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"Nero italiano"
Recensione inviata da Claudio Palmieri il 14 ottobre 2003 Nero italiano Pensate all'Italia fascista, però non cercate l'immagine nei ricordi delle vostre letture di storia, ma pensate ad un'Italia diversa, che non è entrata al fianco della Germania nazista nel Secondo Conflitto Mondiale, ma che, al pari della vicina Svizzera, ha evitato quella guerra giocando la carta della neutralità. Benito Mussolini non è stato ucciso a colpi di arma da fuoco, ma è morto per un'attacco cardiaco il 25 Aprile 1944 e il suo posto da condottiero del regime fascista è stato preso dal genero Galeazzo Ciano. Al momento in cui vi parlo, ci troviamo nel 1976 e la dittatura fascista, a 54 anni dal suo avvento, è affannata e agonizzante. L'Italia è un paese soggetto ad un austerity permanente a causa delle ristrettezze energetiche indotte dal ferreo isolamento politico-economico che lo schiaccia tra le potenze occidentali ed il blocco Sovietico. Neanche i possedimenti coloniali sono in grado di lenire questa condizione cronica, essendo essi, per il nostro Paese, fonte di problemi più che di risorse. Difatti, il liso impero coloniale italiano è scosso da sanguinose rivolte che costringono il governo centrale a dislocare annualmente decine di migliaia di militari italiani per garantire l'ordine nelle terre di confine.
Vi prego, non prendetemi per pazzo, non sono fuori di me; vi
sto solo anticipando come Giampietro Stocco, nel suo romanzo "Nero
Italiano" edito dalla Fratelli Frilli Editori (2003, prezzo 8,50
Euro), si immagina sarebbe andata la nostra storia se l'Italia non fosse entrata
al fianco dei Nazisti nella Seconda Guerra Mondiale. Grazie alle importazioni dall'Unione Sovietica le ristrettezze energetiche terminano e, seguendo il programma proposto dalla De Carli, l'Italia sembra muoversi verso libere elezioni. Anche il sostegno del Re Umberto II di Savoia non si fa attendere, tanto che il Re d'Italia investe la De Carli della carica di Presidente del Consiglio dei Ministri di un Governo in cui, finalmente, rientrano alcuni dei partiti banditi dal regime fascista. Il meccanismo dell'uscita dal regime totalitario sembra oramai avviato, gli Italiani intravedono la fine di un regime durato troppo a lungo e guardano apparire all'orizzonte il ritorno delle libertà che 54 anni di dittatura avevano loro negato. Tutto sembra andare per il meglio, ma anche in questa Italia alternativa, in questo nostro Paese che in un'altra dimensione spazio-temporale ha avuto un'evoluzione storica diversa, la politica non è limpida e i suoi giochi sono meno che mai lineari. Giampietro Stocco, attingendo dalla nostra storia, imbastisce una trama fanta-politica intrigante, piena di azione e suspance, degna dei thriller che ci arrivano da oltreoceano. Dopo una partenza lenta, che deve la sua pesantezza al carattere eccessivamente descrittivo della narrazione, il suo romanzo si sviluppa ed accelera conducendoci attraverso un travolgente dipanarsi di vicende ed avvenimenti, punteggiati da numerosi colpi di scena. Lo stile della scrittura ha un taglio giornalistico, coerente con il background dell'autore che è giornalista della Rai attualmente attivo nel TG regionale della Liguria. La prosa è diretta, senza fronzoli, adatta ad un romanzo di azione. La struttura della storia si avvale di una buona integrazione tra le vicende fantastiche create dalla mente dell'autore e alcune verità storiche. Così anche in questa Italia fantastica troviamo il movimento studentesco, i movimenti di estrema sinistra, le bande armate e poi personaggi quali Papa Paolo VI e altri ispirati a politici realmente esistiti. Tra l'altro, Giampietro Stocco ha ambientato il suo romanzo a Roma. Il lettore si troverà così a muoversi tra Città Universitaria, Stazione Termini e Piazza Venezia, seguendo i cortei studenteschi, o a nascondersi nelle stradine secondarie che si dipartono da via del Corso per sfuggire a pericolose situazioni di guerriglia urbana. Per alcuni episodi, la narrazione, così strettamente legata ai luoghi della capitale, si rivela particolarmente efficace per chi ha dimestichezza con quella città. I personaggi, dal protagonista, il giornalista televisivo Marco Diletti, passando al politico Maria De Carli, fino ad arrivare a Galeazzo Ciano, sono delineati con tratto sicuro e caratterizzati con uno spessore psicologico adatto ad un romanzo d'azione. Alcune vicende sono al limite del credibile, ma risultano accettabili nel complesso della visione fanta-politica del romanzo. Il finale è aperto a diverse considerazioni e questa è una buona cosa.
Concludo con un appunto che va fatto alla casa editrice
Fratelli Frilli: non ho infatti digerito la scelta tipografica che vede la
mancanza dell'"a capo" quando, nel discorso diretto, la parola passa da un
interlocutore ad un altro e quando, nella narrazione, si presenta un cambiamento
di scena. Questa scelta, forse legata allo scopo di limitare il numero di pagine
complessivo del libro, all'inizio induce il lettore in confusione e, nel
seguito, una volta che egli abbia preso confidenza questa scelta stilistica, lo
affatica in maniera ingiustificata. Una pecca auspicabilmente eliminabile in una
seconda edizione.
Recensione inviata da Simone Falanca il 29 marzo 2003 Ripensare la polizia
“Ci siamo scoperti diversi da quello che pensavamo di
essere”. Così l’ex vicequestore Ps Angela Burlando analizza, a distanza di un
anno e mezzo, il G8 di Genova vissuto dalla polizia. Il lucido commento della
Burlando è riportato all’interno di un libro-documento basato sulle
testimonianze di anche altri appartenenti alle forze dell’ordine che avevano
preso parte al G8. Queste preziose testimonianze sono state raccolte da Marcello
Zinola, giornalista del Secolo XIX di Genova, nel volume Ripensare la Polizia
(Fratelli Frilli Editori). Il libro pone ai lettori importanti interrogativi. La
polizia durante i giorni infuocati del luglio 2001 fu usata come strumento
inconsapevole della repressione? Ci fu una strategia preventiva precisa e
razionale? Oppure come afferma Zinola “sulla gestione dell’ordine pubblico ha
influito soprattutto la necessità, per i vertici della Polizia, di
rendersi credibili e affidabili con il nuovo governo di centrodestra?” L’autore
attraverso interviste ai protagonisti degli eventi, compreso Canterini, il
comandante del celebre reparto mobile romano che fece irruzione alla Diaz,
ricostruisce con estrema efficacia e immediatezza il quadro dei fatti. Quello
che ne esce è uno spaccato non solo sulle forze di polizia e la loro formazione,
ma soprattutto sul rapporto tra le forze dell’ordine e i basilari principi della
legalità democratica. Genova 2001 ha rappresentato uno spartiacque doloroso,
come afferma Nando Dalla Chiesa nella prefazione del libro, nel dibattito sullo
Stato di diritto, sulla sicurezza, sull’uso della forza nei sistemi democratici.
Temi cruciali quando si vuole tastare la serietà di ogni progetto di governo, o
quando si vuole vedere alla prova dei fatti la cultura riformatrice e
democratica di un Esecutivo. Uno dei capitoli più interessanti del libro è
quello che riporta l’intervista di Zinola a Salvatore Palidda, studioso
specializzatosi da tempo nella sociologia della sicurezza: “È del tutto
fantasioso pensare che a Genova ci sia stata una regia o una precisa razionalità
in quello che è successo. C’erano diversi attori che, ognuno per conto suo,
hanno perseguito un loro disegno che si riassume nell’obiettivo di mostrare i
muscoli (…) È assai probabile che una parte dei carabinieri avesse la chiara
intenzione di mettere in scacco la gerarchia di De Gennaro. La loro modalità
operativa è, infatti, singolare: come mai lasciano un furgone isolato in mezzo
ai manifestanti che possono distruggerlo (vedi riprese televisive)?”, emerge
quindi in maniera evidente “la rottura della gestione negoziata e pacifica delle
regole del disordine”. Si mescolano così nelle pagine di questo insolito
libro-documento, punti di vista contrastanti, aperture alla riflessione e
chiusure corporative, ammissioni di verità e pregiudizi ideologici.
L'autocritica è solo parziale, la solidarietà è spesso malintesa e, comunque,
non scarica i colleghi inquisiti, ma attacca i pochi appartenenti alle forze
dell'ordine che hanno testimoniato di fronte alla magistratura: “non siamo stati
cileni, vogliono farci passare da vittime a boia dopo che a Genova in migliaia
hanno condiviso la violenza dei Black bloc”. Uno dei più importanti
interrogativi che pone l’autore, prima di tutto a se stesso, e poi ai suoi
interlocutori è se quello che è accaduto a Genova fosse stato davvero
inevitabile. Le risposte sono state varie. Zinola per rispondere fa giustamente
più volte il paragone con quanto è accaduto nel novembre del 2002 a Firenze in
occasione del Social Forum Europeo. Un milione di manifestanti proveniente da
tutta europa, eppure nessuno scontro, nessun ferito, nessuna carica della
polizia. Nell’occasione fu fondamentale il cambiamento di approccio da parte del
ministero dell’Interno, nel frattempo preso in carica da un altro ministro. No,
la mattanza di Genova non fu affatto inevitabile.
Recensione inviata da Claudio Palmieri il 29 marzo 2003 La Mala-Ricetta
ISF: una sigla che non dice niente all'uomo comune eppure
ciascuno di noi avrà avuto a che fare, almeno una volta, con un Informatore
Scientifico del Farmaco, appunto un ISF. Ma certo, proprio uno di quei
"rappresentanti di medicinali" che, armati di borsa di pelle e di un sorriso
minaccioso, nella fila dal medico di famiglia ti soffiano il posto e s'infilano
nello studio sibilando che "ogni tre pazienti tocca a loro". Così facendo gli
ISF si guadagnano simpatia e famigerata fama tra i milioni di pazienti che
frequentano le sale d'attesa dei medici di famiglia italiani. |