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Campo Ligure. Il patrimonio
artistico
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Il Secolo XIX
Tesori a Campo Ligure
di Lucia Compagnino
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Da Il Secolo
XIX del 5 marzo 2003
Tesori a Campo Ligure
Un volume per scoprire
l'arte della Valle Stura
di Lucia Compagnino
Campo Ligure: non solo filigrana. Nonostante il borgo della
Valle Stura sia famoso sin dal Medioevo per i suoi raffinati gioielli fatti di
sottilissimi fili d’oro e d’argento (tradizione ancora oggi ben viva con 20
laboratori in attività, un’annuale Mostra Nazionale e un Museo della Filigrana),
esistono anche molti altri motivi per visitarlo. E sono tutti elencati in un
libro fresco di stampa, "Campo Ligure. Il patrimonio artistico" di
Simone Repetto (Fratelli Frilli Editori, pag. 150, € 15).
Fortemente voluto dall’amministrazione comunale del paese e sponsorizzato dalla
Provincia di Genova, il volume documenta le ricchezze storico-artistiche di
Campo Ligure, fino ad oggi soltanto oggetto di studi parziali. Un catalogo
ragionato di monumenti architettonici, sculture e dipinti, dal più illustre al
più umile, intrecciato alla narrazione della storia secolare del borgo, che si
propone anche come necessario punto di partenza per un lavoro di recupero e
riscoperta che in alcuni casi appare davvero urgente.
Ecco allora, sul territorio del paese costruito sul tracciato di un antico
accampamento romano, che un tempo portava il nome di Campofreddo, lo squadrato
Castello Spinola con la sua torre centrale, in posizione strategica su un’altura
a oriente del paese, più volte rimaneggiato dal Medioevo ai giorni nostri e
restaurato nel 1990 su progetto dell’architetto Bruno Repetto. O la Chiesa della
Natività di Maria Vergine, parzialmente bruciata nel grande incendio appiccato
dai genovesi nel luglio 1600 e poi ricostruita, che conserva la tela a olio del
Martirio di Santa Lucia, prima pala d’altare dipinta da Bernardo Strozzi il
Cappuccino.
Ecco il centralissimo Palazzo Spinola, che risale alla prima metà del XIV
secolo, oggi riportato agli antichi splendori con la bella facciata affrescata,
o il ponte di San Michele sullo Stura, tre arcate realizzate nel IX secolo, più
volte travolto dalle piene del fiume e sempre ricostruito secondo il modello
originario.
Partendo dallo scarso materiale esistente, l’autore ha svolto accurate ricerche
negli archivi di Liguria e Basso Piemonte, ricavandone notizie inedite e
imbattendosi addirittura in tre opere finora sconosciute agli studi.
Si tratta della bellissima Maddalena marmorea collocata in una cappella
campestre, opera di un ignoto scultore genovese suggestionato dal linguaggio
barocco di Pierre Puget; della Madonna Addolorata dipinta nel 1761 da Vittorio
Amedeo Rapous per la chiesa parrocchiale; e del gruppo di statue in legno
policromo che rappresenta il Martirio di Santo Stefano nell’Oratorio
dell’Assunta, che come scrive la professoressa Fausta Franchini Guelfi nella
prefazione, sarebbe «uno dei rarissimi esempi sopravvissuti delle più antiche
"casse" processionale genovesi, quasi tutte sostituite a partire dalla seconda
metà del Seicento dalla nuova statuaria barocca».
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