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Il muro invisibile
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Adista Notizie
A volte ritornano...
Vita
Immigrazione e legge Bossi-Fini
di Redazione
Il Cittadino di Lodi
Come districarsi nella
Bossi-Fini
di Gabriele Di Totto
Il Manifesto
Movimenti verso la libertà
di Sandro Mezzadra
Carta
Il muro invisibile
di Anna Pizzo
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Da Adista Notizie del
10 maggio 2003
A volte ritornano...
Inquietanti analogie tra la Bossi-Fini e le
leggi razziali
GENOVA. Ci sono inquietanti analogie e affinità tra le leggi
razziali del ventennio fascista italiano e la nuova legge sull’immigrazione, la
189 del 2002, meglio conosciuta come “Bossi-Fini”.
Questa, in sintesi,la conclusione cui giungono Alessandra Ballerini e
Alessandro Benna, coautori del volume Il muro invisibile. Immigrazione e
legge Bossi-Fini, edito dalla Fratelli Frilli Editori con una
prefazione di Erri De Luca (pp. 173, euro 7,00; via Priaruggia 31/1
Genova, tel 010/3071280, fax 010/3772845,
info@frillieditori.com). Ballerini e Benna esaminano nel dettaglio la nuova
legge e scoprono l’inquietante parallelismo fra gli obiettivi e i metodi della
189/2002 e quelli delle leggi razziali fasciste.
Così come oggi vengono previste fortissime limitazioni all’ingresso di cittadini
extracomunitari in Italia, il fascismo vietava alle persone di origine ebraica,
con la precisa disposizione che figurava fra quelle emanate nel corso del 1938,
di stabilirsi del nostro Paese a scopo residenziale e lavorativo, decretando
inoltre l’allontanamento di quanti erano venuti a stare in Italia prima del
1919.
C’è di più: se il fascismo revocava il permesso di soggiornare in Italia agli
ebrei stranieri giuntivi dopo il 1919, revoca che comportava l’automatico
decadimento del permesso di lavoro; oggi una delle zone d’ombra maggiori della
Bossi-Fini è proprio quella relativa alla mercificazione della persona,
ugualmente riconducibile allo stabilirsi di un legame indebito fra la
possibilità di lavorare e quella di risiedere nel nostro Paese. In altri
termini, la nuova legge non vede nello straniero soggiornante in Italia un
soggetto giuridico, provvisto di diritti oltre che di doveri, ma lo considera
semplicemente come merce-lavoro: l’immigrato può essere tollerato dalla legge
italiana e può far valere (pochi) diritti solo se (e fin tanto che) serve in
qualche modo alla crescita dell’economia nazionale.
Altre analogie non meno inquietanti riguardano i matrimoni misti, la concessione
di permessi per il lavoro autonomo, il diritto all’istruzione, sia elementare
che superiore.
Ciò che più colpisce è l’affinità dei linguaggi e dei concetti utilizzati nei
testi di legge in questione, che continuano a suscitare dubbi circa le scelte
dell’attuale governo in materia di immigrazione. A questi dubbi il libro di
Ballerini e Benna cerca appunto di dare voce, unendovi il sostegno di un’analisi
minuziosa del testo legislativo.
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Da Vita del
3 aprile 2003
Immigrazione e legge Bossi-Fini
di Redazione
Il disegno di legge 795 B (da tutti conosciuto come legge
Bossi-Fini) regolamenta il soggiorno in Italia dei cittadini stranieri. È questo
l'argomento che l'avvocato Alessandra Ballerini e il giornalista
Alessandro Benna sviscerano nel libro Il muro invisibile. Gli autori
pongono alcuni interrogativi su di una legge che rende difficile agli
extracomunitari vivere e lavorare nel nostro Paese: dal “rilievo
fotodattiloscopico” all'alloggio idoneo, alle “sanatorie”. Un libro che scopre
molte affinità di linguaggio tra le leggi razziali del Ventennio e la
Bossi-Fini. Tosto.
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Da Il
Cittadino di Lodi del 13 marzo 2003
Come districarsi nella Bossi-Fini
consigli e critiche in un volume
di Gabriele Di Totto
«Ero straniero e non mi avete accolto» (Mt. 25,43). Con
questa citazione evangelica inizia il libro Il muro invisibile. Immigrazione
e Legge Bossi-Fini. Un piccolo testo ricco di considerazioni sulla legge
795-B, quella appunto meglio conosciuta come la Bossi-Fini, dai nomi dei due
ideatori, diventata operativa a settembre dello scorso anno. Dopo alcuni mesi
dalla sua attuazione Alessandra Ballerini, giovane avvocato di Genova, e
il giornalista Alessandro Benna hanno cercato di chiarire non solo agli
addetti ai lavori come districarsi nell'utilizzo di questa legge, che fin dalla
sua semplice lettura comporta alcune difficoltà. Infatti il testo della
Bossi-Fini non sostituisce, come si crede, la vecchia legislazione in materia di
immigrazione (la legge Turco-Napolitano), bensì si limita a integrare o
abrogarne alcune norme. I due autori sottolineano come già in fase di lettura la
"nuova" legge risulti in un certo senso illeggibile. Un breve esempio: "a)
all'articolo 13-bis, comma 1, lettera i-bis), dopo le parole «organizzazioni non
lucrative di utilità sociale», sono inserite le seguenti: «delle iniziative
umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni […]».Tutto il testo
procede con questa struttura. Con il risultato che chi dovrà utilizzare la nuova
legge dovrà tenere sotto mano anche la vecchia e procedere a un lavoro di
addizione o sottrazione continua. Come dicono gli autori «uno sforzo che sarebbe
titanico per fini giuristi, figuriamoci per i reali destinatari della legge,
vale a direte gli stranieri». Il libro mette in luce i molti limiti della nuova
legislazione: dall'obbligo del rilievo delle impronte al soggiorno vincolato
direttamente con l'attività lavorativa. «Il muro invisibile» che in poco tempo
si verrà a creare sarà quello formato da tutti i cavilli e le difficoltà di
applicazione della legge (come dimostrano i fatti di questi giorni) che, secondo
gli autori, oltre a non risolvere il problema dell'immigrazione "regolare",
alimenterà facilmente la clandestinità.
Il libro può quindi essere un valido strumento per quanti, anche in ambiti
diversi, dovranno utilizzare la legge 795-B per regolarizzare gli stranieri.
Ballerini e Benna manifestano chiaramente le loro perplessità ed esprimono
chiari giudizi contrari. Legge innovativa o legge razziale? Erri de Luca
nell'introduzione del libro si chiede: «Ma tutte queste miserabili e losche
misure di ostacolo, di contenimento: sono servite? Servono, serviranno ad
arginare l'alta marea dei migratori? È così ovvio che no, che nessuna legge, per
quanto infame sia, può mettere i cancelli alla storia e alla geografia».
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Da Il
Manifesto del
12 gennaio 2003
Il muro invisibile
Migranti e non solo Le tesi delle studioso francese alla
prova delle diverse legislazioni europee sull'immigrazione
che subordinano i diritti di cittadinanza al lavoro
di Sandro Mezzadra
Chi volesse trovare un esempio concreto del raffinato
discorso di Yann Moulier Boutang sull'«imbrigliamento» del lavoro, sulle «forme
difformi» di regolazione del rapporto lavorativo e sull'effetto che esse hanno
sulla condizione complessiva del lavoro e della cittadinanza, non ha da guardar
lontano. Con limpida prosa il legislatore italiano, all'articolo 6 della legge
189/2002 (meglio nota come Bossi-Fini), ci offre questo esempio attraverso
l'introduzione della figura giuridica del «contratto di soggiorno». Che cosa
significhi per il migrante il sottile slittamento linguistico dal permesso al
contratto di soggiorno lo spiegano egregiamente, tra gli altri, Alessandra
Ballerini e Alessandro Benna nel loro Il muro invisibile.
Immigrazione e Legge Bossi-Fini (Fratelli Frilli Editori): nella
misura in cui la stipula del contratto di lavoro diviene esplicitamente
condizione per l'ottenimento del permesso di soggiorno, lo status giuridico
dell'immigrato è reso in tutto «dipendente dalla sussistenza del contratto di
lavoro e quindi, in ultima analisi, dalla volontà del datore di lavoro».
Si badi: non è che le cose stessero molto diversamente con la precedente legge
voluta dal centro-sinistra. Ma siccome i reazionari hanno spesso il pregio di
parlar chiaro, ora è sancito dalla legge che esiste nel nostro paese una classe
di uomini e donne per cui l'arendtiano «diritto ad avere diritti», e dunque un
elemento per eccellenza pubblico, deriva da (ed è logicamente subordinato a) un
contratto privato, quello di lavoro. Anziché funzionare come principio di
«scioglimento» e di dinamizzazione delle relazioni sociali, secondo quanto da
tempo immemorabile non si stanca di ripetere il discorso politico liberale, il
contratto è qui appunto all'origine di una condizione di imbrigliamento. Non
dovrebbe essere la cosa più facile del mondo, almeno formalmente, rinunciare a
un posto di lavoro per cercarne un altro, in una società capitalistica? Dipende,
per qualcuno significa contare i giorni in attesa del momento in cui uno zelante
poliziotto può presentargli un deportation order.
Il libro di Moulier Boutang, che a buon diritto Franco Barchiesi definisce
«monumentale», non è certo soltanto un libro sulle migrazioni. Tuttavia, proprio
nell'indicare il rilievo cruciale dei movimenti migratori nella storia e nella
struttura del capitalismo sta uno dei suoi aspetti più rilevanti. E' auspicabile
che non solo la ricerca teorica, ma anche la pratica politica legata alla
condizione dei migranti tragga profitto nel nostro paese dalla meritoria opera
di traduzione intrapresa dalla manifestolibri. Moulier Boutang, infatti, offre
sia al ricercatore sia all'attivista strumenti preziosi con cui rivolgere lo
sguardo a quegli spazi di frontiera nei quali, come scrivono Stefano Galieni e
Antonella Patete in un bel libro da poco pubblicato per le Edizioni Città Aperta
(Frontiera Italia), «l'adrenalina è alta e la vita scorre turbinosa»: lungi
dall'essere teatro di vicende marginali, questi spazi, al pari dei centri di
detenzione per migranti in attesa di espulsione, sono veri e propri laboratori
in cui viene quotidianamente fabbricata la filigrana della cittadinanza europea.
Ma non è tutto. Forse ancor più importante è l'enfasi posta nelle pagine di
Dalla schiavitù al lavoro salariato sulla dimensione soggettiva della mobilità
del lavoro. I migranti, che molti anche a sinistra continuano a considerare
vittime inerti della «mobilitazione globale» del capitale neoliberista, emergono
dall'analisi di Moulier Boutang come soggetti sociali a tutto tondo,
protagonisti di una vicenda secolare, e nondimeno sempre segnata da
caratteristiche peculiari che si tratta di volta in volta di porre in rilievo,
di rifiuto del dispotismo e di contestazione di quella tentazione autoritaria
permanente che accompagna come un basso continuo lo sviluppo del mercato del
lavoro tra la rivoluzione industriale inglese, l'«età liberale» e il capitalismo
di welfare novecentesco.
«Migranti e rifugiati stanno ormai facendo saltare in tutto il mondo le barriere
territoriali e sociali»: con queste parole si apre un prezioso volume collettivo
uscito un paio di mesi fa in Germania (Die Globalisierung des Migrationsregimes.
Zur neuen Einwanderungspolitik in Europa, Assoziation A, ordinabile attraverso
il sito www.scwarzerisse.de), che, riprendendo esplicitamente le tesi di Yann
Moulier Boutang, apporta un primo contributo al grande compito di tracciare una
cartografia «globale» dei movimenti migratori contemporanei che valorizzi la
loro dimensione soggettiva.
Più in generale, in ogni caso, è opportuno segnalare che negli ultimi tempi è
andato crescendo a livello internazionale il numero sia dei ricercatori sia
degli aggregati militanti (dai tedeschi di Kanak Attak ai francesi del Mouvement
d'Immigration et Banlieu, dal network transnazionale NoBorder alle reti di
attivisti che lavorano attorno alla cintura della maquilladora, al confine tra
Messico e Stati uniti, o che si battono contro i centri di detenzione in
Australia) che utilizzano con diversi accenti la formula, in buona misura
derivata dalle analisi di Moulier Boutang, dell'«autonomia delle migrazioni».
Sia chiaro: questa formula non intende porre in secondo piano le cause
«oggettive» che continuano ad agire all'origine dei movimenti migratori, né
proporre un'immagine estetizzante della condizione dei migranti.
È ovvio che non si possono comprendere le migrazioni contemporanee senza tenere
conto di guerre e miserie, di carestie e dispotismi sociali e politici, così
come la soggettività dei migranti non può essere ricostruita prescindendo dalla
sofferenza, dalla paura e dagli stigmi che ne segnano il profilo: chi parla di
una autonomia delle migrazioni non si sogna minimamente di negarlo. E tuttavia,
nel porre l'accento sui comportamenti autonomi delle donne e degli uomini che
delle migrazioni sono protagonisti, evidenzia da quali potentissime tensioni, da
quali istanze materiali e da quali complesse trame simboliche sia attraversato
lo spazio sociale in cui la condizione del migrante prende forma. Ricordando al
tempo stesso come «la defezione anonima, collettiva, individuale» delle
moltitudini in fuga di cui parla Yann Moulier Boutang ci racconti qualcosa di
fondamentale sulla libertà, e ci sfidi anzi quotidianamente a sottrarre questo
prezioso concetto alle esauste retoriche dominanti.
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Da Carta del
12 dicembre 2002
Immigrazione e legge Bossi-Fini
Il muro invisibile
di
Anna Pizzo
Stiamo parlando di un libriccino veloce che fa il punto su
una aberrazione: la legge Bossi-Fini sull'immigrazione. La prefazione di Erri De
Luca spiega lo spirito e la determinata chiarezza di impostazione del libro: "Le
leggi razziali - scrive De Luca - contro gli ebrei furono un servile omaggio di
Mussolini all'ossessione del potente alleato nazista". E ancora: "Infamie, come
ogni pretesa di isolare razze dentro il corpo dell'umanità, da noi, terre di
sangue misto, furono particolarmente assurde". Ecco: molto è stato detto e
scritto contro questa degenerazione del pensiero e dell'agire democratico.
Questo libro è utile anche per l'opera di sistematizzazione che propone.
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