Centroamerica. Reportages
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Popoli
Centroamerica. Reportages
di
Enrico Casale

Società e Politica
Centroamerica. Reportages

Narcomafie
Centroamerica. Reportages
di Elisa Speretta

Vita
Il Centroamerica dimenticato

Luna Nuova
Le verità del Centroamerica
di Ugo Splendore

La Riviera
Centroamerica. Reportages
di Salvo Anzaldi


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Da Popoli  -  Mensile internazionale della compagnia di Gesù - novembre 2002

Centroamerica. Reportages
 

Questo volume è una raccolta di articoli, per la maggior parte inediti, che narrano il Centroamerica all’indomani degli accordi di pace. In un mondo ancorato al passato, eppure destinato a cambiare, l’epoca dorata promessa, allora, dalle politiche neoliberiste si scontra oggi con una realtà diversa, fatta di desolazione, baraccopoli e sfruttamento. È un suggestivo viaggio attraverso la società, il lavoro e la gente, traccia una vivida fotografia di queste regioni e delle contraddizioni che purtroppo le caratterizzano.
 

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Da Società e politica  -  luglio 2002

Centroamerica. Reportages

di Enrico Casale

Con l'eccezione del Costarica, solo da pochi anni i paesi centroamericani si sono lasciati alle spalle un lungo periodo di guerre civili, regimi militari, sommovimenti popolari, e sono entrati nel nuovo secolo con grandi speranze di riscatto. Il libro fotografa la situazione di un'area accomunata dagli stessi problemi: economia dissestata, democrazia fragile, sperequazione sfrenata, violenza endemica.
 

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Da Narcomafie  -  giugno 2002

Centroamerica. Reportages

 
di Elisa Speretta

Negli ultimi dieci anni il Centroamerica ha intrapreso un difficile cammino democratico, affrontando la triste eredità lasciata da decenni di dittature militari e guerre civili: povertà, corruzione, delinquenza. Maurizio Campisi vive dal 1993 in Costa Rica ed è un attento interprete delle dinamiche sociali che stanno trasformando questa parte del mondo. La sua ultima opera, Centroamerica. Reportages, indaga in particolare l'impatto delle nuove politiche democratiche e della globalizzazione sulla società e sul mondo del lavoro attraverso 15 spaccati di vita latinoamericana. Nei suoi articoli emerge tutta l'amarezza di un popolo per il quale il termine "democrazia" è rimasto nei fatti un'utopia e che non riesce a lasciarsi alle spalle un passato fatto di soprusi e sottomissione economica. Grandi sono a riguardo le responsabilità delle multinazionali statunitensi, che hanno monopolizzato le economie nazionali centroamericane producendo inquinamento, mancanza di diritti e povertà. Difficile, con queste premesse, uscire da quel circolo vizioso che dalla miseria conduce alla violenza e alla delinquenza. La sfida per questi paesi comincia dalla creazione di governi forti, credibili, in grado di ricucire i legami con una società civile poco coesa e diffidente, di garantire i diritti e di sanare l'economia rendendola gradualmente autonoma dalle forze straniere. Opera capace di coniugare informazione e narrativa, il libro di Campisi è uno strumento importante per conoscere una regione destinata ad avere un peso sempre maggiore nella geopolitica americana.
 

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Da Vita del 21 giugno 2002

Il Centroamerica dimenticato

 
di Redazione

Nel cuore del continente americano, l'area di frattura fra Nord e Sud è rappresentata dal Centroamerica, dalla regione del Canale. Una regione che costituisce in qualche modo un precipitato delle contraddizioni che animano le relazioni interamericane, ma anche delle tensioni che attraversano l'intero pianeta nelle questioni che mettono di fronte il Nord e Sud del mondo. Attraverso 15 articoli, Centroamerica Reportages tratteggia e cerca di dipingere la sfaccettata realtà politico-sociale-economica dei cinque Paesi centroamericani. Dalla raccolta del caffè al lavoro nelle maquilas, dai dimenticati della Sangre Negra a Panama: Maurizio Campisi accompagna il lettore in un viaggio d'altri tempi.
 

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Da Luna Nuova del 14 giugno 2002

Raccolta di reportages del rivolese che vive in Costa Rica

Le verità del Centroamerica

Analfabetismo, narcotraffico, sfruttamento e bande giovanili:
così Campisi racconta un luogo che non è come immaginiamo

 
di Ugo Splendore

CI sono giornalisti che vanno in giro per il mondo, tornano e ti raccontano che cosa c'è da quelle parti. Ce ne sono altri che per una scelta di vita vanno in giro per il mondo, si fermano a vivere in un angolo lontano e, anche se non tornano, ti raccontano che cosa c'è da quelle parti. Con gli interessi.
Uno di questi è Maurizio Campisi, rivolese, 40 anni, che vive in Costa Rica dal 1993. Ormai è un uomo di quelle parti. Faceva il giornalista e continua a farlo, dato che collabora con "Diario della settimana", "Narcomafie" e "Donna", inserto di Repubblica. Il suo primo libro è il frutto di una serie di articoli scritti negli ultimi anni sugli aspetti più nascosti degli stati centroamericani: si intitola "Centroamerica, reportages", Fratelli Frilli Editori. Un libro che a tratti lascia senza parole, una collezione di approfondimenti che aiuta a capire quanto distante sia la realtà dalla nostra modesta immaginazione.
In 15 reportages Campisi dipinge il Centroamerica per come è e non per come vorremmo che fosse, ovvero un luogo tutto sorrisi e spensierato relax, spiagge e banane, dittatori Bananas e telenovelas. Spiacenti: il Centroamerica è un posto pieno di incertezze e sconfitte, drammi e lacrime. I partiti conservatori e l'oligarchia si sono riciclati pur di tenersi strette le poltrone, la democrazia vera resta una chimera, le bande dei bambini e la droga sono due piaghe profondissime, l'invasione di modelli stranieri fa un danno dietro l'altro. Voler assomigliare agli Stati Uniti è una delle più grandi ingenuità di questo mondo, e il Centroamerica non fa eccezione. È un luogo dove si vive una povertà dignitosa ma dura da superare, e dove le classi medie sono lo specchio di una vita che punta tutto su un cavallo dato sempre per vincente: il denaro.
Nel libro di Campisi colpiscono vicende quasi sconosciute che affiorano grazie ad una scrittura perfettamente giornalistica: niente divagazioni, dati precisi, raffronti politici e analisi storiche inserite con grande sensibilità nel filo del discorso. La lettura scorre rapida e trasmette un grande spessore culturale. È come trovarsi di fronte a un film con un ottimo narratore che spiega che cosa c'è dietro. Dietro, spesso, ci sono gli Stati Uniti. Il Centroamerica vive all'ombra dell'America e dei suoi tentacoli economici, dei suoi modelli di successo e di ricchezza.
Lavoro e società sono gli sfondi sui quali si concentra molto l'attenzione di Campisi, che tiene la terza parte del libro per le prospettive sul futuro del Centroamerica partendo da un presente tutto caos. Il lavoro è una denuncia continua. La raccolta del caffè in certe zone della Costa Rica, per esempio, impiega intere famiglie. Potrebbe essere qualcosa che assomiglia alla nostra vendemmia, una festa, invece è una febbre che costringe a fare i salti mortali per abbattere i costi e, talvolta, a vendere il raccolto a prezzi stracciati. Una vita durissima. Ma almeno si vive, perché nelle piantagioni di banane invece si muore. Per colpa del nemagòn, il terribile pesticida che causa impotenza, sterilità e tumori. Ha fatto più vittime di una guerra. L'hanno prodotto i laboratori americani, dove gli esperti hanno fatto finta di niente davanti ai dati che sconsigliavano di andare avanti con la diffusione. Ora tutte le morti vengono "rimborsate" con un pugno di dollari dalle multinazionali attraverso percorsi legali sfiancanti. E intanto nei bananeti c'è un silenzio irreale, si sente solo il fruscio delle grandi foglie.
Ma se la morte è il capolinea di tanti drammi, anche le fermate della vita in Centroamerica non scherzano. I diritti dei lavoratori, dentro la maquila, il nome che viene dato alle aziende straniere che si insediano nelle zone franche del territorio, sono un'utopia. Orari infami, condizioni igieniche pessime, trattamento economico ridicolo. Se sei donna, peggio per te. Se vuoi fare il sindacalista, finisci male. Non c'è modo di amare un lavoro, neanche se credi che sia una missione. Come fare la maestra rurale nei luoghi sperduti del Salvador: una scommessa tutta da perdere, tra angherie e violenze. Nel 2000 sono state ammazzate dieci insegnanti, mandate allo sbaraglio dal ministero a portare l'alfabeto nei villaggi dove nessuno vuole l'alfabeto. La cultura è nemica dei traffici ed è un ostacolo che non piace ai trafficanti. Gli stati centroamericani soffrono di analfabetismo acuto perché sono ancora pregni di cultura militarista: da grande farò il soldato, mica l'ingegnere, perché così avrò visibilità, soldi e potere.
Solo la Costa Rica, il Paese dove Maurizio Campisi ha scelto di vivere con la moglie Claudia, costaricense pura, esce da questo rigo. La neutralità militare lo ha indirizzato verso il progresso culturale, anche se rimane uno stato dove si vedono fenomeni preoccupanti. Per esempio è diventato il luogo più popolato al mondo di "casinò on-line" tirati su da imprese di bookmaker scappati alle grinfie della giustizia americana, che fanno girare 70 milioni di dollari la settimana. Un paradiso di scommesse in rete. Ed è anche lo stato dove alle banane si stanno sostituendo i chip dei computer della multinazionale Intel. Il sogno dei ragazzi è andare a lavorare negli stabilimenti dei computer, un po' perché si guadagna bene e un po' perché fa figo avere la targhetta da esibire sulla camicia durante la pausa pranzo al fast food del luogo.
Duri e inquietanti, quasi angoscianti, sono i reportages sul narcotraffico che si sviluppa in totale libertà nel paradiso della costa atlantica di tutto il Centroamerica (1100-1200 tonnellate di cocaina l'anno), e sulle "pandillas", le baby gang di Panama e San Pedro Sula. Da mettersi le mani nei capelli. Le leggi della strada dominano letteralmente la crescita di un individuo e ogni forma di libertà, annientano i valori. La vita vale zero, l'assassinio di un innocente è una pratica, un semplice rito iniziatico per entrare in una banda.
Forse un testo di questo genere è più utile di tanti trattati socio-economici scritti da esperti e verbosi studiosi. E' vicino alla vita, fa sentire talvolta l'odore e il sapore dei luoghi, sfiora il tasto della denuncia. "Centroamerica, reportages" è un libro che andrebbe letto da tutti coloro che non hanno mai messo piede in Messico, Costa Rica, Honduras, Nicaragua, Guatemala e Panama. Per farsi un'idea, non per evitarli, perché sono luoghi di grande bellezza naturalistica e culturale. Un libro che possono apprezzare anche coloro che invece hanno visitato il Centroamerica e sono scivolati via tra dubbi e domande. Qui, in queste pagine curate con grande professionalità da un italiano laureato in storia latinoamericana che sa sempre scrivere parole importanti, ci sono tante risposte.

 

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Da La Riviera del 17 maggio 2002

IL LIBRO

Centroamerica. Reportages

 
di Salvo Anzaldi

CRISTOFORO Colombo processato, condannato a morte e giustiziato da tre arcieri nella piazza principale davanti a migliaia di indios plaudenti. E' accaduto in Honduras il 12 ottobre del 1998: dopo oltre 500 anni, gli indigeni hanno così voluto punire el Descubridor, riconosciuto come l'artefice del loro sterminio. Ma se il navigatore genovese è il seme, la mala pianta che oggi abita l'intero Centroamerica si chiama Stati Uniti. La politica economica degli Usa decide con cinica freddezza la sorte dei sette paesi a sud del Texas (Messico, Guatemala, Honduras, Salvador, Nicaragua, Costa Rica e Panama), speculando nelle forme più avide sul destino di milioni di persone, spesso costrette ai limiti della sopravvivenza.
In anni di globalizzazione, di multinazionali, di commerci equi e solidali e, più in generale, di un diffuso interesse verso quei paesi che lavorano come satelliti per il benessere dei "Grandi", ecco un libro che aiuta a comprenderne con chiarezza alcune dinamiche socio-economiche a prima vista invisibili, o comunque sommerse. Si chiama "Centroamerica. Reportages" ed è stato scritto per Fratelli Frilli Editori (Genova) dal giornalista rivolese Maurizio Campisi, 40 anni appena compiuti, residente dal '93 in Costa Rica e collaboratore di svariate testate nazionali ("Diario", "D di Repubblica", "Narcomafie").
Campisi racconta il Centroamerica con estrema sensibilità: "Non è più - scrive - quell'universo di macchiette che in Europa si è da sempre portati a considerare". Niente ballerine colorate, dittatori baffuti o contadini zotici. La storia del Centroamerica è tragica in ogni sua pagina: "Dalla Conquista alla colonizzazione spagnola, dall'indipendenza al caudillismo e all'abitudine ai colpi di stato. Solo drammi e lacrime". Dolori che oggi pungono come fitte al cuore risalendo le piantagioni di caffè dell'altipiano costaricense o visitando la disumana maquila honduregna. Le spietate oligarchie centramericane (sempre foraggiate e protette, talvolta addirittura armate, dagli Usa) agiscono senza ritegno. E' così che Chiquita e Del Monte (assieme ad altre cinque aziende stelle e strisce) irrorano per oltre trent'anni le piantagioni di banane con pesticidi velenosi, ignorando scientemente tumori, sterilità e malformazioni da essi prodotti. Allo stesso modo, il narcotraffico (1100-1200 tonnellate di cocaina ogni anno) fila lungo la Panamericana su Tir guatemaltechi, condotti da burros (asini) disposti a rischiare 10-15 anni di galera pur di guadagnare un migliaio di dollari, o si snoda attraverso la manodopera infantile che abita i canali paralleli all'oceano Atlantico.
Chi ha avuto modo di visitare uno o più paesi del Centroamerica, troverà in questo libro la chiave di lettura utile a decifrare passaggi altrimenti incomprensibili (perché, ad esempio, nella Finca Bananera non si vedono bambini? Ora lo sappiamo, il merito va al micidiale Nemagòn). Chi invece nutre semplice curiosità o interesse per un mondo da noi così lontano, in "Centroamerica Reportages" troverà lo stesso il modo di sorprendersi, indignarsi e - perché no? - impegnarsi a rimuovere quell'obsoleto concetto di America Latina tutta telenovelas e dittatori-banana.

M. Campisi, "Centroamerica Reportages, Fratelli Frilli Editori, 2002, pagg. 156, euro 12.50

 


 

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