Uomini e donne di Fabrizio De André
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Lettera
Uomini e donne di Fabrizio De André
di David Frati

Il Cittadino
De André oltre la musica
di Arrigo Boccalari

Altremusiche
Parlando di De André
di Michele Coralli

Alto Adige
Tutto il mondo di Fabrizio

La Nuova Sardegna
Fabrizio De André e il sogno dell'anarchia

Il Secolo XIX
Uomini e donne di De André, tra nostalgia e memoria

Il Nuovo
De André, il mito continua in libreria
di Ernesto Capasso

La Nuova Sardegna
Uomini e donne di Fabrizio De André

Carta
Uomini e donne di Fabrizio De André

Pickwick.it
Amare quei dischi ci ha migliorati
di Marco Dari Mattiacci

Il Nuovo
De André tra pensieri e dediche
di Ernesto Capasso

Genovagando.it
Uomini e donne di Fabrizio De André
di Elena M.

Onnivora.net
Conversazioni ai margini. Fabrizio De André
di Totò Vallone
 


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Da Lettera - 14 febbraio 2003

Uomini e donne di
Fabrizio De André
È stato meglio lasciarci che
non esserci mai incontrati


Vanno... Vengono... Ritornano... e magari si fermano
tanti giorni che non vedi più il sole e le stelle,
e ti sembra di non conoscere più il posto dove stai.
 

di David Frati

Sono ben noti i caposaldi della poetica di Fabrizio De André. Il maudit genovese è sempre stato un esploratore dei margini, un narratore di storie difficili, un appassionato biografo di perdenti (o presunti tali). Dagli anni '70 in poi, si aggiunge sullo sfondo la Sardegna, con i suoi colori ed i suoi silenzi. La Sardegna tanto amata anche dall'autore del prezioso libricino edito da Frilli, il giornalista Alfredo Franchini, che con garbo ci racconta i momenti durante i quali la sua vita e quella di Fabrizio De André si sono incontrate, sovrapposte, toccate nell'arco di tre decenni. E di quei preziosi momenti, incastonati in un percorso discografico utile ma forse un po' ibrido (nel senso che è magari superfluo per i fans di provata fede, e al contempo è un briciolo troppo sintetico per coloro che vogliono avvicinarsi all'opera di De André), ci rimangono illuminanti squarci di sensibilità, di un sapere "diverso" eppure antichissimo: le parole di un Fabrizio De André colto nella sua quotidianità, nelle sue paure, nelle sue incazzature, nelle sue utopie e nei suoi slanci. Ad impreziosire il volumetto, che è la ristampa tascabile di un libro già edito nel 2000 e rapidissimamente esaurito, ci sono una serie di foto belle ed emozionanti e due interviste immaginarie che coinvolgono Bob Dylan e George Brassens.

 

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Da Altremusiche - 28 gennaio 2003

Parlando di De André

di Michele Coralli

L'esegesi dell'opera artistica di Fabrizio De André, antologie scolastiche a parte, deve essere ancora avviata secondo approfondimenti che lo spessore del personaggio meriterebbe. D'altro canto sono ancora lì, a nostra disposizione, materiali come dischi, interviste, concerti e apparizioni televisive, il tutto a testimoniarci chi era veramente Fabrizio De André: un poeta che, come disse Moravia di Pasolini, si presenta a noi con la frequenza di uno ogni cento anni (salvo qualche esagerazione del buon vecchio Alberto...).
Del cantautore, dell'anarchico, del poeta dei vicoli se ne è fatto un gran parlare in questi ultimi anni e ancora si continuano a scrivere sofisticati elzeviri, che danno plurime visioni del personaggio attraverso episodi della sua vita (come il rapimento, il rapporto con la Sardegna, l'imbarazzo del cantante di fronte al successo), ma anche attraverso alcuni suoi interventi nel dibattito culturale (il valore dei dialetti, il decentramento del potere), e soprattutto attraverso le sue parole, su cui De André ha costruito la sua arte.
Raramente però questi resoconti sanno addentrarsi in quell'arte poetica che è passata, nel corso del secolo che ci siamo lasciati alle spalle, come un testimone dalle mani di alcuni letterati a quelle del cantautore. Estetica letteraria, quindi, ma anche passione civile e poetica musicale: questi potrebbero essere le ipotesi di lavoro da appuntarsi come riflessione culturale futura per un'analisi dell'opera di De André.
Spesso invece l'approccio critico più congeniale è quello biografico, forse perché è il più semplice, il più affettuoso, quello che non implica l'analisi asettica fatta con il timore di perdere il contatto con l'uomo e l'amico. Così anche in questo Uomini e donne di Fabrizio De André di Alfredo Franchini (Fratelli Frilli Editori, Genova, 2003) non manca certo l'affetto nei confronti del personaggio. Franchini, sardo di adozione come De André, tratteggia i suoi ricordi attraverso momenti condivisi, interviste, tournée, cene, discussioni, che ci danno uno spaccato dell'originalità delle riflessioni del genovese. Preziose sono certe considerazioni di De André tratte da diversi contesti, che ci aiutano ad addentrarci nel fascino e nella ricchezza del suo pensiero.

Prendiamone tre non troppo a caso:
"Da un certo punto di vista penso che sia conciliabile l'anarco-individualismo steineriano con quello che si può identificare con certe pratiche Zen o con il controllo della propria centratura e, quindi, anche con le tecniche di meditazione. L'uomo si conforta nella solitudine per il contatto che può trovare con tutte le voci interiori ed esterne, con tutte quelle voci che arrivano dal subconscio, da quell'Anima universale di plotiniana memoria. Credo che sia meglio che l'uomo viva il più possibile da solo e che non faccia parte di nessuna organizzazione costituita, se non occasionalmente. Le organizzazioni sono la morte dell'uomo perché nascondono in sé i germi della violenza."

E ancora:
"Lo Stato non è che l'involucro burocratico di una nazione, è l'organizzazione verticistica, con la divisione dei sudditi in classi sociali. C'è chi lo vorrebbe più grande come gli europeisti e chi lo vorrebbe più piccolo come i secessionisti. Per quanto mi riguarda mi accontenterei di sentirmi partecipe di un grande privilegio: l'appartenenza alla razza umana. Certo uno Stato europeo mi fa paura come me la farebbe uno Stato padano, come ci ha fatto paura lo Stato italiano, basti pensare alle due guerre. E d'altra parte una nazione europea esiste già e questi miei connazionali li frequento da decenni."

E per finire:
"Viviamo questa fine di millennio in un periodo di Basso impero. E il nuovo millennio? 'Sarà una società per lo più nomade, separata da due diverse funzioni dell'economia. Da una parte coloro che riusciranno ancora a scambiare denaro contro merce e dall'altra un'economia che si potrebbe definire del dono, se non addirittura del mutuo soccorso. Penso che gli individui che utilizzeranno questa seconda forma di scambio saranno più numerosi degli altri e probabilmente migliori, più ricchi da un punto di vista spirituale."

Non basta solo questo per farci amare un personaggio che ben poco ha a che spartire con gli altri cantautori, con il mondo dello spettacolo, con il pensiero unico straripante in questa Italietta da Basso Impero?
Noi crediamo di sì...

 

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Da Il Cittadino del 30 gennaio 2003

L'uomo e non solo l'artista:
De André oltre la musica

di Arrigo Boccalari

«Per quanto tempo ti penserò, in quelle notti a Genova, giù lungo il porto, dentro quei bar, sogni cambiati in spiccioli». In questi pochi versi del figlio Cristiano non c’è tutto, ma senz’altro c’è molto della personalità e del vissuto di Fabrizio De André, scomparso da ormai 4 anni ma più vivo che mai in chi ne ha apprezzato parole, musica, modo di essere. Per ricordare l’artista, ma soprattutto l’uomo, la casa Fratelli Frilli Editori di Genova ha ristampato il volumetto Uomini e donne di Fabrizio De André. Conversazioni ai margini di Alfredo Franchini, giornalista della «Nuova Sardegna». Il libro, riproposto in formato tascabile con l’aggiunta di 16 foto messe a disposizione dalla moglie di Fabrizio, Dori Ghezzi, venne distribuito nella prima edizione (Demos, Cagliari) nel 1997 ma andò esaurito ben presto. Chi si aspetta un volume "agiografico", trionfalistico, calibrato sulla figura di De André cantore e trascinatore di folle e di pubblico, forse resterà deluso dalla lettura del volume, che invece, pur non tralasciando (tutt’altro) la parte artistica di André, ne approfondisce soprattutto la personalità quasi "privata". Uomo schivo, di poche parole, quasi antipatico a tratti, così poteva apparire il cantautore genovese preso al di fuori dei dischi e dei concerti.
In realtà Franchini porta alla luce un uomo che non ci si aspettava: sempre pronto al dialogo, con tutti, quasi infastidito da chi lo avvicinava esclusivamente per carpirgli una canzone ed evitava il contatto umano, la ricerca di comuni interessi, il confronto. Fabrizio va a trovare i giovani detenuti di Is Arenas quasi in incognito, Fabrizio mangia il minestrone all’Agnata (la sua tenuta in Sardegna) mentre si preoccupa del vitellino appena nato, Fabrizio ricomincia a fare concerti per finanziare la sua attività di agricoltore. Fabrizio che legge, scrive, sorride, parla del figlio Cristiano che quasi vince a Sanremo, Fabrizio che vive e che muore. E in mezzo le canzoni, i dischi, la sua Genova e la sua Sardegna, gli amici, la musica, Marinella e Creuza de ma, gli indiani e gli isolani, il dialetto, l’anarchia e il potere, la politica, l’arte, la letteratura. Insomma un libro che racconta l’uomo e l’artista attraverso piccole e grandi storie, conversazioni ai margini, appunto.
 

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Da Alto Adige del 20 gennaio 2003

MUSICA
De André a quattro anni dalla morte

Tutto il mondo di Fabrizio

A quattro anni dalla morte di Fabrizio De André (11 gennaio 1999) Fratelli Frilli Editori ricorda il grande cantautore genovese riproponendo in formato tascabile il volume già pubblicato nel novembre del 2000, ormai esaurito, «Uomini e donne di Fabrizio De André», di Alfredo Franchini. Nelle conversazioni con il cronista della «Nuova Sardegna», De André parla di politica, d'arte, di economia e le sue parole prendono la forma d'insegnamenti. Non lezioni, ma sommesso argomentare da «maestro di vita».

Come nelle sue canzoni, traspare l'impronta della sua anima, l'ansia di giustizia mai venuta meno e il sogno, sempre coltivato, dell'anarchia. Alle conversazioni fa da sfondo il clima culturale e politico degli anni Settanta - Ottanta, con i nuovi poveri, gli immigrati, gli zingari, gente ai margini della società, gli «eroi al contrario» delle canzoni di Fabrizio De André. Il libro, esaurito nella prima edizione, è stato riproposto da Fratelli Frilli Editori in una edizione completamente rivista ed ampliata nel novembre del 2000. Giunto alla terza ristampa, il volume esce in formato tascabile arricchito da 16 foto in bianco e nero dall'archivio di Dori Ghezzi.
 

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Da La Nuova Sardegna del 17 gennaio 2003

Domani a Radiodue intervista ad Alfredo Franchini,
autore del libro sull'artista ligure

Fabrizio De André e
il sogno dell'anarchia


CAGLIARI. De Andrè, le passioni letterarie di un musicista. Di un artista che con le sue canzoni ha scritto pagine, ormai di leggenda, di poesia e passione civile. Di questo e del grande genovese scomparso prematuramente quattro anni fa ne parlerà Lisa Ginzburg, domani in prima serata su Radiodue nella trasmissione «il libro oggetto» in onda alle ore 20 (domani eccezionalmente di sabato anzichè di domenica). A fornire dettagli e curiosità sui libri amati da Fabrizio De Andrè sarà Alfredo Franchini, giornalista de «La Nuova Sardegna», amico del cantautore ligure residente per tantissimi anni nella campagna gallurese ed autore di un volume dedicato proprio al grande artista genovese: «Uomini e donne di Fabrizio de Andrè». Il volume, apparso tre anni fa nel mese di novembre (e subito ristampato) ed ormai esaurito, proprio in questi giorni è stato ripubblicato dall'editrice Frilli. Rispetto all'edizione precedente, è arricchito di 16 foto, in gran parte inedite, provenienti dall'archivio privato di Dori Ghezzi (e su queste in particolare la Ginzburg si soffermerà). Nel libro di Franchini il musicista parla di politica, d'arte, di economia e le sue parole prendono quasi la forma d'insegnamenti. Non delle vere lezioni, ma come delle indicazioni da singolare e unico «maestro di vita» quale egli era. Come nelle sue canzoni, traspare così «l'impronta della sua anima, l'ansia di giustizia mai venuta meno e il sogno sempre coltivato, dell'anarchia»

 

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Da Il Secolo XIX del 12 gennaio 2003

LIBRI
Ristampato il volume di Alfredo Franchini
Uomini e donne di De André
tra nostalgia e memoria


«Ho perso uno schienale cui appoggiarmi», ripeteva Fabrizio De Andrè ogni volta che ricordava suo padre. La stessa sensazione di malessere che ha lasciato lui, dietro di sé, a chi lo amava quando ha salutato la sua Genova per l'ultima volta, l'11 gennaio di quattro anni fa. A ricordarci dell'"Amico fragile" sono rimaste indimenticabili canzoni, poesie musicate che hanno accompagnato intere generazioni alla scoperta di un uomo, dei suoi sentimenti, delle sue battaglie e della sua città.
Ed è proprio per ricambiare la bellezza delle sue opere che, nel 1997, Alfredo Franchini scrisse un libro su di lui. «Mi hai fatto un bel regalo, nel leggerlo ho rimesso ordine nella mia vita». Disse De André all'amico scrittore appena terminò di leggerlo.
Così, per rendere omaggio nuovamente a De André, due anni fa Franchini decise di ripubblicare il libro, arricchendolo di nuove ricerche, interviste e racconti. Un'edizione che quest'anno trova la sua ristampa, ulteriormente rivisitata. Una pubblicazione che contiene 16 foto in bianco e nero, di cui alcune inedite, provenienti dall'archivio privato di Dori Ghezzi, moglie di De André. Ma anche tante riflessioni che il cantautore confidava a Franchini durante le loro lunghe chiacchierate, come questa: «Credo che cantare non mi soddisfi più molto; neanche scrivere canzoni mi sembra più adatto. Cantare poi sempre la stessa canzone è una seccatura. È difficile immedesimarsi ancora una volta in Piero». Il 18 febbraio Fabrizio avrebbe compiuto 63 anni.
Uomini e donne di Fabrizio De Andrè, conversazioni ai margini, di Alfredo Franchini - Fratelli Frilli editori.

 

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Da Il Nuovo dell'11 gennaio 2003

De André, il mito
continua in libreria

A quattro anni dalla scomparsa, avvenuta l'11 gennaio 1999,
i canti randagi di De André sono più vivi che mai, così come
i lavori editoriali a lui dedicati. Eccone alcuni

di Ernesto Capasso

"C'è amore un po' per tutti e tutti quanti hanno un amore sulla cattiva strada". Fabrizio De André ha dato voce nelle sue canzoni a quel pezzo di mondo in cui camminano come randagi, gli ultimi, gli emarginati, le vittime della solitudine. Personaggi a cui Faber con i suoi versi ricchi di umanità e ironia ha restituito dignità e bellezza come le Anime Salve che in Smisurata preghiera , "consegnano alla morte gocce di splendore". A quattro anni dalla scomparsa, avvenuta l'11 gennaio 1999, i canti randagi di De André sono più vivi che mai, così come i lavori editoriali a lui dedicati. In questi ultimi mesi sono usciti molti volumi che in maniera originale e poetica ricordano la sua arte.

Da pochi giorni è tornato in libreria in edizione aggiornata e tascabile con 16 foto inedite concesse da Dori Ghezzi, il libro del giornalista Alfredo Franchini: Uomini e donne di Fabrizio De André (Fratelli Frilli Editori, pp.160, euro 9). Conversazioni ai margini è il sottotitolo del testo che si articola nel racconto di una lunga serie di discussioni di cui l'autore di Bocca di rosa è protagonista. Si legge il libro come un album di fotografie, dove al posto delle immagini, ci sono pensieri, riflessioni, dediche come quelle su Genova e i suoi abitanti: "I carruggi e i vicoli sono abitati dalla parte più balorda, è un'area di emarginati, puttane, contrabbandieri, ma non ho mai visto una goccia di sangue, né una manifestazione di intolleranza".

Se nelle Conversazioni ai margini, è lo stesso Faber a parlare, in De André il Corsaro (Interlinea, pp.52, euro 10), uscito pochi mesi fa, protagoniste sono le riflessioni di tre amici del cantautore: Fernanda Pivano, Michele Serra e Cesare Romana. Il testo prende spunto da un ciclo di conferenze svolto in provincia di Novara, ad esclusione dell'intervento di Fernanda Pivano scritto nel 2001 in occasione dell'attribuzione del Premio Librex-Montale a Bob Dylan e a De André. "Come Dylan - scrive la Pivano - Fabrizio è un poeta autentico, come lui ha orrore per la violenza e una solidarietà carica d'amore per i perdenti". Comprensione che non si trasforma mai in compassione ma è pura partecipazione al dolore e alla solitudine altrui. Come succede nella Buona Novella, album del 1969, in cui l'autore di Marinella ha riletto i personaggi dei Vangeli apocrifi (nascosti), ossia quelle testimonianze sulla vita di Gesù raccolte da autori non cristiani, bizantini, arabi, armeni, greci. "Quando il disco fu pubblicato molti lo considerarono anacronistico, non avevano capito - precisò De André - che la Buona Novella, voleva essere innanzi tutto un'allegoria che si esprimeva nel paragone tra le istanze migliori del 68 con quelle che Gesù aveva fatto contro gli abusi del potere e i soprusi dell'autorità".

Questo disco qualche anno fa è diventato uno spettacolo teatrale interpretato da Claudio Bisio, Lina Sastri, Leda Battisti, la registrazione è stata pubblicata in un cofanetto dal titolo: La Buona Novella di Fabrizio De André (Einaudi, pp. 120, euro 18,5). All'interno troviamo la videocassetta con la rappresentazione al Teatro Archivolto di Genova, diretta da Giorgio Gallione in cui si alternano brani musicali e recitati dagli attori e un libro contenente tutti i materiali dello spettacolo con due scritti originali di Claudio Bisio.

Cresciuto nei carruggi genovesi, nei "quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi", amante della Sardegna, De André ha sempre coltivato una predilezione particolare per la città di Napoli: "Napoli è la mia patria morale, dopo Genova e la Sardegna è forse l'unico posto dove potrei vivere", spiegò Faber. Il rapporto speciale tra il cantautore ligure, la città di Pulcinella e suoi artisti: Murolo, Ranieri, Peppe Barra, Teresa De Sio, è il filo conduttore di De André e Napoli, Storia d'amore e d'anarchia (Sperling & Kupfer, pp. 225, euro 14,50), un viaggio nella napoletanità di un artista che ha sempre creduto nelle contaminazioni dei suoni e delle culture. Massimo Ranieri, che di recente nel cd Oggi o dimane, ha ricantato alcune delle più struggenti liriche della tradizione partenopea, ha dichiarato nella prefazione al volume, di essersi ispirato alla musica di Creuza de ma (Mulattiera di mare): "D'a me riva" cantava Fabrizio - ha scritto Massimo Ranieri - e io dalla mia riva mi chiedevo quale fosse la mia riva: quella della Napoli che non esisteva più, confinata in un eterno e pericoloso amarcord, o quella della Napoli che avevo davanti a me, viva, complessa, meticcia, città del mondo, matrigna sulle cui cattive strade trovavano amore i nuovi scugnizzi del Pallonetto, ma anche cinesi, senegalesi, ucraine, polacchi, cingalesi, indiani. Insomma è colpa di De André se un disco, un tour e un programma televisivo hanno messo in mostra la mia riva, la mia Napoli bastarda e fiera di esserlo come la Jamìn-a di Fabrizio".

"In una notte senza luna truccò le stelle ad un pilota quando l'aeroplano cadde lui disse: "E' colpa di chi muore comunque è meglio che vada" e il pilota lo seguì senza le stelle lo seguì sulla sua cattiva strada" (La Cattiva strada ). Il pilota quattro anni fa è scomparso ma le sue stelle continuano ad accompagnare il nostro cammino sulla sua Cattiva strada.

 

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Da La Nuova Sardegna del 9 gennaio 2003

Uomini e donne di
Fabrizio De André

Nuova edizione del libro di Alfredo
Franchini sul cantautore genovese

A quattro anni dalla morte di Fabrizio De André (11 gennaio 1999) Fratelli Frilli Editori ricorda il grande cantautore genovese riproponendo in formato tascabile il volume già pubblicato nel novembre del 2000 (e ristampato il mese seguente), ormai esaurito: «Uomini e donne di Fabrizio De André» di Alfredo Franchini. Il libro, rispetto all'edizione precedente, è arricchito di 16 foto, in gran parte inedite, provenienti dall'archivio privato di Dori Ghezzi.
Fabrizio parla di politica, d'arte, di economia e le sue parole prendono la forma d'insegnamenti. Non lezioni, ma sommesso argomentare da «maestro di vita». Come nelle sue canzoni, traspare così l'impronta della sua anima, l'ansia di giustizia mai venuta meno e il sogno sempre coltivato, dell'anarchia.
Chi ha conosciuto Fabrizio De André sa che con lui si poteva parlare di tutto ed apprendere; mai una cosa sola: suonare, mangiare, discutere, bere, fumare; con lui, molto semplicemente, «si viveva». A queste conversazioni fa da sfondo il clima culturale e politico degli anni Settanta e Ottanta, col forte incremento dei nuovi poveri, immigrati, zingari, ai margini di quella società che Fabrizio aveva definito «l'economia del dono». In mezzo, le opere del cantautore-poeta; quelle canzoni che, attraverso le storie di molti eroi «al contrario», in una magica fusione tra musica e versi, ci hanno fatto conoscere la sopraffazione dei forti, le loro e le altrui miserie, le tante solitudini di uomini e donne, la guerra, la follia, la morte.
«Uomini e donne di Fabrizio De André» si dipana tra l'immensità d'un mare odoroso e inquieto, la durezza della campagna sarda, i luoghi dei concerti - vero filo conduttore del libro - dalla prima apparizione in pubblico nel 1975 sino all'ultima, nel 1998. Il libro, esaurito nella prima edizione (Demos, Cagliari 1997), è stato riproposto da Fratelli Frilli Editori in una nuova edizione completamente rivista e ampliata nel 2000. Giunto oggi alla terza ristampa, il volume esce in formato tascabile e si arricchisce di 16 foto in bianco e nero provenienti dall'archivio privato di Dori Ghezzi.
Alfredo Franchini, nato a Carovigno (Brindisi) nel 1954, è giornalista professionista. Si occupa di economia e politica per La Nuova Sardegna nel quale lavora dal 1983. Ha curato dal 1990 al 1994 l'Annuario Politico ed Economico della Sardegna.

 

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Da Carta - numero 46 del 5 dicembre 2002

Uomini e donne di
Fabrizio De André

Nuova edizione del libro di Alfredo
Franchini sul cantautore genovese

Conversazioni, riflessioni a voce alta, sulla politica, l'arte, l'economia, la giustizia. E' questo il motivo conduttore di un libro che è più un gesto di offerta di spunti che non una sequenza di lezioni. Il tutto, inquadrato negli anni settanta - ottanta e cioè con riferimenti politici e sociali di quegli anni segnati da grandi temi quali le trasformazioni economiche, le migrazioni, le molte e differenti forme di emarginazione. Una "guida" di eroi al contrario, o meglio di non-eroi guidati da un motivo conduttore: un'ansia di giustizia mescolata pervasivamente da un sogno di anarchia.

 

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Da Pickwick del 18 aprile 2001

Amare quei dischi ci ha migliorati

"Amare quei dischi ci ha migliorati: ci ha resi meno violenti facendoci conoscere la sopraffazione dei forti, le miserie umane racchiuse in quelle storie individuali di prostitute, soldati che non se la sentivano di sparare, malati di cuore, barboni, matti, condannati a morte per la mancanza di pietà"


di Marco Dari Mattiacci

Fabrizio De André, il poeta il cantautore, ma anche l'uomo, l'amico il maestro di vita, l'agricoltore e l'anarchico. Fabrizio raccontato disco per disco, fin dagli esordi, la "Buona Novella", l'incontro con la PFM, gli anni '70 e gli  '80, e il dialetto, il legame con la terra, il figlio Cristiano.

Alfredo Franchini ha conosciuto e frequentato Fabrizio De André, ha avuto modo di apprezzarlo come uomo oltre che come artista e in questo libro - già pubblicato in una prima edizione nel 1997 e ora completamente rivisto e ampliato - racconta la genesi delle canzoni in rapporto alla vita e agli eventi cui sono legate, assieme agli episodi meno noti, come quando Fabrizio si è recato nel carcere di Is Arenas per far visita ai detenuti impegnati in un programma di studio dei suoi testi. E si legge del sequestro durato quattro mesi e finito con un riscatto di 550 milioni ma anche con undici lettere di scuse ricevute, una per ognuno dei sequestratori, rei confessi di aver sbagliato persona per averlo creduto figlio di un miliardario. Si legge dell'alcol, bevuto come una spugna fino ai 45 anni; delle partite a scopone con Guccini, della collaborazione con De Gregori e di quella mancata con Ivano Fossati; dell'evoluzione linguistica dei suoi testi, dall'italiano, l'idioma del potere, al pluridialettismo e alle lingue del popolo; del rapporto con la stampa e con i media fino a quel concerto fortunatamente registrato nel 1998. E di Genova, la sua città, e dei genovesi.

"Uomini e donne di Fabrizio De André" (Fratelli Frilli Editori, pp. 149, euro 12,91) è per chi già conosce testi e musica del cantautore, cui il libro fa continuo riferimento pagina dopo pagina.

 

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Da Il Nuovo dell'8 aprile 2001

De André tra pensieri e dediche

Il libro di Alfredo Franchini, Uomini e donne di Fabrizio De André,
si legge come un album di fotografie, dove al posto delle
immagini ci sono riflessioni e dediche come quelle a Genova.

 
di Ernesto Capasso

MILANO - «Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino, ma perché siamo membri della razza umana». Alfredo Franchini, autore del libro «Uomini e donne di Fabrizio De André», cita il film L'attimo fuggente di Peter Weir, per raccontare l'universo poetico e musicale del cantautore genovese.

Conversazioni ai margini è il sottotitolo del testo che si articola nel racconto di una lunga serie di discussioni di cui l'autore di Bocca di rosa è protagonista. Si legge il libro come un album di fotografie, dove al posto delle immagini ci sono pensieri, riflessioni, dediche come quelle su Genova e i suoi abitanti: «I carrugi e i vicoli sono abitati dalla parte più balorda, è un'area di emarginati, puttane, contrabbandieri, ma non ho mai visto una goccia di sangue né una manifestazione di intolleranza». L'amore per quell'umanità ai margini torna spesso in queste conversazioni che ci raccontano di un amico, capace di renderci meno soli. «Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, ha già troppi impegni per scaldare altri paraggi» canta De André nella Città vecchia. Quel Dio profondamente umanizzato nell'album La Buona novella, liberamente ispirato ai Vangeli apocrifi (non autentici), ossia quelle testimonianze sulla vita di Gesù raccolte da autori non cristiani: bizantini, arabi, armeni, greci, tradotte in musica da Faber.

Franchini ricorda che quando il disco fu pubblicato, nel 1969, erano in atto le lotte studentesche e in molti considerarono anacronistico il lavoro. «Non avevano capito – precisò l'autore della Canzone di Marinella – che la Buona novella voleva essere innanzi tutto un'allegoria che si esprimeva nel paragone tra le istanze migliori e più sensate della lotta del '68 e le proposte che un signore 1969 anni prima aveva fatto contro gli abusi del potere e i soprusi dell'autorità». Quell'autorità più volte indicata come causa di disfacimento e di corruzione, quel potere che emargina i deboli e crea solitudini.

La solitudine nobile, al centro di molte delle sue canzoni e del suo testamento artistico: Anime salve, il disco che si chiude con Smisurata preghiera, brano che Franchini definisce «un affresco sulle minoranze che attraversando l'emarginazione e la solitudine riescono ancora a consegnare alla morte una goccia di splendore».

Le fotografie fatte di pensieri di cui il libro si compone continuano a scorrere sotto gli occhi del lettore in grado di ritrovarvi il ritratto affettuoso di un amico. Un amico che la scrittrice Fernanda Pivano, traduttrice di molti autori d'oltreoceano, definì subito un poeta, dopo aver ascoltato da un juke-box La guerra di Piero. «Un amico – scrive Franchini - che ci ha resi meno violenti, facendoci conoscere le sopraffazioni dei forti, le miserie umane racchiuse in storie individuali di prostitute e soldati che non se la sentivano di sparare. Con quella voce che colpirebbe al cuore anche se recitasse l'elenco del telefono». Il libro ripercorre un lungo cammino umano e artistico in un arco di tempo che va dalla prima apparizione in pubblico nel 1975 sino all'ultima nel 1998. L'autore, giornalista del quotidiano: "La nuova Sardegna", amico del cantautore, ha dato alle stampe una nuova edizione ampliata del testo dopo che la prima nel 1997 era andata esaurita.

Di recente i commercianti di Via del campo a Genova hanno vinto un'asta attivata su un sito internet, per l'acquisto della chitarra di Faber. Il ricavato della vendita è stato devoluto all'associazione "Medici senza frontiere" per la costruzione di un ospedale in Sierra Leone. Quando Fabrizio De André è morto, il figlio Cristiano ha detto: «Il funerale sarà pubblico perché Fabrizio non appartiene soltanto ai suoi cari, ma a tutti coloro che lo hanno amato». Quell'amore ci unisce idealmente alle parole del giornalista Michele Serra che in occasione della morte di De André, ha scritto: «Che la sua anima riposi in Supramonte o in via del Campo o a Spoon River o nel letto del San Creek, dovunque una sua canzone abbia restituito bellezza e dignità agli uomini». "Uomini e donne di Fabrizio De André" offre spaccati di umanità e poesia che le conversazioni ai margini ci aiutano a ricordare.

 

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Da genovagando.it

Le recensioni

Uomini e donne di Fabrizio De André


di
Elena M.

Per chi è stato giovane con Fabrizio De André questo libro è un'opportunità di ritrovare il mondo di sentimenti, di speranze, di verità degli anni fondamentali per la crescita culturale e politica del nostro paese. Per chi è giovane oggi è un'occasione per conoscere più a fondo la complessa figura di Fabrizio, per mettere a fuoco i temi delle sue canzoni e per capire le sue scelte di vita. Per chi è genovese è un modo di riscoprire le proprie radici attraverso gli occhi di un figlio che ha tanto amato la sua città. Per chi non lo è, di avvicinarsi al fascino di Genova, città dai mille volti.

Il Cicci mi ha trovata seduta su una panchina del lungomare con un libro in mano. -- Cosa fai qui come una pensionata ? Non dovresti essere nella tua polverosa biblioteca a pescare qualche libraccio per questo vecchio testone ? Lo guardo con gratitudine, la sua comparsa mi strappa da riflessioni non proprio allegre. Lo invito a riscaldarsi con me al tiepido sole invernale. -- Sono contenta di vederti -- gli dico con un sorriso sincero mentre lui si siede -- ho appena finito di leggere questo libro e sono un po' triste. Guarda con attenzione la copertina e poi mi chiede: -- È un libro triste o sei triste perché era così bello che ti dispiace di averlo finito ? -- No, non è per questo, sono solo malinconica perché pensavo a Fabrizio De André, il cantautore morto l'anno scorso... lo conoscerai senz'altro. - Sì, i miei figli e miei nipoti ascoltavano sempre le sue canzoni e le cantavano anche. Belle canzoni, melodiche come quelle che piacciono a me, me ne ricordo qualcuna in zenese. Ovviamente la voglia di approfondire l'argomento "Famiglia del Cicci" è grande, ma questa volta invece di sottoporlo a un interrogatorio da Santa Inquisizione, mi trovo a confidargli le mie emozioni. -- Sai Cicci, io sono cresciuta con le canzoni di Fabrizio, le ho ascoltate tante volte che ne conosco le parole a memoria e quando mi ritrovo tra vecchi amici le canto con loro, è un modo per ritornare giovani, -- mi sale un pericoloso groppo dalla gola -- lui riusciva a parlare d'amore con le parole giuste, senza le sdolcinatezze delle canzoni del passato, ma senza rinunciare alla tenerezza, alla sensualità... -- la commozione ormai mi ha soffocato, cerco affannosamente un fazzoletto nella gran confusione della mia borsa. Il Parodi finge di non essersi accorto del mio armeggiare e intanto ha estratto da una tasca una pipa di schiuma e l'ha accesa. Dal fornello incandescente esce un fumo nerastro che arriva tutto nei miei occhi. Tossisco mentre lui traffica con il curapipe. -- Non mi hai ancora detto di cosa parla il libro -- bofonchia tra gli sbuffi di fumo. -- È una raccolta di suoi pensieri, di fatti della sua vita, di richiami ai testi delle sue canzoni. Mi sono commossa perché le sue parole hanno una grande forza rievocativa. Riusciva a scrivere dei testi semplici, ma la sua era la semplicità dei poeti. Sapeva però anche parlare di politica con gran realismo. Le sue canzoni danno voce ai diseredati, ai disperati che vivono ai margini della società, alle vittime di ingiustizie umane e divine: rendendoli protagonisti ci ricorda che esistono e che chiedono giustizia. Oggi sta a lui farmi le domande, e infatti: -- Eri d'accordo con le sue idee ? -- No, non sono mai stata anarchica, ma ho sempre rispettato le sue idee perché lui rispettava quelle degli altri. Certo, se poteva lanciare delle frecciate a chi era al potere, lo faceva, e in molti casi mi trovavo d'accordo con lui. -- Quando si è giovani si sogna un mondo giusto e si crede di poterlo realizzare, poi, crescendo, si perde la speranza -- scuote la testa un po' sconsolato. -- Alcuni invece restano giovani e continuano a sperare e a lottare. De André è uno di questi, è sempre rimasto giovane dentro. Restiamo per un attimo in silenzio guardando uno stormo di gabbiani che si affolla dietro un peschereccio. -- C'ero anch'io il 13 gennaio... -- mormora il Cicci. Dove ? -- ... all'Assunta, per accompagnarlo nel suo ultimo viaggio... Lo guardo sgranando gli occhi. -- ...è stato un grande genovese e io ho voluto onorarlo. Sono certa che a Fabrizio avrebbe fatto piacere avere il Cicci fra i suoi amici. Erano quelli "veri", come il Parodi, che lui amava. Il sole è ormai tramontato e una fresca brezza scende dalle colline. Ci alziamo insieme dalla panchina, e: -- Sciù, damme 'stu libru -- mi dice prendendomelo dalle mani -- che veuggiù ripassà qualche canssun da cantà alla Scià Bettina -- borbottando un saluto se ne va spedito. È stato così veloce che non ho avuto il tempo di salut... Bettina ? e chi sarà ? sua moglie ? o invece...? quel vecchio rubacuori è capacissimo di... Ingarbugliata nelle mie congetture, lo accompagno con lo sguardo finché non si confonde con le ombre della sera.

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Da onnivora.net

Conversazioni ai margini.
Fabrizio De André


di Totò Vallone

Leggendo queste conversazioni ai margini tra Alfredo Franchini, autore del testo, e Fabrizio De André, si rilegge un po' la storia di molti di noi.

Probabilmente perché il cantautore genovese, con le sue ballate, con le sue poesie cantate, ha contribuito parecchio alla formazione della nostra coscienza storica, in quanto coscienza civica.

Nel libro, che muove i suoi passi partendo dai primi concerti della metà degli anni '70, si evidenzia l'aspetto più importante delle tematiche di De André, cioè l'anarchia ed il suo modo d'essere anarchico. In un mondo cieco al dolore dei molti, Faber (così come veniva chiamato dagli amici) aveva trovato la chiave per aprire le porte a chi normalmente se le vedeva sbattere in faccia. Gli altri, le voci lontane, gli sconfitti da una guerra che non hanno voluto.

Si narra di De André contestato all'epoca de La buona novella, perché in una nazione che viveva il travaglio causato dal '68 non venne capito il valore di un'opera che ci invitava ad osservare la storia da un altro punto di vista.

Sorge, dalla lettura di Uomini e donne di Fabrizio De André la figura di un imponente linguista, che usa il dialetto per esprimere il disappunto, il compiacimento a volte (Don Raffaè), la passione (Jasmine) proprie del popolo. Con la lingua che gli appartiene.

Queste conversazioni ai margini sono certamente di grande aiuto a chi vuol conoscere, al di là di quanto espresso dalla sua stessa opera, un uomo schivo ai mezzi di comunicazione di massa. Il suo modo di relazionarsi, la comprensione per tutti gli altri, persino per i suoi carcerieri in Supramonte, ne fanno infine una figura universale.

Non ci troviamo di fronte ad una super star che s'atteggia a Re taumaturgo, ne' ad un eroe multimediale comunicativo di niente.

Un amico fragile, semplicemente un uomo.

Certamente alla riuscita di quest'opera, edita per la prima volta nel 1997 ed infine dai Fratelli Frilli in una versione più ampia nel 2000, ha molto contribuito il grado d'amicizia che ha legato il cantautore genovese all'autore del libro, Alfredo Franchini.

Pur tuttavia, a mio parere, egli eccede, anche se solo per gioco probabilmente, nelle due interviste immaginarie in appendice al libro: la prima con Georges Brassens, l'altra con Bob Dylan.


 

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