Qualcuno vuol darcela a bere
Acqua minerale, uno scandalo sommerso
 

un libro di
Giuseppe Altamore


Introduzione
 

Pura, leggera, povera di sodio, diuretica, digestiva... Oltre che dissetare, la fonte della vita sembra essere una sorta di panacea per tutti i mali che affliggono l’uomo contemporaneo. Purché si tratti di un prodotto imbottigliato, con una marca e uno slogan allettante quanto martellante. Se le qualità che vogliono “darci a bere” sono note, meno conosciute sono le eventuali controindicazioni che pure esistono. Qui però non vogliamo annoiarvi proponendo solo una sorta di guida agli acquisti, quanto rivelarvi ciò che di solito è quasi un segreto di stato: la composizione analitica dell’acqua minerale, con l’elenco delle concentrazioni di 19 sostanze tossiche che non devono esserci o se ci sono devono essere contenute entro limiti fissati dalle autorità sanitarie internazionali. Limiti che sono in gran parte ignorati dalla legge italiana, con grave pregiudizio per la salute di tutti i consumatori. Discutendo amabilmente di tutto ciò con un amico, mi è stato detto: “Ma nessuno è mai morto bevendo una bottiglia di minerale”. Certo, ma gli esperti di sicurezza alimentare sanno quanto pericolose siano le intossicazioni croniche a lunga scadenza di cui si occupano eminenti ricercatori di mezzo mondo, soprattutto a causa del crescente inquinamento ambientale che, inevitabilmente contamina le falde più profonde.
“L’acqua viene ingerita, come ogni altro alimento, direttamente o indirettamente, contribuendo così al rischio complessivo al quale si espongono i consumatori attraverso l’ingestione di sostanze, tra cui contaminanti chimici e microbiologici”. Un principio affermato dall’Unione europea (CE n. 2, Gazzetta ufficiale comunità europea del 7/1/2002) destinato a rivoluzionare tutto il settore dell’acqua. L’UE stabilisce così i princìpi e i requisiti generali della legislazione alimentare e istituisce l’Autorità europea degli alimenti che “tiene conto della salute e del benessere degli animali, della salute dei vegetali e dell’ambiente...”. Perfino l’acqua per usi agricoli rientra nel tema della sicurezza alimentare. Gli inquinanti chimici in concentrazioni elevate rischiano, infatti, di entrare nel complesso ciclo della catena biologica e attraverso piante e animali possono compromettere la salute dell’uomo.
L’attenzione dell’Unione europea, e di altri organismi internazionali come l’Organizzazione mondiale della sanità, per il tema della sicurezza dell’acqua a uso umano è via via aumentata nel corso degli anni, soprattutto alla luce delle ultime evidenze epidemiologiche. Tanto che il Comitato permanente della catena alimentare dell’UE ha varato, il 16 maggio 2003, una direttiva relativa alle acque minerali che rafforza, dal 1° gennaio 2004, la legislazione sui livelli massimi consentiti per alcune sostanze indesiderabili e sull’etichettatura. David Byrne, Commissario europeo per la sicurezza alimentare ha dichiarato: “La produzione di acqua minerale è stata già sottomessa a regole comunitarie molto severe per garantire la purezza di questo tipo di acqua che deve essere immune da ogni forma di contaminazione o di inquinamento. Tuttavia, talune sostanze, trasferite naturalmente alle acque minerali a seguito di una lunga filtrazione sotterranea, possono in certi casi rappresentare un rischio a lungo termine per la salute pubblica. È necessario quindi limitare la concentrazione massima ammissibile per le sostanze indesiderabili, conformemente ai dati scientifici europei e internazionali più recenti”.
Sono 16 le sostanze, tutte di origine naturale, che dovranno essere monitorate e limitate secondo quanto prescrive l’Oms e il Codex alimentarius (il codice internazionale delle norme sanitarie). L’arsenico, per esempio (a determinate concentrazioni), può determinare un possibile rischio di sviluppare un tumore. Ebbene, fino al 2001 le acque minerali italiane potevano, secondo la legge, contenere fino a 200 microgrammi/litro (µg/l) di arsenico, mentre l’acqua di rubinetto aveva un limite massimo di 50 µg/l. A seguito dell’apertura di una procedura d’infrazione dell’Unione europea, l’Italia, seppure parzialmente, è corsa ai ripari. Ma ha fissato a 50 µg/l il limite per l’arsenico quando l’Oms e il Codex alimentarius raccomandano da tempo una concentrazione massima di 10 µg/l, limite che è stato già recepito per l’acqua di rubinetto. Altri clamorosi casi riguardano il manganese e il bario. Addirittura per taluni metalli pesanti non sono previsti limiti. Allo stato attuale, il consumatore non è in grado di sapere che cosa effettivamente contiene una bottiglia di minerale, perché non è previsto l’obbligo di indicare la composizione analitica completa delle 19 sostanze più pericolose per la salute.
Sono troppe le lacune e le zone d’ombra di un prodotto di larghissimo consumo, praticamente un sostituto dell’acqua di rubinetto. Ci sono infatti regioni dove oltre il 90% della popolazione utilizza l’acqua minerale in sostituzione dell’acqua potabile.
In questo libro non vogliamo affermare che tutte le acque minerali costituiscono un rischio per la salute. Sicuramente esistono delle ottime acque minerali che possono vantare parametri eccellenti. Ma è probabile che altre non rispettino le severe norme sanitarie internazionali, pur rispettando alla lettera la permissiva legislazione italiana.
Ma come è potuto accadere che diversi governi, non importa se di destra o di sinistra, abbiano potuto agevolare i produttori di acque minerali? E perché un paio di coraggiosi progetti di legge per mettere ordine nel settore sono stati abortiti? Che cosa hanno rischiato i consumatori, soprattutto fino al 2001 bevendo acqua con una probabile concentrazione di arsenico fino a 200 µg/l? Cercherò di rispondere a questi interrogativi cominciando dalla coraggiosa denuncia di un chimico della sperduta provincia italiana che ha messo in difficoltà le multinazionali dell’acqua minerale.
Molte stranezze si spiegano in realtà con la storia della normativa del settore che risale a una vecchia legge del 1919. L’acqua minerale naturale è stata usata in passato prevalentemente come un prodotto con caratteristiche curative. In anni più recenti la minerale è stata utilizzata soprattutto come acqua da tavola, in sostituzione dell’acqua di rubinetto. I produttori affermano che le acque minerali possono avere proprietà favorevoli alla salute, ma questa ormai non è una peculiare caratteristica che le definisce, in quanto nell’articolo 1 del Decreto Lgs. 25 gennaio 1992 n. 105 (con le modifiche riportate dal D. Lgs. n. 339/99), è espressamente riportato “...caratteristiche igieniche particolari e, eventualmente, proprietà favorevoli alla salute”.
Ma allora quali sono le caratteristiche principali e distintive di un’acqua minerale?
La minerale si differenzia dall’acqua potabile per l’assenza di qualsiasi trattamento di disinfezione. Il prodotto imbottigliato dovrebbe quindi essere di qualità superiore a un’acqua potabile, soprattutto nelle caratteristiche più evidenti come sapore e odore.
Le acque minerali, pertanto, sono generalmente più gradevoli e garantiscono l’assenza di prodotti secondari della disinfezione: in questo senso si possono considerare più “pure” rispetto a ciò che sgorga dal rubinetto. Devono, inoltre, sottostare a limiti di accettabilità per alcune sostanze definite contaminanti o indesiderabili (articolo 6 Decreto 542/92 e successive modifiche) diversi dai corrispondenti limiti per le acque potabili. Queste differenze sono originate dal fatto che le acque minerali risentono di una normativa che le accomuna alle acque termali; in passato erano prevalentemente utilizzate a scopo curativo e ne era previsto un uso limitato nel tempo. Tanto che per la valutazione delle loro caratteristiche sono, fra l’altro, previsti esami farmacologici, clinici e valutazioni degli effetti sull’organismo umano (Articolo 2, punto d, Decreto Lgs. 105/92 e successive modifiche).
Oggi, però, quasi tutti beviamo la minerale in sostituzione dell’acqua di rubinetto che, nonostante alcuni problemi, di cui parliamo nel capitolo 8 (p.151), potrebbe essere più sicura (il limite per l’arsenico è solo un esempio). Siamo tra i più grandi bevitori di minerale al mondo e in pochi anni, la relativa spesa media annua per famiglia ha raggiunto i 260 euro... “Merito” della martellante pubblicità (quasi 700 miliardi di vecchie lire nel 2002).
Insomma, quello delle acque minerali è uno dei grandi business degli ultimi anni. Alla base c’è un prodotto, l’acqua, che è un bene demaniale, naturale. Imbottigliato, distribuito e pubblicizzato arriva a costare dalle 500 alle 1000 volte in più rispetto all’acqua di rubinetto che nessuno pubblicizza, tranne qualche rara eccezione.
Cercheremo di raccontare tutto su questo settore così pervasivo da poter condizionare le scelte del Parlamento e i mass media, anche se dal punto di vista giuridico è difficile una comparazione tra le caratteristiche chimico-fisiche delle acque minerali naturali e quelle dell’acqua potabile, in quanto l’evoluzione della disciplina di settore ha dato origine a due sistemi normativi indipendenti, che ha agevolato i produttori e messo in secondo piano gli interessi dei consumatori.


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