Genoa
Legal Forum
prefazione
di Marcello Zinola Luglio 2001,
spartiacque per la democrazia e le professioni... Diversi da chi e da cosa?
Potrebbe essere questa la domanda che accompagna (e accompagnerà) per molto
tempo ancora le discussioni e i confronti sul prima, durante e dopo G8. Il
luglio 2001, con i "segnali napoletani" del marzo precedente (governi diversi,
mezzi di intervento uguali) credo potrà essere ricordato come uno spartiacque
per la democrazia e le professioni. Professioni, come quella dell’avvocato, che
si sono riscoperte "diverse". Come quella dei giornalisti che hanno visto "in
strada" rinascere la voglia dell’informazione militante. Non nel senso dell’
"appartenenza" ad una parte politica, ma della passione per il racconto onesto
dei fatti, salvo poi avere libertà infinita nel dividersi con le diverse
interpretazioni. Come quella dei magistrati che hanno oggi una responsabilità
enorme nella ricerca della verità sulle responsabilità di ogni fronte, ma che
nei giorni caldi sono forse scattati – su ogni fronte – con un ritardo che oggi
si riflette sul buon esito di tutte le indagini in campo. Gli avvocati si sono
ritrovati e riscoperti diversi. Non solo quelli che avevano una militanza,
un'idea politica già schierata prima del G8, a favore del movimento. Ma anche
quelli che al di là della loro ideologia hanno a cuore la legalità, i diritti,
la tutela delle persone. Non era necessario essere no global o movimentisti nei
giorni di luglio per schierarsi dalla parte della legalità, sia di fronte ai
veri o sedicenti Black Bloc, sia di fronte ai pesanti abusi delle istituzioni.
Gli avvocati, rompendo un tabù che forse non ha ancora fatto discutere sino in
fondo (o a sufficienza) hanno indossato una maglietta simbolo e sono stati in
strada. Non a cercare i clienti, ma a rappresentare la legalità. Non era mai
successo. A mio avviso identificare oggi il Glf come un qualcosa di omogeneo con
una certa area politica o una certa tendenza del movimento è sbagliato e
riduttivo. Perché all’interno del Glf ci sono anime diverse. Valutazioni diverse
rispetto al rapporto con la procura, i procedimenti in corso. Ecco perché ha
valore l’esperienza del luglio 2001: quelle magliette-toga con la scritta
bilingue "avvocato" hanno disorientato la categoria forense, fatto discutere,
attirato botte, fermato violenze. E hanno rilanciato una passione forte per il
diritto. Vissuto da testimoni. Sono ormai rare, rarissime le occasioni in cui
gli avvocati (come i giornalisti e gli stessi magistrati) sono testimoni, anche
del giorno dopo, dei fatti di cui si interessano. Nessuno, o quasi, va più sul
luogo della "notizia". Giornalistica o di reato. Leggendo le testimonianze e le
analisi di questo libro emergono elementi chiari. Da un lato la quasi scontata
razionalità, la non sorpresa, il realismo politico di qualche maglietta-toga più
anziana che descrive non con distacco, ma con minore partecipazione, quasi con
un tono un po' dottorale-politico, la propria esperienza. Dall’altro
l’incredulità dei più giovani e di qualche anziano di fronte alle violenze di
ogni tipo, di fronte alla strafottenza subita quando è stato mostrato il
tesserino da avvocato per rivendicare il "diritto a fare valere il diritto". La
sorpresa nel vedere come un dato scontato (l'avvocato, il diritto alla difesa,
la garanzia del diritto) non lo fosse più o, forse, non lo fosse più da tempo.
Passando però sotto silenzio nella routine quotidiana, nella routine del cliente
che ti racconta l'abuso subito, seguito dal consiglio del legale (ma anche del
giornalista più attento al quale uno si rivolge per "denunciare"): "Lascia
perdere, vedi di uscire, poi (se mai lo si farà) se ne parlerà". Ecco il vero
valore delle testimonianze e delle analisi contenute in questo libro: raccontare
nella maggioranza dei casi la sorpresa e la rabbia nel capire che i diritti non
sono poi così reali, ma molto virtuali. Ripercorrendo la mia personale memoria
di quasi trent'anni di professione e di impegno sociale e politico in campi
diversi, l’esperienza del luglio 2001, se non si assopirà, potrebbe essere per
gli avvocati lo stesso spartiacque rappresentato dalle iniziative di
sensibilizzazione e di denuncia dei movimenti per la democratizzazione delle
caserme degli anni Settanta. Sotto la divisa, in quegli anni più di oggi, i
diritti scomparivano. Per chi era di leva e per chi era di carriera,
"raffermato" come si diceva all'epoca. Sotto la toga forense spesso si è sempre
solo visto (da parte dei cittadini, dell’informazione, della magistratura)
l'interesse economico, la parcella, la concorrenza, la ricerca della tutela per
i diritti di chi è già (si è già) ampiamente garantito. Dall'estate del 2001
qualcosa è cambiato. Risvegliando quella parte di professione che si era un po'
assopita. Lo dico da giornalista, perché per le "penne" è stata un po' la stessa
cosa: si è risvegliata la voglia del diritto ai diritti. Per tutti. Perché (lo
sostengo e ripeto da anni, lo riscrivo qui) chi non ha cultura dei diritti non
potrà mai capire i propri, né tutelare quelli degli altri.
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