Caffaro. Storia della presa di Almeria e Tortosa

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La presa di Almeria e Tortosa
di Stefano Termanini

 

 

 


 

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Da Prontolibri del 25 ottobre 2002

Caffaro

La presa di Almeria e Tortosa

 

di Stefano Termanini

La seconda crociata, combattuta tra il 1147 e il 1148, si sarebbe conclusa con una disfatta della parte occidentale. I Genovesi non vi presero parte: non c’era, infatti, nulla da conquistare, negli obiettivi dei crociati, che potesse essere interessante per i Genovesi, che consentisse loro di attestarsi sul fronte mediterraneo e di guadagnare nuove posizioni commerciali.

Inoltre, ai Genovesi parevano più sguarnite, più bisognose di un’azione di consolidamento, le aree occidentali, ove, specialmente nell’area delle Baleari, il predominio commerciale pisano era indiscutibile. Prosecuzione, in un certo senso, del volume precedente, è la Storia della presa di Almeria e Tortosa, dello stesso Caffaro che documenta, appunto, una scelta alternativa a quella della crociata in Oriente. Scontrandosi contro i mori, i Genovesi partecipavano pur sempre al grande programma di repressione degli infedeli bandito dal papa a Clérmont, mezzo secolo prima. Avevano, dunque, una giustificazione morale quasi pari (e comunque prodotta sullo stesso piano) a quella dei crociati che partivano per l’Oriente.
Accordi con Alfonso VII, re di Castiglia, garantivano loro 1/3 delle città che avrebbero prese. Per Almeria, città allora floridissima, ricca soprattutto per via dell’arte tessile e quale centro della compravendita degli schiavi, si mantenne valido lo stesso trattato, rinnovato nelle stesse proporzioni. La presa della città non fu immediata. I Genovesi, che già avevano facilmente saccheggiato Minorca, mettendo fine a una sorta di privilegio esclusivo dei Pisani in quest’area, minacciarono Almeria, il cui re offrì centotredicimila marabottini, una ricchezza davvero enorme, in cambio della pace. L’assedio, seguito a un primo sanguinoso assalto costiero e al fallimento delle trattative, viene narrato da Caffaro nei particolari. I Genovesi dovettero ricorrere all’arte delle macchine da guerra, di cui erano rimasti, insieme ai Veneziani, tra i pochi raffinati intenditori in Occidente. Almeria fu conquistata e predata. Nella battaglia, secondo Caffaro, perirono ventimila saraceni. Nel luglio 1148, avuto 1/3 di Almeria, infeudato al cittadino Ottone di Buonvillano, i Genovesi mossero verso Tortosa, la cui presa fu più facile. La città capitolò il 30 dicembre di quell’anno.
Tutta questa storia, raccontata da Caffaro, viene presa in esame, sotto molteplici punti di vista, da Marina Montesano e Gabriella Airaldi nei due saggi che precedono la riedizione italiana del testo.


 

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