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a signora dell'acero rosso
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Prontolibri
La signora dell'acero rosso
di Stefano Termanini
 

onnivora.net
La signora dell'acero rosso
di Enza Mancino

 

 


  

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Da Prontolibri del maggio 2002

La signora dell'acero rosso

 

di Stefano Termanini

È questo un libro problematico, scritto tutto d'un fiato. Dario G. Martini, che tanto si è impegnato nella scrittura di testi esortativi, rivolti ai giovani, nella tessitura di omaggi della speranza e della indomita voglia di affermare il proprio pensiero, nonostante tutto, ha scritto, con La signora dell'acero rosso, un monologo filato e sconvolgente, in cui ha dato un'altra prova della limpidezza del suo stile teatrale e della sua attenzione verso i problemi (anche quelli più "spinosi") del vivere quotidiano.

 

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Da onnivora.net del luglio 2001

La signora dell'acero rosso

 

di Enza Mancino

Si rimane turbati e profondamente scossi dalla lettura di questo monologo di G. Martini che ti costringe ad emettere un giudizio, visto che il verdetto del tribunale giudicante non viene manifestato.

L'imputata, La Signora dell'Acero Rosso, viene processata perché "ad un certo momento" (la protagonista ha difficoltà a ricordare il momento in cui tutto comincia) dedica la propria vita ad una attività del tutto inconsueta: la "terapia sessuale" a favore di persone gravemente disabili.

La protagonista giustifica il suo operato (in questo modo mi va di definirlo poiché non si evince dal suo monologo se si tratti di vocazione oppure - quello che è cominciato così come per caso, come un raggiro di cui sembra vittima in quanto costretta da un genitore che la implora a soddisfare le voglie di un figlio, che dopo un grave incidente rimane vivo solo "dalla cintola in giù" - di una professione, dal momento che non viene assolutamente accennato ad alcun compenso economico) visto che si interroga sul perché in una società dove "il sesso impazza, ovunque, dilaga, si smercia in diretta a ogni angolo, s'insinua da sexy shop in ogni piazza, ogni strada, ogni vicolo, s'affaccia dalle edicole, dalle vetrine, dalle finestre, si fa virtualmente via internet, si fa al telefono chiamando lo zero-zero-cinque, contatto immediato, godimento assicurato, si fa nei bar, sulle auto, nei cinema, nei sottoscala, si fa nei modi più impensati e con le varianti più complicate ed aberranti - bisex, trisex, plurisex, ultrapuerilsex, ultralongevosex, ultrasuperanimalsex - l'unica a dare scandalo, per il sesso, sia io."

Certo, come detto, questo romanzo turba il lettore, poiché mette a dura prova quei pre-concetti e pre-convinzioni secondo cui spesso si è portati a considerare le persone disabili come privi di sessualità, assimilando l’handicap al concetto di asessualità.

Anche lo stile utilizzato assume particolare interesse: il racconto non è altro che un "monologo" dove i protagonisti sono tanti: il pubblico ministero fisicamente non presente e rappresentante un po' l'accusa, colui che assolutamente condannerebbe la signora: Il pubblico ministero dice: "lei afferma di aver voluto aiutare i ragazzi portatori di handicap. Ammettiamo per ipotesi – solo per ipotesi, badi – che il movente dichiarato sia attendibile. E le ragazze ? Chi dovrebbe pensare alle ragazze ? Altri sessuomaniaci, come lei ?"; il Giudice, anch'esso non presente fisicamente ma di certo fortemente coinvolto visto che emetterà la sentenza. Ma la sentenza non viene fuori, la sentenza verrà data da ogni singolo lettore perché esso stesso rappresenta il giudice del brano di Dario G. Martini; ed infine Lei, la signora, La Signora dell’Acero Rosso, l'unica presente che parla, argomenta, si mette in discussione, puntualizza, analizza, tace, rievoca, accenna, si emoziona, conclude...: "L’acero mi ha restituito lucidità, non sono più confusa adesso... Se il pubblico ministero qualche volta si ricordasse di non essere soltanto un inquisitore, cercherei di fargli capire che il mio uscire dalla norma può essergli sembrato tanto estremo, tanto provocatorio, tanto sconvolgente, solo perché siamo tutti intorpiditi, intorpiditi dalle menzogne, signor giudice, intorpiditi dall’ipocrisia, intorpiditi da una serie ininterrotta di sottili, perfidi inganni". La signora dell’acero rosso non è da condannare.





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