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30 giugno 1960
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Patria Indipendente
30 giugno 1960
Millenovecento
30 giugno 1960: la rivolta di Genova
di David Tonello
mentelocale.it
30 giugno 1960: filo spinato a Genova
di Laura Santini
Il Lavoro - Repubblica
Quei giovani protagonisti della politica
di Salvatore Vento
Il Secolo XIX
Il giorno dello sdegno nei ricordi di chi c'era
di Silvio Ferrari
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Da Patria Indipendente
- dicembre 2002
30 giugno 1960
di A. C.
Una pagina di storia genovese e di memoria
nazionale, da chi era in piazza quel giorno del 30 giugno 1960, per non
dimenticare. Giorno in cui l'MSI, in cerca di legittimazione, organizza il suo
congresso nazionale a Genova, città Medaglia d'Oro della resistenza. La
popolazione si ribella e scende in piazza a migliaia. Protagonisti sono i
portuali, che partecipano agli scontri più duri, i partigiani che prendono le
decisioni tattiche, "i ragazzi con le magliette a righe", i più giovani, che per
la prima volta si affacciano sulla scena politica. Accanto a loro gli operai di
Ponente, gli intellettuali, le donne. Ci saranno scontri durissimi con le forze
dell'ordine, morti e feriti.
Il presidente del consiglio, Tambroni, sarà costretto a dimettersi e il governo
cadrà. Per la prima volta la sommossa del 30 giugno 1960 viene raccontata da chi
partecipò e le parole dei protagonisti arricchiscono la narrazione di ricordi,
particolari personali che danno ai fatti lo spessore e la profondità che a volte
i libri di storia non riescono a dare. Sono ben 19 interviste che i protagonisti
di quegli eventi hanno rilasciato a Lucia Compagnino e che sono riportate
integralmente nel libro. Le interviste fanno rivivere il clima di quei giorni
dell'insurrezione di Genova.
Un libro veramente interessante.
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Da
Millenovecento
- ottobre 2002
30 giugno 1960:
la rivolta di Genova
di David Tonello
Nel giugno del 1960 il
Movimento sociale ebbe la malaugurata idea di organizzare il congresso nazionale
a Genova, città medaglia d’oro alla Resistenza. La reazione non si fece certo
attendere: migliaia di manifestanti occuparono le piazze: partigiani, studenti,
lavoratori portuali, operai, intellettuali furono protagonisti di scontri
tremendi con le forze dell’ordine; scontri che lasciarono sul campo un discreto
numero di morti e feriti. Dopo una breve introduzione storica, la parola passa
ai protagonsiti: venti interviste a persone che quel giorno c'erano e se lo
ricordano.
Un particolare significativo di quella giornata è che, oltre alle vittime degli
scontri, caddero anche il governo e il presidente del consiglio Tambroni. Come
dire che il motto historia magistra vitae, talvolta, non è veritiero.
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Da
mentelocale.it del 19 luglio 2002
30 giugno 1960:
filo spinato a Genova
di Laura Santini
...Io non c’ero e forse proprio
per questo ho apprezzato questo libro-testimonianza dal formato comodamente
tascabile.
È proprio quando si è assenti che le cose sfuggono nel loro senso più profondo,
nelle motivazioni intime che le hanno determinate. Questo libro colma il vuoto
di memoria di chi non si ricorda, di chi non ha voglia di ricordare e di chi non
c’era e fino ad oggi non ha saputo. La storia è piena di zone grigie, ma forse
se chi c’era fosse stimolato, come in questo caso, a raccontare dal suo punto di
vista, molti fatti prenderebbero corpo e voce avvicinando in modo immediato alla
realtà storica tutti gli assenti e presunti tali.
In poco più di centocinquanta pagine, attraverso venti interviste raccolte da
Lucia Compagnino, si ripercorrono le vicende politiche dell'Italia dei primi
mesi del 1960 che, Alessandro Benna si premura di ricostruire nella sua breve e
chiara "Introduzione storica".
In sintesi, i venti personaggi-testimoni, uomini e donne impegnati a vario
titolo in politica, raccontano come si arrivò alla grande manifestazione del 30
giugno 1960, detta "dei centomila" per l'enorme affluenza, e agli scontri
successivi che, in chiusura, scoppiarono tra dimostranti e reparti della
polizia. "Manca la controparte", ho obiettato proprio con Benna una volta letto
il libro. Pronta la sua risposta: "Molti sono morti, e quei pochi che abbiamo
rintracciato si sono negati adducendo varie scuse".
Come dicevo nel 1960 non c'ero, ma a luglio dell'anno scorso (2001), come tanti,
ero a Genova e il filo spinato che nel '60 limitava l’accesso ad alcune zone
della città, le camionette delle forze di polizia, i lacrimogeni e la
desolazione nelle strade dopo gli scontri sono cose che non ho difficoltà a
figurarmi.
Nel '60 una massa eterogenea di persone (per fede politica, classe sociale e
fascia generazionale) si compatta contro la svolta a destra del governo italiano
(governo Tambroni). E, in particolare, Genova tutta si ribella alla provocazione
missina di tenere il sesto congresso nazionale del partito (MSI) proprio nella
città medaglia d'oro alla Resistenza, che con le sue sole forze si era liberata
dal Fascismo. Dire "destra" allora era sinonimo di violenze, deportazioni e
soprusi del regime che qualcuno portava ancora addosso o aveva vissuto molto da
vicino attraverso nonni e genitori.
I lati che accomunano quell'occasione lontana ai fatti dell'anno scorso
giacciono soprattutto in due elementi: nel compattarsi di un movimento di
protesta eterogeneo nei presupposti ma unitario nella volontà di opporsi
attraverso la manifestazione e, purtroppo, nell'epilogo, fatto di scontri, di
morte (Carlo Giuliani) e delle varie violenze di strada e no (Bolzaneto, Scuola
Diaz). Nella Genova del 2001 si sono aggiunti i "black block" o meglio i
devastatori, che scorazzavano a piccoli gruppi sfasciando ogni cosa sul loro
cammino e minacciando o addirittura picchiando chi tentava di fermarli.
Non si tratta di continuità ma di ricorso storico, certo oggi come allora chi
c'era sente di aver preso parte a un momento di svolta profonda che ha
modificato le nostre coscienze.
Poco prima che uscisse questo volume, mi è capitato di leggere un altro libro
dedicato a fatti di storia recente, Lettere a Marta. Ricordi e riflessioni (Il
Mulino 1992) scritto da Antonio Giolitti: in parte cronaca familiare, in parte
resoconto di anni cruciali della vita e delle scelte politiche della sinistra
italiana. Attraverso questi due soli testi improvvisamente mi è sembrato di
cogliere alcuni tratti delle incertezze e di alcune incongruenze della sinistra
di oggi. Di tutto questo però non ho trovato accenno o traccia in alcun
quotidiano nonostante negli ultimi tempi, si sia tanto parlato della crisi in
atto nella sinistra italiana. Troppo spesso tale crisi è stata velocemente
liquidata attraverso il paragone con lo stato attuale della sinistra europea. Ma
ho la sensazione che è nella storia e, in particolare, nella storia nazionale,
almeno in certi casi, che vadano rintracciati fatti, motivazioni e atteggiamenti
passati per spiegare in modo più coerente alcuni fenomeni dell'attualità
politica odierna.
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Da Il Lavoro - Repubblica
del 30 giugno 2002
L'intervento
Quei giovani protagonisti della politica
di Salvatore Vento
Il 30 giugno 1960 è senz'altro una data simbolo della storia sociale genovese. Ad appena quindici anni dalla Resistenza i suoi protagonisti sono in gran parte attivamente impegnati nei sindacati, nei partiti e nelle istituzioni. I partigiani, ormai uomini maturi, furono i primi a dare l'allarme contro la proposta di svolgere a Genova il congresso del Msi. Sandro Pertini, nell'infuocato comizio tenuto in Piazza della Vittoria la sera di due giorni prima, disse che non si potevano tradire gli ideali della lotta di Liberazione. I nostri sobillatori affermò Pertini sono i fucilati del Turchino, della Benedicta, dell'Olivella e di Cravasco, sono i torturati alla Casa dello studente che risuona ancora delle urla strazianti delle vittime, delle grida e delle risate sadiche dei torturatori. Il 3 luglio Pertini scrive su il Lavoro: "Mai come oggi ci siamo sentiti tanto orgogliosi di essere legati a questa Genova, fiera, operosa, forte. A questa Genova che ha dato un esempio di coraggio civico e di dignità agli indifferenti."
Sandro Pertini interpretò perciò i sentimenti della maggioranza dei cittadini che decise di schierarsi. Ma, mentre la partecipazione operaia e sindacale alle lotte faceva parte della tradizione di una città fortemente sindacalizzata e politicizzata, suscitò stupore l'enorme coinvolgimento giovanile, che passò alla storia come la generazione delle magliette a strisce; i cronisti dell'epoca calcolarono in circa la metà la presenza di giovani dai 17 ai 25 anni. Eravamo in piena era di "boom economico" i giovani venivano definiti teddy boys, cioè protesi verso un inarrestabile processo di americanizzazione. Che cosa spinse tanti giovani a scendere in piazza? Quali legami con la precedente generazione della Resistenza? Sono momenti in cui nell'arco di poco tempo maturano consapevolezze prima sommerse e si accelera la costruzione di un'identità collettiva. Antonio Negro, ex dirigente
anarco-sindacalista della Camera del lavoro di Sestri ponente, si rivolse ai giovani con parole commosse: ho vissuto le grandi giornate antifasciste di giugno, scrisse Negro, e nell'assistere a ciò che avete saputo fare, nel constatare quali ideali siano stati acquisiti dalla vostra coscienza, mi sono reso conto dell'eredità che è trasmigrata da una generazione all'altra. Di eguale tenore la lettera di Don Agostino Delle Piane, parroco di Barbagelata: "le nostre piaghe sono ancora aperte. La memoria dei caduti partigiani vive nel nostro cuore, e collegandoci a questo sacro ricordo invitiamo i partigiani liguri, di tutte le formazioni, a non dimenticare le promesse fatte".
Ritorna con forza il tema della memoria quale fattore di creazione di identità e di stimolo alla mobilitazione collettiva.
Qualcuno nel ricordare il 30 giugno ha voluto accostarlo alle manifestazioni del G8: si tratta di dinamiche e motivazioni completamente diverse, anche se qualche analogia è sempre possibile rilevarla. Il primo fu un movimento nazionale facilmente collegabile con la storia precedente e con una particolare tradizione, il secondo ha caratteristiche internazionali ed è una lotta per globalizzare i diritti umani dove però i gruppi giovanili non hanno ancora trovato un canale di comunicazione efficace con le organizzazioni storiche (partiti e sindacati). Il dato comune è la riscoperta della dimensione politica da parte dei giovani.
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Da Il Secolo XIX
del 25 giugno 2002
GENOVA 30 GIUGNO 1960. La città in piazza per dire no
al congresso del Movimento sociale. E’ guerriglia urbana
Il giorno dello sdegno
nei ricordi di chi c’era
Tre anticipazioni dal libro intervista "30 giugno 1960"
di Alessandro Benna e Lucia Compagnino (Fratelli
Frilli editori) che domani approda in libreria
di Silvio Ferrari
GENOVA. Il libro 30 giugno 1960 -
la rivolta di Genova nelle parole di chi c’era - costruito da Alessandro Benna e
Lucia Compagnino e pubblicato proprio in questi giorni da Fratelli Frilli editori (pp. 158,
€ 6 ,50 ), è di quelli destinati comunque ad occupare un rilievo, per contenuto e metodologia. Soprattutto nella Genova che ripensa a quella data, dopo tanti anni che, per converso, ha alle spalle la recentissima prova del luglio 2001, cioè le giornate del G8.
Ragionando del metodo va evidenziato che i due curatori dell’opera compongono appunto la sostanza della loro ricerca dando voce - in forma di intervista - a diciannove persone (fra cui anche alcuni personaggi) che, come dice il sottotitolo, appunto c’erano e hanno occupato scampoli di quelle giornate della storia contemporanea di Genova e d’Italia, chi prendendo per la prima volta coscienza del proprio posto sociale e politico al mondo, chi assumendo un ben preciso ruolo dirigente, già occupato da scelte generazionali di vita e militanza politica che affondavano le loro radici dentro la lotta di liberazione e il biennio 43/45, la vera discriminante storica della partecipazione di tanti uomini e donne alla storia di Genova nel XX secolo.
Se si aggiunge che all’articolazione di queste vivaci e mai reticenti testimonianze di protagonisti, fa da corposo preambolo una prefazione tutta biografico-morale di
Pino Cacucci dal sintomatico titolo
Odio gli indifferenti e un introduzione storica firmata da Alessandro Benna che analizza e valuta criticamente gli spunti e i giudizi storici che nel giugno di due anni fa, costituirono la sostanza del convegno organizzato da più soggetti e a più voci, appunto nel quarantesimo anniversario dei fatti di Genova, si ha la misura più chiara dell’impegno dichiarato esplicitamente dagli autori di fare del testo una testimonianza storica "mirata", nel senso più nobile della parola.
E infatti dal modo in cui si integrano e si succedono - come in uno scorrimento di sequenze cinematografiche di buona fattura documentaria - le risposte dei 19 intervistati, davvero l’ossatura della sinistra politica e culturale di quei giorni, il lettore coglie come dalle parole di quei sindacalisti e futuri sindaci, professori e futuri assessori, portuali e futuri consoli di compagnia, militanti già provetti e futuri dirigenti politici o "sovversivi" e magari futuri "condannati" (proprio per quegli episodi), emerga, anzi divampi di fronte a noi la portata antagonistica e categoria di quella rivolta genovese: intreccio di collera sociale, sdegno politico e pragmatismo di conduzione, fino alla dimensione del successo che siglò l’esito.
Il congresso dei missini non si fece, né a Genova né a Nervi. E la città fu ancora una volta protagonista di un sussulto che fa ancora discutere dopo tanti anni. Certo con la raccolta di queste memorie si è messo un bel tassello nella custodia critica della Genova del XX secolo.
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