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Libero docente
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Vita
Se è il prof. ad andarsene
Carta
Memorie di un povero professore
La città di Salerno
Sulla carta il malessere della scuola
italiana
Il Lavoro - Repubblica
Libero, ma docente. Requiem ex cathedra
di Luigi Garbato
Fuoriregistro
Libero docente
di Emanuela Cerutti
Il Corriere Mercantile
Nuovi libri scuola: "Libero docente"
Il Secolo XIX
La "gabbia-scuola" radiografata da un Prof
di Giuliana Manganelli
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Da Vita del
1 novembre 2002
Se è il prof. ad andarsene
"Il malessere della scuola italiana era il
malessere degli allievi. Non era vero. Il malessere della scuola era anche
quello dei docenti". E così Mizio Ferraris in Libero docente mette
in luce i "buoni motivi" del malessere degli insegnanti raccontando episodi dei
suoi 11 anni da docente. Episodi da leggere con la chiave che l'autore dà
subito, mettendo all'inizio del libro la sua lettera d'addio alla scuola.
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Da Carta del
17 ottobre 2002
Scuola
Memorie di un povero professore
Ci vuole una buona dose di ironia e soprattutto di
autoironia per parlare di scuola "dall'interno". Lo fa Mizio Ferraris con
questo libro in presa diretta dal mondo degli studenti e dei docenti. Le
idiosincrasie, le depressioni, le aspettative, le frustrazioni di un insegnante
che ha insegnato per undici anni, ha fatto parte della defunta Commissione
Brocca di riforma della media superiore ed è stato consulente di Tullio De Mauro
nella breve stagione del suo ministero. Non è perciò, la sua, una visione
superficiale dello stato pre-agonico in cui versa l'istituzione scolastica, ma
un punto di vista superficiale e fondato. Dal sottotitolo "Lettera a un
preside", si capisce che il taglio del volumetto è senza infingimenti: "Non si
aspetti da me una lettera normale né, tantomeno, una lettera di scuse", scrive
l'autore. E prosegue in modo spietato: "Se proseguo sulla strada che ho
intrapreso molti anni fa, quella strada dell'educazione ambientale che forse,
insieme con le altre, porterà al cambiamento della scuola, dovrò lasciare
l'insegnamento". E dunque lo comunica, dopo undici anni di insegnamento, una
mozione degli affetti ma anche un disperato atto di accusa.
Così il libro si snoda tra aneddoti e brevi racconti a tema che rappresentano la
quotidiana "miseria e nobiltà" del docente: ciò che si insegna, come si insegna,
il rapporto con gli alunni, lo stipendio, l'aggiornamento, la carriera, le
relazioni tra insegnanti, il rapporto con il preside. Un'autobiografia dolente
che però sceglie di dichiararsi attraverso il linguaggio disincantato che
rasenta il cinismo che è "una forma di difesa dell'intelligenza".
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Da La Città di Salerno del 2 ottobre 2002
Lo scritto dell'ex docente Mizio ferraris
Sulla carta il malessere
della scuola italiana
Il malessere della scuola italiana descritto dalla
parte di chi ci è stato, per undici anni, da docente. È questa la sintesi del
libro scritto da Mizio Ferraris, con la prefazione dell'ex ministro
Tullio De Mauro. Il malessere descritto da Ferraris ha radici profonde che
affondano nel sistema culturale italiano, un sistema che veniva giudicato
tragicamente in bilico tra la seriosità di un sapere distante dai problemi veri
della società contemporanea e le problematiche degli allievi. E che, secondo
l'autore, trascurava invece proprio i le difficoltà degli insegnanti. Il testo è
una miscellanea di racconti, riflessioni, brevi sceneggiature, lettere e
dialoghi ambientati nel mondo della scuola. Scritti che ricostruiscono
l'esperienza, reale o romanzata, del protagonista. Con stili e tecniche diverse
vengono narrati i momenti più significativi della vita scolastica: i collegi dei
docenti, le lezioni, le interrogazioni, le correzioni dei compiti, i consigli
scolastici, la compilazione degli orari, ma anche i momenti dello sciopero, le
storie d'amore inespresse, le liti con i presidi . Ferraris, naturalista ed ex
docente, narra con la concretezza e la criticità di chi quelle esperienze le ha
vissute davvero. Durante il suo impegno professionale ha fatto parte della
commissione Brocca e ha lavorato alla riforma della scuola media superiore; in
seguito è stato consulente del Ministero dell'Istruzione per l'attuazione
dell'autonomia scolastica.
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Da Il Lavoro - Repubblica del
23
ottobre 2002
Libero, ma docente
requiem ex cathedra
di Luigi Garbato
Ultimo (almeno per ora) della serie "Te la do io
la scuola" il libro Libero docente di un (ormai ex) insegnante genovese, Mizio
Ferraris, che si congeda dall'istituzione con una "Lettera ad un preside" in
apertura del volume edito da Fratelli Frilli e introdotto da un (ex) ministro,
Tullio De Mauro.
Il titolo indica una scelta di libertà dall'ottusa tirannia della scuola (un po'
come quelli che negli anni '50 in tempi di guerra fredda, fuggivano dall'Unione
Sovietica). Il volume si inserisce nel denso filone dei pamphlet contro la
scuola e trova "illustri (seppur recenti) antenati" - ricorda De Mauro -
nell'"epopea" di Starnone, per risalire a Sciascia, maestro a Regalpetra, a
Giovanni Mosca e su su fino alle "Pistole d'Omero" di padre Ermenegildo Pistelli
(1862-1927).
Peccato che dal nutrito catalogo manchi quell'Augusto Monti, professore di
Italiano e Latino di Pavese e di altri esponenti dell'intellighenzia a Torino
negli anni '30, di cui "I miei conti con la scuola" sono un archetipo dei libri
che affrontano i problemi mai risolti di un'istituzione "cenerentola" nei
programmi di qualsiasi governo d'Italia, dall'Unità "ai giorni nostri". Nelle
pagine di Ferraris compare il leit-motiv di una scuola sclerotizzata con
insegnanti incartapecoriti, solo preoccupati dai problemi di famiglia; sedute
dei consigli di classe o del collegio docenti, palestre di inutile retorica e di
vacue questioni sciorinate tra il più completo disinteresse del "pubblico", con
presidi ancorati al pedantesco rispetto di leggi e circolari assurde; per non
dire delle insormontabili difficoltà che incontra qualcuno che - come Ferraris -
vorrebbe aprire, per esempio, le classi all'ecologia o alla genetica. Difatti di
fronte all'"insolito" scatta il sistematico boicottaggio dal bidello al capo
d'Istituto,(oggi Dirigente Scolastico), secondo un atavico schema piramidale.
Tutto questo malessere induce il "prof." ad abbandonare "baracca e burattini" (e
mai slogan ci è parso più adatto ad esprimere strutture e protagonisti della
scuola), anche se la ben nota, lentissima, burocrazia statale rallenta in modo
snervante la rottura del cordone ombelicale.
Il libro ha una bella scrittura, spiritosa e vivace, scandita da quella sana
ironia che permette di prendere le distanze da una materia che rischia
altrimenti di trasformarsi in arido ed acre pamphlet. Eppure qualche riserva la
si può (o la si deve?) accampare: ci sembra che Ferraris indulga troppo a
mettere in evidenza i propri indubbi meriti culturali (scrivere libri,
partecipare alla stesura di nuovi progetti educativi, il discusso Brocca, ad
esempio); come pure stona la divisione in "cattivi" e "buoni" tra gli operatori
scolastici, citati con tanto di nome e cognome: tra i primi, presidi e
professori; tra i secondi soltanto un'ispettrice attiva ed impegnata nell'inerte
cosmo dell'istruzione: una mosca bianca, o una rara avis (lo diciamo
polemicamente perché Ferraris é uscito dal D'Oria, il liceo classico spesso
nelle pagine del volume messo sotto accusa per i suoi vistosi limiti nelle
strutture e negli insegnanti tutti vieux type) senza porre mente che l'alta
dirigenza ministeriale, spesso estranea alla difficile realtà quotidiana della
scuola, prospetta un "verbo" teorico, frutto di costosi e pomposi convegni,
lontano dalle endemiche aporie della "base" a cui non di rado pone rimedio il
"volontariato" di "scalcinati" docenti. I quali dopo tanta letteratura che li
definisce (se va bene) frustrati, sono forse normali; e di normalità si può
vivere. Forse è questa la misteriosa forza che da sempre, nonostante tutto,
manda avanti la scuola, di là da progetti didattici nati per abortire subito, da
presidi più o meno "fedeli nei secoli" ai diktat del Ministero e da funzionari
che fanno cadere dall'alto "la formula che mondi possa aprire", così remota da
quell'umanità piccola e talora "meschina", ma, alla resa dei conti, "verace",
che circola in aule non di rado grevi e fatiscenti.
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Da
Fuoriregistro del 12
ottobre 2002
Libero Docente
di Emanuela Cerutti
Aggiungere parole alle parole di un altro può
sembrare concettualmente superfluo, come dice De Mauro all'inizio della
sua prefazione a "Libero docente" di Mizio, Maurizio,
Ferraris.
Ma è lo stesso autore a lanciare un messaggio, quasi una strizzata d'occhi,
quando tira fuori dai ricordi Bob Dylan e la scuola come base dell'establishment
per arrivare a dire che "ogni nuovo libro parla di altri libri, ogni nuova
canzone parla di altre canzoni. Ogni nuova persona parla di altre persone.
Questa è dialettica".
L'invito al coinvolgimento è irresistibile, ed è il leit-motif di tutto il
libro.
La narrazione procede per flash, secondo i principi di quel costruttivismo per
cui la conoscenza va "smontata nei singoli pezzi e poi rimontata", ed
assomiglia, così, ad un album di fotografie: nomi, date, luoghi, situazioni,
delineano un'esperienza di insegnamento che si interroga sulla propria ragion
d'essere.
Mizio, ed è bello sentirlo chiamare così da Patrizia, studentessa che ha fatto
con lui un campo ecologico qualche estate prima , non vorrebbe barriere dentro
la scuola, non limiti imposti da burocrazie fini a se stesse o abitudini
preconcette.
L'educazione ha per lui un valore sociale, e si realizza quando abbatte "la
distanza che separa sempre, in ogni istituzione, i generali dai fanti e, per un
attimo almeno" concede alla nostra specie "di interrompere il suo lavoro di
alveare…" creando ponti ed intese.
Il libro racconta in prima persona le cose che nel mondo della scuola accadono
tutti i giorni e lo fa con immediatezza, linguaggio diretto, umorismo sottile,
realismo a volte pungente, tratteggiando tipi umani , modelli comportamentali,
eventi in cui è impossibile non ritrovare specchiate storie di tutti i giorni.
La scuola, per un insegnante, è simile ad un viaggio di andata e ritorno: forma
abitudini inconsapevoli nei lunghi anni dello studio, da bambini che imparano a
tracciare "segni scuri sulla carta chiara" ad adulti che "seguono principi
etici"; ed il presente, fatto di dubbi e tutto da inventare, torna spesso a quel
passato che diventa la banca dati che permette di ripescare le soluzioni giuste
o di riconoscere interferenze errate.
Così è il racconto di Ferraris, un diario di bordo nella "memoria e nell'oblio",
per ripercorrere i motivi della scelta finale, le dimissioni dall'insegnamento,
e cercare di comprendere il punto di frattura tra il fuori e il dentro, tra una
scuola troppo uguale a se stessa ed un mondo che si allontana.
Negli anni del Progetto Brocca, alla cui Commisione ha partecipato, Mizio
Ferraris sogna una scuola cubana, dove "la stagione importa" e l'orario non è un
"mezzo di dominio".
Dove la genetica, applicata, permetta "il passaggio più alto, quello che ci
vuole. E cioè che ogni razza è fatta di consanguinei. Di fratelli e sorelle."
Dove imparare ed insegnare si fondono in una comune ricerca , che riconosce
sistemi di rapporti e sperimenta nuove ipotesi, in un intreccio di creatività
per arrivare ad un altrettanto comune progetto di crescita.
"L'insegnante è l'essere umano meno curioso di tutti: fa sempre delle domande di
cui conosce già la risposta,. Ma siccome io detesto la prevedibilità, anticamera
della noia, provavo a fare delle interrogazioni in un modo un po' diverso…Forse
ho patito le regole della scuola perché non sopportavo l'idea di dover giudicare
qualcun altro. E magari di deciderne la vita, dando i numeri"
Ferraris lascia la scuola dopo 11 anni di insegnamento, perchè gli stanno
strette la definizione rigida di ruoli e forme, la chiusura di spazi e
dimensioni, il malessere di troppi.
Non rinuncia però a ritenere la scuola una cosa importante, e non solo per
quelli che ci vanno.
"...credo che potrò essere utile davvero stando fuori dalla scuola piuttosto che
dentro. Anche alla scuola"
Chiuso il libro, le domande si fanno strada.
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Da Il Corriere Mercantile del 14 settembre 2002
Nuovi libri scuola:
"Libero Docente"
Si intitola "Libero docente. Lettera ad un
preside" ed è uno spaccato della scuola genovese raccontato da un docente,
Mizio Ferraris. Edito da Fratelli Frilli, il libro racconta senza
tanti eufemismi un mondo che tutti pensano di conoscere e che, invece, spesso
ignorano.
Ferraris si definisce "ex docente" (nel frattempo ha infatti abbandonato
l'insegnamento) o addirittura professore "pentito" ma, vista la passione e la
partecipazione con cui scrive dell'argomento, è chiaro che si sente, comunque,
un insegnante "in servizio permanente".
"Libero docente" si snoda attraverso una miscellanea di racconti, riflessioni,
brevi sceneggiature e dialoghi che ricostruiscono l'ambiente-scuola, con i suoi
pregi ed i suoi difetti.
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Da Il Secolo XIX del 4 giugno 2002
In "Libero docente" di Mizio Ferraris
Con prefazione di Tullio De Mauro
La
"gabbia-scuola"
radiografata da un prof.
di Giuliana Manganelli
L'ultima campanella di questo anno scolastico si sta scaldando i fusibili. Quando sabato
scatterà, metallica, trapanante, stonata ma dolce come un carillon, il boato che precede la liberazione di folle che premono ai cancelli sarà avvertibile come le microcariche che hanno buttato giù il silos al porto. E la città si riempirà di nuovo di energie, colori, sorrisi, ortopediche e chiome rasta "fuori orario". Perché la "gabbia-scuola", inutile raccontarci la favola bella, è reale. Anche per i prof.
A dirlo, anzi a scriverlo nero su bianco, è un ex professore genovese di Scienze quarantenne,
Mizio Ferraris, che ha già scritto in diversi settori: editoria scolastica, divulgazione naturalistica, narrativa, e recentemente ha pubblicato
"I silenzi della zona rossa. G8 e dintorni", oltre ad aver lavorato alla riforma della scuola media superiore nella commissione Brocca.
Qualche giorno fa, nel salone della Provincia, l'assessore Eugenio Massolo ha presentato il suo
"Libero docente", edito dai Fratelli Frilli e con prefazione di
Tullio De Mauro, a una folla divertita e un filo commossa, di gente che ha speso o sta spendendo la sua vita di qua o di là dalla "barricata". Il libro, esilarante, amaro, sincero fino alla brutalità, è una sorta di romanzo di formazione puntigliosamente documentato e basato su fatti e avvenimenti realmente accaduti nella nostra città e nelle nostre scuole, e su persone perfettamente identificabili (guai in vista?): colleghi, studenti e presidi, sia quelli "buoni" che i burocrati, gelidi custodi della "lettera" vomitata da circolari e normative. In breve, quelli che spengono la voglia di "docere".
Una scuola che stava stretta a Ferraris, per i ruoli troppo rigidamente definiti, una scuola dove chi scalda una sedia o parla ai muri conta esattamente come i docenti motivati e appassionati. Ma le pagine più belle (e nostalgiche) di questo libro che ferma un'immagine della nostra città e della nostra storia tra il 1984 e il 1995, sono dedicate a "quelli della notte", un manipolo di giovanissimi insegnanti del serale dell'ex Magistrale Lambruschini di corso Magenta, ora succursale del "Liceo socio-psico-pedagogico Sandro
Pertini", e di allievi-lavoratori più vecchi di loro: tosti, esigenti e solidali.
«Bisognava anche fare il giullare per tenerli svegli», confida, «ma è un posto dove succedono cose belle, e strane, e un po' tristi. Mi è sempre piaciuto insegnare al serale,
perché il confine tra i ruoli tende pian piano a scomparire, al punto di sentirmi anch'io giocatore, e non solo arbitro asettico e neutrale. E poi la mia squadra era formata da giocatori scartati dagli altri, dalla Juve che è il D'Oria, dalla Fiorentina che è il Gobetti. Vincere, alla fine, aveva più sugo». Grande Mizio, direbbero gli studenti di oggi. Fa quasi venir voglia di aspettare con trepidazione il fischietto d'inizio, anzi, la
prossima campanella.
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