.
Chissà come ci sarà rimasto male! E chissà che fine hanno fatto il suo cane e il
suo gatto, soprattutto! Comunque queste “diversità” ora le chiamano “Disturbo di
Asperger” ed è proprio quello che avrei io. Anzi, il nuovo dottore dice che ce
l’ho!
I bambini Asperger si assomigliano un po’ non di faccia né di fisico, ma per
come si comportano. Però dovete sapere (e questa è proprio bella!) che anche se
non siamo uguali ciò che ci rende simili e ci rende tutti un po’ tristi è che
non stiamo bene con gli altri bambini. Soprattutto con quelli della nostra
stessa età. Con i pi_ piccoli, infatti, va meglio! I nostri compagni di scuola o
di gioco, infatti, a volte si annoiano con noi.
Per esempio, io non devo pretendere che Luca riveda insieme a me la
videocassetta del cavalluccio marino, perché lui si stufa. Io invece trovo che
sia una storia molto bella e appassionante e che non ci si possa stufare. Cosa
c’entra se è sempre la stessa e se l’abbiamo già vista dieci volte? Tanto non
vuol rivedere neanche quelle degli altri animali, perciò…!
Ma di questo e di altre cose strane preferisco raccontarvi nel prossimo
capitolo.
Non mi piace il rumore
In tutti i posti dove c’è molta gente,
come al supermercato oppure alla stazione o anche in certe strade dove la gente
va a fare compere, io non sto bene. Non mi piacciono tutte queste voci che
sento; mi confondono e mi fanno un gran rumore dentro la testa.
Io sono sensibile ai rumori e li sento anche quando sono molto lontani. Anche
per le voci della gente è così. Certe volte riconosco la voce della mia maestra,
anche se è nell’altro corridoio, quando gli altri neppure si accorgono che sta
arrivando. Il rumore del frullatore mi dà un fastidio tremendo! Pensate che mi
tappo le orecchie per sentirlo di meno. Anche l’aspirapolvere mi dà noia e più
di tutti il gratta formaggio. Quando ero piccolo mi mettevo perfino a piangere!
Per il dolore invece resisto molto di più. In montagna, con le scarpe nuove, una
volta ho camminato tutto il giorno con le ciocche nei piedi senza dire mai
nulla. La mia mamma le ha scoperte alla sera ed era stupita che avessi fatto
tutta la gita senza mai lamentarmi. Anche quando cado e mi sbuccio un ginocchio,
piango come tutti gli altri bambini, ma poi mi passa subito e non sento più
nulla. Io sono molto resistente alle cose che fanno male, ma non alla tristezza.
Ve l’ho già detto prima, ma ve lo spiego meglio. A volte mi viene da piangere,
forse sono malinconico, ma non so mai perché.
“Sono desolato”, ho detto l’altra sera alla mia mamma.
“Lo sai cosa vuol dire?”, mi ha chiesto lei, che sa che ogni tanto mi piace
usare parole un po’ ricercate.
“Vuol dire che sono tristissimo”, le ho risposto dopo averci pensato per un po’.
“Per quale motivo?”, mi ha chiesto lei.
“Perché… perché… non lo so!”.
Ecco, io non sono mai capace di spiegare e allora chiedo agli altri di
spiegarmelo loro. Ma anche la mia mamma e il mio papà mi dicono che se non lo so
io come fanno loro ad immaginarselo?
Il dottore ha spiegato alla mamma di trovare lei le parole per i miei sentimenti
e così ora lei prova a indovinare che cosa mi sta succedendo. Io certe volte non
lo so davvero e non so, quindi, se lei indovina. Altre volte, invece, lo so e
quando dice la cosa giusta, le dico di sì.
Comunque è sempre difficile spiegare che cosa penso o che cosa provo agli altri.
Io trovo sempre le parole, anche quelle difficili, quando invento le storie, ma
non le trovo quando devo raccontare un fatto vero oppure spiegare cosa penso.
Per fortuna la mamma, il papà e la nonna, ma anche la mia maestra, hanno
imparato a capirmi. Se sono agitato oppure mi metto da una parte o faccio le
smorfie o lancio delle urla, allora mi aiutano a capire perché, oppure mi
mettono a mio agio. Io sono molto sensibile a chi mi vuol bene ed ha una gran
pazienza. A chi, cioè, non mi prende in giro oppure si stufa di me.
Ma questo ve lo racconto meglio nel prossimo capitolo.
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