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Alfa e Beta
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Liberazione
Forza Italia e le bombe del
'92-'93
di Tonino Bucci
Nuovi Mondi Media
"Alfa e Beta" e i silenzi
della stampa
di Marco Agosta
La Nuova Sardegna
La storia di un'inchiesta e
dei suoi due imputati eccellenti
Godot News
Quando l'Italia faceva i
conti con "Alfa e Beta"
di Maria Chiara Esposito
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Da Liberazione
del 29 gennaio 2004
Un libro di Simone Falanca analizza gli anni
della nascita del partito di Berlusconi
Forza Italia e le bombe del '92-'93
La principale forza politica del nostro paese vede la luce dopo
due anni di grave crisi politica-istituzionale e di attentati mafiosi
di Tonino Bucci
Una strana spirale di bombe e attentati fa da costellazione
alla crisi che sconvolge il sistema politico ed economico italiano tra il 1992 e
il 1993. Del clima di confusione e disgregazione di quegli anni non si fa cenno
nei
discorsi celebrativi che, a un decennio di distanza, rievocano la nascita di
Forza Italia. Di una ricostruzione storica di quello che già allora viene
chiamato passaggio dalla “prima” alla “seconda” repubblica, neanche a parlarne.
Eppure quella transizione - che iniziò, non a caso, mettendo in discussione le
due discriminanti repubblicane, la Costituzione e l’antifascismo - «è avvenuta
seguendo una tragica spirale di stragi e bombe-messaggio, una criptica
dialettica al tritolo tra ristretti gruppi d’interesse di cui conosciamo
solamente gli esecutori materiali». A fare il quadro storico della fase politica
del periodo è Simone Falanca, giornalista e autore di Alfa e Beta.
Cosa c’entrano Berlusconi e Dell’Utri con la stagione delle bombe 1992-93? (Fratelli
Frilli Editori, pp. 232, euro 13,00) - una dettagliata e documentata
ricostruzione, seguita dal materiale accumulato nell’inchiesta della procura di
Caltanissetta a carico dei due dirigenti di Forza Italia, accusati di «reato di
concorso in strage per finalità terroristica e di eversione dell’ordine
democratico».
Mentre il paese è investito da una crisi economica profonda - il debito pubblico
aumenta a ritmi esponenziali -, la classe politica cade sotto i colpi della
magistratura che indaga sulla corruzione e sui rapporti tra politica e
imprenditoria. La propaganda contro i partiti, gli strali e le invettive che da
ogni parte vengono lanciati contro le tradizionali formazioni politiche di massa
lasciano il segno. Le elezioni del 5 e 6 aprile 1992 puniscono i partiti storici
e rendono ormai visibile «il malessere crescente della società civile nei
confronti delle forze politiche tradizionali e dei leader nazional-popolari. In
questo contesto altamente destabilizzato, Cosa Nostra decide di varare una nuova
strategia: diventati ormai definitivi gli ergastoli del maxiprocesso di Palermo
(30 gennaio 1992), i boss decretano la condanna sia per i vecchi referenti
politici che non hanno mantenuto i patti (la Dc di Giulio Andreotti e Salvo
Lima), sia per i giudici e i magistrati che hanno condotto le indagini e le
inchieste dei maxiprocesso».
I boss mafiosi scelgono la via militare, alla ricerca di un ruolo politico
diretto e autonomo, mentre ai vertici delle istituzioni si crea un vuoto di
potere. Andreotti si dimette da presidente del consiglio in piena crisi
Tangentopoli il 24 aprile, seguito il giorno successivo dal presidente della
Repubblica Francesco Cossiga che lascia sotto la minaccia d’impeachment per il
caso Gladio. La spirale militaristica della mafia è impressionante. Il 12 marzo
viene trucidato per le vie di Palermo il luogotenente andreottiano in Sicilia
Salvo Lima e, nel settembre successivo, Ignazio Salvo, altro esponente
democristiano vicino allo statista. Tocca poi ai protagonisti dell’Antimafia,
«gli artefici degli ergastoli del maxiprocesso», a Giovanni Falcone, fatto
saltare in aria con la sua auto nella strage di Capaci il 23 maggio, e a Paolo
Borsellino il 19 luglio. Non soltanto la mafia sarebbe interessata a
destabilizzare il quadro politico, ma anche pezzi di destra europea e italiana
aspirerebbero ad «un nuovo ordine generale - confida al giudice bolognese
Leonardo Grassi il detenuto Elio Ciolini, già condannato per depistaggio - con i
relativi vantaggi economico-finanziari dei responsabili di questo nuovo ordine
deviato massonico politico culturale, attualmente basato sulla
commercializzazione degli stupefacenti».
Nel ’93 la spirale drammatica degli eventi non accenna a diminuire. A metà
gennaio, mentre si insedia a Palermo il nuovo capo della procura, Giancarlo
Caselli, viene arrestato il boss mafioso Totò Riina - con l’inquietante
particolare che la sua abitazione resterà inspiegabilmente senza vigilanza per
diversi giorni, fino ad essere svuotata d’ogni cosa. Ricevono avvisi di garanzia
sia Martelli - per il crack Ambrosiano - sia Andreotti - per associazione a
delinquere di stampo mafioso. Si dimetterà anche il Gran maestro della
massoneria di Palazzo Giustiniani a Roma, Giuliano Di Bernardo, perché «era
venuto a conoscenza che settori deviati della massoneria, di concerto con
ambienti mafiosi, stavano progettando alcune stragi». Il 21 aprile cade il
governo presieduto da Giuliano Amato. L’incarico di formare il nuovo governo
passerà nelle mani di Carlo Azeglio Ciampi. Il 13 maggio il Senato concede
l’autorizzazione a procedere nei confronti di Giulio Andreotti. Inizia in questo
periodo la «seconda parte della campagna stragista di Cosa Nostra»: via Fauro a
Roma, obiettivo dichiarato Maurizio Costanzo; via dei Georgofili a Firenze, non
distante dalla galleria degli Uffizi; via dei Sabini a Roma, davanti a Palazzo
Chigi, via Palestro a Milano. L’obiettivo che la mafia perseguirebbe, attraverso
questi “messaggi”, è ricontrattare con lo Stato le norme sui pentiti, i
risultati del maxiprocesso, la fine del carcere duro (l’articolo 41 bis). Ma,
nella ricostruzione di Falanca, emergono anche altri ruoli, altri livelli più
profondi, un insieme di interessi che si sarebbero coagulati in un quadro
complessivo. Non è escluso il peso del quadro internazionale, ad esempio di una
«iniziativa antieuropea americana», testimoniata da un documento del Pentagono
del ’91: «dissuadere i paesi industriali avanzati da qualsiasi tentativo che
miri a contestare la nostra leadership». In questo scenario avrebbe, per un
momento, preso forza il progetto di creare formazioni politiche regionalistiche,
Leghe meridionali, nelle quali la mafia avrebbe avuto un ruolo diretto. Ma il
progetto cade con l’ingresso in campo di Forza Italia. Cosa c’entrano Berlusconi
e Dell’Utri?
«Una delle ipotesi che giornalisticamente parlando è lecito fare è che proprio
la discesa in campo degli uomini Fininvest, con a capo due figure chiave come
Berlusconi e Dell’Utri, possa aver convinto gli uomini di Cosa Nostra a recedere
dalle proprie intenzioni di immischiarsi sul terreno della politica in prima
persona. Figure chiave sia per i presunti contatti di Berlusconi e Dell’Utri con
rappresentanti delle famiglie palermitane nella Milano degli anni ’70, sia per i
trascorsi non del tutto chiari di Berlusconi da massone nella Loggia coperta P2,
loggia filo-atlantica che aveva rapporti con la criminalità organizzata e più
volte al centro di gravi scandali politici e finanziari, come il fallito Golpe
Borghese e il crack del Banco Ambrosiano».
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dei libri
Da Nuovi Mondi
Media
del 28 gennaio 2004
"Alfa e Beta"
e i
silenzi della stampa
di Marco Agosta
Venerdi 23 gennaio alla Libreria “Archivi del 900” di Milano
è stato presentato il libro "Alfa e Beta" di Simone Falanca. "Alfa
e Beta" è la storia dell’ inchiesta aperta nel 1998 dalla procura di
Caltanissetta a carico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, accusati di
“reato di concorso in strage per finalità terroristica e di eversione
dell’ordine democratico”, in pratica di essere i “mandanti esterni” delle stragi
di mafia di Capaci e via D’Amelio del 1992.
L’inchiesta, è bene precisarlo prima di incorrere in querele, che di questi
tempi paiono essere molto di moda, è stata archiviata nel 2002, anche se in
circostanze poco chiare e con motivazioni discutibili. Ma qualcuno ne hai mai
sentito parlare di quest’inchiesta? La risposta è retorica: pochissimi. A
maggior ragione quindi un libro su un argomento così scottante dovrebbe
suscitare ancor più curiosità, e invece alla presentazione era presente non più
di una dozzina di persone.
Come mai così scarso interesse? Quella che sarebbe dovuta essere una serata
dedicata alla mafia e alla misteriosa stagione delle bombe del 92-93, si è
trasformata in un dibattito sulla censura. Ospite illustre della serata è stato
il giornalista, ex parlamentare, ora esponente di “Opposizione civile”, Elio
Veltri, il quale ha introdotto il dibattito paragonando l’attuale situazione a
quella della Resistenza; neanche allora, secondo Veltri, si era ridotti a una
situazione di clandestinità come quella odierna. Il fatto che non si sappia
nulla di una simile inchiesta e che la presentazione di un libro come quello di
Simone Falanca venga ignorata da tutti gli organi di stampa, rappresenterebbe
un’ anomalia in uno stato democratico. L’irrespirabile clima di censura è
diventato il leitmotiv degli interventi, così Veltri ha raccontato la sua
esperienza e quella di suoi collaboratori come Travaglio, tra querele, minacce e
il rischio di dover sborsare cifre esorbitanti e quindi interrompere la propria
attività di giornalista, anche nel caso di perdere una sola delle cause in cui
viene coinvolto quotidianamente chi al giorno d’oggi esprime critiche a
Berlusconi e Dell’Utri.
Il dibattito sulla censura si è poi allargato ad altri esempi inquietanti come
quello sull’ ultima intervista a Paolo Borsellino prima della sua morte,
intervista che giunse nelle mani dei giornalisti di RAINEWS tramite la vedova
Borsellino, i quali la proposero ai telegiornali di RAIUNO e RAIDUE: la risposta
degli allora direttori Gad Lerner e Mimum fu “Non fa notizia”. Sotto pressioni e
minacce di querele, l’intervista fu poi trasmessa solo a notte fonda sul
satellite. Borsellino parlava di riciclaggio del denaro sporco di Cosa Nostra
nel Nord Italia e citava espressamente Vittorio Mangano, e i suoi rapporti con
Berlusconi e Dell’Utri. Ancora una volta viene ribadita l’anomalia italiana:
un’intervista di questa rilevanza, in qualsiasi Paese del mondo sarebbe uno
scandalo, da noi sono in pochi a conoscerla. Non a caso fu fatta da due
giornalisti francesi e oggi l’abisso tra la censura interna e gli attacchi ormai
sistematici della stampa straniera sembra essere sempre più grande.
Altro ospite della serata è stato Carlo Gubitosa, giornalista freelance,
pioniere della controinformazione online e fra i fondatori dell’ associazione
Peacelink. Ricordando la spaventosa concentrazione dei mass media italiani, tra
il duopolio televisivo che egli ha polemicamente definito “SIPRA/PUBLITALIA” e
il tripolio della stampa (RCS / Gruppo l’Espresso / Mondadori) è passato
anch’egli all’elenco di alcuni esempi di censura, fra cui un episodio di cronaca
che avrebbe sicuramente fatto scalpore, quanto meno a livello locale, ma che è
stato invece incredibilmente ignorato da tutti i giornali, tranne “Il Giorno”.
Il fatto risale allo scorso Ottobre quando alle 6 di una Domenica mattina, una
donna di 34 anni è vittima di un incidente stradale. Le sue condizioni sono
molto gravi. Nell’ altra vettura coinvolta siede un ragazzo di 23 anni che
rifiuta il ricovero in ospedale.
Nella sua macchina sono stati trovati della cocaina, una siringa e un
cucchiaino. L’auto viene ispezionata dai vigili urbani, la sostanza viene
sequestrata, ma sorprendentemente il fascicolo non viene inviato in Procura per
la convalida della perquisizione sul veicolo, giunge al magistrato di turno solo
4 giorni dopo l’incidente e in una versione a dir poco laconica: una ventina di
righe che non indicano né la via dell’incidente, né le modalità e neppure se la
donna fosse a bordo di un’auto o a piedi. Il ragazzo che era al volante si
chiamava infatti Marco Dell’Utri ed è il maggiore dei figli di Marcello Dell’Utri.
Prendendo la parola per ultimo, l’ autore di Alfa e Beta, che non è un libro di
fantapolitica, ma una fedele ricostruzione delle indagini, ha spiegato come la
famosa versione ufficiale della trattativa fra Stato e mafia voluta da Riina sia
assai poco credibile, molto più attendibile sarebbe invece l’ipotesi di una
trattativa fra la mafia e esponenti dei servizi segreti deviati ed esponenti
Fininvest. Le dichiarazioni dei vari pentiti illustri, da Cancemi a Brusca,
parlano tutte di presunti contatti fra Cosa Nostra e Berlusconi e Dell’Utri
tramite l’onnipresente Mangano durante la stagione calda del 92-93, alla vigilia
della famosa “scesa in campo”. La debolezza di queste accuse è dovuta al fatto
che quasi tutte le notizie rivelate sono “de relato”, cioè apprese da altri e
hanno quindi una minor importanza a livello processuale. Secondo i pm di
Caltanissetta che gestivano l’indagine comunque le dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia erano coerenti e convergenti su molti punti. In
proposito l’autore di Alfa e Beta Simone Falanca ha spiegato che Luca Tescaroli,
uno dei 3 pm, propendeva per il rinvio a giudizio di Berlusconi e Dell’Utri , ma
poi Giovanni Tinebra, ai tempi procuratore capo di Caltanissetta, smentì i suoi
tre pm ed a sorpresa nella sua richiesta d’archiviazione credette alla versione
secondo cui Forza Italia sarebbe diventata operativa solo agli inizi del 1994.
Il caso vuole che Giovanni Tinebra pochi mesi dopo venga promosso dal governo
Berlusconi a direttore del DAP (dipartimento dell’amministrazione
penitenziaria). Ma questa è un‘altra storia.
Al termine della presentazione resta un quesito posto da Gubitosa, e cioè se al
giorno d’oggi tra bestseller esposti all’autogrill in mezzo alla frutta e alla
verdura, scrivere un libro per pochi sia motivo di vergogna oppure di vanto.
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dei libri
Da La Nuova
Sardegna
del 10 dicembre 2003
La storia di un’inchiesta e dei
suoi due imputati eccellenti
L’archiviazione decisa dai magistrati di Caltanissetta
lascia aperti interrogativi inquietanti
«Alfa e Beta» di Simone Falanca (Fratelli
Frilli Editori, 230 pagine, 13,00 euro) è la storia dell'inchiesta aperta
dalla Procura di Caltanissetta a carico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri,
accusati di «reato di concorso in strage per finalità terroristica e di
eversione dell'ordine democratico», in pratica di essere i «mandanti esterni»
delle stragi di mafia del terribile biennio 1992-93. «Alfa e Beta» è la storia
di un'archiviazione che invece di chiarire ogni dubbio non fa che aumentare le
incertezze, le inquietudini: «Gli atti del fascicolo hanno ampiamente dimostrato
- scrive il gip Tona - la sussistenza di varie possibilità di contatto tra
uomini appartenenti a Cosa Nostra ed esponenti e gruppi societari controllati in
vario modo dagli odierni indagati [Berlusconi e Dell'utri]. Ciò di per sé
legittima l'ipotesi che, in considerazione del prestigio di Berlusconi e Dell'Utri,
essi possano essere stati individuati dagli uomini dell'organizzazione quali
eventuali nuovi interlocutori». Ma «la friabilità del quadro indiziario impone
l'archiviazione».
Anche a Firenze era stata aperta e poi archiviata per scadenza dei termini
d'indagine un'inchiesta su Berlusconi e Dell'Utri come «mandanti occulti», e il
giudice fiorentino Soresina nell'atto d'archiviazione affermò come
indiscutibilmente sia esistita «un'obiettiva convergenza degli interessi
politici di Cosa Nostra rispetto ad alcune qualificate linee programmatiche
della nuova formazione [Forza Italia]: articolo 41 bis, legislazione sui
collaboratori di giustizia, recupero del garantismo processuale asseritamente
trascurato dalla legislazione dei primi anni 90». Tant'è che nel corso delle
indagini «l'ipotesi iniziale [di un coinvolgimento di Berlusconi e dell'Utri
nelle stragi] ha mantenuto e semmai incrementato la sua plausibilità».
Il libro di Falanca, oltre a riportare integralmente il decreto di
archiviazione, traccia un affresco del contesto storico-politico della stagione
delle stragi, ricostruisce uno spaccato credibile e coerente della transizione
tra «prima» e «seconda Repubblica». L'autore, mettendo in fila le dichiarazioni
dei pentiti, le sentenze, e diverse inchieste giornalistiche, dimostra come
dietro quella criptica dialettica al tritolo tra ristretti gruppi d'interesse
(di cui conosciamo solo gli autori materiali) non ci sia stata solo una
inconfessabile trattativa tra Cosa Nostra e lo Stato. Le stragi rientravano in
una strategia più vasta che prevedeva la destabilizzazione del Paese per
favorire la nascita di una nuova forza politica che sostituisse la Democrazia
Cristiana, partito di governo per 40 anni, letteralmente implosa dopo le
indagini sulla corruzione di Mani Pulite. Ed è così che emerge
inconfondibilmente il ruolo che hanno giocato i Servizi Segreti italiani ed
esteri, la massoneria, i settori deviati dello Stato, eredi di quello Stato
parallelo che 20 anni prima avevano insanguinato l'Italia con la strategia della
tensione. «Alfa e Beta» è la storia di una verità che fatica ad emergere,
nonostante il grande lavoro degli inquirenti e le recenti scoperte che vanno
proprio in direzione del piano di destabilizzazione più vasto. «Alfa e Beta» è,
infine, una storia che ci riguarda tutti, un pezzo della storia italiana che
stiamo scoprendo solo ora, nonostante le archiviazioni.
Simone Falanca collabora con diversi new media indipendenti italiani pubblicando
articoli e numerose inchieste.
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dei libri
Da Godot News
del 9 dicembre 2003
Quando l'Italia faceva i
conti con "Alfa e Beta"
di Maria Chiara Esposito
Il giovane mediattivista cagliaritano Simone Falanca è
in uscita in questi giorni con il suo secondo libro, dedicato alle indagini
della procura di Caltanissetta a carico di Berlusconi e Dell'Utri. Il libro,
come il precedente 'Banche armate alla guerra', è pubblicato dai
Fratelli Frilli Editori, e contiene una prefazione dello storico Nicola
Tranfaglia.
'Ognuno di noi è responsabile di tutto dinanzi a tutti', scrive Dostoevskij e,
non a caso, queste parole sono riportate nel frontespizio del nuovo libro di
Simone Falanca, Alfa e Beta. Cosa c'entrano Berlusconi e Dell'Utri con la
stagione delle bombe 1992-93?. Simone Falanca, ventiquattrenne cagliaritano,
è un mediattivista e questo è già il secondo libro che pubblica in un anno.
Sempre nella collana 'In movimento' dei Fratelli Frilli Editori, era uscito nel
2003 'Banche armate alla guerra', a proposito degli scenari politico-finanziari
che fanno da sfondo all'ancora attualissima 'guerra infinita'.
Il suo nuovo saggio, pubblicato con una entusiastica introduzione di Nicola
Tranfaglia, riguarda, invece, la politica e la storia nazionale degli ultimi
dieci anni e si muove, almeno apparentemente, su uno è uno scenario tutto
italiano. È la storia dell'archiviazione, nel maggio del 2002, dell'inchiesta
aperta dalla procura di Caltanissetta a carico di Silvio Berlusconi e Marcello
Dell'Utri, accusati di essere i 'mandanti esterni' delle stragi di mafia del
1992, in cui morirono i giudici Falcone e Borsellino.
Delle 220 pagine del libro ben 154 sono dedicate ai documenti, tra cui l'intero
decreto di archiviazione.
'In realtà scenario interno ed internazionale sono collegati, la matrice è la
stessa' dice Falanca. 'Il libro è scomodo per questo. L'entità che sta dietro le
stragi del '92-'93 è sopra gli attori nazionali. Berlusconi imprenditore era
osservato dal Dipartimento di Stato statunitense già dagli anni '60. Si può
tracciare un filo conduttore tra la situazione politica italiana dei primi anni
novanta e la 'strategia del primato' elaborata dal Pentagono nel 1991 in un
documento riservato, il Defence Policy Guidance'.
Come si rapporta, essendo così giovane, ad argomenti tanto
complessi, attuali e con attori così 'grandi'?
Mi sento portato per il lavoro di inchiesta, anche se lo svolgo a livello
amatoriale. Non sono un giornalista, ma lavoro con rigore ed ho un alto senso
civico. Questo libro l'ho scritto più per dovere che per moralismo o
giustizialismo, davanti all'archiviazione e alle dichiarazioni del collaboratore
Giuffrè. Eppure non sono Marco Travaglio!'
Ha definito 'Alfa e Beta' un 'libro scomodo': e' stato
difficile pubblicarlo ora? Come l'ha accolto l'editore?
'Con l'editore ho un bel rapporto diretto. Non si aspettava il successo del
primo libro, pensava che fossi un pazzo, ma 'Banche armate alla guerra' ha
venduto bene e non ci sono state denunce. Allora la prima stampa fu di ottocento
copie, adesso ne sono state prenotate e stampate 2500. Del resto le mie
affermazioni sono documentate e a prova di verifica, anche se questo spesso non
basta. La situazione dei media in Italia è nota e ne parlano anche all'estero,
anche il Times ne ha scritto. L'Italia, in questo senso, è come la Russia di
Putin...'
Cioè?
'Nel senso che lui fa chiudere i giornali che non gli piacciono.'
Si sente uno che rischia?
'Mi espongo molto e più di quanto avrei voluto. Sono un mediattivista e lavorare
nel mondo dell'informazione in Italia vuol dire fare i conti con Berlusconi…'
Forse per questo, nell'introduzione, Tranfaglia parla di
'dominio mediatico', ma anche di 'un' Italia civile e democratica che lavora
alla ricerca della verità'…
'Sì, Tranfaglia ha accolto ed avvalorato la mia ricostruzione degli
avvenimenti del biennio 92-93. Lui è uno storico, moderato e non di parte, ed ha
apprezzato il mio lavoro sui documenti e soprattutto la loro pubblicazione. Ci
tengo a dire che è stato molto generoso con me: è impegnatissimo ma ha davvero
letto il libro e ne è stato entusiasta. A Torino farò con lui una
presentazione!'
Visto che i livelli politici micro e macro appaiono
collegati, quando passerà alla dimensione regionale con un'inchiesta
sull'attualità sarda?
'C'è una storia molto interessante che riguarda la nostra isola, ma so già
che non la potrò raccontare. La Sardegna ha un notevole legame con i servizi
segreti deviati, qui sono stati addestrati i militanti della loggia segreta
'Gladio' e ancora ci vivono due gladiatori. La prima indagine da fare in
Sardegna riguarderebbe il mondo militare: se vogliamo conoscere la storia del
nostro paese dobbiamo conoscere la geopolitica dal '45 in poi. Ma mi chiedo
perché i giornalisti non si occupino di argomenti tanto importanti per la storia
degli Italiani'.
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