Lanternini per tutti
 
un libro di Enzo Costa


Introduzione


Quando, nel maggio del 2000, l’allora caporedattore Gigi Gia mi propose una minirubrica satirica quotidiana per la prima pagina de “la Repubblica-Il Lavoro”, provai una sensazione che definirei di lusingata angoscia. O se preferite, di compiacimento terrorizzato. Il tipico, sottile sgomento del corsivista medio che – alla faccia di esperienze fatte, articoli scritti e collaborazioni inanellate – continua ad avvertire la difficoltà della sfida lanciatagli sistematicamente dalla pagina bianca (“riempimi di parole sensate, se sei capace!”), era aggravato da due elementi peculiari della nuova “fatica” che mi si prospettava: la sua cadenza giornaliera e l’esiguità dello spazio riservatole. Avere qualcosa di divertente (o graffiante, o non troppo demente) da dire ogni ventiquattr’ore, e dirlo in dieci righe di giornale (otto scarse di computer): davanti all’idea di tale impresa impossibile, l’angoscia fu inevitabile. Direttamente proporzionale al titillamento del mio côté vanesio che me la fece accettare in un baleno. Fu così che di lì a poco, sopra la testata del “Lavoro”, incardinato in un’apposita parentesi graffa, iniziò a lampeggiare il “lanternino”: dapprima acceso tutta la settimana, in seguito sei giorni su sette, grazie al lunedì sabbatico provvidenzialmente introdotto per concedere una tregua umanitaria alle meningi del sottoscritto oltreché ai nervi delle sue vittime. Da allora sono passati tre anni, quelli documentati da questa raccolta: tre anni di ironie, facezie, battute, malignità e qualche rara tenerezza, nelle intenzioni mai fini a se stesse ma ad una riflessione divertita su Genova e la Liguria, partiti e movimenti, cittadini noti e ignoti, personaggi e persone, istituzioni e corporazioni, eventi veri o presunti, fatti e misfatti locali di rilevanza o irrilevanza nazionale. Tre anni di quelle dieci righe quotidiane che ancora oggi chi bazzica le edicole trova belle fresche lassù, in cima alla testata de “la Repubblica-Il Lavoro” ora affidata a Franco Manzitti: riassaporarle debitamente cucinate in questo volume antologico può aiutare a ricordare e a capire cos’è successo dal maggio del 2000 al dicembre del 2002, perlomeno nella mente bacata dell’autore. Che nel frattempo – va detto – ci ha preso gusto: certo, permane l’horror vacui per lo spazio minimo da colmare col massimo dello sforzo intellettuale (si fa per dire). Ma è compensato dall’affettuosa attenzione dei lettori (con cui innaffio il mio egocentrismo), e mitigato da un astuto alibi messo a punto col passare dei “lanternini”, che recita così: avrei ben altro di profondo e di intelligente da dire, ma mi fregano le pochissime righe a disposizione! (a furia di ripeterlo, qualche volta io stesso finisco per crederci).
Buona lettura.


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