La Stampa
 

Nel progetto anche la possibilità di uscire dall'unione
Giscard: così immagino
la Costituzione Europea
Previsto un «superparlamento» con
rappresentanti delle singole nazioni

di Enrico Singer

L'articolo 1 stabilirà il nome della Grande Europa che sta per prendere forma. L'articolo 46 - l'ultimo - fisserà le procedure per lasciarla. Sì, perché nello «scheletro» della Costituzione europea che Giscard d'Estaing ha presentato ieri è previsto anche il diritto di recesso dall'Unione. E non è la sola novità contenuta nel documento che il presidente della Convenzione ha consegnato ai 105 membri dell'assemblea chiamata a riscrivere le norme istituzionali della Ue. C'è il principio della doppia cittadinanza: nazionale ed europea. C'è una riforma del meccanismo elettorale per rendere uguale in tutti gli Stati membri il sistema di voto per il Parlamento europeo. C'è anche la comparsa di una nuova Camera: un Congresso dei popoli d'Europa che dovrebbe avere una funzione di «direzione strategica». «Questa è soltanto una cornice, una proposta da riempire di contenuti», ha detto Giscard mentre i delegati della Convenzione sfogliavano finalmente le 18 pagine del testo. Ma è anche «una tappa significativa». La Convenzione è ormai entrata nella sua fase progettuale, dopo otto mesi di «ascolto» delle diverse posizioni. E quello che Valéry Giscard d'Estaing, con i due vicepresidenti Giuliano Amato e Jean-Luc Dehaene, ha preparato è un indice del futuro «Trattato costituzionale» che è diviso in tre parti. La prima definisce che cosa sarà l'Unione di domani. La seconda stabilisce che cosa resterà in vigore della vecchia: la sorte dei 414 articoli dei precedenti Trattati. La terza fissa le regole per approvare le novità. L'augurio di Giscard è che «la tartaruga sia pronta per l'appuntamento dell'estate del 2003». Come dire che la lenta marcia della Convenzione rispetti i suoi tempi e consegni a giugno, nel vertice europeo già previsto a Salonicco sotto la presidenza greca, un testo definitivo alla Conferenza intergovernativa che dovrà poi approvarlo. E se così sarà, la speranza di firmare a Roma il Trattato della Grande Europa potrebbe diventare realtà perché alla presidenza greca seguirà quella italiana fino al dicembre del 2003. Ma il processo per trasformare in corpo costituzionale lo «scheletro» presentato ieri è appena all'inizio. E non si annuncia facile. Il primo giudizio, quasi unanime, dei membri della Convenzione al testo è positivo: «Un documento equilibrato e autorevole», lo ha definito Gianfranco Fini che rappresenta il governo italiano. Molti punti, però, sono «aperti», come ha ammesso lo stesso Giscard. A partire dal nome. Nell'ipotesi di articolo 1 ne sono proposti quattro: i tradizionali Comunità europea o Unione europea e gli innovativi Europa unita - che Giscard preferisce - o Stati Uniti d'Europa che ai più sembra una fuga in avanti. Ma i punti più controversi sono altri. L'articolo 19, per esempio. Quello che ipotizza la creazione di un «Congresso dei popoli d'Europa» che sarebbe formato da rappresentanti dei Parlamenti nazionali e dell'Europarlamento. Una specie di super-Camera da riunire in occasioni particolari di «indirizzo politico». Quali? Il documento di Giscard non lo dice. Qualcuno ipotizza appuntamenti come l'elezione del presidente della Commissione. Ma di sicuro su questa - eventuale - nuova istituzione si accenderanno delle polemiche. E così sarà sulla durata della presidenza del Consiglio (articolo 17 bis) che adesso ruota ogni sei mesi. E' chiaro che il sistema dei «semestri» è destinato a sparire. Sulle alternative, però, non c'è ancora accordo. Due anni e mezzo? Cinque anni? Anche in questo caso lo «scheletro» di Costituzione di Giscard pone il problema, ma non indica una soluzione che uscirà dal dibattito nel seno della Convenzione. Gli altri punti sensibili sono la doppia cittadinanza - europea e nazionale - che dovrà assicurare libertà di soggiorno senza più pratiche amministrative e la «clausola di uscita» dalla Grande Europa. «Il nuovo Trattato avrà una durata illimitata - ha detto Giscard - e per questo è normale prevedere un diritto di recesso per i Paesi che non volessero più fare parte dell'Unione». Nel progetto è previsto anche che uno Stato membro sia «sospeso» in caso di violazione dei «principi e dei valori fondamentali». Secondo alcuni questi meccanismi potrebbero «creare tensioni e instabilità». La questione dovrà essere risolta. Così come quella, di fondo, del rapporto tra i poteri dell'Unione e degli Stati. Giscard d'Estaing all'articolo 8 propone questa formula: «Tutte le competenze non attribuite dalla Costituzione all'Unione, rimangono agli Stati». Ma le competenze sono ancora da definire. E non è poco.

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Il Corriere della Sera
 

Il presidente della Convenzione ha presentato
lo schema della Carta per l'Unione a 25

Giscard lancia la costituzione europea
Doppia cittadinanza, nazionale e comunitaria.
E per i Paesi una «clausola di recesso»

di Marco Cremonesi

BRUXELLES - «Signori, vi presento l'architettura della futura costituzione europea». Dopo mesi di lavoro, la Convenzione compie un significativo passo in avanti: il presidente Valéry Giscard d'Estaing ieri ha illustrato ai «costituenti» quella che sarà l'ossatura della carta fondante della nuova Europa a 25 membri. La prima questione riguarda il nome. Nella bozza, Giscard ha ripreso quattro definizioni lanciate nelle scorse settimane. Si dovrà dunque scegliere tra Comunità Europea, Unione Europea, Stati Uniti d'Europa, Europa Unita.
Una novità riguarda la cittadinanza. Secondo la bozza, i cittadini europei assumeranno due nazionalità, quella comunitaria andrà ad aggiungersi a quella del Paese di provenienza. Un esempio è nella tutela dei cittadini europei nei Paesi terzi: non sarà più affare soltanto dello Stato, ma anche compito di Bruxelles. Nessun riferimento, invece, alla questione religiosa: i popolari europei avrebbero voluto un riferimento al cristianesimo. «Ma l'assenza - spiega il vicepresidente della Convenzione Giuliano Amato - non significa nulla: è possibile includere il riferimento nell'articolo sui valori dell'Unione».
Poi, si entra nel vivo della materia più delicata. In primo luogo si dovrà definire il ruolo degli Stati nazionali rispetto all'Unione. Secondo il premier britannico Tony Blair, la bozza di Giscard «ha chiarito che l'Europa dovrebbe cooperare come unione di Stati europei, non come un super Stato federale». Ma il capogruppo del partito liberale europeo Andrew Duff è di opposto avviso: il documento «consente una radicale riorganizzazione dell'Ue secondo linee esplicitamente federaliste». E l'Italia? Secondo Gianfranco Fini, rappresentante del governo alla Convenzione, la futura costituzione dovrà «assicurare più efficaci modalità di associazione dei parlamenti nazionali alle attività dell'Unione». Ma Fini pensa addirittura a «una rete di contatti interparlamentari» tra gli Stati membri, fino a creare un «pilastro interparlamentare, accanto ai tre pilastri tradizionali dell'Unione».
E poi c'è l'altro dilemma, che ruota intorno al triangolo delle istituzioni comunitarie: Consiglio, Commissione, Parlamento. Secondo il capo di Stato francese Chirac, l'Europa avrebbe bisogno di una forte presidenza del Consiglio, ben più robusta di quella attuale a rotazione semestrale. Contrarissimi i Paesi più piccoli, che in un Consiglio rafforzato vedono una minaccia per i poteri della Commissione, tradizionale argine allo strapotere degli «pesi massimi» europei.
Giscard sembra orientato verso un maggior ruolo dell'assemblea dei capi di governo, ma proprio ieri ha debuttato alla Convenzione il potente ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer. Con un messaggio esplicito: no allo strapotere dei governi. Dopo che nelle scorse settimane il premier Gerhard Schröder aveva appoggiato «con riserve» l'idea del super presidente, ieri il ministro Verde ha fornito la linea ufficiale tedesca: «Il rafforzamento del Consiglio non può farsi che nel senso di un contemporaneo rafforzamento equilibrato della Commissione e del Parlamento Ue». Ha destato scarsi entusiasmi il fatto che nel documento sia comparso il «Congresso dei popoli d'Europa», un possibile organismo composto da parlamentari europei e nazionali. Lo stesso Fini si è chiesto «se esso non complicherebbe un quadro istituzionale già molto articolato».
La bozza di costituzione prevede anche la clausola di recesso: in sostanza, dall'Europa si potrà uscire («Avrei voluto vedere che non si potesse...», ha commentato dall'Italia Umberto Bossi). Ma dall'Europa si potrà anche essere sospesi, in caso di violazione «dei principi e dei valori dell'Unione».
Per la Costituzione vera e propria, tuttavia, bisognerà attendere alcuni mesi. La Convenzione dovrebbe finire i lavori entro giugno. Poi, la parola passerà alla conferenza intergovernativa. Il ministro per le Politiche comunitarie Rocco Buttiglione si è augurato che l'iter possa concludersi entro la seconda metà dell'anno venturo, durante il semestre di presidenza italiano: «Come la prima fase del progetto europeo è partita dai Trattati di Roma, così avrebbe un elevato valore simbolico che anche la seconda fase del progetto europeo fosse sancita dai secondi Trattati di Roma».

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Il Manifesto
 

La prima uscita della Costituzione europea
Giscard d'Estaing presenta il canovaccio
della «sua» Carta: diritto di secessione,
di espulsione e un nuovo nome

di Alberto D'Argenzio

BRUXELLES - Alla sua prima uscita la nascente Costituzione europea si presenta foriera di novità: una cittadinanza europea, una terza Camera con poteri legislativi, la Carta dei diritti fondamentali finalmente inglobata nel corpus legislativo, il diritto di secessione da parte di uno Stato, ma anche la possibilità di «sospendere» chi viola i «principi ed i valori dell'Unione» e, chissà, pure un nuovo nome per la Ue. Valery Giscard D'Estaing, presidente della Convenzione sul futuro d'Europa, ha svelato ieri il canovaccio della futura Magna Charta continentale: 46 articoli per dare a tutti i cittadini dell'Unione un testo di riferimento unico, un documento utile sia per indirizzare l'architettura comunitaria che per definire la comune appartenenza ed identità europea. «Lentamente, ma con decisione, andiamo verso il nostro obiettivo», concludeva la presentazione dell'anziano statista francese.

Per ora D'Estaing ha pensato ad un testo in tre parti: la prima è quella delle disposizioni costituzionali vere e proprie, la seconda affronta il tema delle politiche dell'Unione e la loro attuazione (in sostanza una summa di tutti i testi legislativi) ed infine la terza presenta le clausole per garantire la continuità con i precedenti Trattati. Dei 414 articoli che attualmente regolano la nebulosa Ue, 205 rimarranno tali e quali, 136 verranno leggermente modificati e 73 saranno completamente riscritti.

Già dal primo articolo iniziano i problemi. A parte proporre la scelta tra una rosa di nomi - Comunità europea, Unione europea, Stati uniti d'Europa ed Europa unita, il preferito di D'Estaing -viene affrontata la definizione istituzionale di questa entità: «una Unione di Stati europei, che mantenendo la loro identità nazionale, coordinano strettamente le loro politiche a livello europeo e che gestiscono, sul modello federale, talune competenze comuni». Uno strano ibrido, una formula bizantina per non urtare le sensibilità federali e quelle confederali.

In questo modello, per ora rappresentato dal difficile e asimmetrico coesistere tra Consiglio, Parlamento e Commissione, potrebbe trovare spazio anche un «Congresso dei popoli d'Europa», formato da parlamentari nazionali, in sostanza maggior frammentazione legislativa e peso degli stati. Più utile la proposta di definire quali siano i documenti da approvare all'unanimità, come la stessa Costituzione, e quelli per cui potrebbe bastare una maggioranza di paesi che al tempo stesso rappresentino più del 50% della popolazione (doppia maggioranza). In questa maniera Trattati come quello di Nizza potrebbero entrare in vigore anche con il voto negativo di un parlamento nazionale o di un popolo, evitando che un solo paese possa bloccare il futuro dell'Unione.

Il testo dà ad uno Stato la possibilità di abbandonare il club ma pretende anche di definire un meccanismo di sospensione per i membri che violano le regole. Per dare coerenza e visibilità internazionale all'Europa, D'Estaing fa propria l'idea di un Presidente del Consiglio europeo in carica per più anni, un progetto difeso anche da Blair, Aznar, Chirac e più recentemente Schroeder.

Per la prima volta un testo comunitario affronta il tema della cittadinanza europea, da affiancare a quella nazionale, ed inoltre la lega alla Carta dei diritti fondamentali, un testo che così troverebbe finalmente uno spazio tra i Trattati. Si tratta però di un riconoscimento «simbolico», spiegava ieri Ana Palacio, membro del presidium della Convenzione, perché «evidentemente la Carta non sarebbe vincolante per gli Stati membri quando attuano all'interno delle loro competenze nazionali, ma solo quando sviluppano la legislazione comunitaria».

Per saperne di più il prossimo appuntamento è fissato per i primi mesi del 2003, assicura D'Estaing.

 

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L'Arena
 

Verso la Grande Europa
Costituzione dalle idee alla carta
Ieri il presidente Valery Giscard D'Estaing
ha svelato la prima bozza del documento

Bruxelles . Valery Giscard d'Estaing ha svelato ieri a Bruxelles la prima bozza della futura Costituzione Ue, il Trattato della Grande Europa allargata che il governo italiano vorrebbe firmare a Roma alla fine del 2003. Per ora è poco più di uno schizzo, una «mappa» che fissa alcuni confini entro i quali indirizzare il dibattito della Convenzione Ue nei prossimi mesi: ma nonostante sia soggetto a modifiche, il documento rappresenta la prima sintesi di 8 mesi di lavoro dell'Assemblea che deve ridisegnare le istituzioni europee. L'ex-presidente francese ne ha fatto trovare una copia sul banco di ciascuno dei 105 membri dell'organismo creato nel dicembre 2001 a Laeken: «La Convenzione avanza - ha esordito - e segna una tappa significativa». Lo «scheletro» definito dal presidium della Convenzione, 18 pagine, disegna un « testo unico» suddiviso in tre parti in cui sarebbero consolidati tutti i Trattati esistenti. La prima rappresenta la vera e propria architettura «costituzionale» della nuova Unione. La seconda è dedicata alle politiche ed alla loro attuazione. La terza disciplina le procedure di ratifica e revisione del Trattato.
Nei primi mesi del 2003, ha detto l'ex-presidente francese, il Presidium presenterà nel dettaglio le singole sezioni del Trattato, per poi avviarsi a completarlo. «La tartaruga della Convenzione - ha assicurato - sarà presente all'appuntamento dell'estate 2003». Positive le prime reazioni: i rappresentanti del Parlamento europeo nel Presidium, il socialdemocratico tedesco Klaus Haensch e il popolare spagnolo Inigo Mendez de Vigo, hanno sottolineato che il testo «ha l'appoggio totale» dell'Assemblea di Strasburgo. Gianfranco Fini ha definito il testo «equilibrato» e «importante per autorevolezza e contenuto»: nella visita del presidente della Convenzione a Roma, domani e giovedì, «si metterà più a fuoco quello che può essere il percorso del documento presentato oggi».

Ecco i punti essenziali del progetto di Costituzione europea presentato da Valery Giscard d'Estaing:
STRUTTURA: Lo «scheletro» del Nuovo Trattato è formato da 3 parti. Per la prima, quella delle vere e proprie disposizioni costituzionali, Giscard ha anche fornito una suddivisione in 10 titoli e 46 articoli, definendone il contenuto. La seconda parte sarà dedicata alle politiche dell'Unione (mercato interno, economia, altri settori specifici, sicurezza interna, difesa, azioni esterne) e alla loro attuazione. Per questo blocco, la «mappa» di Giscard indica solo i capitoli: sui 414 articoli dei trattati esistenti, 205 potrebbero essere mantenuti, 136 modificati e 73 riscritti. La terza parte è relativa alla continuità giuridica della nuova entità, all' abolizione dei vigenti Trattati e all a revisione e ratifica.
IL NOME: L'articolo 1 della Costituzione è centrato sul nome dell'Europa del futuro. Quattro le opzioni proposte: Comunità europea, Unione Europea, Stati Uniti d'Europa ed Europa Unita. Questa disposizione, e quelle successive, descrivono i valori e obiettivi fondamentali dell'Unione (coesione economica e sociale, creazione di un' area di libertà, sicurezza e giustizia) e fissano la personalità giuridica della nuova entità.
DIRITTI DEI CITTADINI E DOPPIA CITTADINANZA: Giscard propone che ciascun cittadino abbia una doppia cittadinanza, nazionale ed europea. Sono elencati tutti i diritti fondamentali (residenza, libera circolazione): consenso ampio all'inclusione della Carta dei diritti fondamentali nella Costituzione.
COMPETENZE EUROPEE E NAZIONALI: Una sezione del documento è dedicata a chiarire «chi fa cosa»: da un lato, le competenze delle varie istituzioni europee; dall'altro, la delimitazione delle materie e dei settori che rientrano nella azione dell' Unione e di quelle che restano a gli stati nazionali.
ISTITUZIONI: Fra le novità è prefigurata l'elezione di una Presidenza del consiglio che sarebbe diversa (per durata e poteri) dall'attuale presidenza di turno semestrale. Giscard propone anche la creazione del Congresso dei popoli d'Europa, una Camera emanazione dei Parlamenti nazionali che si affiancherebbe al parlamento europeo con funzioni consultive.
DIRITTO DI RECESSO: Il presidente della Convenzione contempla una possibile «clausola di uscita» per i paesi che non vogliono più far parte dell'Unione. Il nuovo Trattato, ha spiegato, avrà durata illimitata ed è dunque naturale prevedere che uno stato membro possa liberamente decidere di non far più parte della «famiglia».

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Il Mattino
 

La Convenzione di Bruxelles
 
Dopo otto mesi di lavoro della Convenzione, Valery Giscard d'Estaing (aiutato dai suoi vice Giuliano Amato e Jean-Luc Dehane)ha messo nero su bianco la prima bozza della nuova Costituzione europea. Quella distribuita ieri, a Bruxelles, fra i 105 componenti dell'assemblea non è ancora un progetto compiuto, piuttosto è uno scheletro, un indice del futuro Trattato. Tuttavia, i «convenzionali» lo hanno accolto come una svolta. D'ora in poi, il confronto si misurerà sui testi. A partire dalla scelta del nome della nuova Europa. Giscard ha presentato quattro opzioni nell'articolo 1 del Trattato: Comunità europea, Unione europea, Stati Uniti d'Europa e Europa unita. Anche se il nome attuale - Unione europea - sembra al momento favorito.
La struttura. Il documento di Giscard è diviso in tre parti. La prima contiene vere e proprie disposizioni costituzionali, divise in dieci titoli e 46 articoli. La seconda è dedicata alle politiche dell'Unione (mercato interno, economia, sicurezza, difesa, altri settori specifici): l'obiettivo è riordinare e semplificare in un testo unico tutte le norme esistenti nei Trattati. La terza parte si occupa delle norme e delle clausole necessarie per garantire la continuità giuridica con i Trattati già firmati.
La doppia cittadinanza. I primi articoli descrivono i valori fondamentali dell'Europa (coesione economica e sociale, creazione di un'area di libertà, sicurezza e giustizia). C'è un ampio consenso ad includere la Carta dei diritti fondamentali nella Costituzione. E Giscard lancia una nuova proposta: la doppia cittadinanza per ogni cittadino, quella nazionale e quella europea.
Competenze europee. Un'intera sezione del documento è dedicata a chiarire ciò che compete agli Stati e ciò che compete all'Unione. Non solo: ciò che è affidato ad una istituzione e ciò che invece è delegato ad un'altra. La delimitazione delle materie e dei settori affidati alla sovranità degli organismi comunitari e, viceversa, quelli che restano prerogative degli Stati nazionali, sarà una delle imprese più difficili della Convenzione.
Una nuova Presidenza. Tra le novità indicate - anche se la bozza di Giscard non entra nei dettagli - spicca l'elezione di una presidenza del Consiglio europeo diversa (per durata del mandato e poteri) dall'attuale presidenza di turno semestrale. Nella bozza viene anche proposta la creazione di un Congresso dei popoli d'Europa, cioè una Camera emanazione dei Parlamenti nazionali, che si affiancherebbe al Parlamento europeo con funzioni consultive.
Diritto di recesso. Il presidente della Convenzione contempla una ”clausola di uscita” per i Paesi che non vogliono più far parte dell'Unione. Il nuovo Trattato - ha spiegato lo stesso Giscard - avrà durata illimitata ed è dunque naturale prevedere che uno Stato membro possa liberamente abbandonare la famiglia in cui è volontariamente entrato.

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L'Unione Sarda
 

Una "grande legge"
per venticinque paesi
 

Bruxelles. «Questa Costituzione deve essere accessibile ai giovani, agli studenti, agli operai, ai lavoratori di tutte le arti». Parla con passione Valery Giscard d’Estaing illustrando «il progetto di architettura» del Testo unico, la Carta che sarà la legge fondamentale di venticinque Paesi uniti pronti ad accogliere ancora altri europei con la doppia cittadinanza. E nonostante «ci sia molto da fare», nonostante «questo sia un punto di partenza» che ha raccolto comunque «un vasto consenso, soprattutto sul riconoscimento della personalità giuridica», si capiscono già chiaramente le linee-guida. Lo “scheletro” presentato ieri a Bruxelles dal praesidium della Convenzione contiene - lo sottolinea Giscard - «disposizioni chiare e incisive, norme che dovranno essere leggibili, perché la Costituzione europea deve avere in sé forza e lirismo». Soprattutto nella prima parte, molto discussa, che traccia la definizione e gli obiettivi dell’Unione, i diritti fondamentali, le azioni, le istituzioni, la partecipazione, i rapporti con i vicini, l’appartenenza (che contempla anche la possibilità del ritiro volontario).
C’è da decidere il nome da dare al terzo blocco mondiale per abitanti (dopo Cina e India): Comunità europea, come da Trattato di Roma? Unione europea, come da Trattato di Maastricht? Stati Uniti d’Europa, come avrebbe voluto sir Winston Churchill? Europa unita, a indicare lo stato d’avanzamento del processo? Il nome ovviamente è importante, e Giscard tifa per quest’ultimo, «vigoroso in tutte le lingue».
Gli obiettivi sono elencati all’articolo 3: salvaguardia dei valori comuni, degli interessi e dell’indipendenza; promozione della coesione economica e sociale; rafforzamento del mercato interno e dell’Unione economica e monetaria; promozione di un alto livello d’occupazione e di un grado elevato di protezione sociale; livello elevato di protezione ambientale; incoraggiamento del progresso tecnologico e scientifico; creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia; sviluppo di una politica estera e di sicurezza comune, e di una politica di difesa per difendere e promuovere i valori dell’Unione all’esterno. Andando avanti si scoprono pian piano la modernità e la laicità, la concretezza e l’attenzione massima agli strumenti della partecipazione dal basso, alla sussidiarietà. E Giscard, alla fine, ringrazia uno per uno i componenti della Convenzione più illuminati, «per la dignità e l’apertura mentale». Ora si aspettano le prime reazioni - dice il presidente della Convenzione - perché il dibattito deve continuare, anche con il contributo dei cittadini. Nei primi mesi del 2003 ci saranno le prime sezioni definitive e «la tartaruga» sarà pronta in estate. Il vicepremier Gianfranco Fini è soddisfatto ma avverte: «Il Governo italiano ritiene che il futuro Trattato debba assicurare una maggiore partecipazione dei Parlamenti nazionali alla vita dell’Unione e considero una proposta molto interessante l’istituzione di un meccanismo di allarme preventivo (early warning) che consenta ai Parlamenti di partecipare più attivamente al controllo della sussidiarietà». Se ne parlerà più diffusamente domani e giovedì a Roma, quando Valery Giscard d’Estaing e Giuliano Amato incontreranno il presidente del Consiglio Berlusconi, i presidenti delle Camere, gli ambasciatori. E, fuori dal programma di Stato, anche il Papa.

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Liberazione
 

Quale sarà l'Europa del futuro?
 
Quale sarà l'Europa del futuro? Una risposta che dipende molto dall'esito dei lavori dell'Assemblea per le riforme istituzionali dell'Ue.
Ieri, il suo presidente, il francese Valery Giscard d'Estaing, ha presentato ai 105 rappresentanti dei paesi dell'Unione la mappa della futura costituzione. Il documento, una bozza nata dal lavoro di otto mesi, è divisa in tre parti: la prima è quella delle disposizioni costituzionali vere e proprie; la seconda è dedicata alle politiche dell'Unione ed alla loro attuazione; la terza è invece relativa alla continuità giuridica della nuova entità, all'abolizione dei precedenti trattati ed alle procedure di revisione e di ratifica. Molti i nodi, di carattere simbolico e di grande portata politica, che vengono affrontati. Quattro i nomi proposti da Giscard per l'Europa del futuro: Comunità europea, Unione europea, Stati uniti d'Europa ed Europa unita. Nel documento si parla anche di diritti di cittadinanza, delle competenze nazionali e europee (che in Italia sono state al centro dello scontro tra Fini e Tremonti), delle future istituzioni, per le quali si propone tra l'altro l'elezione di una Presidenza del consiglio che sarebbe diversa (per durata, mandato e poteri) da quella attuale semestrale. «I lavori dell'Assemblea - commenta il deputato europeo del Prc, Peppino Di Lello - stanno prendendo una piega formale che tende alla semplificazione della macchina decisionale. Alla fine avremo un Costituzione avanzata sul piano formale, ma mancante dei diritti sostanziali. L'impianto sociale e economico temo proprio sarà quello di Maastricht, di forte segno liberista».

Sempre sul fronte dell'Europa, ieri a Copenaghen c'è stata un incontro tra il presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, il presidente di turno dell'Ue, il premier danese Anders Fogh Rasmussen, e i tredici paesi candidati ad entrare nell'Unione europea. Prodi ha spiegato i dettagli del mandato ricevuto dai quindici paesi già in carica per concludere - il prossimo dicembre - i negoziati con i primi dieci promossi. Ma le condizioni poste sul piano economico non sono delle migliori. E c'è già chi protesta. Come il caso della Polonia. Al centro della polemica i pagamenti diretti agli agricoltori, che verrebbero erogati con una percentuale del 25% rispetto a quelli percepiti dai Quindici, fino a raggiungere il 100% nel 2013. «Una transizione troppo lunga», ha protestato il premier polacco, Leszek Miller. «Non siamo ingiusti», ha ribattuto Prodi. Ma le preoccupazioni dei paesi che stanno per fare il loro ingresso nell'Ue, restano.

Se le condizioni miglioreranno dipenderà anche dalla Costituzione. Un'occasione per confrontarsi con il progetto presentato da Giscard arriva già domani, quando il presidente dell'Assemblea sarà in visita in Italia, dove incontrerà Berlusconi, Ciampi e il Papa. E nel tardo pomeriggio sarà al Senato con Pera per discutere de «Il ruolo dell'Europa nel mondo del XXI secolo».

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Il Tempo
 

Giscard presenta la bozza della Costituzione
Potrebbe essere firmata nel 2003

La Grande Europa è più vicina
Doppia cittadinanza, il nome da
scegliere. Fini: testo equilibrato

BRUXELLES - Valery Giscard d'Estaing ha svelato ieri a Bruxelles la prima bozza della futura Costituzione Ue, il Trattato della Grande Europa allargata che il governo italiano vorrebbe firmare a Roma alla fine del 2003. Per il momento è solo «mappa» che fissa alcuni confini basilari entro i quali indirizzare il dibattito della Convenzione Ue nei prossimi mesi: ma nonostante sia preliminare e soggetto a modifiche, il documento rappresenta la prima vera sintesi di 8 mesi di lavoro dell'Assemblea che deve ridisegnare le istituzioni europee.
L'ex-presidente francese ne ha fatto trovare una copia sul banco di ciascuno dei 105 membri dell'organismo creato nel dicembre 2001 a Laeken. Lo «scheletro» definito dal presidium della Convenzione — 18 pagine — disegna un testo unico suddiviso in tre parti in cui sarebbero consolidati tutti i Trattati esistenti. La prima rappresenta la vera e propria architettura «costituzionale» della nuova Unione. La seconda è dedicata alle politiche ed alla loro attuazione. La terza disciplina le procedure di ratifica e revisione del Trattato.

EUROPA UNITA O STATI UNITI D'EUROPA? — Giscard propone, all'articolo 1 del suo documento, quattro nomi per l'Europa del futuro: i tradizionali «Comunità europea» ed «Unione europea» e le novità «Europa unita» (che il presidente della Convenzione preferisce) e «Stati Uniti d'Europa». Il primo blocco della Costituzione sarà anche il più controverso. Oltre ad incorporare la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione (o un esplicito richiamo ad essa), definirà le competenze esclusive dell'Unione, quelle condivise con gli stati nazionali e le aree in cui i paesi membri manterranno le proprie prerogative. Giscard prefigura che ciascun cittadino abbia una doppia cittadinanza, nazionale ed europea. Fra le innovazioni spicca la creazione di un Congresso dei Popoli d'Europa, una Camera aggiuntiva formata da rappresentanti dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo che non avrebbe funzioni legislative ma di direzione strategica. Il progetto di Costituzione «sfiora» appena il delicato tema di un Presidente del Consiglio Europeo, una figura che soppianterebbe la presidenza di turno semestrale per un mandato più lungo. È una riforma appoggiata da paesi come Francia, Regno Unito e Spagna ma avversata dai «piccoli», che temono lo strapotere dei «grandi»: la sua inclusione nella bozza è però già un segnale. Un'altra novità è la sezione dedicata alla «vita democratica dell'Unione», che prevede fra l'altro una procedura uniforme in tutti gli stati membri per le elezioni del parlamento europeo.

FINI: DOCUMENTO EQUILIBRATO ED AUTOREVOLE — Il documento di Giscard segna l'avvio di una nuova fase della Convenzione, in un progressivo avvicinamento al prodotto finale. Nei primi mesi del 2003, ha detto l'ex-presidente francese, il Presidium presenterà nel dettaglio le singole sezioni del Trattato, per poi avviarsi a completarlo. Positive le prime reazioni alla bozza. Gianfranco Fini ha definito il testo «equilibrato» ed «importante per autorevolezza e contenuto»: nella visita del presidente della Convenzione a Roma, domani e giovedì, «si metterà un po’ più a fuoco quello che può essere il percorso del documento che e stato presentato oggi».

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Il Manifesto - 6 dicembre 2002
 

"Una democrazia federale"
Prodi presenta la proposta della Commissione
europea. No alla figura del presidente

di Anna Maria Merlo

Romano Prodi, ieri di fronte agli euro-deputati, è stato drastico: l'istituzione di un presidente dell'Europa «creerebbe più problemi di quanti ne risolverebbe». La Commissione, che presentava ieri il proprio contributo alla Convenzione per la riforma delle istituzioni in vista di un'Europa a 20-30 paesi, si è fatta la paladina di se stessa, con un progetto di stampo federale, con poteri accresciuti per l'esecutivo di Bruxelles. Per dare un «volto» all'Europa sulla scena internazionale, la Commissione propone di nominare un «segretario dell'Unione», che sarà anche vice-presidente della Commisisone con il ruolo di un ministro degli esteri. La proposta federalista della Commissione mira a combattere la posizione di alcuni grandi paesi, Francia, Gran Bretagna e Spagna (ma non la Germania), che propongono la nomina di un «presidente», deciso dal Consiglio, che non farebbe che accentuare l'intergovernativo, definito da Prodi «fonte di inefficacia». I lavori della Convenzione dovrebbero concludersi in primavera. Per il momento, varie proposte alternative sono in discussione.
La polemica sul «presidente» ha in questo periodo ampio spazio, anche perché è simbolica. Se devo telefonare all'Europa, non so chi chiamare, è la famosa frase di un segretario di stato statunitense. Tutti sono così d'accordo sul fatto che l'Europa debba avere un «volto», anche perché ormai dopo Maastricht l'Unione assume compiti di governo in vari settori e ha quindi bisogno di un esecutivo più forte della Commissione attuale. Ma chi, tra la Commissione e il Consiglio, avrà il diritto di accedere alla «presidenza»?
«Lo status quo non è un'opzione - ha ammonito ieri Prodi - ancora meno con l'allargamento». I dirigenti europei devono agire per «fare dell'Europa una superpotenza che parla con una sola voce». Per la Commissione, è il presidente della Commissione, legittimato dall'elezione fatta dal parlamento europeo (a maggioranza di due terzi) e confermato dal Consiglio europeo dei capi di stato e di governo, che deve concentrare i poteri, coadiuvato da un «segretario dell'Unione» a capo della diplomazia europea, con un periodo di «poteri transitori» senza diritto d'iniziativa, ma poi liberato dalla tutela del Consiglio per accedere a un'azione «autonoma». Questa proposta taglia l'erba sotto i piedi all'idea di Jacques Chirac, Tony Blair e José Maria Aznar, di nomina di un «presidente» da parte del Consiglio, in carica per alcuni anni (la Francia vorrebbe addirittura che questo presidente presiedesse il collegio dei commissari). Secondo questa posizione, il presidente scelto dal Consiglio (quindi dai governi) dovrebbe essere una personalità europea di primo piano (sono stati fatti i nomi di Vaclav Havel e di Jacques Delors). Prodi ribatte che questo ruolo deve essere assunto dalla Commissione, che avrà la doppia legittimazione del voto parlamentare e del gradimento del Consiglio, e potrà così agire in piena autonomia. In contropartita, l'esecutivo europeo sarà responsabile non solo, come ora, di fronte ai deputati, ma anche di fronte al consiglio, che potrà sfiduciarlo. Attualmente, il presidente della Commissione è designato dal Consiglio, che si pronuncia per consenso, e anche l'Alto rappresentante per la politica estera (ora Javier Solana) risponde al Consiglio e non alla Commissione. La Commissione, contro il parere dei grandi paesi e del presidente della Convenzione Giscard d'Estaing, ritiene che la rotazione semestrale della presidenza del Consiglio dei ministri possa continuare a funzionare (per il Consiglio europeo e quello Affari generali, mentre per gli altri settori potrebbe diventare annuale).

La Commissione sposa così le tesi dei federalisti, già riprese dalla proposta di Costituzione firmata dallo stesso Prodi (ma che resta solo «documento di lavoro», poiché non è stato messo al voto dei commissari). «Difendiamo una Commissione forte capace di assumere il ruolo di governo europeo» ha dichiarato il presidente del gruppo parlamentare socialista, Enrique Baron Crespo. L'elezione del presidente della Commissione da parte del parlamento (che potrebbe preludere un'elezione diretta da parte dei cittadini), rafforzerebbe «la legittimità democratica, l'autorità e l'efficienza della Commissione», oltre a «ravvivare l'interesse dei cittadini dell'Unione nelle elezioni europee».

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Il Corriere della Sera - 6 dicembre 2002
 

Acceso il dibattito in Commissione. Il progetto non andrà alla Convenzione.
Parigi e Berlino: «Negoziati con la Turchia nel 2005»
«Europa, prima democrazia sovranazionale»
Nella stesura definitiva del piano per l'Ue, Prodi
mette un riferimento ai «valori spirituali e morali»

di Gianna Fregonara

BRUXELLES - Dopo uno stillicidio di anticipazioni, ieri è stato il giorno del debutto ufficiale di «Penelope», il progetto di Costituzione europea preparato in gran segreto da un gruppo di lavoro nella Commissione europea, su impulso di Romano Prodi. Un debutto un po' travagliato che ha messo in agitazione il presidente della Convenzione Valery Giscard d'Estaing, ministri degli Esteri come il britannico Straw e il francese de Villepin, europarlamentari e persino i commissari. La riunione della Commissione che mercoledì sera doveva dare l'ok al progetto presentato da Prodi (insieme ad altri due commissari che rappresentano la commissione nella Convenzione, Barnier e Vitorino) è stata lunga e complicata. Alla fine la Commissione ha approvato il documento politico generale. Ma il progetto per articoli - che contiene l'attuale diritto europeo e le norme per le istituzioni dell'Unione del futuro e che costituisce la vera novità - non è stato neppure discusso nei dettagli. Addirittura Prodi ha spiegato che «non sarà distribuito ai 105 rappresentanti della Convenzione perché è un contributo di lavoro, un'ipotesi giuridica, un esercizio di studio». E soprattutto, «non impegna politicamente la Commissione».
Ma tant'è, il documento è al centro della discussione. Con la sua forte tendenza federalista che ha il cuore nella Commissione e nel suo presidente, la tela di Prodi ha creato più di una riserva. Non a caso il commissario dell'euroscettica Gran Bretagna, Neil Kinnock, nella discussione dell'altra sera, ha ottenuto che venisse tolta la clausola di «non ratifica»: quella che prevede che i Paesi dell'attuale Unione che non approvano la Costituzione, dovranno considerarsi come autoesclusi dalla Ue.
Prodi ieri ha spiegato e rispiegato i punti salienti del suo progetto, per quella che definisce «la prima democrazia sovranazionale» del mondo. No al superpresidente europeo che porterebbe alla paralisi, al ricatto politico: «Sarebbe un passo indietro», meglio continuare con la rotazione semestrale. Sì a un presidente della commissione fortemente legittimato, eletto dal Parlamento - rafforzato nei suoi poteri - e confermato dal consiglio, con un vice che diventa il ministro degli Esteri dell'Unione e siede anche nel consiglio. Scompare il diritto di veto, che lascerebbe il posto al voto a maggioranza e alla codecisione tra Consiglio e Parlamento per le nuove «leggi europee». Diventano più stringenti le norme per la mutua difesa europea.  Nella versione definitiva uscita su Internet ( http://europa.eu.int), il presidente della Commissione ha aggiunto un riferimento ai «valori spirituali e morali» ispiratori dell'Europa, che mancava nel testo consegnato ai commissari. Per ora comunque il dibattito politico si sposta altrove, in vista del vertice di Copenaghen (12-13 dicembre). La Turchia, che spera di ottenere una data per l'inizio dei negoziati per l'ingresso, ieri ha ottenuto un risultato importante: Francia e Germania chiederanno che possano iniziare a metà del 2005. Per Prodi, la «Turchia rimane uno dei Paesi candidati».

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La Stampa - 6 dicembre 2002
 

Ha illustrato ieri alla convenzione il suo progetto politico
Prodi sfida Giscard sulla
presidenza della futura Europa
Ipotizza una figura eletta dall'Europarlamento
anziché nominata dai governi nazionali, che
sia espressione di una Commissione forte

La guerra dei presidenti. Romano Prodi l'ha aperta sotto gli occhi attenti di Valéry Giscard d'Estaing che lo hanno scrutato durante tutti i dodici minuti del suo intervento di fronte alla Convenzione europea. Da una parte il presidente di un esecutivo forte, eletto dal Parlamento con una maggioranza dei due terzi dei voti. Dall'altra il presidente dell'Unione - anzi, il «presidente dell'Europa unita», per usare la formula cara a Giscard - nominato dai governi degli Stati membri. Il primo è al centro della costruzione istituzionale proposta dalla Commissione. Il secondo è ipotizzato da un asse di Paesi ancora non consolidato, ma che può contare su sponsor potenti: dalla Francia all'Inghilterra, dalla Spagna all'Italia. E come in ogni guerra che si rispetti è esploso subito anche un fronte interno. Perché l'idea di accompagnare la «comunicazione» di 22 pagine, discussa e approvata dalla Commissione, con un «documento di studio» di ben 177 pagine che veste il progetto politico nella forma di un vero e proprio Trattato costituzionale, ha provocato malumori nella stessa compagine del collegio Prodi. Con almeno tre commissari - Mario Monti, Loyola de Palacio e Neil Kinnock - che l'hanno criticata. Malumori tenuti a freno da una puntigliosa precisazione di Prodi e dei due commissari - Michel Barnier e Antonio Vitorino - che fanno parte della Convenzione: quella «simulazione di Costituzione» è stata pensata e realizzata soltanto come un «contributo tecnico». Tanto che è finita su Internet e non agli atti. «Meglio così», ha detto Giuliano Amato, che della Convenzione è vicepresidente, perché «è la Convenzione che deve preparare la nuova Costituzione e se avessimo ricevuto una bozza già bella e pronta e per di più approvata dalla Commissione non sarebbe stato appropriato». Incidente diplomatico sfiorato, insomma. Comunque bloccato. Ma, secondo alcuni, addirittura montato come una cortina fumogena per confondere i contorni veri dello scontro che è sulla sostanza della divisione dei poteri. In ogni caso, una dimostrazione di quanto sia dura la battaglia sul modello della nuova Unione che è appena cominciata.
Sulla sostanza del progetto illustrato da Prodi la reazione della Convenzione arriverà soltanto alla fine di gennaio, quando il dibattito affronterà le questioni istituzionali. Ci sono punti della «comunicazione» - che da queste colonne avevamo anticipato sabato scorso - sui quali l'intesa si annuncia generale. Per esempio sulla necessità di passare alle decisioni a maggioranza nel futuro Consiglio che sarà a 25 Stati. «In politica il veto diventa ricatto», ha detto Romano Prodi per sostenere la sua proposta. Ma sul nodo dei poteri del presidente della Commissione e del presidente del Consiglio i fronti sono contrapposti. Prodi ieri ha trovato l'alleanza di quel gruppo di Paesi che alla fine di novembre si erano ritrovati a cena per prendere posizione contro il super-presidente dell'Unione. A tavola erano in dodici: Belgio, Olanda, Lussemburgo, Grecia, Austria, Finlandia, Portogallo, Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca. Più la Germania in posizione di «osservatore». Da quella cena è uscito un documento di cinque pagine firmato da tre Paesi - Belgio, Olanda e Lussemburgo - che è stato adesso consegnato ufficialmente alla Convenzione. I punti di contatto con il progetto Prodi sono tanti. Il documento suggerisce un presidente della Commissione «eletto dal Parlamento europeo con una maggioranza dei tre quinti dei voti», un esecutivo «responsabile di fronte al Parlamento e al Consiglio» e il «potere esclusivo di iniziativa legislativa» riservato alla Commissione. Ma, soprattutto, si pronuncia «contro la creazione di nuove istituzioni», come sarebbe un presidente stabile del Consiglio dell'Unione.
Anche l'altro «fronte», però, è in movimento: ieri è venuta allo scoperto soltanto Ana de Palacio, ministro degli Esteri di Madrid. Ha detto che la Spagna «resta convinta della necessità di un presidente della Ue». E di sicuro non rimarrà isolata.

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Il Mattino - 6 dicembre 2002
 

Una struttura più «federale»
con separazione dei poteri

il presidente presenta la
sua riforma istituzionale

di Antonio Foresi

Doveva essere la giornata di Romano Prodi, nel gran dibattito sull'avvenire dell'Europa che coinvolge e accende la classe politica di tutti gli Stati-membri dell'Unione e dei Paesi che dell'Unione vogliono far parte, dall'Estonia alla Turchia. Soltanto l'Italia sembra distratta, s'interessa pochino - vuoi mettere con una bella esternazione di Umberto Bossi. E Prodi ha presentato idee sicuramente ambiziose, per la nuova «architettura» europea, che per certi versi echeggiano l'ispirazione della primissima Comunità, quella del Carbone e dell'Acciaio, e la sua Alta Autorità così autonoma rispetto al peso dei governi.
Il progetto di Prodi ha in ogni caso il pregio di fare chiarezza istituzionale. In un sistema che ai tempi del Trattato di Roma aveva il dono dell'originalità - ma era il 1957 - ormai da anni la commistione dei poteri impedisce ai cittadini di capire chi fa che cosa, chi sia il responsabile: se il Consiglio, che rappresenta i governi e detiene finora le competenze più forti, o la Commissione o il Parlamento. Ora l'Europa può optare per Montesquieu e la separazione dei poteri: il Consiglio e il Parlamento sono titolari del potere legislativo (come una Camera degli Stati e una Camera dei popoli) e finalmente con funzioni paritetiche; la Commissione è unica depositaria del diritto d'iniziativa e responsabile unica del potere esecutivo.
Al centro della struttura istituzionale dell'Unione, il progetto mette la Commissione, erede impoverita dell'Alta Autorità, dandole prestigio, influenza, anche prerogative mai avute. D'altronde la Commissione è per antonomasia l'organismo più sovranazionale, più «federale». Prodi le attribuisce una doppia responsabilità, davanti al Consiglio e davanti al Parlamento, dunque una «doppia legittimità». E ribalta il meccanismo di nomina del presidente: non più nominato dai governi e confermato dal Parlamento, ma eletto dal Parlamento e confermato in seconda battuta dal Consiglio. Questo implica un suo ascendente politico su tutta l'Unione Europea.
Per ciò stesso, Prodi entra in rotta di collisione con una tendenza ormai abbastanza diffusa alla Convenzione e in diverse cancellerie: dotare l'Ue di un presidente unico, che sia a capo contestualmente del Consiglio europeo (espressione dei governi) e della Commissione, per una durata di cinque anni o di due annie mezzo. Un rischio potenziale sarebbe il soffocamento della Commissione sotto un giogo inter-governativo. Romano Prodi non solo punta alla centralità della Commissione, come abbiamo visto, ma vuole che la presidenza del Consiglio resti affidata alla rotazione semestrale. Sicché quando gli Stati-membri saranno 25 o più, il presidente del Consiglio europeo finirebbe per esecitare soltanto una sbiadita routine. E nel Consiglio sarebbe abolito l'obligo all'unanimità (cioè il diritto di veto).
La Commissione, del tutto naturalmente, assumerebbe anche la gestione della politica estera, con un personaggio cui spetterebbe il rango di vice-presidente, scelto ovviamente dai governi, chiamato a rispondere al Consiglio ancora per un periodo transitorio di dieci anni, prima di diventare «rappresentante unico dell'Unione» sulla scena mondiale.  Una struttura insomma estremamente ambiziosa. Difficilissimo che il trio dell'ABC, Aznar, Blair, Chirac, possa accettarla in toto. Può avere tuttavia il sostegno della Germania (anche se ieri il ministro degli Esteri Fischer si è detto favorevole all'ipotesi del «presidente unico»). Di sicuro ha il sostengo del Benelux e di tutti i Paesi piccoli che si sentono garantiti dalla centralità della Commissione. Dunque, di queste idee, si dovrà tener conto quando si negozierà il compromesso finale per l'architettura della nuova Europa.

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Il Secolo XIX - 6 dicembre 2002
 

Ha consegnato il piano alla Convenzione Ue
Prodi disegna la nuova Europa
Obiettivo: costruire la prima democrazia sovranazionale
Bocciato il super-presidente nominato dai governi

di Francesco Cerri

Una Commissione sempre più governo europeo, un superministro degli Esteri Ue, abolizione del voto all'unanimità fra i governi, e un forte, secco «no» all'idea di un super-presidente dell'Unione promossa da Tony Blair, Jacques Chirac e Josè Maria Aznar. Sono alcuni dei pilastri della nuova Europa disegnata da Romano Prodi in un documento che ha consegnato formalmente a nome della Commissione di Bruxelles alla Convenzione Ue: l'Ue, ha indicato il professore bolognese davanti all'Europarlamento, «sarà la prima grande democrazia sovranazionale del mondo». Prodi ha duramente attaccato la proposta del super-presidente dell'Unione, che dovrebbe essere nominato dai governi: creerebbe - ha detto davanti agli eurodeputati - più problemi di quanti ne risolva. «E' chiaro, ha aggiunto, che questa carica aprirebbe una falla nella nostra struttura istituzionale». Prodi ha usato anche l'arma del sarcasmo per combattere il progetto Blair-Aznar: «A chi dovrebbe rispondere il presidente dell'Unione? e soprattutto che cosa farebbe per 360 giorni all'anno quando il consiglio non è riunito e George Bush non lo chiama?» ha ironizzato citando un commento del premier belga Guy Verhofstadt. Prodi ha quindi proposto di mantenere l'attuale sistema di rotazione per la presidenza dei vertici Ue, del Consiglio affari generali e dei rappresentanti permanenti, e di introdurre una nuova formula per le altre formazioni, con l'elezione di un presidente che resti in carica per un anno. In alternativa al "super-presidente" l'Europa proposta da Prodi punta su un rafforzamento del "governo" transnazionale che è, di fatto, per l'Ue la Commissione di Bruxelles. Stando alle proposte del professore il suo presidente dovrebbe essere eletto direttamente dall'Europarlamento «con almeno i due terzi dei voti e a scrutinio segreto», e poi confermato dai capi di Stato e di governo. Il contrario di quanto avviene per ora. Il presidente della Commissione, secondo il progetto di Prodi, avrebbe il potere di scegliere «di concerto» con i governi i commissari e il futuro "superministro" degli Esteri dell'Ue: Prodi ha proposto infatti di istituire la figura di un Segretario dell'Unione, che avrebbe anche la carica di vicepresidente della Commissione, e soprattutto sarebbe «il rappresentante unico dell'Unione in politica estera». Le proposte di Prodi, che saranno discusse questa mattina dalla plenaria della Convenzione, hanno ottenuto già ieri l'appoggio di una netta maggioranza in seno all'Europarlamento, che ha chiuso con un lungo applauso il suo intervento. Ppe e Pse, i due grandi gruppi politici dell'aula europea, hanno dato il loro appoggio alle proposte di Prodi: «Siamo dalla parte della Commissione», ha detto il capogruppo degli europopolari Hans Gert Poettering. Sostegno all'impianto della riforma proposto da Prodi è venuto anche dai capigruppo Pse e Eldr Enrique Baron e Graham Watson. Critiche al progetto di Prodi sono invece venute, come previsto, dagli euroscettici. Prodi non ha invece presentato formalmente ieri il "documento Penelope", come la stampa ha ribattezzato nei giorni scorsi la "bozza di costituzione" preparata dagli esperti giuridici della Commissione. Su questo documento sarebbero emerse divergenze fra i commissari europei, hanno indicato fonti dell'esecutivo. Ieri Prodi ha precisato che il "documento Penelope"è solo «un esercizio tecnico, uno studio di fattibilità». «Per evitare equivoci alimentati da notizie di stampa», Prodi ha tenuto a chiarire che il documento non rappresenta una presa di posizione formale della Commissione, «non è stato sottoposto né a discussione né tanto meno ad approvazione del collegio, il quale non è quindi politicamente responsabile del suo contenuto». «A fini di trasparenza», ha però annunciato Prodi, la bozza Penelope da ieri sera può essere letta da tutti su internet.

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